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23. Parere ingiusta la nostra giustizia

Negli occhi de' mortali, è argomento Di fede, e non di eretica nequizia: 24. Ma perchè puote vostro accorgimento Ben penetrare a questa veritate; Come desiri, ti farò contento.

25. Se violenza è quando quel che pate
Neente conferisce a quel che sforza,
Non fur quest' alme per essa scusate.
26. Chè volontà, se non vuol, non s'ammorza;
Ma fa come natura face in foco
Se mille volte violenza il torza;
27. Perché, s'ella si piega assai o poco,
Segue la forza. E così queste fêro,
Potendo ritornare al santo loco.
28. Se fosse stato il lor volere intero,
Come tenne Lorenzo in su la grada,
E fece Muzio alla sua man severo;
29. Così le avria ripinte per la strada

Ond' eran tratte, come furo sciolte.
Ma cosi salda voglia è troppo rada.

30. E per queste parole, se ricolte

L' hai, come dêi, è l'argomento casso
Che t'avria fatto noia ancor più volte.

23. (L) Parere INGIUSTA LA NOStra giustizia... : l' ingiustizia apparente de' giudizii divini è argomento a più credere, non già a dubitare. Ma qui la ragione può arrivare; però te lo spiego.

(SL) PARERE. Non evidente. ARGOMENTO. Som. : L'argomento è ragione che fa fede di cosa dubbia,

(F) FEDE. Ad Hebr., XI, 1: Fede... argomento di cose non apparenti. Le apparenti ingiustizie ci fanno intendere l'incertezza del nostro vedere, e la necessità d'una vita futura, ove a tutti sia reso secondo il merito. Greg., Hom. XXVI: Ivi la fede non ha merito dove l'umana ragione porge lo sperimento.

25. (L) SE VIOLENZA È QUANDO...: il forzato non dee punto contribuire con la sua volontà: queste contribuirono perché, potendo, non tornarono al chiostro. PATE: patisce. NEENTE: niente.

-

(SL) PATE. Fuor di rima, nel XX del Paradiso, t. 11. NEENTE. Som. Il corpo niente conferisce all'operazione dello intelletto nella visione di Dio. SCUSATE. Non chiaro

(F) SE. Greg.: A quel che si fa per timore alquanto conferisce la volontà del temente. - Sebbene chi patisce, dice un altro antico, non conferisce operando, conferisce volendo patire, non ricusando la forza. Arist. Eth., V: Nessuno patisce ingiustizia se non volente. 26. (L) TORZA: torca; li dirizza.

(SL) TORZA. Laz e la e si commutano anche nel dialetto toscano: Franzese. Le due qui suonano sforzo.

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31. Ma or ti s' attraversa un altro passo

Dinanzi agli occhi, tal che per te stesso Non n'usciresti, pria saresti lasso. 32. Io t'ho per certo nella mente messo Ch'alma beata non poria mentire, Però che sempre al primo Vero è presso: 33. E poi potesti da Piccarda udire Che l'affezion del vel Gostanza tenne; Si ch'ella par qui meco contraddire. 34. Molte fiate già, frate, addivenne

Che, per fuggir periglio, contr'a grato Si fe' di quel che far non si convenne: 35. Come Almeone che, di ciò pregato Dal padre suo, la propria madre spense, Per non perder pietà si fe' spietato. 36. A questo punto voglio che tu pense

Che la forza al voler si mischia; e fanno Si che scusar non si posson l' offense. 37. Voglia assoluta non consente al danno; Ma consentevi in tanto, in quanto teme, Se si ritrae, cadere in più affanno. 38. Però quando Piccarda quello spreme Della voglia assoluta intende; ed io Dell'altra si che ver, diciamo insieme. 39. Cotal fu l'ondeggiar del santo rio

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(SL) MENTIRE. Par., III, t. 14; Thom., cont. GenIV.

33. (L) L' AFFEZION DEL VEL... TENNE: desiderò sempre il chiostro.

