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CANTO VIII.

Argomento.

Salgono in Venere e veggono l'anime dei già presi d'amore. Riconosce il Pocta Carlo Martello amato da lui. Belli i versi che questo Carlo pronunzia: e sempre l'amore e l'amicizia ispirano altamente il Nostro. Tocca della gretla indole di Roberto degenere dalla larghezza del padre e di qui passa a spiegare perchè così rado ai padri somiglino i figli. Dice che la provvidenza di Dio regge le influenze degli astri; che Dio fece l'uomo alla società; che varii sono i sociali uffizii, varie dunque debbon essere le facoltà; che l'influenze celesti non guardano a razza, ma che gli uomini per seguire la legge dell'eredità contraffanno alla natura, e n'escono gente inetta all'uffizio a cui non natura ma fortuna li spinge.

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(SL) MONDO. Par., IV, t. 21: Questo principio..... torse Già tutto'l mondo quasi. - CIPRIGNA, Ovid. Met., X: Festa dies Veneri, tota celeberrima Cypro, Venerat. FOLLE. Distinguevano, dice Pietro, la Venere pura, moglie di Anchise, dalla impudica, di Vulcano, sebbene Virgilio non le distingua. D'amore non ragionevole, Virgilio stesso: Insanus amor (Buc., X).

(F) RAGGIASSE. Conv., II, 7: Li raggi di ciascuno cielo sono la via per la quale discende la loro virtù in queste cose di quaggiù. EPICICLO. Così chiamano nel sistema tolemaico i piccoli cerchi ne' quali ciascun pianeta, tranne il Sole, di proprio moto s'aggira d'occidente in oriente, mentre che il primo mobile li porta d'oriente in occidente e perchè Venere è il terzo pianeta, però dice terzo epiciclo. Conv., II, 4: In sul dosso di questo cerchio (dell'equatore), nel cielo di Venere... è una speretta che per sè medesima in esso cielo si volge, lo cerchio della quale gli astrologi chiamano epiciclo; e siccome la grande spera due poli volge, così questa piccola... e così è più mobile quanto è più presso di quello. E in sull'arco ovver dosso di questo cerchio è fissa la lucentissima stella di Venere... L'epiciclo nel quale è fissa la stella, è uno ciclo per sè, ovvero spera ; e non ha una essenza con quello che 'l porta, avvegnachè sia più connaturale ad esso che agli altri; e con esso è chiamato uno cielo, denominansi l'uno e l'altro dalla stella.

2. (SL) ONORE. En., V: Aris factus honos. - III: Munera libo Intemerata focis: perfecto lætus honore.

3. (SL) DIONE. Stat., II, Selv. VII. n., III: Dionow matri. Dino. En., I: Pectore toto Hæret, et interdum gremio fovet, inscia Dido Insideat quantus miseræ Deus. Amore scende trasformato in Ascanio per istigazione di Venere. Conv., II, 6: Perchè gli antichi s'accorsono che quel cielo era quaggiù cagione d'amore, dissono Amore essere figliuolo di Venere.

(F) ONORAVANO. Conv., II 5,: Chiamale Plato idee, ch'è tanto a dire, quanto forme e nature universali. E i Gentili le chiamano dei e dee, avvegnachè non così filosoficamente intendessero quelle come Plato: e adoravano loro immagini, e facevano loro grandissimi templi. 4 (L) DA COSTEI da Venere. COPPA: dietro. - CGLIO dinanzi.

(SL) PIGLIO En., IV: Exordia sumat. Georg., IV: Unde... ingressus... cepit. Boet. Natura initium sumit a perfectis.

(F) COPPA. La sera si chiama Espero, la mattina Lucifero: quand'è perigea, precede il Sole; quand'è apogea, si leva e tramonta dopo il levare e tramontare d'esso Sole. Conv., II, 2: La stella di Venere due fiate era rivolta in quello suo cerchio che la fa parere serotina e mattulina secondo i due diversi tempi.

5. (L) FAR: farsi.

