Stavvi Minos orribilmente, e ringhia: 4. Minosse vien costituito a giudice l'antico comentatore: Sicut cauda est delle anime vanno in Inferno non già a extrema pars animalis, ita ponitur hic decidere s'elle debbano o no esservi ri- pro extrema sententia peccaloris. Il cevute; ma sì per vedere qual luogo di sincronista poi chiosa un po' diversapena è da esse. mente così: Refert se auctor ad execuVirgilio fu anche in questo imitato da tionem Judicii conscientiae praedicti, Dante (En. VI, 431): quae fit in cauda, idest in finali parte Nec vero hae sine sorte datae, sinc judice sedes, nostrae vitae...; vel ad executionem in Quaesitor Minos urnum movet: ille silentum finc mundi fendam, in qua, ut scriptum Conciliumque rocat, vitusque et crimina discit . 'est, nullus accusabit alium, sed sola Fia bene qui notare che il movet ur- conscientia accusabit quemlibet. nam par sia reso dal Nostro nelle parole Questo caudato giudice infernale, se ne vanno a vicenda; perciocchè come cia- togli la lunga coda che traesi dietro, soscun'anima vien fuori dal bossolo (per miglia nell'atto del suo uflizio al suprenon affollarsi tutte insieme, e perchè la mo giudice del dì finale. . sentenza fosse aggiustata alla colpa del In prima: Stavvi orribilmente; e di l'individuo) ed ella è innanzi al Giudice; Cristo giudice dice l'Apocalisse: absconconfessa il proprio peccato, ode la con- dite nos a facie scdentis super Ihronum danna e vien giù volta ec. Minosse si è el ab ira Agni... et quis poterit stare? tollo nel senso morale come tipo della Il poeta da Todi: coscienza; e perchè questa ringhia e Chi è questo gran Sire. morde nell'anima colui che colpa; e per Rege di grande altura ? chè conosce le peccala, non potendo es Solterra i vorria gire, sere che il peccatore sia ignoto a sè stes: Ed in simigliante sentenza: Tal mi mette paura ec. so,abbia il conforto del nil conscire sibi Ed in simigliante sentenza: e non dica come Davide: peccalum meum Non trovo loco dove mi nasconda, Monte, nè piano, nè grotta o foresta, contra me est semper; e perchè da ulti Chè la veduta di Dio mi circonda mo la coscienza giudica é condanna in E in ogni loco paura mi desta. quello stesso che fa udire i suoi latrati- Dio giudicherà i buoni e i rei; MinosL'autorità di Minosse significata nell'atlo se solo questi ultimi; ma come all'Eterdello stare e di cotanto uflizio, come an- no giudice debbon lulti essere presenti cora l'orribilmente ringhiare od orribile nella gran sentenza che dev'esser data, mente starvi, secondo le varianti, son secondo che dice S. Paolo; ¢ tutti dobene attribuiti alla Coscienza; nella qua- vranno riserire i propri falli: così a Mile riflellono i propri falli, come le immagini nello specchio; nè l'oro la corrom quando l'anima mal nata (a) pe, nè il reo può esimersi dallo impalli Li vien dinanzi tutta si confessa. dire dinanzi a lei. L'applicazione di tal E Jacopone da Todi: Or mi conviene davanti a lui gire senso morale spiega, il meglio che si pud, E riferire lo mio malefizio. le locuzioni di questo passo dantesco; Paolo: Omncs enim nos manifestari ed è utile riferire le chiose del codice oportet ante tribunal Christi, ut referat Cassinese: Minos moraliter capitur pro con unusquisque propria corporis. Si notino anche le parole di Dante: scientia, quae est judex cujuslibet, quia omnis peccans portat secum suum ju Vanno a vicenda ciascuno al giudizio. dicem; unde Boetius: Extra te ne quae- dove