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19. Però ricominciai: Tutti quei morsi

Che posson far lo cuor volgere a Dio,
Alla mia caritate son concorsi;

20. Chè l'essere del mondo, e l'esser mio, La morte ch'el sostenne perch' io viva, E quel che spera ogni Fedel com'io; 21. Con la predetta conoscenza viva,

Tratto m'hanno del mar dell'amor tôrto, E del diritto m'han posto alla riva. 22. Le frondi onde s'infronda tutto l'orto Dell'Ortolano eterno, am' io cotanto Quanto da lui a lor di bene è pôrto. 23. Sì com'io tacqui, un dolcissimo canto Risono per lo cielo; e la mia donna Dicea con gli altri: Santo, Santo, Santo. 24. E come al lume acuto si disonna

(Per lo spirto visivo che ricorre

Allo splendor che va di gonna in gonna),

less' egli condurre il mio discorso a più insistere sull'amore.

(SL) LATENTE. Abbondano più che altrove i latinismi. AGUGLIA. Aug. in Joan. L'aquila è esso Giovanni, predicatore di sublimi cosc. 19. (L) Morsi: eccitamenti.

(SL) CONCORSI. Conv., I, 15: Essere a questa amistà concorse tutte le cagioni generative e accrescitive dell' amistà. Som.: Alla perfezione della natura inferiore due cose concorrono. Ma il concorrere de' morsi non so se sia bello.

(F) MORSI. Æn., Ie VII: Cura remordet. In certo senso anche il desiderio del bene è un rimorso, e il rimorso un senso del bene.

20. (L) ESSER MIO: creato da Dio. -QUEL: il cielo. (SL) SOSTENNE. Som.: Mortem sustinuit. — -VIVA. Un inno: Et morte vitam protulit. Virgilio (Æn., X), non con l' usata severità: Morte tua vivens ?

(F) MONDO. La bellezza delle creature è conforto ad amare lui che le fece. Mio. Psal., VIII, 6: Di gloria e d'onore lo incoronasti. 21. (L) CONOSCENZA di ragione e d'autorità. (SL) VIVA. Perchè creduta. Manzoni: Rianima I cor nel dubbio estinti. - MAR. Due mari, uno dell'amore torto e uno del diritto, non so se sia vero. 22. (L) LE FRONDI...: i giusti, quanto in essi risplende più Dio.

(SL) FRONDI. Vedremo negli ultimi Canti il mistico fiore. Non son sole le foglie, ma ramoscelli con foglie. - INFRONDA. Par., XII, t. 16: Le novelle fronde Di che si vede Europa rivestire. Questa seconda imagine amplia ed abbellisce quell' altra. ORTO. Par., XII, t. 55: Orto cattolico. Ma lì è troppo vicina l'imagine della vigna. ORTOLANO. Gesù Cristo risorto apparve in tal forma. Joan., XX, 15. Anche per ciò dice eterno.

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25. E lo svegliato, ciò che vede, abborre (Si nescia è la sua subita vigilia), Finchè la stimativa nol soccorre; 26. Così degli occhi miei ogni quisquilia Fugò Beatrice col raggio de' suoi, Che rifulgeva più di mille milia : 27. Onde, me' che dinanzi, vidi poi; E quasi stupefatto dimandai D'un quarto lume ch'io vidi con noi. 28. E la mia donna: Dentro da que' rai Vagheggia il suo Fattor l'anima prima Che la prima Virtù creasse mai. 29. Come la fronda che flette la cima Nel transito del vento, e poi si leva Per la propria virtù che la sublima; 30. Fec'io, in tanto quanto ella diceva, Stupendo e poi mi rifece sicuro Un disio di parlare ond' io ardeva. 31. E cominciai: · O pomo che maturo, Solo, prodotto fosti; o padre antico

-

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(SL) ABBORRE. Può valere e rifugge per l'incomoda luce; e guardando erra dal vero; nel senso di abhorrere latino.

(F) STIMATIVA. Avicen., de An.: La stimativa è ordinata ad apprendere le intenzioni che non si percepiscono per il senso. SOCCORRE. Cosi sovvenire della memoria. Dice e il moto della facoltà e l'aiuto che ne viene alla mente.