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(SL) TENNE. Par., III, t. 59. ADDIVENNE: avvenne. 34. (L) FRATE: fratello. CONTR'A GRATO SI FE'...: a mal grado s'opera, ma se non si temesse il pericolo, si potrebbe non operare. (SL) GRATO. Purg., XXVI, t. 18. Rime antiche: A servir contro grato.

35. (L) PER NON PERDER PIETA': al comando del padre. SPIETATO alla madre.

(SL) SPIETATO. Ovid. Met., IX: Facto pius et sceleratus eodem. Inf., XX, t. 41, d'Anfiarao; Purg., XII, t. 17, d' Erifile.

(F) PIETÀ. Inf., XXVI, t. 32: La piéta Del veechio padre. Cic., de Inv. rhet., II: Pictas est per quam sanguine junctis, patriæque benevolis officium et diligens tribuitur cultus.

36. (L) LA FORZA AL VOLER SI MISCHIA: E FANNO sì... : c'è un po' di forza e un po' di volere, quindi un po' di colpa.

(SL) OFFENSE. Som. Deo in quem est offensa commissa.

37. (L) VOGLIA ASSOLUTA NON CONSENTE AL DANNO, MA....... IN QUANTO TEME: assolutamente non assente al peccato, ma per paura.

(SL) ASSOLUTA. Modo d'Aristotele (Eth., III). 38. (L) QUELLO SPREME: esprime dell' amor di Co

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40.

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O amanza del primo Amante, o Diva (Diss' io appresso), il cui parlar m'inonda E scalda si che più e più m'avviva; 41. Non è l' affezion mia tanto profonda

Che basti a render voi grazia per grazia: Ma Quei che vede e puote, a ciò risponda. 42. Io veggio ben che giammai non si sazia Nostro intelletto se 'l Ver non lo illustra, Di fuor dal qual nessun vero si spazia. 43. Posasi in esso, come fera in lustra,

Tosto che giunto l'ha. E giunger puollo: Se non, ciascun disio sarebbe frustra. 44. Nasce per quello, a guisa di rampollo, Appiè del vero il dubbio: ed è natura Ch' al sommo pinge noi di collo in collo.

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(SL) NON. Æn., I: Grates persolvere dignas Non opis est nostræ... Dii tibi... Præmia digna ferant. 42. (SL) SAZIA. Psal. XVI, 15: Mi sazierò quando apparrà la tua gloria.

43. (L) POSASI IN ESSO, GOME FERA IN LUSTRA... posasi l'intelletto in Dio, come fiera in suo rifugio raggiunto che l'ha: e può raggiungere il vero. - FRUSTRA : invano.

(SL) LUSTRA. Georg., II: Lustra ferarum. NON. Arios., X, 49: Se non, sei morta. FRUSTRA. Som.: Omnes res creato viderentur esse frustra. Salviati: E non pur nella fine e nei titoli, ma per entro l'opere ancora pareva lor bella cosa il mescolarvi alcuna volta qualche parola in grammatica.

(F) PEOLLO. Ott. Contro gli scettici che negano questo, e gli stvici.

44. (L) QUELLO desio. - PINGE: sospinge. cima.

COLLO :

45. Questo m'invita, questo m'assicura, Con riverenza, donna, a dimandarvi D' un'altra verità che m'è oscura. 46. Io vo' saper se l'uom può soddisfarvi A voti manchi sì, con altri beni, Ch'alla vostra stadera non sien parvi. 47. Beatrice mi guardo con gli occhi pieni Di faville d'amor, con si divini Che, vinta mia virtù, diedi le reni, 48. E quasi mi perdei con gli occhi chini.

(SL) DUBBIO. Conv., 1, 2: Levare un dubbio che quivi surge. COLLO. Per cima nel XXIII dell'Inferno, t. 15.

(F) RAMPOLLO. Boet. : Un dubbio reciso, altri innumerabili, come i capi dell'Idra, ricrescono. Più bella l'imagine del Poeta. COLLO. Cod. Caet. Di una verità in un'altra ci muove alla scienza. Cod. Cass.: Di grado in grado. Conv., IV, 12: Vedere si puote che l'uno desiderabile sta dinanzi all'altro agli occhi della nostr'anima, per modo quasi piramidale, che il minimo li cuopre prima tutti ed è quasi punta dell'ultimo desiderabile ch'è Dio, quasi base di tutti.

