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atlo, e l'atto è perfezione (1). Potenza senz' atto è imperfetta (2). Ciascuna cosa sortisce la sua specie secondo l'atto e non secondo la potenza; onde le cose composle di materia è di forma sono costituite nella propria specie secondo le forme (3). La forma per la maleria è in certo modo contratta e finita; onde la forma sciolta dalla materia è in certo modo infinita (4). La forma è il principio della cosa. Ogni cosa opera per la sua forma (5). In alcune cose sussistenti trovasi alcunchè che non appartiene alla ragione della specie, come gli accidenti e i principii individuanti, siccome apparisce massimamente nelle cose che sono composte di materia e di forma (6). La forma non costituisce la specie se non per questo che si fa atto della materia (7). L'essere in potenza conviene alla materia (8). Ogni corpo ́è in potenza in quanto divisibile in infinito (9). Tanto la cosa è più perfetta quant' è più in atto (10). La materia prima è in potenza a tutte le particolari forme (11). La materia prima non esiste in natura per sè, non essendo ente in atto, ma mera potenza; potenza che non si estende se non alle forme naturali (12). — Il tempo e il moto hanno potenza mista ad atto (13). Negli enti sempiterni potere ed essere vale il medesimo (14).

Quanto al tempo della creazione, alla prova che precedette la caduta degli uni e la confermazione beata degli altri, le parole della donna fiorentina consuonano a quelle del meditante d'Aquino. Gli angeli furono creati dal principio (15).

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- L'angelo subito fu fatto abitatore del cielo empireo (16). — L'angelo è beato in atto (17). — Agli angeli innanzi la confermazione Dio era presente per lume di sapienza, non per lume di gloria (18). L'angelo innanzi la confermazione o la caduta vedeva le cose nel Verbo (19). — L'angelo innanzi la confermazione ebbe fede (20). L'angelo consegui la beatitudine con un solo moto d'operazione meritoria (21). — Gli angeli conseguirono beatitudine subito dopo il principio di loro creazione (conditionis ) (22). La superbia è il proprio del primo peccato del demonio (23).

(1) Som., 1, 1, 5.

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(2) Som., 1, 2, 3. - (3) Som., 1, 9, 1. (4) Som., 1, 2, 2. (5) Som., 2, 2, 4; 1, 1, 7: Le forme ricevute nella materia. Timeo: La materia è ricettacolo. (6) Som., 3, 2. - (7) Som., 1. c. (8) Som., 1, 1, 7. — (9) Som., 1, 1, 3.- (10) Som., 1, 1, 14. - (11) Som., 1, 2, 9. — (12) Som., 1, 1, 7.(13) Som., I. c. (14) Arist. Phys., III. - (15) Som., 3, 6. De'secoli degli Angeli, crcati Anzi che l'altro mondo fosse fatto (t. 13). (16) Som., 1, 104. (17) Som., 1, 2, 5. (18) Som., 2, 2, 5; - 2, 2, 96: Illuminationem intellectus. Le viste lor furo esaltate Con grazia illuminante (t. 21). — (19) Aug. in Gen., 2, 8. (20) Som., 2, 2, 5. — (21) Som., I. c. Econ lor merto; Si ch'hanno piena e ferma volontate (t. 21). — (22) Som., 1, 2, 5. Në giungeriesî, numerando, al venti (t. 17). — (23) Hier. in

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d'ogni peccato è superbia (1). Del malvolere (2) qual principio potea esser altro che la superbia? (3).

Venendo a quello in che la beatitudine propriamente consiste, dice il Poeta che la si fonda nell'atto del vedere, non in quel dell' amare, che segue poi; e misura al vedere dell' intelletto si è il merito, e il merito devesi in prima alla grazia, poi alla volontà buona dell' uomo, la quale, della grazia approfittando, se ne fa scala a grazie maggiori e il merito appunto consiste nell'affetto con cui l'anima s'apre e fa alla Grazia accoglienza. Dell' intendere precedente all' amore la filosofia cristiana così ragiona: L'operazione dell'intelletto è prima che l'operazione della volontà (4). Quel che è nell'intelletto è principio di quel che è nell'affetto, in quanto cioè il bene inteso muove l'affetto (5). — L'ultimo fine dee essere prima nell'intelletto che nella volontà: perchè la volontà non si muove all'oggetto, se non in quanto è appreso dall'intelletto (6). L'apprensione del vero senza la ragione del bene non muove la volontà: onde non è l'intelletto speculativo che muove, ma il pratico (7). Lo stesso bene apprendesi in certa speciale ragione compresa sotto la ragione universale del vero (8).

