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Ch'io vidi lui a piè del ponticello

Mostrarti, e minacciar forte col dito,
E udi' 'I nominar Geri del Bello.
Tu eri allor si del tutto impedito
Sovra colui che già tenne Altaforte,
Che non guardasti in là; sì fu partito.

moria del suo congiunto, e dicendo di
non averlo visto, abbia voluto mostrar-
celo men reo degli altri: e in ciò fare
non sapremmo dire qual più ci paresse
il divino Poeta, o zelante della Giustizia,
o amorevole verso lo spirito del suo
sangue.

SOVR'ELLO: a suo riguardo, intorno a lui. Sovra o sopra, come il super de' Latini, usato per de o propter. Virg. Æn. I, 29: His accensa super ec. E v. 750: Multa super Priamo rogitans,super Hectora mulla Dello stesso valore è il sovra del seguente v. 29-SOVR'ELLO è il super illo de' Latini.-ELLO, ed elli si trova al caso retto, appo gli antichi, in luogo di egli; e negli obbliqui, sovr'ello, da ello, con ello, in ella, ad ella, d'elli ec. dov'ora diciamo sovra lui, da lui, con lui, in lei, a lei, di lui ec. Queste forme, che ora si concedono ai poeti, son deri vate a noi dal pron. ille, e dai suoi casi retti dalle preposizioni super, de, cum, in, ad ec.

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te. Udi'l altre edizioni. — UDI' 'L: lo udii ec., cioè: udii che lo nominavano Geri del Bello.

GERI DEL BELLO. Geri fu figlio di Messer Bello, e questi fratel di Bellincione, che fu padre di Allighiero e avolo di Dante. Cacciaguida stipite comune a questi due rami genealogici (a).

28-29. IMPEDITO: occupato; tutto intento a udire quello che gli era detto da Bertramo dal Bornio (C. XXVIII, 134 segg.). Lo spirito di quell' illustre poeta teneva a sè tutta l'attenzione di Dante, che quasi assorto a null'altro badar poteva.-SOVRA, vedi v.23, nota.COLUI CHE GIÀ TENNE ALTAFORTE: Beltramo dal Bormio. C. XXVIII, 134-135, nota. TENNE, C. XXVIII, 86, nota.

30. IN LÀ: verso il ponticello (v.25)— Sì FU PARTITO: così Geri si partì e tu nol vedesti. Sì: sinchè intendono il Venturi, il Lombardi, il Bianchi, il Tommaseo ec. E la sentenza sarebbe: Sinchè non fu egli parlito non ti voltasti a guardare dov'egli era. Si per così, onde, vogliono il Costa, il Torelli, il Biagioli. Ma chi dispregerebbe la chiosa del Volpi? Appena guardasti in là, ch'ei si parti. E questa è quasi identica alla prima delle due sposizioni del Venturi, ch'è: Si tocontro altrui chi sia mosso da ira o dis- sto, in quell' istante che tu ti voltasti, degno. Nel C. XXI, 132: egli si parti di quel luogo. FU PARTITO: si parti,se n'andò. Vedi C. V, 97, nota.

26. MOSTRARTI, E MINACCIAR ec. Geri qui mostra agli altri spiriti il Poeta, suo consanguineo, e lo minaccia forte, per quello che si dice al v. 31 segg. MI

NACCIAR COL DITO: Scotendolo come fa

E colle ciglia ne minaccian duoli. Le minacce di Geri a Dante intenderemmo noi per rimproveri, come pungoli co' quali egli cercava stigarlo a vendetta. Vedi C. XVII, 89, nota.

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O Duca mio, la violenta morte

Che non gli è vendicata ancor, diss'io, Per alcun che dell' onta sia consorte, Fece lui disdegnoso; onde sen gìo

Senza parlarmi, sì com'io stimo;
Ed in ciò m'ha el fatto a se più pio.

Virgilio il dicesse; poichè questo avea già poco innanzi voluto egli significare per le parole:

Ch'io vidi lui a piè del ponticello. Un altro passo, ed era già sparito dagli occhi del Poeta il suo consanguineo. Il st varrebbe allora così, tanto; e la frase conterrebbe la sentenza, che i retori chiamano epifonema, e che ci spiegherebbe come il Poeta dovess' essere tanto impedito:

Sopra colui che già tenne Altaforte: appunto perchè questi fu sì stranamente diviso, come è detto nel canto precedente (v. 119 segg.), e come Beltramo stesso fece udire (ivi v. 139 segg.): Perch'io partii così giunte persone,

Partito porto il mio cerebro, lasso! Dal suo principio, ch'è in questo troncone. Ma si fu sparito è variante del codice Frullani.

