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Com'era quivi: che, se Tabernicch

Vi fosse su caduto o Pietrapana,

Non avria pur dall'orlo fatto cricch.
E come a gracidar si sta la rana

Col muso fuor dell'acqua, quando sogna
Di spigolar sovente la villana;

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dove il freddo fiume è più freddo ». quel crepito, doveva egli nominarlo alTomm. — Il Poeta, Rim. Canz. XI: tro che come fece?-Ma se Dante avesse Signor, tu sai che per algente freddo usato il verbo scricchiolare, nessun zil

L'acqua diventa cristallina pietra
Là sotto tramontana, ove è il gran freddo

tirebbe: pur esso è preso da cricch; e E l'aer sempre in elemento freddo bene e'v'è dentro,che tutti lo sentono »). Vi si converte sì, che ec.

Cesari.
Virg. Georg. III, 352 seq.:
Illic clausa tenent stabulis armenta:nequeullae

31-36. E COME ec. In sent.: I traditoAut herbae campo apparent,aut arbore frondes, ri del sangue erano interamente filli nel Sed jacet aggeribus niveis informis, et alto ghiaccio stagno di Cocito, salvo che la Terra gelu late, septemque assurgit in ulnas:

sola faccia: siccome ne' caldi mesi estivi Semper hiems,semper spirantes frigoraCauri ec.

stanno le rane a gracidare col muso suo28. TABERNICCH, Monle allissimo in ri della palude. Schiavonia. Land. Allissimo monte della Dalmazia. Vellul.-Mons in Scla

32-33. QUANDO ec.: al tempo del mievonia altissimus. Il Postill. cassin. tere. Perifrasi maravigliosa, che, ricorMonle della Schiavonia. Barg., Volpi, dando l' estivo caldo dà maggior risallo Vent., Lomb., Biag., Bianchi. Tomm., alla dipintura de' geli eterni. L'ora notcon la comune degl'espositori.— « Non turna, opportuna al verso de' ranocchi, è ben noto quale moule D. abbia voluto e ai sogni della spigolatrice, fa più viva indicare ; probabilmente la Frusta Gora l'imagine del pozzo scuro.Stupendamena Tovarnicho in Ischiavonia, o il Javor- te al pantano e alle rane assimigliato lo nick, cioè: il monte degli áceri, vicino slagno infernale co' suoi vili traditori. ad Adelsberg nella Carniola ». Blanc. - Dove (Inf. XXVI, 26 segg.), perifrasan

do eziandio la state, dice il Poeta: 29. PIETRAPANA: Petra Apuana; uno

Nel tempo che colui, che 'l mondo schiara, de' più alti gioghi dell'Appennino nella La faccia sua a noi tien meno ascosa. contrada della Garfagnana, tra Modena e Lucca.

pare che la maggior durata del sole rac

cenda le fiamme di Diomede e d'Ulisse; 30. NON AVRIA PUR DALL'ORLO FATTO e la similitudine delle lucciole, e le cricch: Sent. Se vi fosser caduti su quel mosche e le zanzare vi riescono di granghiaccio infernale gli altissimi sas- de effetto a gitlar come un lampo sul si Tabernicch e Pietrapana ; non a- falso lustro degli astuti frodolenti e sulvrebb'esso scricchiolato menomamente; la indegnità delle loro punture. neppure dall'orlo, ch'è dove l'acqua SOGNA... SOVENTE. La villana potrebagghiacciata più leggermente si scre- be alcuna fiata anche di verno sognare pola: o perchè quivi attorno è primo a d'andar spigolando pe' campi. La parti

è a farsi e primo ad infrangersi il nastro del cola sovente rende la perifrasi perfetta e l'acqua che si raggela; ovvero che là è caratteristica. La ripetizione degli alti, e rappresa a corpo eterogeneo, e però me- l'aver sempre in quelli fisso il pensiero, no che altrove aderente e capace di so- son la sola causa che spiega il fatto delstenere la percossa.

la reiterata riproduzione de' fantasmi nel Cricch. « Non è questo il suono vero sonno; ond'è poi che da questo la nostra e natural del vetro e del ghiaccio in quel- mente risale a quella, e vi trova scolpita la che è fesso ? Volendo adunque il Poe- la stagione e l'ora voluta significare. Al ta non pur esprimere, ma far sentire Poela filosofo non isfuggiva questa leg

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Livide insin là dove appar vergogna

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ge dell'umana fantasia. Un accento ozio- poteva essere veduta da Dante: vedi il so, nè una sillaba di riempitura non han v. 101, nel quale Bocca dice al Poeta: luogo ne'suoi carmi divini.