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appetitiva (9). La cognizione precede l'appetito onde il vero è prima del buono. La volontà però e l'intelletto mutuamente s'inchiudono, che l'intelletto intende la volontà, e questa vuole che quello intenda (10). L'amore sovrasta alla cognizione in quanto muove al bene, ma la cognizione precede perchè essa lo attinga. Dacchè non s'ama se non quel che è cognito, come dice Agostino (11). La beatitudine consiste nella cognizione che è atto dell' intelletto, non nell'atto della volontà. Sul primo l'uomo vuole conseguire un fine intelligibile, e lo consegue quand'esso gli sia presente per l'atto dell' intelletto; e allora la volontà dilettata si riposa nel fine già conseguito.... Da questo stesso che la beatitudine appartiene alla volontà come a primo oggetto di quella, segue che non appartenga ad essa come atto (12). — Il vero e il bene nel soggetto convertonsi mutuamente, perchè ogni vero è

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(1) Eccli., X, 15. (2) Purg., V, t. 58: Voler che pur mal chiede Con lo 'ntelletto. de Civ. Dei. (4) Som., 1, 2, 4; 1, 2, 9. 2, 2, 7. — (6) Som., 2, 2, 4; 1, 2, 1; 1, 2, 9. (7) Arist., de An., III. (8) Som., 1, 2, 9. (9) Som., 1,1, 20. – (10) Som., 1, 1, 16. — (11) De Trin., X. Som., 1, 2,2 3. (12) Som., I. c.

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bene e ogni bene è vero. Ma quanto alla ragione l'uno ha qualcosa più che l'altro, come l'intelletto e la volontà; perchè l'intelletto intende e la volontà e molte altre cose, e la volontà appetisce si quel che appartiene all' intelletto, e si altre cose molte (1). · La verità prima si riferisce alla volontà, in quanto è il fine a cui l'anima tende. La volontà move l'intelletto e le altre forze dell'anima al fine (2). L'intelletto che più partecipa del lume della gloria vedrà più perfettamente Dio: or più parteciperà di quel lume chi ha più carità, perchè dov'è più carita, ivi è più desiderio, e il desiderio prepara l'anima e la fa meglio suscettiva del bene desideralo. Onde chi più ha carità, più perfettamente vedrà Dio e sarà più beato (3).

Luce intellettual piena d'amore chiama il Poeta quella che dal sommo cielo si spande, e lume intellettuale chiama quel della grazia la Somma (4). Il primo lume si diffonde in virtù dell'intelligenza, della quale è proprio discendere nelle cose causale, e dal primo bene gli altri beni tutti partecipano la virtù diffusiva (5). Gli atti nostri sono meritorii in quanto procedono da libero arbitrio mosso da Dio per la grazia (6). · Preparare l'animo al dono della grazia è principio dell' opera meriloria (7). Nella contemplazione delle cose divine massimamente consiste la beatitudine: e questa è l'operazione che è propria all'uomo e più dilettevole (8). La volontà tende al finale atto dell' intelletto che è la beatitudine (9). Operazione dell' intelletto è la visione (10). L'essenza della beatitudine consiste nella visione di Dio che è ve

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rilà pura (1). La beatitudine è il fine della intellettuale natura, che è sopra la razionale . . . . L'intellettuale apprende subilo la verità, la razionale per le ricerche della ragione ci arriva (2). Per la visione è fatto presente alla volontà il suo fine (3).