26. (L) QUISQUILIA: macchia.

(SL) QUISQUILIA. Rammenta il Purgatorio quando la rugiada lo purga della fuliggine. Qui nuova purificazione lo fa degno di visione più alta. MILIA. Par., XXIII, t. 46: Filio. Questo verso che pare aritmetica è poesia moltiplicata.

27. (L) ME': meglio.
28. (L) ANIMA PRIMA: Adamo.

(SL) ANIMA. Non parla di spiriti.

29. (SL) FLETTE. Paolo Aquilan: Se lo tuo capo flettendo s'abbassa. CIMA. Tasso, XIX, 19: Ma come all'Euro la frondosa cima Piega, e in un tempo la solleva il pino. Non in un tempo. Flette è qui più proprio di picga.

30. (L) FEC' 10: m'abbassai.

(SL) QUANTO. Par., II, t. 8: In tanto, in quanto un quadrel posa. · · RIFECE. Inf., IX, t. 10: Ti fa sicuro. 31. (L) MATURO: adulto. Eva è parte di lui. NURO: nuora. Ogni donna è figlia d'Adamo, e sposa a un figlio di lui, però nuora ad esso.

(SL) Pomo. Par., XV, t. 50: 0 fronda mia. Ma chiamarlo pomo è un rammentare con poca carità al padre Adamo il suo appetito. NURO, I Francesi bru.

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38. E quanto fu diletto agli occhi miei,

E la propria cagion del gran disdegno; E l'idioma ch'usai e ch'i' fei. 39. Or, figliuol mio, non il gustar del legno Fu per sè la cagion di tanto esilio, Ma solamente il trapassar del segno. 40. Quindi, onde mosse tua donna Virgilio, Quattromila trecento e due volumi Di Sol desiderai questo concilio. 41. E vidi lui tornare a tutti i lumi Della sua strada novecento trenta Fiate, mentre ch'io in terra fûmi. 42. La lingua ch'io parlai, fu tutta spenta Innanzi che all' ovra inconsumabile Fosse la gente di Nembrotte attenta. 43. Chè nullo effetto mai razïonabile

(Per lo piacere uman che rinnovella, Seguendo 'l cielo), sempre fu durabile.

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(SL) BROGLIA. Pare che imbroglio non abbia l'origine dal broglio civile, da brolo. Qui vale: s'avviluppa ne' suoi moti. AFFETTO. Par., XVIII, t. 8: Come si vede qui alcuna volta L'affetto nella vista. Miglior similitudine è l'avo Cacciaguida; e trattato con più rispetto del padre antico, che diventa, di pomo, animale. SEGUIR. Purg., XXI, t. 56: Riso e pianto son tanto seguaci Alla passion. 34. (L) COVERTA di luce.

(SL) COVERTA Semint.: Cavallo adornato con le dipinte coverte. GAIA. Par., XV, t. 20: Turba gaiu. (F) PRIMATA. Purg., XXXIII, 1. 21: L'anima prima. Delle cose qui toccate, vedi Som., 2, 2, 90 ad 102. 35. (L) PROFFERTA: detta.

(F) CERTA. Som.: Quando la certezza si consideri nella causa sua, più certa è la cosa che ha cagione più certa. Or la fede è più certa della scienza, perchè quella s'appoggia al vero divino, questa all' umana ragione.

36. (L) CHE FA di se paregli...: in ogni cosa riflette sè; in sè nessuna.

(SL) SPEGLIO. Cosi chiama il sole (Purg., IV, t. 21) e Dio (Par., XV, t. 21).

(F) PAREGLIO. Conv. III, 12: Sė prima allumina e poi le creature. Molte similitudini trae dal sole, perche, dice nel Convivio (ivi): Nullo sensibile è più degno di farsi asempro di Dio che'l sole. Lett. a Cane: Ogni essenza e virtù procede dall'essenza prima. Volg. Eloq.: Splendidissimo sole, in cui tutti rappresentansi bellissimamente, e avidissimamente contemplano. 37. (L) QUANT': tempo. NELL' ECCELSO GIARDINO : nel paradiso terrestre. COSTEI Beatrice. A così LUNGA SCALA: a salire al cielo.