ti dirò ch' io sia, mostrerolli ; 34-36. Livide ec. I dotti sono discor- cioè, non alzerò la faccia, acciò tu conodi nel distrigare la sentenza di questo parisse la lividezza, s' intende che fosse

sca chi io mi sia (g) »).—Ma onde che apluogo. Alcuni intendono che il Poeta vedesse quelle ombre livide infin dove per tutte le parti delle ombre dolenti ; appar vergogna, cioè intino al volto (a), perchè fitte ne' gelati guazzi

, de' quali il alle gote (b), agli occhi (c), agli occhi pensar solo faceva venir ribrezzo al Poe

ta. Nè troviamo per quale scopo dovese alle gote insieme (d), o anche fino al

s'egli esprimere con tanta esaltezza il le parti vergognose (e); perciocchè son coteste appunto le parti dove apparisce o deva. Niente sarebbe più vano del dire

termine e la misura fin dove la si estendov'è la vergogna. Il Landino non di- che quelle anime eran livide sino al tale stinguendo col comma la voce livide dalle altre appresso,mostrerebb'essere di

punto, quando il lettore sa già anco costoro; ma egli spiega soltanto ineinLX: dippiù, ch'elle doveano essere, ed erano infino al viso. Abbagliano gli argomen- usi dir piuttosto meno di quello che sia

livide per tutto il corpo. Il Nostro parc li di Paolo Costa: « Se il Poeta avesse

necessario ad intenderlo, che non, dove voluto significare questo concetto (), avrebbe detto dove appar, e non sin là borra le sue scritture. Mentr'egli è tutto

la cosa sia chiara da sè, rimpinzare di dove appar: con queste parole dà a di- in questo luogo a ritrarre la similitudine vedere, che la lividura si distendeva da una parte del corpo di que' dolenti spi- s'imbratterebbe da cotesta lividezza che

tra le rane e i dannati ; la viva imagine riti fino ad un'altra; e che, sebbene solamente le teste loro si mostrassero fuo- naia. Il Poeta disse livide quelle ombre

andasse sino agli occhi o infino all'inguiri della ghiaccia, pure alcune altre delle membra non erano invisibili, percioc- ogni punto della loro sembianza. Nè poi

e basta tanto, per intenderle livide in chè il lago, secondo che è dello al v.24, è la forcata dove appar vergogna. Dante aveva sembianza di vetro. E la medesima cosa si conferma nel canto XXXIV,v.12: neralmente a tutti: e il Costa ne inten

ci parla d'una vergogna che appare geE trasparean come festuca in vetro.

derebbe una che da tulli studiosamente Siccome poi il velo soprapposto a quegli si cela, o sol si mostra quando non si ha spiriti era grosso (vedi il v. 25) e l'occhio di chi mirava là entro non poteva vergogna. — Al. lez. infin, sin e si . penetrare molto avanti, così la lividura DOVE APPAR VERGOGNA è qui dunque delle membra immerse si vedeva fino là la faccia ; la quale essendo col capo al dove appar vergogna. Aggiungasi che di fuori del ghiaccio, non era perchè il sin dove appar vergogna non può si- Poeta, senza pur vederla a nessuno, non gnificare la faccia, che quelle ombre le- potesse dire che que' dannati vi erano nevano in giù volta, e che perciò non fitti sino alla faccia, cioè insin là dove par

la vergogna. Ma egli, contro ciò che as(a) Il Vellutello.

serisce il Ch. Costa, guardò pure in viso (b) II Biagioli.

alcuni di quelli che slavano col capo chi(c) 11 Tommaseo (*). (d) Il Cesari.

no alla ghiaccia. Il che si fa manifesto (e) Il Volpi e il Costa.

da' w. 45, 70, ai quali forse non altese (1) Cioè livide sino agli occhi, o al viso. l'illustre uomo. Il primo che, a quanto

(*) Egli spone: Li: gli occhi. Or per queste pa. sappiamo, abbia drittamente interpretarole il Ch.interprete mostra avere inieso livide in- to questo luogo fu il Guinjforte. In tal fino agli occhi, non mica confille nella ghiaccia insino agli occhi; perciocchè gli sarebbe eviden

modo le ombre dolenti... erano per terpente contrario il testo, che dice, come quelle ombre a guisa di rane riuscivano colla lesta fuori del ghiaccio, sopra il quale lenevan china la sac- (g) Appendice all'Inf. della moderna ediz. di cia, e che mellcano i denli a nola di cicogna ec. Bologna.