A proposito di quanto in certe scuole insegnavasi, che gli angeli, oltre alla volontà e all'intelletto, hanno altresì, come gli uomini, la memoria, al contrario di quella sentenza conforme a ragione che gli angeli vedendo le cose in Dio le veggono insieme (non divise) (4), esce il Poeta a dire contro i predicatori vani del tempo suo, che mal seguivano l'esempio degli Apostoli a' quali Cristo non disse: Andate e predicate al mondo ciance. Non... doctas fabulas secuti, notam fecimus vobis Domini nostri Jesu Christi virtutem (5). E usa modi di commedia, che il suo titolo gli consente; ma sotto a quello scherno è sdegno pregno di pianto e fulminea pietà. Dice che le pecorelle tornan dal pasco pasciute di vento, secondo quel di Gregorio: Sono molti che odono la voce del predicatore, e voti se ne vanno; lo ventre de' quali avvegnachè riceva non si riempie. Anco Francesco da Barberino i predicatori del suo tempo riprova; e il Passavanti, buon frate: Che i predicatori dicono sottigliezze e novitadi e varie filosofie... barattano le anime a vento e a fumo della vanagloria........ Predicatori, anzi giullari, son menzogneri buffoni. E a chi irriverente paresse il peggio che porci, legga le parole di Tommaso patrizio e filosofo, frate e santo: Que' che abusano della dottrina de' Vangeli, o per essa si sollevano in alto, reputansi immondi (6).

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CANTO XXX.

Argomento.

All' apparire della luce dell'Empireo, in cui Dante è portato, la luce degli Angeli pare più languida, la bellezza di Beatrice cresce in ineffabile modo. Un lampo lo ferisce, e lo dispone a vedere un fiume di luce. Le due rive dipinte di mirabili fiori: e del fiume uscivan faville, e si posavan sui fiori, e nell'onde fiammanti scendevano. E' guarda nell'acque; e, fatto più acuto al vedere, ammira il fiume cambiarsi in figura di cerchio, e sopra il cielo empireo mille gradi e più disposti in forma di rosa, e il minimo grado maggior del sole; e per l'ampia sublimità l'occhio correva chiarissimo, e la prendeva tulla. Vede un seggio vuoto: il seggio d'Arrigo.

1.

Quest' è de' Canti più alti di tutto il poema.

Nota le terzine 1, 5; 6 alla 9; 11, 14, 15, 17; 18 alla 23; 28, 30, 31, 32, 35, 37 alla fine.

Forse

orse semila miglia di lontano

Ci ferve l'ora sesta, e questo mondo China già l'ombra quasi al letto piano, 2. Quando 'l mezzo del cielo, a noi profondo, Comincia a farsi tal che alcuna stella Perde 'l parere infino a questo fondo: 3. E come vien la chiarissima ancella

Del sol più oltre, così ' ciel si chiude Di vista in vista, infino alla più bella. 4. Non altrimenti 'l trionfo che lude

Sempre d'intorno al Punto che mi vinse,
Parendo inchiuso da quel ch'egli inchiude;

1. (L) LONTANO dalla terra. Nasce il sole, e fa l'ombra della terra orizzontale.

(SL) SESTA. Siccome la luce del non ancora veduto sole fa impallidire le stelle, così la non veduta gloria di Dio toglieva a' miei occhi la luce degli Angeli.

(F) SESTA. Anon. La terra tutta gira ventiqualtromila di miglia... ed il sole la gira tutta in ventiqualtro ore.... e così il sole ogni ora circuisce il ventiquattresimo, ch'è mille miglia. Adunque quando l'ora sesta è, e' c' è di lungi seimila miglia, ed è segno che siamo nel principio della prima ora.... del di. CHINA. Il globo nostro china l'ombra sua a forma di cono in linea orizzontale, poichè il sole sta per sorgere sull'orizzonte.

2. (L) A NOI PROFONDO: che sta sopra noi. ALCUNA STELLA PERDE 'L PARERE: sul primo albeggiare non tutte spariscono, ma le minori.

(SL) PROFONDO. Buc., IV: Cœlumque profundum. 3. (L) LA CHIARISSIMA ANCELLA: l' Aurora. VISTA: stella.

(SL) VIEN. Buc., X: Venit Hesperus. CHIUDE. En., 1: Diem clauso componet vesper Olympo. Purg., XXVII, t. 24: E notte avesse tulle sue dispense. — VISTA. Par., II, t. 39: Vedute.

4. (L) LUDE: gira lieto.