(SL) OVE. Purg., XXXIII.

SCALA. Par., X,

t. 29: Per quella scala U', senza vísalir, nessun discende.

38. (L) QUANTO FU DILETTO: quanto durò quel diletto del Paradiso terrestre. -PROPRIA: vera.— DISDEGNO di Dio.

(F) FEI. Ben dice: prima usai, poscia fei. - Usò il linguaggio da Dio rivelatogli in poche radicali parole contenenti le sommità del vero; fece il restante, da quelle poche per analogia derivando la lingua intera e i nomi di tutte le cose. Gen., II, 19: Addusse gli animali ad Adamo, vedesse che nome dargli : quel che Adamo nomino di ogni anima vivente, esso è il nome di quella.

39. (L) DEL LEGNO: del frutto dell'albero. PASSAR DEL SEGNO: il trasgredire.

IL TRA

(SL) LEGNO. Gen., II, 17: De ligno... scientio boni et mali ne comedas.

mosse.

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(F) TRAPASSAR. Ad Timoth., II, 14: Mulier seducta in prævaricatione. Varicare è appunto il trapassare. 40. (L) Quindi... stetti nel limbo di dove Beatrice VOLUMI: anni.- QUESTO CONCILIO : questo cielo. (SL) QUINDI. Non chiaro. ONDE. Inf., IV. MOSSE. Inf., II, t. 17. VOLUMI. Dalla creazione alla morte di Gesù Cristo 5232 anni. Tolti i 930 che Adamo visse, restano 4302. S'aggiungano i 1266 da Cristo a Dante, e sono 6500. (Inf., XXI.) Ov. Met., II, 70: Assidua rapitur vertigine cœlum; Sideraque alla trahit, celerique volumine torquel. CONCILIO. Purg., XXI, t. 6: Nel beato concilio. 41. (L) LUI: sole.

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LUMI: segni del zodiaco. (SL) Lui. Il sole non è l'ultimo nominato, ma pensandoci si ritrova. [De Vulg. Eloq., 1, 6.] — MENTRE. Gen., V, 5.

42. (L) OVRA INCONSUMABILE: la torre che non si poteva finire.

(F) INCONSUMABILE. Gen. XI, 1: Erat terra labii unius. Nella Volgare Eloquenza dice che da Adamo a Babele fu sempre un linguaggio. Ma non fa contro al presente. Il linguaggio andò nelle piccole cose mutandosi; la fabbricazion della torre, che deve essere lungamente durata, fu spazio assai lungo per corrompere l'intero linguaggio. E chi sa che il Poeta non intendesse in senso simbolico Nembrotte e la torre ? Nel XXXI dell'Inferno ne parla nel proprio.

43. (L) Che RINNOVELLA. l'umano volere muta, e con esso gli affetti dell' umana ragione. - SEGUENDO'L CIELO: l'uomo sente gl'influssi celesti.

(SL) [EFFETTO. De Vulg. Eloq., I, 9.] — Razio

44. Opera naturale è ch'uom favella:

Ma cosi o così, Natura lascia

Poi fare a voi, secondo che v' abbella; 45. Pria ch' io scendessi all'infernale ambascia, El s'appellava in terra il sommo Bene, Onde vien la letizia che mi fascia.

NABILE. Conv., III: Irrazionabile. Som.: Causæ rationabiles.

(F) DURABILE. Par., XVI, t. 27: Le vostre cose tutte hanno lor morte, Si come voi... - V, t. 53: Di mia natura Trasmulabile son.

44. (L) V'ABBELLA: vi piace.

(SL) Così. Som.: Quel che è indifferente a farsi cosi o non così. — ABBELLA, Inf., XIX, t. 13: Tanto m'è bel, quanto a te piace. - Purg., XXVI, t. 47.