l'unusquisque dell' Apostolo insicsieris ullorem... - RINGMA, et bene, quia me col noto molio scritturale: « Surgile conscienlia semper mordet nos. Le chio- morlui venile ad iudicium » fanno la se marginali sincrone son la più parte,e materia e la forma di tutto il verso. in questo e negli altri canti, non indegni di esser considerati. Della coda di Mi (a) Cristo dissc di Giuda scariotto: Melius erat ei si natus non fuisset.... poichè nato a suo nosse ecco che ne pensa chi si sia stato danno. nosse: ) 5 Esamina le colpe nell'entrata : Giudica, e manda, secondo ch' avvinghia. Gli vien dinanzi, tutta si confessa: E quel conoscitor delle peccata Cignesi con la coda tante volte, Quantunque gradi vuol che giù sia messa. Vanno a vicenda ciascuna al giudizio: 10 15 Il Todino traslatando anch'egli, dice: Manda secondo che avvinghia, cioè : Sorgele genti venite ad udire, e il Fio. manda come avvinghia; ovvero: signirentino: dicono e odono. fica non con parole, ma per numero Minosse esamina, giudica e manda... delle circonvoluzioni della coda, il grado vede qual luogo d'inferno è da essa (a- della pena che si vuole inflilla al reo. nima malnata). E Jacopone: Dante ciò spiega cgli stesso in queste Or è tempo che si dee sceverere parole: Chi dee gire in gloria od in supplizio. Si cigne con la coda tante volte, S. Matt.« Separabit enim vos ab invicem, Quantunque gradi vuol che giù sia messa. sicut pastor segregal oves ab haedis ». Si può anche osservare l'uso del verbo 5 e 6. Esamina Giudica — Manda, avvinghia in modo assoluto, o perchè si son le tre parti richieste essenzialmente vuole esprimere il solo alto; o perchè si dalla retta ragion penale. Per la prima si volesse supplirvi il pronominale si; o, conosce e distingue la natura e gravità meglio, perchè Minosse, essendo simdel reato; per la seconda si rapporta il bolo della coscienza non sè, ma il reo fallo alla legge; per la terza si vuole e avvince tra penose torture. Il Poeta nulcomanda l'applicazione della pena dovu- ladimeno, se così fosse, uscirebbe dal ta al colpevole. senso figurato nel proprio negli altri versi: Manda è voce giuridica, ed esprime Si cigne con la coda tante volte, la volontà del potere giudiziario che im Quantunque gradi vuol che giù sia messa. pera c commette al potere eseculivo l'attuazione della pena, l'esecuzione della 15. Dicono e odono. Dicono sta bene; sentenza o condanna ; imperciocchè il perchè l'anima malnata tutta si conGiudice non può egli medesimo far da fessa; ma odono che cosa ? Minosse non boia o da bargello. La nozione di questa parla; egli: Si cinge con la coda tante volte, voce è ovvia nella Bibbia e anche nei Quantunque gradi vuol che giù sia messa: classici latini: Ipse dixit et facta sunt, parlano adunque le circonvoluzioni della ipse mandavit et creata sunt, ecco l'im- sua coda come segni convenzionali e peralivo dell'onnipotente che crea. nulla più. La divina giustizia sprona le Virg. Ecl. V, 40: anime a confessare i loro peccati; essa Spargite humum foliis, inducite fontibus umbras stessa fa ch'elle si sottomeitano,suo mal Pastores: MANDAT fleri sibi talia Daphnis. ecco l'imperativo del dovere che coman grado, alla pena inflilla loro da un giudida ciò che va ben fatto; o, come si dice Dante dice qui Dicono, odono, son giù ce che ringhia e non favella. Intanto toscanamente, ciò che si vuol fare. In questa stessa Cantica (XIII, 94) si zio: che contraddizione è questa a cið volle,e son tre parti del criminale giudidice: che si disse al verso 4 e seg. di questo Quando si parte l'anima feroce Dal corpo ond'ella stessa s'è disvelta, canto! Minos la manda alla settima foce. Diligenti lettori, Dante avea già detto O tu, che vieni al doloroso ospizio, Disse Minos a me, quando mi vide, Lasciando l'atto di cotanto ufizio, Non t' inganni l'ampiezza dell' entrare. E'l Duca mio a lui : perchè pur gride? 