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5. A poco a poco al mio veder si 'stinse:
Per che tornar con gli occhi a Beatrice
Nulla vedere e amor mi costrinse.
6. Se quanto infino a qui di lei si dice
Fosse conchiuso tutto in una loda,
Poco sarebbe a fornir questa vice.
7. La bellezza ch'io vidi, si trasmoda
Non pur di là da noi, ma certo io credo
Che solo il suo Fattor tutta la goda.

PARENDO INCHIUSO DA QUEL CH'EGLI INCHIUDE: pare circondato dagli angeli, ma e' li comprende.

(SL) LUDE. Aveva senso grave talvolta, come in Dante trastullo (Purg., XIV, t. 31). Il cantare versi anco meditati era ludere. Par., XXXII, t. 35: Quell'Angel che con tanto giuoco.

(F) INCHIUDE. Dio continet omnia (Sap., I, 7). 5. (L) STINSE: spense, sparì.

(SL) STINSE. Contrario all'Accendit lumina Vesper (Georg., I). AMOR. Nel Canto XXIII, t. 24, del Paradiso gli è rimproverato che l'amor di Beatrice lo stolga dal riguardare le alte cose che appariscono intorno a lei.

6. (L) CONCHIUSO: chiuso. -A FORNIR QUESTA VICE: a compier l'uffizio ch'ora ho di dire di lei.

(SL) VICE. Ne' Latini valeva uffizio, dal ritornare gli uffizi alla volta loro e dall' essere vicendevoli. 7. (L) TRASMODA... DI LÀ DA NOI: trascende il modo nostro d'intendere.

(SL) BELLEZZA. La sapienza delle cose divine che nel Convivio chiama eternale imperatrice dell'universo. E fin nella Vita Nuova e' racconta com'e' pregasse che la sua anima se ne possa gire a vedere la gloria della sua donna. Rime: Ch'io diverrci beato, lei guardando, A guisa d'Angel che di sua natura, Stando su in altura, Divien beato sol vedendo Iddio. — GODA, Alto; ma forse men bello dell'altro (Par., XXVII, t. 35): Che Dio parea nel suo volto gioire.

(F) TRASMODA. Lettera a Cane: Transcendisse hu

8. Da questo passo vinto mi concedo

Più che giammai da punto di suo têma
Soprato fosse comico o tragedo.

9. Chè come sole il viso che più trema,
Cosi lo rimembrar del dolce riso

La mente mia da sé medesma scena. 10. Dal primo giorno ch'io vidi 'l suo viso In questa vita, insino a questa vista, Non è 'l seguire, al mio cantar, preciso: 11. Ma or convien che 'l mio seguir desista

Più dietro a sua bellezza, poetando, Come all'ultimo suo ciascuno artista. 12. Cotal, qual io la lascio a maggior bando Che quel della mia tuba, che deduce L'ardua sua materia terminando,

13. Con atto e voce di spedito duce

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manum modum. Par., V, t. 1: S' io ti fiammeggio... Di là dal modo che 'n terra si vede. Som. Quod aliquis elevetur supra id quod est secundum naturam, non pertinet ad modum hominis, vel dignitatem.

8. (L) SOPRATO: superato. TRAGEDO poeta.

(SL) PUNTO. Quel che ora dicono situation. -TRAGEDO. Anco nella Somma è la similitudine del tragedo citando Aristotele. Vedi come la Commedia stessa egli prendesse in sul serio, rappresentazione retta, cioè correttrice degli umani costumi.

9. (L) CHE PIÙ TREMA: più debole. DA SE MEDESMA SCENA: fa minore di sè.

(F) TREMA. Conv., III, 8: Queste cose che paiono nel suo aspetto soverchiano lo intelletto nostro... Edico come questo soverchiare è fatto; ch'è fatto per lo modo che soverchia il sole lo fragile viso, non pur lo sano e forte.

10. (L) NON È'L SEGUIRE, AL MIO CANTAR, PRECISO: potei dirne qualcosa.

