Page images
PDF
EPUB

21. Or perchè a questa ogni altra si raccoglia, Innata v'è la virtù che consiglia,

E dell'assenso dee tener la soglia. 22. Quest' è 'l principio là onde si piglia Cagion di meritare in voi, secondo Che buoni e rei amori accoglie e viglia. 23. Color che ragionando andaro al fondo, S'accorser d'esta innata libertate: Però moralità lasciaro al mondo. 24. Onde poniam che di necessitate

Surga ogni amor che dentro a voi s'accende:
Di ritenerlo è in voi la potestate.

25. La nobile virtù Beatrice intende

Per lo libero arbitrio; e però guarda Che l'abbi a mente s'a parlar ten prende.26. La Luna, quasi a mezza notte, tarda, Facea le stelle a noi parer più rade, Fatta com' un secchion che tutto arda.

--

--

:

21. (L) V'È: avete. Est vobis. VIRTÙ libera elezione. DEE TENER LA SOGLIA, che male non v'entri. (F) RACCOGLIA. Acciocchè questo primo natural desiderio e intelligenza sia quasi centro ad ogni altro vostro volere o sapere acquisito, avete innata la ragione, da cui viene il libero arbitrio; sicchè tutti sieno non men del primo conformi a natura. CONSIGLIA. Som.: Consiglio della ragione. Ad Ephes., I, 11: Operatur omnia secundum consilium voluntatis suce. La ragione reggendo la libertà, deve moderare i moti di natura. 22 (L) VIGLIA: sceglie.

-

(SL) MERITARE. Assolutamente. Som. Potuerit mereri. VIGLIA. Decam. Deput.: Vigliare è altra cosa che vagliare, e si fa con altri istrumenti ed in altri modi; chè quando il grano è battuto in sull' aia e n'è levata con forche e rastrelli la paglia, e vi rimangono alcune spighe di grano, e baccogli di vecce selvatiche, e altri cola' semi nocivi, che i carreggiati non han ben potuto trebbiare, nè pigliare i rastregli, egli hanno cerle come granate piatte o di ginestre, o di alcune erbe... e le vanno leggermente fregando sopra la massa, o, come dicono, l'aiata, e separandogli dal grano.

23. (L) MORALITÀ: senso morale: inutile se non fosse la libertà.

[blocks in formation]

25. (SL) NOBILE. La Somma mette insieme verità, bontà, nobiltà, e le spiega poi perfezione. CE. Par., V, t. 7: Lo maggior don...

26. (L) PIÙ RADE, coprendole di sua luce. (SL) TARDA. Æn., VII: Sera... nocte. Georg., 1: Sera... lumina. Non era ancor mezza notte. Tarda la luna perchè siamo alla quinta notte del viaggio, cominciato a luna piena (Inf., XX, t. 45). Tre nell' Inferno, una nell' antipurgatorio, 'un' altra fin qui. La luna calante sorge dopo caduto il sole sempre un'ora più tardi. Stanotte dunque doveva sorgere verso le cinque ore di notte; verso, cioè, mezza notte. SECCHION. La luna calante di cinque notti è quasi una sfera troncata: tonda nel fondo, tronca alla cima, come un secchione.

27. E correa contra 'l ciel per quelle strade

Che 'l Sole inflamma allor che quel da Roma Tra' Sardi e' Corsi il vede quando cade. 28. E quell' Ombra gentil per cui si noma Pietola più che villa Mantovana, Del mio carcar disposto avea la soma. 29. Per ch'io, che la ragione aperta e piana Sovra le mie questioni avea ricolta, Stava com' uom che sonnolento vanà. 30. Ma questa sonnolenza mi fu tolta Subitamente da gente che dopo

Le nostre spalle a noi era già vôltå. 31. E quale Ismeno già vide ed Asopo,

Lungo di sè, di notte furia e calca, Pur che i Teban' di Bacco avesser uopo; 32. Tale per quel giron suo passo falca,

Per quel ch' io vidi, di color, venendo,
Cui buon volere e giusto amor cavalca.