20 questo stesso ne' versi precedenti e pro- serva delle due forme Giudica c manprio dal 5° al 6° una volta, dal 7° al 12° da Dicono e odono. un'altra volta: ripeterlo per la terza an- E poi son giù volte. Di colesti preciche qui sarebbe stata cosa non degna pitosi capitomboli ne avea detto anche del divino Poela. Ma lo ripete col fallo! Virgilio qualcosa a Dante nell'Eneida bisogna trovarne la ragione estetica; e (V1,580), parlando propriamente di quei noi ci lusinghiamo d'averla trovata. solenni che fecero i Tilani fulminati da A noi pare che dal verso 13 al 15 sia Giove: una specie di preoccupazione che dico- Hic genus antiquum terrae, titania pubes, no i Retori. A ognuno sarebbe venuto il Fulmine dejecti, fundo volvuntur in imo. dubbio in che modo Minosse potesse Dal: fundo volvuntur in imo, Dante sbrigare, definire e decidere tante cause levò di peso la locuzione esser giù vollo criminali, e di sì alto momento, in mez- e recolla come rara gemma nel tesoro zo ad una calca innumerabile di anime della lingua nostra. Ancora (En. X, 500): che attendono il loro destino: questo è Excussus curru moribundus volvitur arvis ec. appunto ciò che Dante sagacemente pre- e in altri luoghi, donde il Volvere parve viene dicendo: al Nostro molto bene imitabile, per diSempre davanti a lui ne stanno molte, Vanno a vicenda ciascuna al giudizio, pignere il volgersi delle anime, che preDicono e odono ec. cipitavano pe'gironi del profondo abisso. Il processo non deve farsi in questo 19 e seg. En. VI, 225: caso secondo s'usa ne' nostri tribunali! Facilis descensus Averno: basta un istante a dire, udire, ed esser Noctes atque dies patet atri janua Ditis: mandato al suo luogo di pena. Dunque Sed revocare gradum, superusque evadere ad Dante vuol dire che, per quanto grande e Hoc opus, hic labor est. (auras, folla fosse la moltitudine, le condanne si V. Inf. II, 10. not. danno subito e in men che si dica un'A; 22. Fatale, destinato, volulo, decree il dicono e odono è una espressione, tato dal Fato ec. Din. Comp. Intell. che l'autore usa, non tanto a significare Quando Cesar li vide intalentati Che li sembrava cosa destinata. quel che avviene nel tribunale infernale, quanto per farci comprendere la somma Il testo di Lucano: preslezza onde Minosse giudica e con Caesar, ut acceptum tam prono milite bellum, danna. Della qual prestezza altre ragioni Fataque ferre videt. possono essere 1° la spontanea confes Il Tasso, Gerus. liber. II, 74: sione del reo; 2° la famosa scienza e pro Or, quando pur estimi esser fatale Che non ti possa il ferro vincer mai, bità del giudice; 3o l'assenza degli avvo- Siati concesso; e siati appunto tale cali e de' cancellieri di tribunale; 4° l'as- Il decreto del ciel, qual tu tel fai: ec. soluta inibizione della carta bollata e Il Manzoni (Cinque maggio) dicendo: della tassa di registro e bollo; 5° le pa- Muta pensando all'ultima stoie e l'inestricabile labirinto della no- Ora dell'uom fatale: sįra Procedura che in Inferno non è. crediamo abbia dato al primo de' Napo È dunque notevole come Dante, a si- leonidi in questo senso l'aggiunto fatagnificare la celerità, onde il Giudice in- le, anzichè nell'accezione di funesto ed fernale conosce e decide le quistioni, si esiziale, come oggi comunemente s'inVuolsi cosi colà, dove si puote Ciò che si vuole, e più non dimandare. 