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35. E quai li troverai nelle sue carte,

Tali eran quivi; salvo ch'alle penne Giovanni è meco, e da lui si diparte. 36. Lo spazio dentro a lor quattro, contenne Un carro in su due ruote trionfale, Ch'al collo d'un Grifon tirato venne. 37. Ed esso tendea su l'una e l'altr'ale Tra la mezzana e le tre e tre liste, Si ch'a nulla, fendendo, facea male. 38. Tanto salivan che non eran viste.

Le membra d'oro avea quant' era uccello, E bianche l'altre di vermiglio miste. 39. Non che Roma di carro così bello

Rallegrasse Africano ovvero Augusto,
Ma quel del Sol saría pover con ello;

35. (L) ALLE PENNE GIOVANNI MECO, E DA LUI SI DIPARTE: sei ale, secondo s. Giovanni, e non quattro, secondo Ezechiele.

(F) GIOVANNI. Apoc., IV, 8: E quattro animali, ciaschedun di loro aveva sei ali; e intorno, e dentro le son piene d'occhi. Le quattro ale d' Ezechiele, così gli interpreti, indicano le quattro età corse fino allora ; le sei di Giovanni, le sei età, passate le quali, il Redentore appari.

36. (L) LO SPAZIO... CONTENNE UN CARRO: il carro era in mezzo.

(SL) GRIFON. F. Giordano: I Grifoni sono fatti dinanzi a modo d'aguglia e di dietro come leoni, e sono fortissimi.

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(F) CARRO. Chiesa Universale. Psal. LXVII, 18: Currus Dei decem millibus multiplex. DUE. I due Testamenti: a destra il nuovo: e di là le virtù teologiche; a manca le cardinali. Ezech., I, 15-19: Cum... aspicerem animalia, apparuit rota una super terram, juxta animalia, habens quatuor facies. Et aspectus rotarum, et opus earum quasi visio maris... Cumque ambularent animalia, ambulabant pariter et rotæ juxta ea. X, 16: Cum elevarent Cherubim alas suas, exaltarentur de terra, non residebant role, sed et ipsæ juxta erant. GRIFON: Cristo. La parte d'aquila, il divino; di leone, l' umano. Apoc., V, 5: Vinse il leone della tribù di Giuda. Gen., XLIX, 9: Catulus leonis Juda. 37. (L) Esso Grifone. TRE E TRE LISTE...: tre liste di luce d'una parte, tre dall' altra con l'ale non le toccava. (SL) MEZZANA. Ott.: La quale è termine tra la divinitade e l'umanità in Cristo Chi per le liste intende i sacramenti, qui vede l'Eucaristia. 38. (L) SALIVAN l'ale.

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(F) SALIVAN. Gesù Cristo, come Dio, si toglie al vedere dell'uomo. Ono. Come l'Arca. Cant. Cantic., V, 10: Dilectus meus, candidus et rubicundus. Ott.: Come l'oro è più prezioso d'ogni metallo, così la parte... ch'avea a rappresentare la divinitade... più preziosa, che la parte ch'avea a significare l'umanitade... Le parti in che denotava l'umanitade erano bianche, cioè verginissime... e... miste di vermiglio, cioè di caritade. Il fuoco è attribuito allo Spirito Santo che è Amore. 39. (L) ROMA. Quarto caso. CON: a rispetto di. (SL) AFRICANO. Ott.: Il carro di Scipione: il quale fu ricchissimo si per la vittoria avuta della nemicissima Cartagine, e potentissimo imperio... si per la smisurata preda, si per la libertade delli presi cittadini e compagni, li quali Scipione trasse dalle... catene d'Affrica. - AUGUSTO. Svet., XXII: Menò tre trionfi curuli, di Dalmazia, d'Azzio, d'Alessandria. Æn., VIII:

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40. Quel del Sol, che, sviando, fu combusto Per l'orazion della Terra devota, Quando fu Giove arcanamente giusto. 41. Tre donne in giro dalla destra rota Venien danzando; l'una tanto rossa,

Ch'a pena fora dentro al fuoco nota: 42. L'altr' era come se le carni e l'ossa Fossero state di smeraldo fatte: La terza parea neve testè mossa. 43. Ed or parevan dalla bianca tratte,

Or dalla rossa; e dal canto di questa L'altre toglién l'andare, e tarde e ratte. 44. Dalla sinistra quattro facean festa,

In porpora vestite, dietro al modo
D'una di lor, ch'avea tre occhi in testa.