31. LA VIOLENTA MORTE: La morte data per tradimento. Dicono che Geri del Bello fosse uomo di mala vita; che dilettavasi di metter male e seminar discordie tra le persone; che ripreso dello sconcio suo parlare da uno della famiglia de' Germii di Firenze se ne vendicò con ammazzarlo, e venne poi esso pure ammazzato da un de' Sacchetti.

32. NON GLI È VENDICATA ANCOR ma trent'anni dipoi un nipote, figlio di suo fratello Cione, uccise un Sacchetti sul sogliare della sua casa.

33. PER ALCUN: da alcuno di noi parenti. CHE DELL' ONTA SIA CONSORTE: a cui, sia toccata l'ingiuria e l'offesa. 34. DISDEGNOSO: avente a vile chi non prese animo di vendicarlo.

36. IN ciò ec. Ed io lo compalii nel dolore ch' ei mostrava del non essere vendicato, più che della pena gli era data come a seminatore di scandali e di risse. Questo senso non pare abbiano

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veduto i Comentatori. Per noi è sì chiaro, che non oseremmo, siccome alcuno ha fatto, di credere che il Poeta in questo luogo si mostri o animato dallo spirito di vendetta, o che lo commendi in altrui. Egli che penetra l'Inferno con la divisa di penitente, animato dal sentimento più puro delle cristiane virtù, dovea avere in nessun conto il pretesto alle private vendette nelle consuetudini ebree: Evadere iram proximi qui ultor Siro: Inimicum ulcisci vitam accipere est sanguinis, e la sentenza di Pubblio est alteram. Nè vale che Francesco da Barberino dica le vendette nella Toscana più che altrove frequenti; nè che: Vellulello (moribondo per ferita ricevuta) lasciò cinquecento fiorini a chi facesse la sua vendetta. Dante nella sua vita, e più nel suo Poema sacrato, fu superiore ai vizi del suo secolo, ed è modello di sublimi virtù. La nostra chiosa fa certo quello che pure fu semplice opinione del Ch. Tommaseo: Non credo, però, che il Poeta qui si mostri sitibondo di sangue nemico. egli che nel XII dell'Inferno punisce la vendetta di Guido contro un cugino dell'uccisor di suo padre; egli che i Sacchetti nomina nel tri fa, d'alcun'onta; egli che il proprio Paradiso senza gravarli, come sopr❜alcugino caccia in Inferno come scandaloso: ed era, dice l'Anonimo anche falsario, che non credo. Anzi soggiunge l'Anonimo stesso, vuole il Poeta biasimare la rabbia di vendetta che lo perseguila fin nell'Inferno. Pensare il contrario sarebbe ritessere l'ordito di Dante con ripieno sconsigliato e confuso.

Varianti. E perciò, ediz.di Jesi 1472— m'ae fatto ediz. di Nap. 1474; Cod. Filipp. (Sec. XIV); lez. prescelta dal Witte - M'à fatto elli. Varior. del Witte; ediz. De Romanis Assai più pio, e A lui più pio, Varior. del Witte.

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Così parlammo insino al luogo primo
Che dello scoglio l'altra valle mostra,
tutto ad imo.

Se più lume vi fosse,

37-39. Intenderebbesi: Così parlammo insino al luogo primo, che... mostra tutto ad imo l'altra valle dello scoglio. Si potrebbe credere, che il luogo primo significasse il punto sommo del ponte che sovrasta la X bolgia, donde potea essa vedersi ad imo, (usque ad imum) insino al fondo. L'ALTRA VALLE, quella, cioè, che restava solo a vedere dopo le nove già vedute. DELLO SCOGLIO: di Malebolge, ch'è (C. XVIII, 2, 9):

Tutto di pietra di color ferrigno

E ha distinto in dieci valli il fondo.

Nella III bolgia (C. XIX, 7 segg.):
Già eravamo alla seguente bolgia
Montati, dello scoglio in quella parte
Ch'appunto sovra mezzo il fosso piomba.
Potremo osservare lo stesso nella IV

(C. XX, 4-5).