45. (L) QUESTO desio non vano.

46. (L) Si... CHE... NON SIEN PARVI si che i beni fatti compensino il voto non adempito. VOSTRA: di voi celesti.

(SL) VOSTRA. Sopra disse Beatrice nostra giustizia; perchè tutti gli eletti giudicano con Dio. Matth., XIX, 28: Sederete e voi giudicando. STADERA. L'imagine di bilancia è nella morale e pagana e cristiana. Psal. LXI, 10: Mendaces filii hominum in stateris. -PARVI. Purg., XV, t. 45: Vive la parvità della materia. 47. (L) DIEDI LE RENI: volsi le spalle.

(SL) PIENI, Guinicelli: Occhi lucenti gai e pien' d'amore. DIVINI. Rime: Chi vuol veder la salute, Faccia che gli occhi d'esta donna miri. — VINTA. Conv.: Si raggianti, che vincono l'armonia dell'occhio. DIEDI. Conv., II, 2: Dare indietro il volto. Æn., IX: Terga... dare.

I cieli e i meriti.

Due dubbii lascia il dire di Piccarda nella mente di Dante l'uno dell'origine dell'anima, l'altro di quel che costituisce la natura dell'anima stessa, il libero arbitrio; ne' quali due dubbii rinchiudonsi tutte le altre questioni della divina e umana scienza. Ed essi con ugual forza lo tirano ciascuno a parlare, perchè d' uguale gravità nel pensiero suo; ond' egli sospeso tace, come cane, dice egli, tra due caprioli, e come tra due lupi agnello. E alla fine del Canto dice dell'anima che si riposa nel vero come fiera in suo covo: perchè le imagini della caccia erano allora cosi famigliari come le imagini della guerra, e perchè dal cacciare son

tolti traslati alla indagine (4) del verò ne' Greci altresì e ne' Latini. Più strano ancora parrà che Beatrice, sciogliendo i dubbii di Dante, sia paragonata a Daniello che scioglie que' di Nabucco, gia bestia prima di parere bestia; ma notisi che la comparazione cade sull' indovinare la cosa non detta, e che il predicatore della monarchia non si lascia fuggire il destro di dire la sua a' principi ingiustamente felli (2), per indicarci che fel

(1) Lo dice questa stessa parola: Sullusque indagine cingunt (En., IV). — (2) Terz. 5.

lonia non è colpa solamente de' sudditi. E pero tra' santi più alti nel merito e' numera qui Samuello, il severo giudice de' re, e i due Giovanni, dico l'Apostolo ed il Battista, ponendo a paro lui che fu successore a Gesù nel nome di figliuolo a Maria, e lui del quale non fu maggiore tra i nati di donna (1), e che al re Erode rinfacciò il suo peccato, onde fu messo in carcere, e pur dalla carcere gli era liberale di chiesti consigli. Quanto a Maria, egli le assegna luogo ancora più alto, perch' ella nel consenso all' incarnazione, meritò più che tutte le creature, tanto angeli quanto uomini, in tutti gli atti e pensieri loro (2).