At Cæsar triplici invectus Romana triumpho Mœnia. L'Ottimo cita il VI di P. Orosio.... Anni 725... vincitore del Levante tornando octavo idus Januarii, nella cittade di Roma entrò con tre trionfi... Quanto questo avanzasse tutti li altri, si può considerare per la eccellenza delle opere d'Ottaviano; e per occhè fu sublimato alla dignitade imperiale di comune consentimento di tutti li Romani, a' quali era sottoposto tutto il mondo.

40. (L) QUEL Del Sol che, sviando, fu combusto... : Fetonte lo svia. La Terra arsa prega a Giove: Giove fulmina il carro.

(SL) SVÏANDO. Come farà quel del Grifone; quando la Terra pregherà, e Iddio sarà giusto. Di Fetonte tocca nel XVII dell' Inferno t. 36), nel IV del Purgatorio (t. 24), e nel XVII del Paradiso (t. 4). Del carro del Sole, Ovidio, tradotto dall'Ottimo: Lo carro era d'oro, la piegatura della somma ruota era d'oro, l'ordine de' razzuoli d'ariento, li crisoliti e gemme poste second'ordine per li gioghi rendevano chiari lumi. COMBUSTO: Ovid. Met., II: Currusque suos candescere sentit. - Ambustaque nubila fumant. DEVOTA. La Terra arsa a Giove: Hosne mihi fructus, hunc fertilitatis honorem Officiique refers (Ovid. Met., II). ARCANAMENTE. Torna sovente sulla imperscrutabilità de' giudizii superni. - GIUSTO. Ovid. Met., II: Intonal: el dextra libratum fulmen ab aure Misit in aurigam; pariterque animaque rotisque Expulit... Sparsaque sunt late laceri vestigia currus.

41. (L) NOTA: distinta (la Carità).

(SL) Fuoco. Par., VIII, t. 6:... come in flamma favilla si vede.

(F) TRE. Le virtù teologiche della nuova legge. Ad Cor., I, XIII, 13: Fede, Speranza e Carità: la maggiore di queste è la Carità.

42. (L) L'ALTR' ERA COME SE LE CARNI...: l' altr' era verde (la Speranza). LA TERZA: la Fede. MOSSA:

scesa.

(SL) SMERALDO. Stat., II: Arcano florentes igne smaragdos. Dan., X, 6: Corpus cjus quasi chrysolithus. NEVE. Psal. L, 9 Super nivem dealbabor. Hor. Carm., I, 35: Albo... fides... velata... panno. MOSSA. Ariosto Candido più che neve ancor non mossa. 43. (L) TOGLIEN: misuravano.

(F) CANTO. S. Greg.: Quanto amiamo e tanto speriamo. L'amore guida alla fede, la fede accende l'amore.

44. (L) QUATTRO virtù cardinali. D'UNA la Prudenza.

(F) QUATTRO. Le cardinali. PORPORA. Simbolo d'amore e di dignità. Occni. Senec. : Se prudente è

45. Appresso tutto 'l pertrattato nodo,

Vidi due vecchi in abito dispari, Ma pari in atto d'onestade sodo. 46. L'un si mostrava alcun de' famigliari Di quel sommo Ippocráte, che Natura Agli animali fe' ch'ella ha più cari. 47. Mostrava l'altro la contraria cura, Con una spada lucida e acuta, Talchè di qua dal rio mi fe' paura. 48. Poi vidi quattro in umile paruta:

E diretro da tutti un veglio solo
Venir dormendo con la faccia arguta.