1

(SL) Viso. Ne' luoghi più importanti bada meno a cansare le ripetizioni, perchè certe parole sente più necessarie. Vidi, viso, vista. PRECISO. Par., XXIII, t. 21: Convien saltar lo sagrato poema Com' uom che trova suo cammin reciso. Petr., son. LV (I Parte): M'hanno la via si ď'altro amor precisa. Hor. Ep., I, 2: Belli præcidere caussam, Som. : Membrorum præcisionem.- Præcidere non è dunque sempre recidere innanzi. 11. (L) ALL' ULTIMO SUO ogni arte ha un limite. (SL) ULTIMO. Come dire l'ideale dell' arte. Più lungo del solito.

12. (L) COTAL: si bella. DUCE a fine.

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(SL) BANDO. Del Vangelo. Par., XXVI, t. 45. Ben sta. Ma della bellezza di una donna che, per simbolica che sia, riman sempre imagine di donna, codesta tromba di banditore non par cosa decente, e la terzina allunga il già lungo discorso. TUBA, CHE DEDUCE. Hier. Ep., CVII: Tenuis mihi est, spiritus ad implendam hanc tam magnificam dicendi tubam. Ovid., Met., 1: Ab origine mundi Ad mea perpetuum deducite tempora carmen.

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13. (L) DEL MAGGIOR CORPO: del primo mobile.

(SL) DUCE. Rammenta il bello del Petrarca, son. LXX (1 Parte): Salendo quasi un peregrino scarco.— PURA. L'ha anco Virgilio (Æn.,II). Ma in senso ben altro. (F) MAGGIOR. Ott.: Corpo primo, per natura semplicissimo, poco di corpo avente, però che sottilis

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14. (L) DOLZORE: dolcezza.

-

DOL

(SL) LUCE. Som.: Lume intellettuale. ZORE. È in altri antichi. Nè l'avran preso da' Francesi, nè questi dagli Italiani, e la z che ora è d'altri dialetti attesta l'antica più intima fraternità degli idiomi. (F) TRASCENDE. Ad Phil., IV, 7: Pace di Dio che supera ogni sentire. 15. (L) L'UNA E L'ALTRA MILIZIA: angeli e uomini: gli uomini nell' imagine di que' corpi che riprenderanno al giudizio.

(SL) MILIZIA. Tasso, XI: La milizia degli angeli e de' santi.

(F) UNA. Isai., XLV, 12: Le mie mani spiegarono i cieli, e a tutta la milizia di quelli ordine diedi. Sofon., I, 5: La milizia del cielo.

16. (L) DISCETTI: svegli. Priva dell'atto L'OCCHIO DE' PIÙ FORTI OBBIETTI: altra luce non può sull' occhio abbagliato dal lampo.

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(SL) DISCETTI. Vive in Corsica. SPIRITI. Personificati al solito. PRIVA. Trasposizione non così netta come sogliono quelle di Dante; ma forse giova a significare il riscuotersi.

17. (L) CIRCONFULSE: risplendè intorno.

(SL) LUCE. Nel XXIX del Purgatorio una luce gli appare viva come lampo, ma è lampo che dura e viene crescendo. I simile qui; se non che il velo e la fascia scemano forse potenza all'imagine.

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18. (L) ACCOGLIE l'anime. SALUTE: saluto. PER FAR DISPOSTO A SUA FIAMMA IL CANDELO: per preparare con la luce alla fiamma d'amore gli ammessi alla gloria. (SL) SALUTE. Nelle Rime.

(F) AMOR. Joan., Ep. 1, 4, 16: Dio è carità. Damasc. La virtù divina nel cielo empireo opera più manifesta; chè immediatamente sottostà alla divina mente.

SALUTE. Boet.: Gli occhi di lui che dalla nube delle cose mortali son fatti caliginosi, tergiamo. Il saluto della luce crescente è degno del cielo. CANDELO. L'idea è bella ma forse non chiaro significata. La grazia accende con la sua luce la luce dell' anima, e dispone questa ad accendersi.

19. (L) NON FUR PIÙ TOSTO DENtro a me venute...; appena le udii che... - ME SORMONTAR DI SOPRA A MIA VIRTUTE: me maggior di me stesso.

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PRIMAVERA.

(SL) FLUVIDO. Come continovo. Purg., XXVIII, t. 17. Apoc., XXI, 1, 2, presso un Antico: Ed io vidi novello cielo e novella terra, e il primo ciclo e la prima terra se n'andò..... Ed io Giovanni, vidi Jerusalem, la santa cittade descendente dal cielo novella, e apparecchiata a Dio ricevere, come sposa adornata per suo marito.