La prima questione, del risedere le anime umane negli astri, gli rammenta la sentenza di Platone che dagli astri le dice staccate per abitare la terra, e di qui poi ritornarsene ad essi; di che Virgilio Deum namque ire per omnes Terrasque, tractusque maris, cœlumque profundum; Hinc pecudes, armenta, viros, genus omne ferarum, Quemque sibi tenues nascentem arcessere vitas; Scilicet huc reddi deinde, ac resoluta referri Omnia; nec morti esse locum; sed viva volare Sideris in numerum, atque allo succedere cœlo (3). Questa opinione afferma Beatrice aver più fiele e veleno che l'altra di cui poscia, si perchè tocca l'essenza della natura divina e dell'umana, sì perchè a Dante poteva parere che la confermasse nelle recate parole si splendide d'eleganza Virgilio suo maestro. Ma questi adduce quella opinione siccome d'altrui, quidam... dixere (4); e quanto a Platone, Dante crede potersi il suo detto interpretare benignamente, conciliandolo con la verità; e ci ammaestra cogliere anco dal falso ne' filosofi il vero, a scoprire nelle tradizioni alterate la tradizione pretta, a guardarci dal tristo vizio di calunniare con l'imaginazione perversa le dottrine de' maggiori e de' coetanei, e di esagerare il male o pur divulgarlo improntamente siccome sogliono i mormoratori di crocchi e gli abbaiatori di piazza. Beatrice soggiunge che da codesto errore del fare le stelle nido agli spiriti, anzi genitrici di quelli, ebbe origine l'idolatria: e ancorché l'unica origine non sia questa, vero è nondimeno che la falsata tradizione delle intelligenze ordinate custodi della materia, fu pendio all' adorare la materia in sè stessa. Or Beatrice risponde che tutti gli angeli ei santi, tranne Maria la cui sede è ineffabile, hanno nel cielo empireo la fruizione loro. · Il terzo cielo e il cielo spirituale dove gli angeli e le anime sante gioiscono della contemplazione di Dio (5). Il medesimo luogo, cioè il

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cielo empireo, devesi alle anime sante (1). Il cielo empireo sarà presente a' beati non per necessità della beatitudine, SED SECUNDUM QUAMDAM CONGRUENTIAM ET DECOREM (2). Aveva già detto nel terzo Canto cosa, che in parte scioglieva il dubbio, e che in quel luogo forse giovava tacere: Chiaro mi fu allor com'ogni dove In cielo è Paradiso, etsi la grazia Del Sommo Ben d'un modo non vi piove (3). E poi più d'una volta dirà che nel cielo non è propriamente luogo, secondo quel di Aristotele Il cielo non è luogo, ma alcun che del cielo è luogo, cioè l'estremo e il termine che è in quiete e che tocca il corpo mobile (4). - Quando quel che contiene non è diviso ma continuo, dicesi che il contenuto non è in quello come in luogo, ma come la parte nel tutto (5).

Nota Beatrice che l'apparire dell'anime in questo o in quel cielo a Dante è per mostrare per via d'imagini il grado di loro santità e beatitudine, appunto come la Bibbia usa traslati tolti da cose corporee per adattarsi al modo umano d'intendere, e parla, a cagion d'esempio, del braccio di Dio: Nelle Scritture sogliono le cose spirituali disegnarsi per le corporali, acciocchè dalle cognite alle incognite c'innalziamo, come dice Gregorio in un'omelia (6). Procede la nostra cognizione intellettuale dalle più note alle men note cose; e però dalle cose più note trasportansi i nomi a significare le men note a noi (7). Quando alcune passioni umane figuratamente assumonsi parlando di Dio, ciò si fa secondo la similitudine dell' effetto (8). Quando la Scrittura nomina il braccio di Dio, non è senso letterale, che in Dio sia siffatta parte corporea; ma quello che è per lal parte significato, cioè la virtù operativă (9). Ma il vero si è che la diversità delle mansioni nell'eterna vita significa il diverso grado della funzione (10): e che ciascun beato tanto è necessario che vegga nella divina essenza, quanto la perfezione della beatitudine sua richiede (11).

Cosi nell'atto stesso di rappresentare viventi gli idoli delle cose corporee, il Poeta si tiene debito d'avvertire che e' son pure il riflesso d'un lume più reale e più intimo; e quest' avvertenza, invece di distruggere l'illusione e fare il vuoto del nulla, crea una gemina realità, immedesima l'arte alla scienza, contempera il senso alla fede. Aveva già detto: Così parlar conviensi al vostro ingegno; Perocchè solo da sensato apprende Ciò che fa poscia d'intelletto degno (12). Ed ecco a questa

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(1) Som. Sup., 69. —(2) Som., 2, 1, 4. —(5) Terz. 30, (4) Phys., V. (3) Arist. Phys., IV. (6) Som., 2, 1, 4. (7) Som., 1, 2, 6. (8) Som., 4, 4, 19. (9) Som., 4.4. (40) Som., 4, 2, 5. (11) Som. Sup., 71. (12) Terz. 14. Notisi la bellezza potente, perchè vera, di questo d' intelletto degno; che innalza al più alto significato il virgiliano: Haud... tali me dignor honore (Æn., 1).