49. E questi sette col primaio stuolo Erano abituati ma di gigli D'intorno al capo non facevan brolo, 50. Anzi di rose e d'altri fior' vermigli: Giurato avria poco lontano aspetto, Che tutti ardesser di sopra da' cigli. 51. E quando 'l carro a me fu a rimpetto, Un tuon s'udi: e quelle genti degne Parvero aver l'andar più interdetto, 52. Fermandos'ivi con le prime insegne.

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(SL) NODO. Di una schiera che fa gruppo, Virgilio Pugnæ nodum (Æn., X ). - DUE. Luca e Paolo: Luca scrittore degli Atti; Paolo, delle Epistole. Scrissero poi; però vengon dopo. SODO. E in più dialetti per grave. Altri legge ed onestato come temperato, e simili, che ha forma di participio passivo, e non è. 46. (L) ALCUN DE' FAMIGLIARI DI... IPPOCRATE: medico (Luca). AGLI ANIMALI: per ben degli uomini.

(SL) Ippocrate. Ad Coloss., IV, 14: Lucas medicus. ANIMALI. Arist., de Inc. anim.: Homines maxime secundum naturam inter animalia se habent reliqua. 47. (L) CONTRARIA CURA: non medicare, ma recidere (Paolo ).

(SL) CONTRARIA. Misericordia e giustizia; amore e scienza; beni materiali e forza morale: ecco di che vive la Chiesa. I beni materiali non per sè ma per esserne larga altrui. SPADA. Della parola: modo biblico. Psal. CXLIX, 6: Gladii ancipites in manibus

corum.

(F) CONTRARIA. Bolland., 1, 915: Paolo teneva la
ARGUTA: ingegnosa,

spada d'oro.
48. (L) PARUTA: sembiante.
desta.

(SL) ARGUTA. Plin.: Argutias vultus. Forse la estenuatezza che vien dal digiuno rende la faccia più spirituale e quindi ingegnosa. SOLO. Bernardo contemplante. Altri ne' quattro vede gli autori delle lettere canoniche: Giacomo, Pietro, Giovanni, Giuda; nel vecchio, Giovanni. Così Giovanni entrerebbe in tre luoghi. Troppo. E l'umile aspetto meglio si conviene a' Dottori. E Bernardo è chiamato sene nel XXXI del Paradiso, e come contemplante, lodato.

(F) QUATTRO. Dottori. Gregorio, delle cose morali; Agostino, delle dispute dommatiche; Ambrogio, del predicare; Girolamo, della storia. Ezech., X, 9: Et vidi, et ecce quatuor rotæ juxta Cherubim... species autem rotarum erat quasi visio lapidis Chrysolithi. 49. (L) COL PRIMAIO STUOLO ERANO ABITÜATI: erano vestiti come i seniori. BROLO: PRIMAIO: primo. giardino.

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Il Carro e i Seniori.

Lungo sarebbe pur toccare le cose tutte alle quali pare che possano far cenno le imagini di questi e de' Canti seguenti: ma il principale intendimento si è il figurare la Chiesa nel suo più ampio concetto, comprendente cioè la congregazione morale e civile degli uomini e delle nazioni, e la storia passata e le condizioni presenti, e le sorti avvenire. Qui toccansi dunque i vincoli dell' anima solitaria con lo spirito sociale, della moralità con la civiltà, della scienza con l'opera, della religione con lo stato, della terra col cielo. Beatrice, la donna bella ed innocente amata da Dante con amore che gli era avviamento a me

ditazione e a virtù, diventa la scienza della verità rivelata in quanto la scienza si fa maestra a bontà e a dignità. Al canto soave della donna, alla luce che corre mista a dolce melodia, il Poeta infra la gioia si sente percosso da desiderio amaro de' beni dall'umanità perduti per la colpa prima. Medio de fonte leporum Surgit amari aliquid, quod in ipsis floribus angat (1). Mentre che vanno egli e