(SL) ELLA. Bocc., Ameto: Ad ella. Giambullari : Con ella.

6. E come in fiamma favilla si vede, E come in voce voce si discerne, Quand' una è ferma, e l'altra va e riede; 7. Vid' io in essa luce altre lucerne

Muoversi in giro, più o men correnti, Al modo, credo, di lor viste eterne. 8. Di fredda nube non disceser venti, O visibili o no, tanto festini, Che non paressero impediti e lenti 9. A chi avesse quei lumi divini

Veduto a noi venir, lasciando 'l giro Pria cominciato in gli alti Serafini. 10. E dietro a quei che più 'nnanzi appariro, Sonava Osanna, si che unque poi Di riudir non fui senza disiro. 41. Indi si fece l'un più presso a noi,

E, solo, incomincio: Tutti sem presti Al tuo piacer, perchè di noi ti gioi. 12. Noi ci volgiam co' Principi celesti

D'un giro, d' un girare, e d' una sete;
A' quali tu nel mondo già dicesti:

13. Vo' che, intendendo, il terzo ciel movele. E sem si pien' d'amor che per piacerti Non fia men dolce un poco di quiete. 14. Poscia che gli occhi mici si furo offerti Alla mia donna riverenti, ed essa Fatti gli avea di sè contenti e certi; 15. Rivolsersi alla luce che promessa Tanto s'avea, e: - Di' chi se' tu La voce mia, di grande affetto impressa. 16. E quanta e quale vid' io lei far piúe, Per allegrezza nuova che s'accrebbe, Quand' io parlai, all'allegrezze sue! Cosi fatta (mi disse) il mondo m'ebbe Giù poco tempo. E se più fosse stato, Molto sarà di mal che non sarebbe.

17.

18. La mia letizia mi ti tien celato,

· fue

Che mi raggia dintorno, e mi nasconde Quasi animal di sua seta fasciato. 19. Assai m'amasti, ed avesti bene onde. Chè s'io fossi giù stato, io ti mostrava Di mio amor più oltre che le fronde.

-

7. (L) LUCERNE : anime. AL MODO... DI LOR VISTE ETERNE: secondo che più o meno veggono Dio. 8. (L) VISIBILI per vapore. FESTINI: ratti.

(SL) LENTI. Æn., II: Par levibus ventis. - V: Ventis... ocior. VII: Prævertere ventos. VIII, XII: Ocior Euro. Lucan., IX: Deprensum est, quæ funda rotat, quam lenta volarent, Quam segnis Scythicæ strideret arundinis acr.

(F) VENTI. Aristotele (Metaphys.) dice che i vapori caldi e secchi montando all' estremo della terza regione dell'aria, percossi da fredde nuvole, commuovano l'aria indi il vento. Lucan., I: Qualiter expressum venlis per nubila fulmen Etheris impulsi sonitu. E Zenone voleva il fulmine fiamma accesa da nubi stropicciate da' venti.

9. (F) COMINCIATO. Tutti i cieli si muovono col nono cielo a cui preseggono gli Angeli più alti (Conv. II, 6). Di li comincia ogni inferior movimento.

10. (L) UNQUE: mai. — Di RÏUDIR NON FUI SENZA DISIRO: bramai riudire quel canto.

(SL) DIETRO. Bello che nell'avanzarsi dell'un'anima, il canto delle rimase più su la accompagni. Par di misurare la distanza dalla più o men vivezza de' suoni.

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13. (L) MEN DOLCE del dolce girare.

(F) INTENDENDO. Arist. Met., II; de Cœlo et Mundo, I: Tante le intelligenze quanti i cieli. Quest' è il primo verso della prima canzone del Convivio. Ed ivi, II, 6: La forma nobilissima del cielo, che ha in se principio di questa natura passiva, gira, toccata da virtù motrice che questo intend: e dico toccata non corporalmente, ma per atto di virtù la quale si dirizza in quello. E questi movitori sono quelli alli quali s'intende di parlare. Questi movitori movono solo intendendo la circolazione in quello soggetto proprio che ciascuno muove, 14. (L) OFFERTI a chieder licenza. DI SE d' as

senso.