27. (SL) (Contra. Ha del sublime in questi versi. La cagione del sublime ci è forse perchè si innalzano sopra il senso che inganna, e ci fan travedere grande e portentoso il vero sistema dell'universo.]

(F) CORREA. Moto periodico della luna d'occidente in levante; contrario alla quotidiana rivoluzione del cielo stellato da levante a ponente, di cui nel Convivio. STRADE. La notte che il Poeta si smarri, il sole era in Ariete, la luna in Libra: in cinque giorni, dopo l'opposizione, s'accostò di due segni al sole, ed è in Sagittario, dove, quando il sole si trova, chi è a Roma lo vede tramontare tra Corsica e Sardegna, che sono all'occidente di Roma. Il Codice Caetano dice che Dante, quando fu in Roma, lo vide cogli occhi suoi. 28. (L) VILLA: città, -DISPOSTO: deposto. - DISPO STO AVEA LA SOMA: s'era sdebitato.

(SL) GENTIL. Inf., VII, t. 1: Savio gentil PIETOLA. In Pietola nacque Virgilio. Per Virgilio, dice il Poeta, è più celebre un villaggio che un'illustre città. DISPOSTO. Per deposto è nel Malaspini e nel Boccaccio. Mi aveva sollevato dal peso del dubbio. O, intendendo disposto nell' ovvio senso aveva disposto in modo il vero che l'intelletto mio potesse portarlo.

29. (L) QUESTIONI: domande. VANA: Vaneggia. (F) SONNOLENTO. È nel giro dell' accidia. Prov., XIX, 45: Pigredo immittit soporem.

30. (L) Dopo dietro.

31. (L) ISMENO... ASOPO: fiumi di Beozia.

(SL) TEBAN'. (Stat., Theb., IX.) Correvano con faci accese in gran folla, chiamando Bacco co'varii suoi nomi, specialmente nelle pubbliche necessità. - VIDE. Psal. CXIII, 3: Mare vidit. Buc., VI: Audiit Eurotas. En., VI: Tyberine, videbis funera. — Asopo. Stat., VII. 32. (L) TALE calca di color. FALCA piega a modo di falce. Passo del cavallo non dissimile dal galoppo. CAVALCA: governa.

[ocr errors]

(SL) FALCA. Georg., III: Gressus glomerare superbos. BUON. La bontà dell'amore e la giustizia sono le qualità contrarie dell'invidia. CAVALCA. Insiste nel traslato di falcure: ma non è modo imitabile.

(F) FALCA. Arist., Hist, an.: Quadrupeda priora crura ad circumferentiæ ambitus inflectunt, posteriora vero ad cavum. - CAVALCA. Agost. La grazia è alla volontà, cioè al libero arbitrio, come il cavalcatore al cavallo.

33. Tosto für sovra noi, perchè correndo

34.

36.

[ocr errors][merged small]

. Punse Marsiglia, e poi corse in Ispagna.. 35. Ratto, ratto! che il tempo non si perda Per poco amor (gridavan gli altri appresso), Ché studio di ben far grazia rinverda. O gente in cui fervore acuto adesso Ricompie forse negligenza e 'ndugio Da voi per tiepidezza, in ben far, messo; 37. Questi che vive, e certo io non vi bugio, Vuole andar su, pur che il Sol ne riluca: Però ne dite ond'è presso il pertugio.. 38. Parole furon queste del mio duca : E un di quegli spirti disse: - Vieni Diretro a noi, che troverai la buca. 39. Noi siam di voglia a muoverci sì pieni Che ristar non potém: però perdona, Se villania nostra giustizia tieni. 40. I' fui abate in san Zeno a Verona

Sotto lo 'mperio del buon Barbarossa,
Di cui dolente ancor Melán ragiona.