(1) Lucret., IV. Buon zelo Mi fe' riprender l'ardimento d' Eva (Terz. 8). Adam non est seductus, mulier autem seducla in prævaricationem fuit (Ad Tim., I,

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Femmina sola, e pur testè formata (Terz. 9). Il peccato de' primi parenti ebbe massima gravità per la perfezione dello stato loro (Som., 2, 2, 163). Non sofferse di star sott'alcun velo (Terz. 9). Nello stato d'innocenza non era oscurità di colpa o di pena. Ma era nell' intelletto dell'uomo certa oscurità naturale in quanto ogni creatura è tenebre comparata all'immensità del lume divino (Som., 2, 2, 5). - Sotto 'l qual se divota fosse stata (Terz. 10). Grande fu nel peccare la reità dove tanta del non peccare era l'agevolezza (Aug., de Civ. Dei, XIV). Avrei quelle ineffabili delizie Sentile prima e poi lunga fiata (Terz. 10). Genesi, II, 15: In paradiso voluptatis. - Per l'amenità del luogo dimostrasi la benignità di Dio all' uomo, e quanto l'uomo abbia, peccando, perduto (Som., 1, 102). II luogo benchè non serva all'uomo in uso, serve in documento a conoscere che per il peccato egli ne va privato (Som., 2, 2, 164).

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(1) In più luoghi del poema il verso misura la distanza e ritrae con dotta evidenza le apparenze dei corpi portate da quelle nell' impressione de' sensi. Il passo che qui accenna a questo, richiede interpretazione diffusa: Ma quando i' fui si presso di lor fatto, Che l'obbietto comun, che 'l senso inganna, Non perdea per distanza alcun suo atto; La virtù ch'a ragion discorso ammanna, Si com' egli eran candelabri apprese, E nelle voci del cantare Osanna (Terz. 16 e 17). -L'obbietto. Ciascun senso giudica del proprio oggetto (Som., 1, 78). L'uomo, la bestia, la pianta, convengono nella ragione del colore che è l'oggetto della vista (Som., 1, 1). L'obbietto comun. Ne' sensibili altro è proprio a ciaschedun senso, altro comune a tutti. Sul proprio non può farsi sbaglio: comuni sono il moto, il riposo, il numero, la figura, la grandezza (Arist., de An., II; Som., 1, 78). Le comuni qualità de' corpi l'occhio sente per via de'colori (Arist., de Sens., I, 2). Non riceverebbero speciali cognizioni delle cose, ma una certa comunità e confusione (Som., 1, 1, 89). De' sensibili comuni per accidente può essere un giudizio falso anche nel senso rettamente disposto, perchè il senso non direttamente si riferisce a quegli oggetti, ma per accidente. La falsità non è propria del senso, perchè il senso non s'inganna circa l'oggetto proprio (Som., 4, 1, 47). L'obbietto comun, che 'l senso inganna. - La verità non è nel senso in modo che il senso di per sè conosca la verità (Som., 1, 17). Quando dalle cose inferiori vogliamo ascendere alle più alle, prima ci si fa innanzi il senso, poi l'imaginazione, poi la ragione, poi l' intelletto (Arist., de Spir. An. ). Conoscere la natura delle qualità sensibili non è del senso, ma dell' intelletto (Som., 1, 78). Non perdea per distanza alcun suo atto. - Actus habent species ex objecto (Som., 2, 2, 7). Il viso (la vista) or vede in atto