(SL) OFFERTI. Altra volta vedremo il Poeta volgersi e chiedere licenza di dire. CERTI riguarda la mente; CONTENTI, il cuore. 15. (SL) AVEA. Per era è qui proprio. 16. (L) FAR PIVE: farsi più grande e bella. (SL) QUANTA. Æn., II: Qualisque videri Colicolis et quanta solet. — FAR. Terz. 5: Vidi fur più bella. 17. (L) Così FATTA: così bella qual vedi. -SE PIÙ FOSSE STATO: Se fossi più vissuta.

-

(SL) EBBE. Æn., VI: Me... habuit thalamus. Ma qui ha senso di lode. Petr.: Non la conobbe il mondo mentre l'ebbe. CHE. Ott. Gli uomini della contrada vennero ed abitaro la cittade, che non sarebbono venuti se....

18. (L) ANIMAL DI SUA SETA FASCIATO: filugello nel bozzolo.

19. (L) Giò in vita ancora.

(SL) AMASTI. Forse lo conobbe quand' andò ambasciatore a Napoli al re suo padre, o quando Carlo Martello attese in Firenze per venti giorni il ritorno d'esso suo padre di Francia (Vill., VIII, 45; IX, 24). Postill, Caet.: Venne a Firenze giovanello, e tornava di prigionia, e fu bene accolto, e allora prese grande amicizia con Dante. ONDE. Purg., VI, t. 46: Or ti fa licta, che in hai ben onde.

20. Quella sinistra riva che si lava

Di Rodano, poich'è misto con Sorga, Per suo signore a tempo m'aspettava: 21. E quel corno d'Ausonia, che s'imborga Di Bari, di Gaeta, e di Catona,

Da onde Tronto e Verde in mare sgorga. 22. Fulgeami già in fronte la corona

Di quella terra che 'l Danubio riga Poi che le ripe tedesche abbandona. 23. E la bella Trinacria (che caliga,

Tra Pachino e Peloro, sopra 'l golfo
Che riceve da Euro maggior briga,

20. (L) QUELLA SINISTRA RIVA: la Provenza. · A TEMPO: morto Carlo il zoppo.

(SL) RIVA. Doveva succedere nel governo di quella parte di Provenza ch'era de' re di Napoli, che comprende Avignone, Arli, Marsiglia ed Aix, ed altre città; ed ha per confine a sinistra il Rodano, a destra l' altra parte della Provenza suddita al re di Francia. LAVA. Æn., III: Interluit, Hor. Carm., II, 3: Villa... quam Tiberis lavit. Georg., III: Lavit æquore currum, Æn., III: Hane litoris oram... Quæ nostri perfunditur æquoris æstu

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(SL) CORNO. Æn., III: Cornua... antennarum. AUSONIA. Più volte in Virgilio: Ausoniæ pars illa (Æn., III). IMBORGA. Come ingiardinare e incastellare del Villani. La nomina Virgilio (Æn., VII). Dal Mediterraneo Gaeta, dall'Adriatico Bari. - CATONA. Vill., VII, 65. Quivi i Guelfi fiorentini vennero a prestare un tempo soccorso a Carlo d'Angiò.

22. (L) DI QUELLA TERRA: d'Ungheria.

(SL) TERRA. Come figlio di Maria figlia a Stefano V c sorella a Ladislao IV re d'Ungheria, morto senza eredi nel 1290. RIGA. En., VII: Quæ rigat æquora Sarnus. 23. (L) PACHINO E PELORO: Siracusa e Messina. GOLFO di Catania. · MAGGIOR, che d'altro vento. BRIGA: guerra.

