451 Re Guglielmo I e le Monete di cuojo. Accenni di Antonio 451 455 PRESSO ROMAGNOLI-DALL' ACQUA Via Toschi 16 A. 1886 IL PRIMO CANTO DELL' INFERNO DI DANTE ALIGHIERI INTERPRETATO DAL PROFESSORE GAETANO ZOLESE Argomento Il poeta, sventuratamente entrato in una folta ed oscura selva, dopo una notte d'indescrivibile affanno trovasi la mattina alle falde di un colle già illuminato dal sole; ma ecco tosto tre fiere, che gliene impediscono la salita. Mentre sta per tornare indietro, gli apparisce Virgilio, che lo esorta a seguirlo per l'inferno ed il purgatorio, onde poi sarà condotto da più degna scorta (Beatrice) a contemplar la gloria del paradiso. Dante accetta l'invito e i due poeti si pongono incontanente in cammino. Nel mezzo del cammin di nostra vita Mi ritrovai per una selva oscura; Nel bel mezzo dell' ordinario nostro pellegrinaggio su questa terra m'accorsi ch' io avea smarrito la giusta via e giva errando per entro un' oscura selva (1). (1) S'accorse d'essere nella selva in età di trentacinque anni e perciò nel 1300, essendo egli nato nel 1265. Dante nel Convito paragona la vita umana ad un arco e suppone che l'uomo per ordinario il percorra nello spazio di settant'anni. E' s'addiede del suo traviamento la notte del plenilunio di marzo, come poi vedremo. Nella selva simbo leggia due cose: la depravata società de' suoi tempi, alla cui corruzione partecipò egli stesso per un decennio; le civili tempeste, in cui si trovò avvolto in Firenze; quelle specialmente, che scoppiarono nel tempo del suo priorato, che durò dal 15 giugno sino al 15 agosto del 1300 e fu cagione e principio alla cacciata e a tutte le avversità del poeta. - Per Dante poi era selva Firenze lacerata più di qualsivoglia altra terra dalle fazioni, malguidata da' reggitori, imbrattata de' più laidi vizi; selva la misera valle dell' Arno (Purg. XIV, 31), i cui abitatori così mutato avean lor natura da parer più bestie che uomini; selva la Romagna, luogo ripieno di venenosi sterpi (Purg. XIV, 91); selva l'Italia, le cui terre tutte piene erano di tiranni; l'Italia, dove l'un l'altro si rode, egli dice, di que', che un muro ed una fossa serra (Purg. VI, 76); selva l'Europa signoreggiata da re bestiali ed inetti (Parad. XIX, 112); selva il mondo diserto d'ogni virtute e di malizia gravido e coverto (Purg. XVI, 58). Nella sesta delle Epistole aggiugne che le parole non valgono ad espri mere da quanta rabbia di venti e di flutti sia scossa la misera Italia, priva d'ogni consiglio e governo, e che gl' infelici Italiani con le loro lagrime adeguar non possono cotanto male. Nella Monarchia vede i popoli intenti alle vanità, piange i regi ed i principi tra lor soltanto concordi nell' opporsi a Dio. Il decennio della morale dimora di Dante nell' oscura selva decorse dal 1290 al 1300. Finchè visse Beatrice, bastarono gli occhi della modesta donzella per dirigerlo al bene; ma appena ella passò all' altra vita, il che avvenne appunto nel 1290, e' cominciò a battere la via dell' errore, correndo dietro a que' falsi beni, che non valgono a render l'uomo contento (Purg. XXX, 121). Così egli per bocca di Beatrice e poco appresso (Purg. XXXI, 34) confermando l'accusa soggiunge che le cose mondane co' falsi loro piaceri lo traviarono, tosto che il viso di lei si nascose, subito cioè ch'ella discesa fu nella tomba. Altrove (Inf. XV, 49) dopo aver significato a ser Brunetto Latini, com'e' si smarri nella valle avanti che l'età sua fosse piena (nel 1290 contava appena venticinque anni), dichiara che aveale volte le spalle la mattina del di antecedente; la mattina volea dire, che seguita |