41. E tale ha già l' un piè dentro la fossa,
Che tosto piangerà quel monistero,
E tristo fia d'avervi avuta possa.

33. (SL) MAGNA. Apoc., VII, 9: Vidi turbam magnam. 34. (SL) [CESARE. Lucan., III, IV; Cæsar, de Bello Civ., lib. I.] - ILERDA. Lerida. Cæs., de Bello Civ., 1. 42. PUNSE. La lasciò assediata da Bruto. Anon. : Punse Verona e Mantova... Che ancora ne sentono. ISPAGNA. Vinse Afranio, Petreio, e un figliuol di Pompeo (Lucan.).

(F) MARIA. Luc., 1,39: Exsurgens... Maria... abiit in montana cum festinatione.

35. (L) CHÈ Studio di ben far GRAZIA RINVERDA: chè amor del bene rinverda in noi la grazia morta.

(F) RINVERDA. Greg. Hom.: Nihil habet viriditatis ramus boni operis, si non procedit ex radice charitatis.

36. (L) RICOMPIE: soddisfà. -'NDUGIO... IN BEN FAR, MESSO: Indugio messo... in ben far.

(SL) RICOMPIE. Cresc, I, 7: Quello che la canna non chiude, si ricompia la siepe alta di pruni. 37. (L) BUGIO: mento. PUR CHE: tostochè.

TUGIO da salire.

[ocr errors]

-

-PER

(SL) BUGIO. Anco in prosa. 39. (L) POTÉM: possiamo. - GIUSTIZIA: amor del bene. 40. (L) MELAN: Milano.

(SL) ABATE. Gherardo II. L'accidia, dice Pietro, tra' claustrali è frequente. ZENO. Famosa abazia di Verona. BUON. Perchè ghibellino, o perchè mori crociato. Fu amico de' tornei, delle cacce, liberale. Mori nel 1190 nell'Asia, andando al conquisto di Terra Santa. Se buon qui non intende per ironia, abbiamo in un monosillabo fulminato da Dante il più illustre fatto della storia italiana. E Dante nel poema non nomina mai s. Ambrogio. MELAN. Novellino, XXII. Distrutta nel marzo del 1162. Vill., V, I.

41. (L) TALE: uno.

(SL) TALE. Alberto della Scala, già vecchio, signor di Verona, morì nel 1501. - PIANGERA. Per averci intruso ad abate un suo figliuol naturale.

[merged small][merged small][merged small][ocr errors][merged small][ocr errors][merged small][merged small][merged small][merged small]

(SL) SUO FIGLIO. Giuseppe. Mori nel 1309, ed era abate nel 1292. Ebbe un figlio naturale, Bartolommeo, abate anch'esso dal 1321 al 1336, poi vescovo di Verona, ammazzato da Cane. MENTE. Lat. Integer mentis. En., II, IX: Integer ævi.

(F) CORPO. Lev., XXI, 17, 18: Hʊmo... qui habuerit maculam, non offeret panes Deo suo; nec accedet ad ministerium ejus si cæcus fuerit, si claudus. 44. (L) QUEI: Virgilio. MORSO con rimprovero. (SL) MORSO. Traslato frequente nel Poeta, ma non sempre bello. 45. (L) GENTE ebrea. MAR rosso. - LE REDE SUE: gli eredi stabiliti in terra promessa.

[merged small][merged small][merged small][ocr errors][ocr errors][merged small]

46. (L) QUELLA: gente troiana. A VITA in Sicilia. (SL) QUELLA. En., V. Rimase in Sicilia. FANNO. Æn., V: Tædet pelagi perferre laborem. - Quidquid tecum invalidum metuensque pericli est. FINE. En., V: Quos Pertæsum magni incœpti rerumque tuarum est. ANCHISE. Spesso in Virgilio: Anchisiades. Anchisa satus. Anchise gli apparisce consigliando che lasci in Sicilia gl'inerti. GLORIA. En., X: Inglorius... ævum. V: Animos nil magnæ laudis egentes. FERSE Æn., VII: Offer te... periclis. 47. (L) POTERSI: si poterono.

[blocks in formation]

Libero arbitrio.