(SL) TRINACRIA. Ovid. Met., V: Vasta giganteis ingesta est insula membris Trinacris, et magnis subjectum molibus urguet Etherios ausum sperare Typhoëa sedes. Nilitur ille quidem, pugnatque resurgere sæpe: Dextra sed Ausonio manus est subjecta Peloro; Lava, Pachyne,libi; Lilybæo crura promuntur; Degravat Ætna caput: sub qua resupinus arenas Ejectat, flammamque fero vomit ore Typhus. Poichè Carlo Martello mori innanzi al padre, s' intruse nel regno di Napoli Roberto, escludendone i figli di Carlo Martello. En., III: Trinacria... unda. CALIGA. Æn., II: Quæ... cireum caligat, nubem. - II: Atram prorumpit ad æthera nubem, Turbine fumantem piceo... Fama est Encetadi semiustum fulmine corpus Urgeri male hac..... El fessum quoties mutat latus, intremere omnem Murmure Trinacriam, et cœlum subtexere fumo. PACHINO. En., VII: Siculo prospexit ab usque Pachyno, PELORO. Æn., III: Ubi digressum Siculæ te admoverit oræ Ventus, et angusti rarescent claustra Pelori. Semint.: Pachino è volto verso gli venti austri... Lilibeo guarda verso gli umidi Zefiri: Peloro guarda verso Arturo. EURO. Georg., II: Silvæ Quas animosi Euri assidue franguntque feruntque. III: Riphao tunditur Euro. - II: Navigiis violentior incidit Eurus.

24. Non per Tiféo ma per nascente solfo) Attesi avrebbe li suoi regi ancora, Nati per me di Carlo e di Rodolfo, 25. Se mala signoria, che sempre accuora Li popoli suggetti, non avesse Mosso Palermo a gridar: « Mora, mora.» 26. E se mio frate questo antivedesse, L'avara povertà di Catalogna

Già fuggiria, perchè non gli offendesse. 27. Chè veramente provveder bisogna

Per lui o per altrui, si ch'a sua barca, Carica, più di carco non si pogna. 28. La sua natura, che, di larga, parca Discese, avria mestier di tal milizia Che non curasse di mettere in arca.

24. (SL) TIFEO. Lucan., V: Campana fremens ceu saxa vaporal, Conditus Inarimes æterna mole Typhæus. - SOLFO. Le cui miniere, giusta il Poeta, spirano il fumo e il fuoco dell' Etna. ANCORA. Il regno di Puglia, cioè il regno di Carlo Martello, per lui e suoi discendenti insino in quarta generazione (Vill.. VI, 90); la qual finiva ne' nepoti di Carlo Martello. Però dice che la Sicilia avrebbe attesi ancora i suoi re legittimi nati da Carlo Martello. Il quale ebbe figli Carlo Umberto (Vill., IX, 475) che regnò dopo lui in Ungheria, e Clemenza, di cui nel Canto seguente. S' intenda per Carlo e Rodolfo, Carlo d'Angiò avolo del Martello, e Rodolfo I imperatore d'Austria, la cui figlia fu moglie a Carlo Martello nel 4291. Così nel sangue di Carlo Martello si univa il sangue ghibellino ed il guelfo; e per questa unione della casa di Francia con la imperiale, Dante l'amò forse di amore più vivo.

25. (SL) ACCUORA. Addolora ed irrita a chiedere pena. Onde non è ozioso nel X del Purgatorio quel della madre a chi fu morto il figliuolo : ond' io m'accoro (t. 28).

PALERMO. Qui ebbe principio il Vespro in cui furono morti de' Francesi in Sicilia più di quattromila, e Pictro d'Aragona fu signore dell' isola, esclusone l'Angioino (Vill., VII, 59). II Vespro fu nel 1282; nel 1295 (anno che mori Carlo Martello), per trattato fra Carlo il zoppo e Iacopo d'Aragona, tornò la Sicilia agli Angioini ma i Siciliani s' opposero: conobbero re Federico d'Aragona fratello di lacopo, nè Roberto potè più riavere quel regno.

26. (L) FRATE: fratello Roberto. GLI OFFENDESSE: nocesse a lui irritando i popoli.