(F) NATURALE. Som: La natura dell'uomo è mutabile, e però quello che è all'uomo naturale talora vien meno. — LASCIA. Eccle., III, 11: Mundum tradidit disputationi eorum. —. ABBELLA. Conv., I, 5: Il latino è perpetuo e non corruttibile; il volgare è non istabile e corruttibile... Onde vedemo nelle città d'Italia, se bene volemo agguardare a cinquanta anni, molti vovaboli essere spenti e nati e variati: onde se il picciolo tempo cosi trasmuta, molto più trasmuta lo maggiore. Si ch' io dico che se coloro che si partiro di questa vita già sono mill'anni, tornassono alle loro cittadi, crederebbono la loro cittade essere occupata da gente strana, per la lingua da loro discordante.

45. (L) EL: Dio.

(SL) FASCIA. Par., VIII, t. 18: La mia letizia mi ti tien celato, Che mi raggia dintorno, e mi nasconde Quasi animal di sua seta fasciato. Carlo Martello è almeno un baco.

(F) EL. Isid. Etym., VII, 1: Il primo nome di Dio presso gli Ebrei si è Et che significa l'essere,

46. Eli si chiamò poi. E ciò conviene; Chè l'uso de' mortali è come fronda In ramo, che sen va, ed altra viene. 47. Nel monte che si leva più dall' onda, Fu'io, con vita pura e disonesta, Dalla prim'ora a quella ch'è seconda, 48. Come 'l sol muta quadra, all'ora sesta.

46. (L) CONVIENE mutare.

(SL) Eu. Il medesimo che ELO1. Gesù gridò sulla croce Eli secondo Matteo (XXVII, 46), Eloi secondo Marco (XV, 34). - [De Vulg. Eloq., I, 4. Isid. Orig., VII, 4: Primum apud Hæbreos Dei nomen Eɩɩ dicitur.] CONVIENE. Som.: Et hoc conveniens fuit. - Uso. Hor., de Arte Poet. Si volet usus, Quem penes arbitrium est, et jus, et norma loquendi. — FRONDA. Hor., de Arte Poet.: Ut silvæ foliis pronos mutantur in annos, Prima cadunt, ita verborum vetus interit ætas... Multa renascentur, quæ jam cœcidere: cadentque Quæ nunc sunt in honore vocabula si volet usus.

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47. (L) MONTE del Purgatorio. CON VITA PURA E DISONESTA fra innocente e rea. C'È SECONDA : che segue. SESTA dal nascer del sole a mezzodì. (SL) LEVA. Inf., XXVI. Purg., III, t. 5: Che'nverso'l ciel, più alto, si dislaga. [Ors. Petrus Comestor, Hist. Scolastica, f. 9 (ediz. Par. 1515, in 4.): Quidam tradunt eos fuisse in Paradiso septem horas.] SECONDA. Secundus da sæquor. Forse ha a leggere che seconda per segue, come nel Purgatorio (XVI, 11) e nel Paradiso (I, t. 12). Intendasi dunque: innocente durai dalla prima alla seconda; colpevole alla sesta; poi l'angelo mi scacciò. Il costrutto non è chiaro, perchè dalla prima regge e alla seconda, e alla sesta, che dovrebbero essere due incisi diversi.

(F) SESTA. Gen., III, 8: Deambulantis in paradiso ad auram post meridiem. Cosi Pietro Comestore al XXIV della Storia della Gen. Da oriente a mezzodi dov'è l'ora sesta, è un quadrante di circolo, o quadra.

La Carità.

La vita attiva è significata per Pietro, e la vita contemplativa per Giovanni; la quale è più amata da Dio che più la conserva, perchè non la finisce insieme con la vita del corpo così come la attiva (1). A questo segno Giovanni distinguesi dagli altri discepoli, che Gesù non lui solo ama, ma lui più degli altri (2).

La fede opera per l'amore (3); non è però che il bene non sia amato se non in quant' egli è inteso, e tanto più amato quanto più di bontà conoscesi in esso (4). Onde chi più conosce più

ama, ed è anco più veramente credente, cioè né stupido per credulità nè stupido per dubitazione e esitanza. Il verso E quel che spera ogni fedel com' io, nella sua nitida semplicità, onora Dante in cui la speranza raffermava la fede, e muoveva a carità l'anima dalle ire troppo sovente agitata. La parola muovere che abbiamo significante il creare, è nel linguaggio del popolo e della scienza la parola propria d'ogni affetto d'amore. L'uomo conoscendo il fine del suo operare, e movendosi a quello ne' suoi atti è spontaneità (1). Ma se Carità

(1) Aug. in Joan. (2) Aug., 1. c. Par., XXV, t. 58: Questi fue D'in su la croce al grande uficio eletto. — (3) Som., 2, 2, 5. (4) Chè 'l bene, in quanto ben, come s'intende, Cosi accende amore (Terz. 10).