Nella V bolgia (C. XXI, 3-5): Venimmo, e tenevamo 'l colmo quando Ristemmo per veder l'altra fessura Di Malebolge, e gli altri pianti vani. Nella VI discesero i Poeti. (C. XXIII, 37-58) Così nella VII (C.XXIV,67-75). E nella VIII (C.XXVI, 31-33); e nella IX

Tutto Malebolge scoglio, poichè il C. XXVIII, 43). Senonché in queste Poeta (ivi v. 16 seg.) dice:

Cosi da imo della roccia scogli

Movien, che recidean gli argini e i fossi. Eppure non sarebbe questa interpretazione in tutto vera. A noi piacerebbe ordinare: Così parlammo insino al luogo primo dello scoglio, che... mostra l'altra valle tutto ad imo. Dove intenderemmo per luogo primo la testa del ponte che appoggia sopra il primo argino della X bolgia. SCOGLIO val qui ponte, come in molti altri luoghi (C.XXVIII, 134-135, nota). Questo primo luogo dello scoglio mostrerebbe sino all' imo fondo la bolgia,se più lume vi fosse. A che fine cel dice il Poeta? Trovandoci nell'ultima delle bolge, egli con arte finissima c'invita a dare uno sguardo retrospettivo sovra tutto il disegno di Malebolge. Noi ad un' occhiata lo vediamo già tutto,qual egli cel descrive nel Canto XXIV, 37-40.— (Vedi C.XIX,35,nota): Ma perchè Malebolge inver la porta

Del bassissimo pozzo tutta pende,
Lo sito di ciascuna valle porta,
Che l'una costa surge e l'altra scende.

Se dunque più lume stato vi fosse nella X bolgia, essendo ella tra due argini pochissimo alti, potea il Poeta, giunto sopra il primo di essi, scorgerla sino al fondo.Non così nelle altre bolge; dove fa d'uopo venire al colmo del ponte, perchè veder si possano le anime sottostanti (C. XVIII, 109 segg.). Delle prime due:

Lo fondo è cupo sì, che non ci basta

Luogo a veder, sanza montare al dosso
Dell'arco, ove lo scoglio più sovrasta.

due ultime non si vede che i poeti cercassero tenere il dosso dell'arco, a meglio risguardare nel fosso; ma solo:

Tosto che fui là 've il fondo parea

Ma tu chi se' che in su lo scoglio muse. Questi modi che usa il Poeta per fornirci le dimensioni, direi quasi, di tutte le parti del suo disegno; e, senza porsi all'opera del descrivere, metterti sotto gli occhi un' opera creata dalla sua fan

tasia son cosa davvero stupenda, che sarebbe mattezza di non riconoscere in questo luogo.

Il Poeta, ci significa principalmente esser egli già pervenuto alla bolgia ch'era tra le più basse ripe, all' ultimo confine di Malebolge. Ci richiama alla mente la forma di questo loco d'Inferno, acciocchè non andassero quasi dispersi gli elementi di quel tutto dalla immaginazione di colui,che indi a poco discenderà seco negli ultimi cerchi d'abisso. E da ultimo ci fa intendere l'oscurità che ingombrava quel luogo, dove, tuttochè bassissimo, dovettero i Poeti discendere in süll' ul

tima ripa (v. 52) onde fosse alquanto più viva la loro vista.

che nel v. 38 si ha da intendere dello Dopo queste considerazioni si vede scoglio; nè mutare, o credere usato dello per dallo. Chi non sa che di, del, dello ec. si adoperano per da, dal, dalmentatori, questo uso è ordinario, anzi lo ec.? Ma, con buona pace de'dotti codel gusto della lingua toscana, sol dove il verbo della proposizione significa mo

Quando noi fummo in su l'ultima chiostra Di Malebolge, sì che i suoi conversi Potean parere alla veduta nostra, Lamenti saettaron me diversi,

to da luogo, origine ec. che qui non fa. V. nota al v. 40.