(SL) ANTIVEDESSE. Prima d'essere re. Sali al trono nel 1508. CATALOGNA. Quando fu in Catalogna ostaggio pel padre, Roberto si fece amici molti poveri Catalani che poi condusse nel regno, e impinguarono dell'avere de' popoli (Vill., VIII, 82). Roberto venne in Firenze con trecento cavalieri catalani e aragonesi (Vill., IX, 38). OFFENDESSE. Inf., VII, t. 24: Ignoranza... v'offende. Dice nocumento.

27. (L) SUA BARCA, CARICA, PIÙ DI CARGO NON SI POGNA: l'avarizia sua non s'aggravi con l'altrui.

(SL) PROVVEDER. Crese. È da provvedere che non ritornino. BARCA. Traslato comune del governo degli Stati. Par., XVI, t. 32: Carca Di nuova fellonia, di tanto peso, Che tosto fia ialtura della barca. 28. (L) DI LARGA, PARCA DISCESE: Roberto, figliuolo avaro di Carlo II liberale. METTERE danaro.

(SL) PARCA. Parco in mal senso, e nell' XI del Purgatorio, t. 15: Al montar su, contra sua voglia, è parco. Cic. Largum, beneficum, liberalem, hæ sunt re

29. Perocch' io credo che l'alta letizia Che 'I tuo parlar m'infonde, signor mio, Ov'ogni ben si termina e s'inizia

30. Per te si veggia come la vegg' io,

Grata m'è più: ed anche questo ho caro,
Perché 1 discerni rimirando in Dio.
31. Fatto m' hai lieto; e così mi fa chiaro,
Poichè parlando a dubitar m'hai mosso,
Come uscir può, di dolce seme, amaro.
32. Questo io a lui: ed egli a me: -
S'io posso
Mostrarti un vero, a quel che tu dimandi
Terrai viso come tieni 'I dosso.

33. Lo Ben che tutto 'l regno che tu scandi,
Volge e contenta, fa esser virtute
Sua provvidenza in questi corpi grandi.
34. E non pur le nature provvedute

Son nella Mente ch'è da sè perfetta,
Ma esse insieme con la lor salute.

35. Perché quantunque quest'arco saetta,
Disposto cade a provveduto fine
Si come cocca in suo segno diretta.

36. Se ciò non fosse, il ciel che tu cammine Producerebbe si li suoi effetti

Che non sarebber arti ma ruine. 37. E ciò esser non può, se gl'intelletti

Che muovon queste stelle, non son manchi, E manco 'l Primo, che non gli ha perfetti. 38. Vuo' tu che questo ver più ti s'imbianchi?Ed io: Non già. Perchè 'mpossibil veggio Che la natura, in quel ch'è uopo, stanchi. 39. Ond'egli ancora: Or di': sarebbe il peggio Per l'uomo in terra s'e' non fosse cive? Si (rispos' io): e qui ragion non.cheggio. — 40. E può egli esser, se giù non si vive Diversamente per diversi ufici?

No; se'l maestro vostro ben vi scrive. 41. Si venne deducendo insino a quici: Poscia conchiuse: Dunque esser diverse Convien de' vostri effetti le radici. 42. Perch' un nasce Solone, ed altro Serse, Altro Melchisedech, e altro quello Che, volando per l'aere, il figlio perse.

giæ virtutes.

ARCA. Juven., XI, 26: Quantum ferrata distet ab arca Sacculus, Hor. Sat., I, 1: Nummos con templor in arca. Cresc.: Arca, cassa da riporre roba. MILIZIA. Cavalleria e Corte. Par., XXX, t. 15.

(F) DISCESE. Isai., LVI, 44: In viam suam declinaverunt unusquisque ad avaritiam. ARCA. Sempre contro l'avarizia scocca i suoi dardi il Poeta (Inf., I, VI, VII, VIII, XVII, XIX, XXI, XXII, XXIII, XXIV, XXV, XXX; Purg., XIV, XIX, XX, XXII XXXII; Par., VI, IX, XIII, XVIII, XXIV, XXVII, XXIX).