sentenza le illustrazioni debite: L'anima nostra finchè in questa vita viviamo, ha l'essere nella materia corporale; onde naturalmente non conosce se non le cose ch'han forma nella materia o che si possono conoscere per somiglianza di quelle (1). L'operazione dell' intelletto antirichiede quella del senso (2). L'uomo intende le specie intelligibili, ne' fantasmi (3). È naturale all'uomo che pei sensibili agl'intelligibili venga, perchè ogni nostra cognizione ha inizio dal senso (4). E se la seguente sentenza pare che dica troppo: Essendo il senso il principio dell'umane cognizioni, in esso consiste la massima certezza, perchè sempre bisogna che i principii della cognizione sieno più certi (5); quest' altre sapientemente la temperano e ampliano: Ancorchè l'operazione dell'intelletto nasca dal senso, pur nella cosa appresa per il senso, l'intelletto conosce cosa che il senso non può percepire (6). - INTELLECTUS DE AUDITIS MENTEM ILLUSTRAT (7). - L'intelletto apprende l'universale che si può slendere a' singolari senza fine (8). - Il senso è conoscitore degli accidenti (9). Il senso è per l'intelletto, e non l'intelletto per il senso. È il senso una manchevole partecipazione dell' intelletto, onde secondo la naturale origine esso procede in certo modo dall' intelletto come la cosa imperfetta procede dalla perfetta (10). E però se Basilio e se il linguaggio del senso comune distendono le voci che vengono da sentire all' intendere, e le voci che vengono da legere e che si gnificano intelligenza al sentire, non è nè contraddizione nè confusione, ma conciliazione de'due estremi del vero, la quale ci viene espressa in due parole della Somma potenti: Anco il senso è una certa ragione (14).

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(1) Som., 1, 1, 12. — (2) Som., 1, 2, 5. (5) Arist., de An., III. (4) Som., 1, 1. (5) Som., 3, 50. (6) Som., 1, 78. — (7) Greg. Mor., I. (8) Som., 1, 1,7. — (9) Som., 1, 78. — (10) Som., 1, 77. — (11) Som., 1, 1, 5. —(12) Par., V, t. 14. (15) Som., 1, 78. (14) Som., 2, 2, 9. 1, 1, 14.

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- (15) Som., 2, 2, 1. (16) Som.,

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Posasi in esso come fiera in lustra, Tosto che giunto l'ha. (7) - La verità prima è il fine di tutti i desiderii e atti nostri (8). - Tu ci facesti, o Signore, per te, e irrequieto è il cuor nostro infino a tanto che in le non riposi (9). La natura intellettuale al bene appreso per forma intelligibile ha tale relazione, che quando lo possiede, in esso riposa; e quando non l'ha lo ricerca (10). Ragionare è ad intendere come muoversi a posare (11).

E giunger puollo: Se non, ciascun desio sarebbe frustra (12). - Se l'intelletto non potesse arrivare alla prima cagione delle cose, rimarrà invano il desiderio della natura (13). Il termine della cognizione, che è il vero, è nello stesso intelletto (14). Quel che è l'ultimo fine del desiderio, lo acquista (15).

Non accadeva per vero che Dante queste cose dicesse a Beatrice che già le sapeva ma a questo che è vizio ne' moderni drammi e dialoghi troppo più frequente e importuno, è compenso la nobiltà delle cose dette, e in gran parte il modo del dirle, massime ne'tre versi che seguono: Nasce per quella, a guisa di rampollo, A piè del vero il dubbio; ed è natura Ch'al sommo pinge noi di collo in collo (16): ́i quali c'insegnano come il dubbio buono e fecondo, quello che viene da istinto di natura e che serve all' ascensione dell'anima umana, è il dubbio che nasce a' piedi del vero, ed è germe di quello; c'insegnano che se l' uomo dubita, il genere umano crede; se l'uomo esita, l'umanità procede; se alcuni uomini si dividono tra sé, la famiglia umana si aduna in sè stessa più e più intimamente.