quasi traccia nell'aria da que' candelabri, procedono ventiquattro seniori, poi quattro animali. All'avvenimento di Beatrice precede un carro mistico a cui vanno innanzi gli scrittori che al mondo annunziarono la verità che lo ha sublimato e lo sublimerà semprepiù. Qui s'accenna tra le altre alle visioni di Ezechiele e Giovanni; nè è da dimenticare che quella d'Ezechiele incomincia: Cum essem in medio captivorum juxta fluvium Chobar, aperti sunt cæli, et vidi visiones Dei (1). A questa memoria della cattività è quasi certo che ripensasse il Poeta; il quale all'ultimo Canto da principio dal Salmo LXXVIII: Deus, venerunt gentes in hereditatem tuam, che è memoria anch'esso di sventura insieme civile e religiosa. Che il carro rappresenti la Chiesa, ce 'l dice anco quello del Paradiso, ove Francesco e Domenico son le due ruote della biga, In che la santa Chiesa si difese, E vinse in campo la sua civil briga (2); dove rincontri al solito un'imagine di guerra che è indivisa dalla natura de' tempi. Le due ruote del cocchio (dice Gregorio) sono le due leggi (3). Ne' quattro animali di Daniele (4) furono veduti i quattro imperi, il caldaico, il persiano, il greco e 'l ro

ora no... Secondo l'oggetto è specificato l'atto del vedere (Som, 1, 29). Gli abiti conosconsi per gli atti, e gli atti per gli oggetti (Som., 2, 2, 4). La virtù, ch'a ragion discorso ammanna. - Non ogni cosa intendere in un atto, ma d'una in altra passare, è la scienza discorsiva propria dell'uomo. Per essa si va dalla causa all' effetto, e dall' effetto alla causa. Onde il discorso è successione e va dal noto all'ignoto (Som., 1, 1, 14). Se gli uomini subito nella cognizione stessa d'un principio noto vedessero come note tutte le conclusioni che ne conseguono, non avrebbe luogo in essi discorso (Som., 1, 58). In Dio è giudizio certo della verità senza verun discorso, per semplice induito; e però la scienza divina non è discorsiva o di raziocinio, ma assoluta e semplice (Som., 2, 2, 9). Il discorso dell' intelletto è in ciò che una cosa conoscesi per via dell'altra (Som., 1, 58; 2,2, 8). La cognizione sperimentale è discorsiva perchè di molte rimembranze si fa un'esperienza (Som., 1, 58; Arist. Met., Post. fin.). Quindi dal discorso l'invenzione (Som., 1, 79). La voce rimase nella lingua assai tempo; ed è danno che sia ita in disuso. - Il naturale discorso (Bartoli). Dotato di perfetto discorso (Pallavicino). La nature le soutenant au défaut du discours (Pascal, Pensées, II). A ragion discorso ammanna. - Ir razionali procedono per discorso (Dion., Div. nom., VII). L'uomo non conosce semplicemente la verità che è propria dell'intelletto, ma per via discorsiva che è proprio della ragione (Dion., 1. c.). Intendere è semplicemente apprendere la verità. Ragionare è procedere d'una cosa intesa in altra per conoscere la verità (Som., 1, 79). Conoscere negli effetti le cagioni (Som., 1, 58). Sillogizzare dalle cause agli effetti e dagli effetti alle cause (Som., I. c.). Ragionare è ad intendere come muoversi a posare, e cercare a possedere (Som., 1, 79). Intelletto dell'angelo, ragione dell' uomo (Som., 1, 58). La stessa polenza intende e ragiona (Som., 1, 79). (1) Ezech., I, 1. (2) Par., XII. (3) Greg., Hom. in Exod., VI. (4) Dan., VII. Ibid., v. 13: Vidi venire tra le nubi il figliuol dell' uomo.¡

mano. Le ale dei quattro animali son sei, fors' anche per ciò che quel numero è più perfetto (1). Il Grifone mistico ha le membra d'oro là dove è uccello; e dove leone, candide e vermiglie, anche per ciò che Cristo era pieno di sapienza e di carità, che è significato per l'oro (2); e che il vermiglio è colore di vita (3). I ventiquattro seniori rammentano nell' eliso di Virgilio pii vates, Phœbo digna locuti (4); e gli altri ch'hanno le tempie cinte di candida benda, come i seniori corona di gigli. Ultimo viene Bernardo, secondo la preziosa interpretazione di Pietro cui solo giova seguire: e anche in una visione de' Fioretti, dietro a Francesco e ad Antonio, dopo altri frati, viene uno trapassato di corto.