(4) Som., 2, 1, 6. La cosa voluta muove il movente (Som., 1, 1, 19). Moto della volontà (Arist., de Au., III). Moveri in finem (Som., 2, 1, 6). Motum rationalis creaturæ in Deum (Som., 1, 4, 2). All'Essenza... Più che in altra, covien che si muova La mente (Terz. 12).

è amore, non ogni amore è però carità (1). La carità ama il prossimo per l'amore di Dio (2). Una medesima è la virtù della carità con cui amasi Dio e s'ama il prossimo (3).

La naturale ragione della volontà obedisce alla carità (4). La medicina dell' anima si distribuisce in autorità ed in ragione (5). L'autorità dice Dante essere concorde a ragione: ed invero la concordia di queste due forze è che dona la pace alle anime umane e alle umane società.

Amare Dio sopra tutte le cose è connaturale all'uomo (6), Dio principio e fine di tutte le cose (7). - La carità aderisce al sommo bene (8). La natura ama Dio sopra tutte le cose, come principio e fine del bene naturale: la carità ama Dio in quanto è oggetto della beatitudine, e in quanto l'uomo ha una società spirituale con Dio (9). Non può la beatitudine dell'uomo essere che in un bene perfetto, il qual non si rinviene in alcuna cosa creata, ma solo in Dio, perchè ogni creatura non ha bontà se non partecipata (10). A Dio sommo bene devesi il sommo amore, cioè sopra tutte le cose amarlo (11). L'amore dicesi sommo non solo quanto al grado della dilezione, ma anche quanto alla ragione dell' amare, e al modo d'essa dilezione (12).

Giovanni a Dante: Qual'è il tuo sommo amore? Dante: Dio. Giovanni: Chi te l'insegna? Dante: Filosofia e autorità rivelata. Filosofia mi dice che quanto più l'oggetto conoscesi buono, e più s' ama, che però Dio, bene sommo, più merita amore. L'autorità de' filosofi pagani, che scende anch'essa da tradizioni rivelate in origine (13) insegna che Dio è il supremo desiderio delle creature immortali, e mi comprova insieme con l'eternità di Dio l'immortalità degli spiriti. L'autorità rivelata per bocca di Mosè e tua, Giovanni, mi dice che Dio è autore primo del bene e rinnovatore di

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(1) Som., 2, 1, 62. Della carità, Som., 2, 2, 23 a 27. — (2) Som., 2, 2, 1. Le fronde onde s' infronda tullo l'orto Dell' Ortolano eterno, am' io cotanto Quanto da lui a lor di bene è pôrto (t, 22). Som., 2, 2, 105: La ragione che s'ama il prossimo è Dio: che non amiamo nel prossimo se non Dio. — (3) Som., 2, 2, 103. — (4) Som., 1,1. (5) Aug., de ver. rel., XXIV. - Som., 2, 1, 4: Et auctoritate et ratione. - Per intelletto umano, E per autoritade a lui concorde (t. 16). Per filosofici argomenti, Eper autorità che quinci scende (t. 9). — (6) Som., 2, 1,109.(7) Som., 1, 2, 3 Lo Ben che fa contenta questa corte, Alfa ed omega è..... (t. 6). Par., VIII, t. 29: Ov' ogni ben si termina e s' inizia. - (8) Som., 2, 10. — (9) Som., 2, 1, 109. (10) Som., 1, 2, 2; - 2, 1, 62: L'unione spirituale ond' è trasformato quasi nel suo ultimo fine. — (11) Som., 2, 1, 409. Deut., VI, 5: Amerai il Signore Dio tuo De' tuoi amori a Dio guarda 'l sovrano. (lerz. 16). (12) Som., 2, 1, 109. (15) Non a caso dice quinci scende, e poi accenna ad Aristotele od a Platone, o meglio ad entrambi.