Siccome dall'idea dell'accidia, che è amore languido, il Poeta si conduce a ragionare dell' intensità e dell'ordine degli amori; così dall' idea dell'amore, il cui oggetto ci viene offerto di fuori, muove il Poeta l'obiezione contro l'integrità del libero arbitrio e prende opportunità a trattare nel decimottavo l'argomento considerato in altro aspetto nel Canto sedicesimo: chè quivi è cercata se l'influenza de' corpi celesti noccia alla libertà, e qui se la prepotenza degli oggetti interiori le noccia. E siccome a ragionare del vigore del libero arbitrio s'incomincia nel cerchio dell' ira, passione bestiale che più par lo distrugga; così nel cerchio dell' accidia, e durante il riposo a cui sono costretti i due Poeti dagl' invisibili vincoli della notte (1), per guadagnare tempo, e per espiar col pensiero il vizio che quivi si purga, ragionasi ancora del libero arbitrio, negato in fatto dall'accidia, ch'è vizio quasi di corpi bruti, e ragionasi di quello che è più nobile esercizio d'esso arbitrio, l'amore.

Ecco dunque il ragionamento che tesse il Poeta al Poeta. Ogni forma sostanziale (2), unita alla materia, ma distinta da quella, ha in sè una potenza insita, quasi d'istinto, che si dimostra negli atti ed è sensibile solamente per essi, e nella quale è il germe delle prime nozioni e delle pri

(1) Un inno della Chiesa: Tu rumpe noctis vincula. - (2) Ad illustrare le parole: ogni forma sostanziale che selta è da materia, ed è con lei unita, rechiamo i passi seguenti: La materia appartiene all' essere innanzi che l'abbia. La forma tiene la cosa in essere, quand'ella già è (Som., 1, 59). ·Ogni forma corporale è forma individuata per via della materia; le forme immateriali sono assolute e intelligibili (Ivi, 1, 110). La forma e la cosa a cui quella appartiene fanno semplicemente una cosa (Ivi, 2, 2, 4). - Ogni ente che ha anima è composto di materia e di forma, perchè l'anima è forma del corpo (Ivi, 1, 3; - 2, 2, 3). - Ogni sostanza o è la stessa natura della cosa o è parte d' essa natura. A questo modo e la materia e la forma dicesi sostanza (Ivi, 2, 1, 110). La materia è sotto una forma sostanziale, ma rimane in potenza a molte forme accidentali (Ivi, 1, 1, 7; 1, 77). Le forme sostanziali che di per sè sono ignole a noi, si fanno note per gli accidenti che ne escono (Ivi, 1, 77). - La forma sostanziale è sempre più semplice dell' accidentale perchè non ha në intensione në remissione, ed è indivisibile (Ivi, 1. c.). - Ogni corpo naturale ha una forma sostanziale determinata, alla quale seguono gli accidenti ( Ivi, 1, 1, 7). - La comparazione o l'ordine o la figura non è forma sostanziale ma accidentale (Ivi, 5,2). L'intelletto è forma, non nella materia, ma o interamente separata come sono le sostanze degli angeli, o almeno potenza intellettiva che non è l'atto d'alcun organo nell'anima intellettiva congiunta al corpo (Ivi, 4, 4, 7),