Le sette che qui veggiamo esser donne, figuranti le tre virtù teologiche e le quattro cardinali, sono Ninfe sul monte, e stelle insieme nel cielo; e la danza loro rammenta le Ninfe amiche ad Euridice, cum quibus illa choros lucis agitabat in altis (5): ed Euridice amata da Orfeo, poeta per lei visitante il paese oltremondano, pare sorella in poesia a Beatrice. Il verso che leggeremo: Noi sem qui ninfe, e nel ciel semo stelle (6), richiama le trasformazioni tante di persone mortali in costellazioni, il qual mito denota quel che da altri fu detto, che la storia della terra i primi uomini scrivevano ne' cieli, o piuttosto quel che la tradizione pagana adombrò, e che la scienza antica intravvide, e che la tradizione e scienza cristiana illustrarono, cioè che gli spiriti defunti della prova terrena influiscono tuttavia sulle terrene cose, non solo con la luce ed il calore delle memorie e degli esempii, ma con altre più intime e meno avvertite e più possenti influenze. In Virgilio rincontriamo la trasformazione di navi in Ninfe: Quas alma Cybele Numen habere maris, Nymphasque e navibus esse Jusserat (7); quasi a significare che siccome in ogni vita (e ciascun corpo, per morto che paia ed informe, o ha una vita o è ricetto di vite), siccome in ogni vita s'asconde un principio distinto dal corpo e maggiore di quello, onde le Driadi e le Naiadi favoleggiate; così dal risolversi e trasformarsi di ciaschedun corpo hanno origine novelle vite, in più ampio giro con forza più sottile operanti.

Le quattro virtù cardinali, prudenza, giustizia, temperanza, fortezza, erano così anco da' Pagani ordinate (8) ma quell' ordine è sapientemente unificato e distinto da Agostino laddove dice che tutte e quattro rampollano dall' amore (9). Sopra quattro virtù si edifica la struttura del bene operare (10). Per principii naturali l'uomo è ordinato,

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secondo i quali l'uomo procede a bene operare giusta la proporzione umana; che l'ordinano alla beatitudine naturale, non però senza aiuto divino (1). La prudenza in Dante è guida alle altre; e dicevasi auriga virtutum (2); onde Tommaso: Chi opera contro qualsiasi virtù, opera contro la prudenza, senza cui non può essere virtù veruna (3). Temperanza è quella che serba modo e ordine nelle cose e da fare e da dire (4): Giustizia, al dir di Tommaso, riguarda le azioni debite tra uguali (5); e questo c'insegna che, dovendo noi qualcosa agli uomini tutti, di tutti siamo uguali, e tutti a noi; e che misura ed effetto della giustizia è non la materiale ma la razionale e proporzionale uguaglianza. Ogni virtù che fa il bene in riguardo alla retta ragione dicesi prudenza; e ogni virtù che fa il bene del retto e del dovere nelle operazioni, giustizia; e ogni virtù che rattiene e doma le passioni, temperanza; e ogni virtù che fa l'animo fermo contro qualsiasi passione, fortezza. E così molt'altre virtù soll'esse vengono contenute (6). Oggelto della prudenza è segnatamente la ragione (e anche per questo la prudenza è più nobile); della giustizia l'operazione; della temperanza e della fortezza la passione del desiderio, del timore da frenare o da vincere. Della prudenza è soggetto altresi la ragione; della giustizia la volontà; della temperanza il concupiscibile; della fortezza l'irascibile. Chi può frenare il desiderio del piacere, da questa difficile vittoria è reso abile a raffrenare e il timore e l'audacia ne' pericoli di morte che è cosa più facile. E così l'uomo forte a' pericoli è più atto a ottenere la fermezza dell'animo contro l'impeto de' piaceri (7). Non è vera prudenza quella che non è giusta e forte e temperante; nè è temperanza perfetta quella che non è forte e giusta e prudente; ne fortezza intera quella che non è prudente, temperante e giusta; nè vera giustizia quella che non è forte, prudente, temperante (8): nelle quali parole è più che un trattato.