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e

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.

Eran l'ombre dolenti nella ghiaccia,

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freddo livide nella ghiaccia, tulle den- grazia, zelo, misericordia, invidia, atro infin dove par vergogna, fino al more, e vergogna; di nulla di queste viso, nel quale per la mutazion del co- puote l'anima essere passionata, che lore, e confusion degli occhi si suol de- alla finestra degli occhi non vegna la cernere quando l'uom ha vergogna. sembianza, se per grande virtů den

Tenner dietro al Bargigi il Venturi, il tro non si chiude. Onde alcuno già Lombardi, e di recente il Bianchi, il si trasse gli occhi, perchè la vergogna quale scrive: Con molta finezza piutto- dentro non paresse di fuori, siccome stochè il proprio vocabolo faccia, ha dice Stazio Poeta del Tebano Edippo, usato Dante questa perifrasi, perchè quando dice che con eterna nota solcosì veniva anche ad accennare il fint velle lo suo dannato pudore.Dimostradella divina giustizia nel lasciar fuori si nella bocca, quasi siccome colore dodel ghiaccio tutta la testa a quei tra- po vetro ». Convito.

Dicano pure i ditori. Di fatli, sentendo essi vergogna, comentatori che vergogna s'appalesi agli tengon basso il viso per isfuggire quan- occhi; non potran fare ch'ella non si moto possono all'altrui conoscenza. stri eziandio nel rossore della faccia.An. Coloro che hanno gli occhi per sedia cora nel Convito: Lo pudore è uno ri

è della vergogna, son favoriti dall'autorità traimento d'animo di laide cose, con di Aristotile, che fu il filosofo del nostro paura di cadere in quelle; siccome vePoeta. Ma questi, avvegnacchè appelli demo nelle vergini e nelle donne buogli occhi e la bocca i due balconi dell'a- ne, e nelli adolescenti che tanto sono nima, non pare che intenda però attri- pudici, che non solamente laddove ribuir tutto a loro, sicchè la faccia non vi chiesti o tentati sono di fallare, ma ove tolga la parte sua: « È da sapere che in pare alcuna immaginazione di venequalunque parle l'anima più adopera reo compimento avere si puole; lulli si del suo ufficio, che a quella più fisa- dipingono nella faccia di pallido o di mente intende ad adornare, e più sot- rosso colore. Altrove (Inf. XXXI, 2 seg.) tilmente quivi adopera. Onde vedemo, dice : che nella faccia dell'uomo, laddove fa

Una medesma lingua pria mi morse più del suo ufficio che in alcuna parte

Si che mi tinse l'üna e l'altra guancia. di fuori, tanto sottilmente inlende, che altra sposizione di questi suoi versi, tran.

E così egli stesso riprova falsa ogni per sotligliarsi quivi, lanto quanto nella sua materia puole, nullo viso ad al- Bargigi, dal Venturi, dal Lombardi e dal

ne quella che ci è data e confermata dal tro viso è simile; perchè l'ultima po- Bianchi.

. tenzia della materia, la quale è in tutti

La similitudine è perfetta: cute rugoquasi dissimile, quivi si riduce in atlo: e perocchè nella faccia, massima- sa e chiazzata di sprazzi luridi, d'una

e to mente in due luoghi,aopera l'anima...

tinta pallida nelle rane ; lividore nelle cioè negli occhi e nella bocca; quelli ombre de traditori, arenti la pelle come

' massimamente adorna, e quivi pone degli stellioni: quelle col muso fuori l'intento tullo, a far bello, se puote... l'acqua della palude; questi immersi nel Li quali due luoghi per bella similitu- ghiaccio di Cocito sino alla gola: le une dine si possono appellare balconi della gracidano ; gli altri (Ibi erit fletus et donna che nel dificio del corpo abita, sica della Cicogna. E ciò per ritrarre a

stridor dentium) fanno co' denti la mu

, cioè l'Anima ; perocchè quivi, avve

verità la figura. gnacchè quasi velata, spesse volle si dimostra: dimostrasi negli occhi tanlo 35. Guraccia: ghiaccio.Anche al v.29 manifesla, che conoscer si può la sua del C.XXXIV; e fuor di rima (C.XXXIII, presente passione, chi bene la mira. 117). Gli antichi da' nomi latini della Onde, conciossiacosachè sei passioni quinta trassero voci finite in e, e questa sieno proprie dell'anima umana, delle vocale mutarono poscia in a, per conforquali fa menzione il Filosofo..., cioè, marli al modulo de' femminini italiani,

Mettendo i denti in nota di cicogna.
Ognuna in giù tenea volta la faccia:
Da bocca il freddo, e dagli occhi 'l cuor tristo
Tra lor testimonianza si procaccia.