29. (L) CHE L'ALTA LETIZIA...: che la mia gioia tu la veda in Dio, però più ne godo.

(SL) TERMINA, Modo scolastico. Som. In quo potentiæ conditio terminatur.

(F) INIZIA. Apoc., I, 8; XXII, 13: Ego sum. . . . principium et finis, - XXI; 6: Ego sum.... initium et finis.

30. (L) PER TE da te.

31. (L) MI FA CHIARO: accertami. AMARO: avaro figliuolo di largo padre.

DI DOLCE SEME,

(SL) CHIARO. Sacch.: Se tu mi fai chiaro di qualtro cose. - AMARO. Terz. 28: Di larga, parca Discese. 32. (L) A QUEL... TERRAI 'L Viso come tieni 'L DOSSO: vedrai quel che non vedi.

(F) Dosso. Aug. Conf., IV, 16: Il dosso avevo al lume, e alle cose illuminate la faccia.

33. (L) LO BEN CHE....: Dio che volge il cielo per mezzo degli Angeli, fa che la sua provvidenza sia virtù influente dagli astri. SCANDI: ascendi.

(SL) SCANDI. Ovid. Fast., I: Domos superas

scandere.

(F) CONTENTA. Nel Convivio spiega come il moto delle sfere inferiori è l'amore del primo mobile. CORP. Che imprimono nelle cose mortali, come in cera, varie potenze e virtù. Deut., IV, 19: Il sole e la luna e tutti gli astri del cielo... creò Dio in ministero a tutte le genti.

34. (L) E NON PUR LE NATURE PROVVEDUTE....: Dio provvede così non solo alle nature varie, ma al ben'essere e alla durata ioro.

(SL) SALUTE. Non solo scampo, ma esito pieno

a bene. Senso cristiano.

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PROVVEDUTO FINE: tutte le operazioni di quassù son disposte a fine infallibile. COCCA strale.

(SL) DIRETTA. Æn., VI: Direxisti tela in ....

(F) PERCHÈ. Boet. Che nel regno della Provvidenza nulla possa la temerità. Som.: Il cielo che opera all'universale conservazione delle cose generabili e corruttibili, move tutti i corpi inferiori, de' quali ciascheduno opera alla conservazione della specie propria. 36. (L) SE ciò NON FOSSE: Se tutto non fosse preordinato. PRODUCEREBBE: produrrebbe.

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(SL) SOLONE. Legislatore di repubblica, o tiran

43. La circular natura, ch'è suggello Alla cera mortal, fa ben su' arte; Ma non distingue l'un dall' altro ostello. 44. Quinci addivien ch' Esaù si diparte

Per seme da Jacób; e vien Quirino Da si vil padre, che si rende a Marte. 45. Natura generata il suo cammino

Simil farebbe sempre a' generanti,
Se non vincesse il provveder divino.

no senza legge. MELCHISEDECH. Gen., XIV, 18 Som.: Melchisedech sacerdote del sommo Dio (quasi tipo del sacerdozio).

43. (L) LA CIRCULAR NATURA.... .: i cieli influiscono sugli uomini ma senza distinzione di schiatte.

(F) NATURA. La virtù de' cieli circolanti, che come sigillo imprime ne' corpi mortali influenze varie, fa bene l'uffizio suo, ma non distingue casa di re da casa di povero, corpo di duca da corpo di mendico; nel povero infonde regii spiriti, servili nel re. Rog. Baconis Op. maj. Ciascheduno punto della terra è centro di diversi orizzonti, ai quali i coni di diverse piramidi delle virtù celesti s' appuntano per poter produrre erbe di diverse specie nella porzioncella di terreno minimo e i gemelli nella matrice medesima fare differenti di complessione e abitudini.

44. (L) Quirino: Romolo. - RENDE: attribuisce. (SL) QUIRINO. Æn., I: Marte gravis, geminam partu dabit Ilia prolem. · RENDE. Hor., de Arte Poet.: Uni Reddatur formæ.