38-39. MOSTRA... TUTTO AD IMO: mostra in tutto sino al fondo come i primi argini di ciascheduna bolgia, che per essere più alti si può, quanto all' architettura del luogo, scoprir da essi le sottoposte valli: qui sarebbe altrettanto Se più lume vi fosse. Questa condizione sembra perciò indipendente dal mostra. Pure i comentatori l' intendono per mostrerebbe: il che non altera la sentenza; nè strano è ne' verbi lo scambio de' tempi e de' modi, siccome altrove è notato. 40.seg. QUANDO NOI FUMMO IN SU L'ULTIMA CHIOSTRA. Questo dimostra che nel ternario precedente il luogo primo significa arco del ponte; e che dallo scoglio, ch'è il ponte stesso, i poeti non avrebber potuto pretendere di vedere, se non ora che vi son montati su. Quindi ci riconfermiamo nell'opinione che dello non istia in quel luogo invece del sesto caso.

CHIOSTRA si appella dal Poeta quest'ultimo fosso di Malebolge, e conseguentemente conversi coloro che vi son puniti. «Allusione forse maligna; ma contorta. Tommaseo ». Anzi malignissima, se per chiostra vi s'intendesse il chiostro o il monastero, e per conversi i frati: imperocchè chiamandosi questa l'ultima chiostra, Malebolge con le sue anime dannate sarebbe figura di tutt'i monasteri del mondo e de' frati che gli abitarono; tra i quali ve ne furono, anche di santa vita,e tali che a riguardo loro non crediamo volesse il Poeta trascorrere a sì maligne allusioni. Saremmo di credere, se piacesse ai dotti, che qui chiostra avesse a prendersi nel sentimento del claustrum, o clostrum de' latini: voce evidentemente fatta da claudo e che vale chiusura, carcere: nel qual significato l'usò Virgilio (En. I, 52 segg.):

Hic vasto rex Eolus antro Luctantes ventos tempestatesque sonoras Imperio premit, ac vinclis et carcere frenat. Illi indignantes magno cum murmure montis Circum claustra fremunt.

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E il Caro traducendo piantò anche tra i suoi versi que'chiostri, senza tema non altri avesse a prenderli per quelli della Certosa, o di S. Benedetto: Eglino impetuosi e ribellanti Tal fra lor fanno e per que' chiostri un fremito,"

Che ne trema la terra e n'urla il monte.

Poeta attribuisce a codesta voce la deduAltra pruova del significato che il ciamo dal seguente verso del Credo:

Onde dal rio Nemico ognun si schiostri. dove schiostrare è liberare, come spone il Quadrio. La chiostra è dunque per Dante un fosso, una valle, un luogo di pena, donde la suprema Giustizia non lascia evadere i rei. E gioverà senz'altro richiamare alla mente, in proposito di ciò che intendiamo dimostrare, quello che il Poeta (C. XI, 16 segg.) scrive: Figliuol mio, dentro di cotesti sassi,

Cominciò poi a dir, son tre cerchietti
Di grado in grado, come quei che lassi.
Tutti son pien di spirti maladetti;

Ma perchè poi ti basti pur la vista,
Intendi come, e perchè soN COSTRETTI.
CHIOSTRA per chiostro. Vedi C.VII, 20,

nota.

41. CONVERSI: epiteto assai bene attribuito ai falsatori, a quelli che non valsero a trasmutare il vile nel prezioso metallo, e che se vivi falsificarono in sè altre persone, vennero qui poi conversi e trasmutati in sì misero modo.

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43. LAMENTI SAETTARON ME DIVERSI: diversi lamenti ferironmi le orecchie. O meglio: SAETTARON ME: mi punsero il cuore di pietà. Bargigi, Landino e Vellutello. DIVERSI: perchè venivano da diverse anime cruciate e da diverse parti. Vellut. Per la diversità delle pene e moltiplicità delle ombre. Lombardi.- DIVERSI. Altrove (IX, 122) disse: duri lamenti. Se non parrà troppo pallida l'imagine de' lamenti diversi, che senza dirli ognun l'intende, a noi non parrebbe strano che a questo aggiunto si dovesse dare il significato che vedemmo al C. VI, v. 13. SAETTARON. Nella Vita Nuova il Poeta (Canz.: Donna pietosa ec.):

Che di pietà ferrati avean gli strali; Ond' io gli orecchi colle man copersi. Qual dolor fora, se degli spedali

Di Valdichiana tra 'l luglio e 'l settembre, E di Maremma e di Sardigna i mali Fossero in una fossa tutti insembre;

Ed esser mi parea, non so in qual loco: E veder donne andar per via disciolte, Qual lacrimando, e qual traendo guai; Che di tristizia saettavan foco. Virg. En. VIII, 579 seq.: Sin aliquem infandum casum, fortuna,minaris, Nunc, o nunc liceat crudelem abrumpere vitam, Dum curae ambiguae, dum spes incerta futuri, Dum te, care puer, mea sera et sola voluptas, Complexu teneo: gravior ne nuntius aures Vulneret... (a).