Da dies fecero die e dia; da superficies, niente altro considerano, che alle cose progenies, requies, species, meridies, terrene e basse. Landino. Perchè il glacies ec. superficie e superficia, pro- traditore non guarda mai alcuno in genie e progenia, requie e requia, me- viso, ardisce scoperto ch' egli è, di rigge e meriggia, ghiaccie e ghiaccia, mostrare il suo: in tanto abominevol che nel basso latino si disse glacia ec. vizio si conosce esser incorso. Vellut.Anche nella pura lingua del Lazio si eb- 'Per non essere conosciuti e perchè ragbe effigies ed effigia,rabies e rabia ec.- gomitolati dal freddo. Tommaseo. — Cui putisse di vielo cotesla ghiaccia Chè avean paura di disonoranza pe' falli dantesca, ne incolpi l'uso, il quale tiene commessi: la qual paura ha in sé un'ain onore la faccia, la rabbia e la scab- mariludine, ch'è ai vivi gastigamento a bia, che pur si vengono dalla stessa più non fallire; ai dannati è

pena

dell'afonte.

ver fallito (a). Br. Latini, nel Favolello:

38-39, DA BOCCA IL FREDDO ec. OrdiCosi face l'augello Ch'al tempo dolce e bello

na: Tra lor il freddo si procaccia tesliCon noi gaio dimora,

monianza da (dalla) bocca, e'l cor triE canta ciascun'ora;

slo dagli occhi. Cioè: la bocca col diMa quando vien la ghiaccia (a) - balter de’denti dà indizio, quasi ti parDa noi fugge e diparte.

li, del gran freddo che patiscono quei 36. METTENDO I DENTI IN NOTA ec. Il rei; e gli occhi lagrimosi e bassi fan feche vien, credo io, dall' intuonare ov- de del mesto animo loro. Secondo il novero meller in musica alcuna cosa. Ce- stro Poeta gli occhi e la bocca sono cosari. Sbatlendo per freddo l'un den- me due balconi dell'anima, ond'ella s'afle contro l'allro, al modo che crepita il faccia, e mostra le sue passioni (Conv.). rostro della Cicogna; cioè senza pause Or poichè non sol tra loro ma dovee senza misura di tempi, ma con una chessia il freddo e la tristezza del cuore monotona e continua celerità: ch'è mu- son significati ai delti segni; crediamo, sica di contropunto diabolico. (Inf. III. che in nessun luogo più che in questo, 34 seg., nota).

sia da cercare, oltre del senso proprio 37. IN GIÙ VOLTA LA FACCIA; chè: Il tra

che porta la parola, anche il morale che dimento è infamia tanto vituperosa,da cioè dalle parole e dagli sguardi si ap

vi è nascoso. Dalla bocca e dagli occhi, sentirne vergogna eziandio nell' inferno. Cesari. Perocchè a tali induce palesa la crudele natura de traditori, e orrore la natura nel commellere,o pen- due testimoni, che gli accusano di reità.

il malvagio lor cuore. Occhi e bocca son sare il loro peccalo, onde par loro, che Dan favore a questa interpretazione annon possano sostenere di guardare a viso aperto, ma conviene che abbassi

(a) II Poeta distingue la vergogna in tre pasno gli occhi alla scura e riversala. Bar- sioni che il volgo non discerne: e sono stupogigi. È nalura del tradilore, non re, Pudore, e Verecondia. Di questa ultima son guatar mai alcuno in viso, e per forza capaci i dannati, nel modo che di sopra è detto.

Conv. Ediz. Zatta, pag. 220 seg.- Imberciano si vergogna, che si ricorda d' avere

dunque nel segno le prime parole che si leggosempre fatlo contra quella virtù, la qual no nella sposizione del Tommaseo. Il Lombarè propria dell'uomo. E cerlo i tradilo. di ne addusse in conferma la risposta di Bocca

degli Abati (v. 94), dove il Poeta dice: ri sempre volgono il volto in giù, e

Vivo son io, e caro esser ti puote,

se domandi fama, (a) Qui è figurat. presa la voce ghiaccia, per Ch'io metta 'l nome tuo tra l'altre note. inverno. Si trova ghiaccio eziandio addiett.,co- e quegli: Del contrario ho brama; chè non volea me sudor ghiaccio, valle ghiaccia oc.

nè dir suo nome, nè esser conosciuto.