25 (det tende il vocabolo. Virgilio chiama fatale (Inf. VII, 8) dicendo: Taci, maledetto lupo: Consuma dentro te con la tua rabbia. Non è senza cagion l'andare al cupo: Vuolsi nell'alto là dove Michele Fa che la stessa Giunone Regina degli Fe la vendetta del superbo strupo. dei (En. I, 257) dica : Si qua fala sinant... Enea si dice: Fato profugus... Troiano Enea venisse a fondare un nuo Così (En. IV, 355) fu fatale che il Sic volvere Parcas ec. Lo stesso Giove, vo regno nell'italica terra, fatalibus arpaler omnipotens, se intendeva, non pe- vis, e gli fa dire (ivi 360): Italiam non rò avea la potenza di mutare e svolgere sponte sequor. il corso preordinato dal Fato; onde a Citerea (En. I, 257) dice: Non meglio potrà lo studioso della Divina Commedia intendere il valore manent immota tuorum Fata tibi: cernes urbem, et promissa Lavini del fatale andare di Dante, che altenMoenia, sublimemque feres ad sidera coeli dendo alle parole che di lui son detle da Magnanimum Æneam:neque me sententia verlit. Beatrice alle sostanze pie (Purgat.XXX), Hic (libi fubor enim, quando haec te'cura remor: quando Virgilio sparisce,ed Ella entra in Longius et rolvens Fatorum arcana movebo) suo luogo a guidare il Poeta: parole che Bellum ingens geret Italia. formano uno degli episodi più belli, in I vali, le sibille, i sacerdoti e gli ora cui l'amore, la verità e la poesia, giunte coli delle antiche religioni rendevano ai insieme con mirabile magistero, fanno creduli i loro responsi sul futuro, inter- celeste, leggiadra e incantevole quella preti de' decreti de' numi e degl’ineso scena (v. 115 e segg.). rabili fati. Dante all'immutabile volontà Or ecco perchè fatale il viaggio dandi Dio, alla Parola elerna (Fari, loqui) tesco: o decreto invariabile della Providenza Tanto giù cadde, che tutti argomenti Alla salute sua eran già corti, tribuisce ciò che gli antichi alla forza ir Fuorchè mostrargli le perdute genti. resistibile del Fato. Questi dicevano: Per questo visitai l'uscio de' morti, (Virg. VI, En.); E a colui che l'ha quassù condotto, Desine fata Deûm flecti sperare precando: Li prieghi miei, piangendo furon porti. L'alto fato (a) di Dio sarebbe rotto ed egli (Purg. VI) obietta al suo Duca: Se. Che decreto del cielo orazion pieghi: 23. Vedi, Inf. II, 10, il luogo che da ed è Beatrice che sola può spiegargli Virgilio varrechiamo, e qui noi. preced. come questo avvenga. Dante, eroe del sacro poema, imprese provvidenzialmen- 25. Nole, chiosa il Buti, cioè voci; te il suo viaggio, e Virgilio ciò dice con perchè sono note delle passioni, che soquelle parole: no nell'anima. Vedi ciò che per noi Vuolsi cosi colà dove si puote è osservato sul verbo nolare ( Purg. Ciò che si vuole e più non dimandare. XXIV,53) e sulla voce modo (Inf. III,34). Ed egli stesso è per voler divino man- Lapo degli Uberti prima di Dante, nella dato a suo Duce. canz. Nuovo canto amoroso.... parla al (Inf. XXI, 79 segg.): canto personificandolo, e dice: Credi tu, Malacoda, qui vedermi Se di mercè la trovi si adornata Esser venuto, disse il mio maestro, Come d'altro valore, Securo già da tutt'i vostri schermi Sicuramente muovi la tua nota. Senza voler divino e fato destro ? Nola anche qui val voce; ma in luono Lasciami andar, che nel cielo è voluto Ch'io mostri altrui questo cammin silvestro. ritmico; e, checchè ne dica il Buti, a noi A confortare poi l'alunno viaggiatore, si volgerà tra poco in brutto piglio al verbo che non si muta d'un iota o un apice, (a) Fato per volere, decreto, legge, parola, l'enfiata labbia del superbo Plulo. che debb'essere onninamento adempiuto. 