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CANTO V.

Argomento.

Beatrice dimostra la santità del volo come patto strello fra l'uomo e Dio; potersi la materia del volo mutare, ma dovere la cosa sostituita essere maggiore in merito della omessa, acciocchè non possa tenersi con Dio turpe traffico di comodità. Salgono nel pianeta di Mercurio, dove si mostrano al Poeta que che operarono l'ingegno al bene.

Poetica la seconda parte del Canto: evidente la prima, a chi conosce gli usi della lingua antica, i quali se a taluno paiono oscuri oggidì, non è colpa di Dante. La severità della dottrina circa il voto dimostra di qual fatta cristianesimo fosse il suo severo nell' amore del pari che nello sdegno. Abbiamo già in, cinque Canti sei esposizioni dommatiche.

Nota le terzine 1, 2, 4, 8, 9, 11, 20, 22; 24 alla 36; 40, 44, 45, 46.

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2. (L) DA PERFETTO VEDER che si perfeziona in te. APPRENDE intende.

(SL) PERFETTO. Som, Perfettamente vedere l'essenza di Dio. - Perfettissimamente conoscere.

(F) APPRENDE. Più l'intelligenza del bene s'innalza, più s'apprende l'amore. Som: La forza appetitiva è sempre proporzionata all'apprensiva, dalia quale ell'è mossa come il mobile dal motore. Arist., de An., III: I bene appreso è l'oggetto dell' appetito... La volontà scgue all'apprensione dell' intelletto. PIEDE. L'amore, a Dante, è quel che noi chiamiamo progresso; che a noi sovente è odio. Se non che piede e vedere non si confanno.

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3. (F) LUCE. Som.: Dio è luce intelligibile. mento della virtù intellettiva chiamiamo illuminazione dell' intelletto, siccome lo stesso intelligibile chiamasi lume o luee. SEMPRE. Conv., III, 14: Siccome il divino Amore è tutto eterno, così conviene che sia eterno lo suo oggetto di necessità, sicchè eterne cose sieno quelle ch'egli ama. Gli altri amori di vero men alto si spengono. 4. (L) Quivi: in altra cosa.

(F) QUELLA: Som: In Dio sono le perfezioni di tutte le cose. Par., XXXIII, t. 55: 'L ben, ch'è del volere obbiello, Tutto s'accoglie in lei; e fuor di quella, È

5. Tu vuoi saper se con altro servigio,
Per manco voto, si può render tanto
Che l'anima sicuri di litigio.

6. Si cominciò Beatrice questo canto,

E si com'uom che suo parlar non spezza,
Continuò così 'l processo santo:

7.- Lo maggior don che Dio per sua larghezza
Fêsse creando, e alla sua bontate

Più conformato, e quel ch'ei più apprezza 8. Fu della volontà la libertate, Di che le creature intelligenti,

E tutte e sole, furo e son dotate.

9. Or ti parrà, se tu quinci argomenti,
L'alto valor del voto, s'è si fatto
Che Dio consenta quando tu consenti.

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difettivo ciò che è li perfetto. — VESTIGIO. Som.: Quanto l'uomo appetisce l'appelisce siccome bene, e se non l'appetisce come bene perfetto, forza è appetirlo come tendente a quello. TRALUCE. Per modo di splendore rinverberato, dice nel Convivio. Arist., de An., III: L'anima mai non erra nel tendere al bene, ma ne' gradi del bene. 5. (L) SE... se si può compensare altrimenti il voto imperfetto sì che l'anima ne sia assolta.

(F) LITIGIO. Il debito innanzi alla giustizia divina è quasi litigio tra il male e il bene, tra i buoni spiriti e i tristi. Nella Bibbia l'idea di giudizio è frequente. 6. (L) Si: così. PROCESSO del dire.

(SL) Si. Terzina che pare inutile; ma prepara all'importanza che vuol dare il Poeta alle cose seguenti. SPEZZA. En., IV : Sermonem abrumpit. Ma qui ispezzare è più proprio che rompere.

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