Ezech. V, 16: Quando misero sagiltas famis pessimas, quae erunt mortiferae ec.

44. CHE DI PIETÀ ec. son. 202:

Il Petr. P. I,

Una saetta di pietate ha presa

E quinci e quindi 'l cor punge, ed assale. • L'una piaga arde, e versa foco e fiamma; Lagrime l'altra, che 'l dolor distilla Per gli occhi miei del vostro stato rio. FERRATI... STRALI. Cotai conveniva che fossero quelli che si scoccavano dalla bocca de' dannati. Nel Petrarca ne leggiamo degli aurali e degl' impiombati che Amore saetta dall'arco suo, secondo ch'egli ha da produrre diverso effetto nell' animo di colui, al quale appunta la mira. P. I, Canz. XIX:

S'il dissi; Amor l'aurate sue quadrella Spenda in me tutte, e l'impiombate in lei. Ed egli intese per quegli strali aurati anche gli sguardi di M. Laura; e cagionata da quei colpi piacquegli la morte, fuori d'ogni umano costume. V. P. II, sen. XXVIII. Ai tempi guerrieri del Poeta, traslati molli eran tolti da imagini di guerra. Tommaseo.

46-51. DOLOR, cagione de'diversi lamenti, cioè lamento significativo di dolore. Bella sineddoche. Ed anche subiettivamente per l'impressione dolorosa, che quella miseria faceva nell'animo del Poeta. QUAL DOLOR ec. Tale era qui

(a) Il Caro così reca in versi quest' ultima sentenza:

Anzi ch'altra novella me ne venga

Che 'l cor pria che gli orecchi mi percuota.

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vi il dolore, qual sarebbe sc in una fossa (com'era quella bolgia) s'unissero insieme tutt'i mali, i morbi, gl'infermi degli spedali di Valdichiana e di Maremma e di Sardigna, 'tra 'l luglio e 'l settembre, quando in que' luoghi l'aria è pestifera per le acque paludose.

47-48. VALDICHIANA è tra Arezzo, Cortona, Chiusi e Montepulciano, dove le acque della Chiana, fiume che lento si parte nella Paglia e nel Tevere, stagnando rendevano insalubre l'aere di quella campagna. Ora vi son terre le più fertili della Toscana (b)—MAREMMA, paese lungo la marina della Toscana, d'aria malsana, massime tra Pisa e Siena. C.XXV, 19, nota. SARDIGNA (Lat. Sardinia) per l'eccessivo caldo rende l'aer contagioso. Land. e Vellut. In queste tre contrade furon fatti ospedali per ricevervi gli ammalati (c).

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49. INSEMBRE: insieme. Galletto da Pisa:

In parlamento, e'n gioia e 'n allegransa (d) Più ch'eo non solia

Viviamo insembre e sensa partimento.

(b) Modernamente per bonificar la contrada fu aperto un canale che conduce le acque della valle nell'Arno. Diz. Dant. di L. G. Blanc.

(c) « Sospetto non esser questa Sardigna la nota isola vicina all'Italia nel mar Tirreno; ma si un luogo dell'antico e famigerato Spedale di Santa Maria Nuova di Firenze, costituito a curarvi specialmente gl' infetti di sozze e fetide piaghe; e chiamato pure Sardigna con allusione all'isola sopraddetta, famosa per la cattiva aria che vi signoreggia. Non poche nè fiacche prove possono militare per questa nuova interpretazione; ma non facendo alla presente materia l'addurle, ne cerchino per se stessi gli studiosi della Divina Commedia ». G. Brambilla: Spoglio Filologico, voc. Vergogna. Noi preghiamo il lettore a vedere le note del Minucci ai seguenti versi del Malmantile 1, 24:

Calò nel piano e ad Arno se ne venne, Ove Baldon facea ne la Sardigna Vele spiegare e inalberare antenne, Fermato avendo li, come buon sito, D'armati legni un numero infinito. (d) Il Pisano muta z in s, come il Provenzale.

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