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quello. Giovanni domanda se altre ragioni abbia Dante di tale amore, e altri oggetti; sicché i due traslati delle corde e de' denti, ancorché strani, non peccano almeno di superfluità, se s'intenda il primo per la ragione dell'amore, il secondo per gli oggetti di quello, cioè Dio, gli uomini e le altre opere sue. Dante risponde che ragioni d'amore gli sono la bellezza e bontà dell'universo, i doni da Dio largiti all'umana natura, la redenzione, la gloria futura sperata da' fedeli, e i beni che preparano ad essa. Al diritto ordinamento della mente in Dio appartiene che l'uomo quanl'ha riconosca da Dio come da primo principio, e ordini a Dio come all'ultimo fine (1). Dio amò il mondo tanto da dare il suo figlio acciocchè chiunque crede in lui non perisca, ma abbia la vita eterna (2). Queste sono insieme e ragioni e indirizzi all' amore, che non isvii (3); queste mostrano come amare e l'essere del mondo e l'essere nostro, e i fratelli, cioè in quanto sono da rispettare i doni della natura divina nell'altre nature; perch'ella è lo specchio verace in cui conoscere la verità di quelle, ella riflettesi in tutte, non le altre in lei: E nulla face lui di se pareglio (4). Dio vede se in sè stesso, e gli altri enti in sẻ; l'uomo vede come in ispecchio (5). — Tutto quello ch'è può essere, splende in Dio come in ispecchio, perchè egli conosce in sè stesso ogni cosa (6). La prima verità risulta nell' anima come in uno specchio quanto ai primi intelligibili (7). Ogni cosa vedesi in Dio come in ispecchio intelligibile. Or nello specchio vedesi ed esso specchio e le cose che appaiono in lui (8). Nell' essenza divina preesistono le similitudini di tutte le cose (9). In qualche modo la creatura è simile a Dio, non Dio ad essa; perche come dice Dionigi, nelle cose dell'ordine medesimo ammettesi somiglianza mutua, non tra la causa e causato. Diciamo imagine simile all' uomo, non viceversa (10). Chi vede lo specchio, non è necessario che vegga in quello ogni cosa se non comprende lo specchio con la sua vista (che non può essere di Dio infinito) (11).

Dopo i tre primi padri del cristianesimo viene il primo padre del genere umano che gli dice la vera ragione del grande esilio (uè senza perchè l'esule fiorentino sceglie questa parola) essere stato non un materiale atto, ma la disubbidienza dell'anima curiosa e credula e flaccamente superba (12).

(1) Som., 1, 2, 102.—(2) Joan. III, 15, 16. - (3) Trallo m'hanno del mar dell'amor torto (terz. 21). — (4) Terz. 36. - (5) Som., 1, 1, 14. (6) Som., 1, 1, 12. (7) Som. 1. c. (8) Som., 1. c. - (9) Som., I. c. — (10) Som., 1, 1, 4. (11) Som., 1, 1, 12. - Sup., 92, 5: Se il beato vegga quel che Dio vede. (12) Aug., in Gen. VHI: 1 divieto del legno della vila era per provare l'ubbidienza dell'uomo. Del primo peccato, Som., 2, 2, 163.

Dante filologo perchè filosofo interroga Adamo circa la prima lingua; e ha in risposta che il nome stesso di Dio ricevette col tempo mutazioni, sebbene la radice El rimanga in tutti quasi i linguaggi costante (1); e che la natura mutabile del

(1) Som., 1, 1, 19: Più nomi possono significare la medesima cosa. 1,1,13: Dio può denotarsi e con nomi e con verbi e con pronomi. Veggasi la questione de' nomi di Dio.

l'uomo non può non si comunicare alle lingue, sebbene codesta stessa mutabilità e nelle lingue e negli atti umani tutti ubbidisca a naturali fermissime leggi. I nomi, secondo Aristotele, sono i segni dell' intelletto; onde è necessario che il processo della cognizione intellettiva sia anche il processo della nominazione delle cose (1).

(1) Som., 1,5

2,7.

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