30 A farmisi sentire: or son venuto Là, dove molto pianto mi percuote. Che mugghia, come fa mar per tempesta, Se da contrari venti è combattuto. Mena gli spirti con la sua rapina; Voltando e percotendo gli molesta. Quivi le strida, il compianto, e 'l lamento; Bestemmian quivi la virtù divina. Sono dannati i peccator carnali, 35 e pare che nel luogo dantesco nota si pos- più che lo scampanio a gloria non consa bene prendere per voce; ma figurata- forti ne' di festivi le anime devote. mente. Che se vi sia chi ci opponga che in inferno si piagne e non canta, ricor 29 seg. Jacopone da Todi: E l'aire stretto e i venti conturbati disi di que' che (Inf. VII, 121): E il mare muggirà da tutti i lati. 32. Rapina, dicono gli espositori, raPortando dentro accidioso fummo: pidità o piuttosto rapimento in giro, Or ci attristiam nella belletta negra. vortice. Ma se rapina fosse rapimento eppure queste parole di dolore, sono, in giro ec. soverchio parrebbe quel volcome dice il poeta, un inno che i tristi tando che vien dopo ad essa voce. Rasi gorgogliano nella strozza. pire val torre checchessia contro volon28. Muto di luce - buio, tenebroso, buio, tenebroso, tà del padrone. Lì è anche un ratto, in oscuro ec. (V. Inf. I, 60 noi.). Il Bargi- quanto la bufera mena seco gli spiriti, gi: « Abusivamente dice muto, privato loro mal grado. In quella rapina è com è di ogni luce ». La luce, così il Bianchi, presa l'idea della forza ; epperò non è è simbolo di felicità, le tenebre di mi- superfluo il voltando, che dinota il moseria. Il Boccaccio imbrocca il segno, do com' essa agisce. Va intesa dunque quanto a sentenza; ma, pago di richia- per forza, impeto ec. che rapisce e porta marci al tropo detto acirologia o impro- via senza ritegno. Forse che Danle ebbe pria locuzione, non se ne dà briga più a mente i versi di Virgilio (En.1,59 ec.). che tanto. Dove il Salvini ne avverte,che Quippe ferant rapidi secum, verrantque per Ni faciat,maria ac terras,coelumque profundum dell'interlunio anche i latini dissero: si (auxas. lente luna.Dippiù Dante (Inf.III,77) dice: Odo delle Colonne: Com'io discerno per lo fioco lume. Se il trovi disdegnoso Or non è il lume canna di gola che Nol ferir di rapina Che sia troppo gravoso. arrochi; ma bene qui il Boccaccio: « Per Dove: Nol ferir di rapina vale: nol lo floco lume » cioè per lo non chiaro lume, perciocchè, siccome l' esser fioco ferire con forza, con impeto, ma lievelume, perciocchè, siccome l' esser fioco menle ec. Così nella rapina di Dante impedisce la chiarità della voce, così non entra né il vorlice, nè il rapimento le tenebre impediscono la chiarità della luce. I calabresi dicono Campanijare, in giro già per altre parole significato. in lor dialello, alla luna, che nel suo 39. Dopo Dante, il Petrarca: punto culminante brilla d' argentea luce Che sommettete la ragione ai sensi. in ciel screno, ed allieta del suo lume Ma innanzi ad entrambi questi nostri |