Le tre teologiche sono a destra, ed ecco perché: Tre sono le virtù teologiche, delle quali è da trattare prima; quattro le cardinali, delle quali poi (9). Le virtù per le quali l'uomo si dona a Dio, cive le teologiche, sono più alte delle virtù morali per le quali abbandona alcuna cosa terrestre per donarsi a Dio (10). Le virtù teologiche che hanno per oggetto l'ultimo fine sono le principali (11). Hanno Dio per oggetto, solo Dio ce le infonde, solo la rivelazione le insegna (12).

(4) Som., 2, 1, 62. (2) Som. Sup., II. - Som., 2, 1,61: Aliæ virtutes a prudentia diriguntur. — (3) Som., 1, 2, 73. — (4) Ambr., de Off., I. — (5) Som., 2, 1, 61. (6) Som., 2, 2, Pr. - (7) Som., 2, 1, 62. Cic., de Off., I. (8) Greg. Mor., XXII. (9) Som., 2, 2, Pr. (10) Som., 2, 2, 104. - (11) Som., 2, 1, 61. (12) Som., 2, 1, 62

La fede è come neve, la speranza come smeraldo, la carità come fuoco; ora la fede ora la carità è guida alle altre; la speranza è guidata sempre: ma il canto della carità è sempre quello che dà la misura all' andare. Ed ecco perchè: L'atto della fede precede gli atti di ogni altra virtù (1). – La fede è la prima delle virtù (2). — La fede genera la speranza (3). La fede opera per via dell'amore (4). · Carità è maggiore di fede e speranza (5). Tutte le virtù in qualche modo dipendono da carità (6).

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Innanzi che la visione proceda, il Poeta invoca le vergini sacrosante, come già nel mezzo del Canto le invoca Virgilio: Pandite nunc Helicona, Deæ (7), ed anche altrove dove le chiama, e a loro dà la potenza della memoria, debole negli uomini miseri: Et meministis enim, Divæ, et memorare potestis (8). Meglio in Dante rammentate le fonti ispiratrici e il coro delle ispiratrici deità, che in Orazio, laddove dopo detto vestris amicum fontibus et choris, esce con la ignominiosa rimembranza della sua fuga a Filippi (9). A Lucrezio la speranza della lode è ispirazione, et inducit noctes vigilare

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serenas: Dante soffre vigilie e freddi e fami (1), non solamente per istinto di gloria, ma e per amore e della verità e della rettitudine e della patria, i quali amori e' raccoglie nel nome d'una donna beata. E se le vigilie e i freddi non istanno li per la rima, non ci stanno, viva Dio, nè anco le fami. Per la dolcezza della gloria, dice Dante nella Volgare Eloquenza che dimenticava ogni disagio e l'esilio. Non curando nè caldo nè freddo, nè vigilie nè digiuni, nè niuno altro disagio, con assiduo studio venne a conoscere della divina essenzia quello che per umano ingegno se ne può comprendere.... Nel cibo e nel poto fu modestissimo... Niuno altro fu più vigilante di lui e negli studii e in qualunque altra sollecitudine il pungesse (2).

Veduta procedere la lunga schiera, si sente un tuono e tutti si fermano. All' entrar nell' Inferno trema la terra, e balena una luce vermiglia: nel Paradiso, alla memoria di quel che la Chiesa dee essere e che non è, i beati fanno un grido si alto che rende il Poeta attonito più che se tuono fosse (3).

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