(F) ESAÙ. Gen., XXV, 25, 28. Greg. Hom., X: La madre li partori a un tratto, ma non una fu la qualità di quelle due vite.

45. (L) NATURA GENERATA...: il generato sarebbe simile al genitore se Dio non disponesse altrimenti per l'ordine della società.

(F) VINCESSE. Hier. contra Ruf.: Non ne' germi di chi nasce, ma nella volontà, è de' vízii e delle virtù le cagioni (Purg. VII).

46. Or quel che t'era dietro, l'è davanti.
Ma perchè sappi che di te mi giova,
Un corollario voglio che t'ammanti.
47. Sempre Natura, se Fortuna truova
Discorde a sè, come ogn'altra semente
Fuor di sua region, fa mala pruova.
48. E se'l mondo laggiù ponesse mente
Al fondamento che Natura pone;
Seguendo lui, avria buona la gente.
49. Ma voi torcete alla religione

Tal che fu nato a cingersi la spada,
E fate re di tal ch'è da sermone:

50. Onde la traccia vostra è fuor di strada.

46. (L) OR intendi.

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DI TE MI GIOVA: l'amo. (SL) DAVANTI, Terz. 52. AMMANTI. Pietro: Corollarium ambitus orationis. Però dice ammanti. 47. (L) NATURA, SE FORTUNA TRUOVA DISCORDE A SÈ: le facoltà naturali son combattute dalla fortuna. A: da. REGION suolo. FA MALA PRUOVA: riesce male. (SL) REGION. Georg., I: Quid quæque ferat regio. (F) FORTUNA. L'intelligenza permutatrice de' beni del mondo (Inf., VII). Natura e Fortuna chiama il Boccaccio le due ministre del mondo. PROVA. Conv., III, 5: Le piante... hanno amore a certo luogo più manifestamente secondo che la complessione richiede: e però vedemo certe piante lungo l'acque quasi piantarsi,... e certe nelle piagge e a piè de`monti, le quali se si trasmutano, o muoiono del tutto, o vivono quasi triste, siccome cose disgiunte dal loro amico.

48. (L) AL FONDAMENTO: all'indole di ciascuno. 49. (L) DA SERMONE: buono da prete.

(SL) SERMONE. Grand' odio aveva Dante a Roberto, sostegno perpetuo de' Guelfi e de' papi, che invió a Roma il fratel suo perchè contrastasse all'entrata di Enrico VII. E Roberto scrisse sacri sermoni. E a Venezia nella Biblioteca di San Giovanni e Paolo se ne conservavan parecchi: per Capitoli di frati, per sacre solennità; tra gli altri, uno in lode della guelfa Bologna. Gio. Vill. Roberto gran cherico in iscrittura.

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Carlo Martello morto in giovane età, sperando più regni e da cui molti speravano, è lodato da Dante con versi meno elaborati e meno purgati che quelli di Virgilio a Marcello, ma più schietti e più preziosi. I due nomi si consuonano per un di que' casi che forse casi non sono; che certamente il Fiorentino scrivendo: Chè s'io fossi già stato, io ti mostrava Di mio amor più oltre che le fronde (1), rammentava: Ostendent terris hunc tantum fata, neque ultra Esse sinent (2). Nell'Eliso

(4) Terz. 49. Il mondo m' ebbe Giù poco tempo, E se più fosse stato... (Terz. 17). — (2) Æn., VI.

l'ombra di Marcello: Egregium forma juvenem e fulgentibus armis; Sed frons læta parum, et dejecto lumina vultu... Sed nox atra caput tristi circumvolat umbra (1). Nel Paradiso di Dante la luce di Martello: E quanta e quale vid' io lei far piùe Per allegrezza nuova che s'accrebbe, Quand' io parlai all'allegrezze sue! La mia letizia mi ti tien celato, Chè mi raggia dintorno, e mi nasconde (2). Non l'ombra nasconde lui, ma la luce; nè qui han luogo i fati due volte richiamati nel breve passo di Virgilio, ma la provvidenza

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