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Quand' io ebbi d' intorno alquanto visto,

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Volsimi a' piedi, e vidi due si stretti,

Che 'l pel del capo avieno insieme misto.
Ditemi, voi che si stringete i petti,

Diss' io, chi siete? E quei piegaro i colli;
E, poi ch' ebber li visi a me eretti,

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che il traslato della voce freddo in que- chè da atto men che cortese, anche a
sti canti, e i due sensi di maligno e di quei vili, aborriva l'animo nobile dell'A-
mesto, ond'è suscettibile la voce tristo. lighieri.
Con quanta vivezza di poetiche forme

41. Due sì STRETTI. Mirabile è l'uso sieno qui entrambe spresse in uno le delle voci stretli, stringete, strinse ec. due sentenze, chi nol vede, suo danno. dov'è parola de traditori del sangue im

40-42. QUAND' 10 EBBI D’INTORNO ec. mersi qui ne' geli della Caina. Qui l'autore dice aver veduto alcuni

42. İL PEL DEL CAPO AVIENO INSIEME de' quali in ispecialità udà il proprio misto: I vani peli del capo legano in Innome. Bargigi. Or viene alle parti- ferno, cui nella vita bella non avvinsero colarità. Cesari. – Egregiamente! Il i forti vincoli che fa natura. Come se DoPoeta qui dice: Volsimi ai piedi, e vidi meneddio afferrasse insieme pel ciuffo, due ec. E non son questi i fralei, al cui

e tuffasse in Cocito, i fratelli che si tragrido: Guarda come passi, egli lor si dirono; stringendoli a stare, per loro più fu volto, e pur non si vide davante e grave pena, congiunti nell'odio che parsollo i piedi (vv. 19-24), altro che un

tivali in vita, e serrati, a fronte l'un dellago invetriato? Or perchè, talun direb- l'altro, per forza di durissimo ghiaccio, be, non vide egli allora quegli stessi che che, in figura, è negazione d'ogni amodice di vedere adesso ? Calato in quello revole affetto. Ed è appunto questa stesstante nel pozzo, non gli era la vista au

sa potenza di Dio che opera nell'ingegno sata ancora alla maggiore oscurità di

sovrano del Poeta pittore. quel fondo; e potea egli bene udir la vo

43. Sì STRINGETE I PETTI ec.

L'atce,non però vedere da cui movesse. Tutto nel pensiero del passato pericolo,non da' capelli di quei miseri ai petti

, che

tenzione del Poeta passa incontanente ispende egli in sulle prime la sua atten- nel raggelato stagno pur trasparivano cozione a un punto singolare di quella ter

me festuca in vetro. ribile vastità: come non si affiserebbe a un granel di rena, colai al quale si a nete stretti l'un contro e accosto all'al

STRINGETE ec. Letteralmente: gli teprisse davanti agli occhi la tempesta di un vasto mare; nè a una sola tinta chi si

tro confitti nel ghiaccio. Moralmente: trovasse di subito innanzi a un quadro ii di parentado, e gli serrate; ch' ei

gl'indurite, tuttochè voi siate congiunmaraviglioso. Le prime impressioni son sempre vaghe nella percezione comples- non s'inteneriscano ed aprano ad umasa; è dovuto ai diversi atti di riflessione no e natural sentimento di fratellevole che lo spirito si spazi e contempli a par- affelto. Stringe il gelo cui non lega l'ate a parte i vari elementi degli obietti more. La giustizia divina danna i due che si offrono alla facoltà visiva. Dopo l'uno all'altro, e sostenere da vicino l'in:

fratelli che si tradirono, a star di contro aver riguardato intorno, come per saper fernale supplizio dell'odio che in vita gli lo loco dove fosse, e satisfatto alquanto a questa naturale curiosità; rimembran- disgiunse. dosi bentoslo di quel grido, che ancor

44-45. PIEGARO I COLLI ec. Due atti quasi gli rimbombava le orecchie, il Poe- ad uno scopo simultaneamente. Mentre ta fu sollecito (v.40) a volgersi di nuovo i due fralei tenevano entrambi il collo ai piedi, per tema che andando avanti, incurvato sulla ghiaccia,e le fronti si acnon avesse a calcar colle piante (v.21): costo l'una dell'altra, che mischiavasene

Le teste de' fratei miseri e lassi. il pel del capo; alla voce: DITEMI VOI...

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