(F) RIVIERA. Psal. CXLVIII, 4: Le acque che son sopra i cieli al nome del Signore dieno laude. Apoc., XXII, 1, 2: Mi mostrò un fiume d'acqua viva, lucente come cristallo, che scendeva dal seggio di Dio, e dell'agnello... e d'una e d'altra parte gli alberi della vita. Opinione d'Origene. Ambr.: De sanctis civitas Dei illa Jerusalem non meatu alicujus fluvii terrestris, sed ex fonte vitæ procedens, qui est Spiritus Sanctus. Joel., III, 18: Un fonte dalla magione del Signore uscirà. Da un fiume celeste volevano alcuni Rabbini tratti gli Angeli con creazione continova.

22. (L) CHE Oro circonscrive incastonato in oro. (SL) CIRCONSCRIVE. Pesante un po' parlandosi d'oro e di rubini e di faville e di fiori; ma scrivere allora aveva senso più gentile d' adesso; e nel proprio. En., I: Pulvis inscribitur hasta.

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26. Anche soggiunse:

Il flume, e li topazi Ch'entran ed escono, e 'l rider dell'erbe Son di lor vero ombriferi prefazî. 27. Non che da se sien queste cose acerbe; Ma è difetto dalla parte tua,

Che non hai viste ancor tanto superbe. 28. Non é fantin che si subito rua

Col volto verso il latte, se si svegli
Molto tardato dall'usanza sua;

29. Come fec'io, per far migliori spegli
Ancor degli occhi, chinandomi all'onda
Che si deriva perchè vi s'immegli.
30. E si come di lei bevve la gronda

Delle palpebre mie, così mi parve, Di sua lunghezza, divenuta tonda. 31. Poi come gente stata sotto larve, Che pare altro che prima, se si sveste La sembianza non sua in che disparve;

26. (L) TOPAZî: spiriti. SON DI LOR VERO OMBRIFERI PREFAZÎ: adombrano quel che e' son veramente. (SL) TOPAZI. Così chiama Cacciaguida (Par., XV, t. 29). Diod. Sic. Il topazio simile a vetro di colore d'oro. Apoc., XXI, 10, 11, presso un Antico: Mi menò in ispirito in una grande montagna e alta, e mi mostrò Jerusalem la santa cittade... il suo lume era come pietra di zaffiro e come jaspe di cristallo. - RIDER, Buc., IV: Mixtaque ridenti colocasia fundet achanto.

OMBRIFERI. Non bello, ma anco i Latini l'han per ombroso; come odorifero per odoroso. Ott.: Lo fiume è il lume divino e la gloria di Paradiso: Le scintille, li Angioli; li topazii, li cori beati. — PREFAZI. Ora fa quasi ridere, ma allora rammentava l'origine, che è la medesima di profezia; più strano è quel della Somma: Superficies præambula est ad colorem.

(F) OMBRIFERI. Som.: Corporaliter, non umbraliter. Leon. Serm., LXII: Quæ revelata non caperent, obumbrata susciperent.

27. (L) ACERBE: dure a intendere. TANTO SU

PERBE tanto alte.

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29. (L) PER FAR MIGLIORI SPEGLI ANCOR DEGLI OCCHI : per veder meglio. VI S'IMMEGLI: l'uomo vi diventi migliore.

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(SL) SPEGLI. Par., XXI, t. 6: E fa di quelli (occhi) specchio alla figura. CHINANDOMI. Non evidente. 30. (L) BEVVE la gronda delle palpebre mie: mi ci affisai.

(SL) BEVVE. Hor. Carm., II, 13: Bibit aure. Qui forse affettato. — GRONDA. Il coppo del ciglio ( Inf., XXXIII, t. 33).

(F) TONDA. La lunghezza figura il diffondersi di Dio nelle creature; la rotondità il ritornare delle cose in Dio come in fine perfetto. Idea svolta dal Vico. 31. (L) LARVE maschere.. DISPARVE: parve altra. (SL) LARVE. Purg., XV, t. 45. Più lungo del solito.

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