me tendenze (1), de' quali e delle quali l'origine non è conosciuta, o non è, per meglio dire, avvertita. In queste prime nozioni e tendenze, che sono facoltà e moti di natura, non c'è merito nė demerito; ma il merito o il demerito incomincia nell'uso di quella facoltà, che è non men naturale dell'origine delle prime nozioni e tendenze, dico la facoltà dello eleggere tra due veri o tra due beni, qual de' due si voglia più attentamente col pensiero o col desiderio seguire. E questa facoltà di elezione e di consiglio è un assentimento (2) interno, il quale deve precedere all'espressione ed all'attuazione dell' assenso; ed il libero arbitrio è riposto in essa. Necessario è che l'uomo senta la tendenza al vero ed al bene; ma libero è ch'egli questo vero e bene prescelga a quello. Or ecco le sentenze filosofiche le quali illustrano la dottrina di Dante. L'uomo è signore de' proprii atti per la ragione e la volontà; onde il libero arbitrio è detto facoltà di volontà e di ragione (3). La volontà è principio attivo non determinato a una cosa, ma indifferentemente riferentesi a molte (4). La volontà si muove ad oggetti opposti, non si muove dunque di necessitả (5). La ragione deliberante può piegarsi all'una od all'altra parte (6). Quest'è che dicesi elezione del libero volere (7); libera elezione procedente dal proprio consiglio (8). A questo si reca la facoltà detta di collazione, che mai non posa se non si raffronta (9). Propio dell'anima razionale è raffrontare e discorrere di cosa in cosa (10).

(1) Appetibile, nelle scuole, è quel che desta il desiderio della volontà. Il fine è negli appetibili quel che è il principio negl'intelligibili (Som., 1, 2, 9). L'intelletto mostra alla volontà l' appetibile (Ivi, l. c., e 1, 2, 6). Il primo appetibile non può essere lo stesso volere, ma un ben voluto ( Ivi, 1, 2, 4). - I primi appetibili della volontà sono tutti d'un solo genere ; onde l'ultimo fine dell'uomo è unico (Ivi, 1. c ). - I secondi appetibili non muovono l'appetito se non in ordine al primo appetibile, che è l'ultimo fine dell'uomo (Ivi, I. c.). (2) Veggasi, nella prima della seconda, la questione XII: Della intenzione; la XIII: Della elezione delle cose che riguardano il fine; la XIV: Del consiglio che precede l'elezione; la XV: Del consenso che è l'atto della volontà. E nella prima parte la questione LXXXII: Della volontà, e la LXXXIII: Del libero arbitrio. —(3) Som., 2, 1, 1. — (4) Som., 2, 1, 10. − (5) Som., 1. c. — - (6) Som., 2, 1, 119. - Purg., XVIH, t. 9: Se (l'animo) rivolto invêr di lei si picga. (7) Gelli. - Par., XXXII: Prima che avesser vere elezioni (età di discernimento da eleggere il bene o il male). (8) Som., 2, 2, 104. Purg., XVIII: Innata v'è la virtù che consiglia, E dell' assenso dee tener la soglia. (9) Purg., XVII. — (10) Som., 3, 11. - Ivi : Consiglio ed elezione suppongono raffronto e ragiona

mento.

--

--

[ocr errors]

Il raffronto è necessario a scoprire le cose che la mente ignora (1). Ma oltrechè allo scoprire, il raffronto giova a fare deduzione dalle cose sapute: se non che le due operazioni son una; e siccome la scoperta è una deduzione più ardita e meno aspettata, cosi la deduzione è una graduale e quasi piana scoperta.

Affermando questo fatto di coscienza, cioè che l'uomo può eleggere tra due oggetti, non è da negare il fatto apparentemente contrario, che è dalla coscienza parimente affermato, e sul quale il Poeta così ragiona. L'anima umana è creata ad amare, per quel che già prima si disse, che nelle sue prime esperienze, ella sa questo solo che, nata da creatore buono e beato, essa dee tendere alla gioia del bene (2). Ond'ella Volentier torna a ciò che la trastulla, come disse già Marco a Dante (3), e Ad ogni cosa è mobile che piace, come qui gli dice Virgilio (4). Il bene da cui si desta il piacere è sempre di per sé un bene vero ed amabile; ma l'errore e la colpa sta nel troppo amarlo, e nel sottrarre quindi l'attenzione e l'affetto a beni più alti. Il piegare dell'anima verso l'oggetto piacente è il primo moto d'amore; che poi diventa affetto, poi abito. E siccome, dice Virgilio, il foco si muove in alto per ascendere alla sua spera (5), cosi l'anima, presa al piacere, entra nel desiderio; e se il desiderio è smodato,

[blocks in formation]

In

hanno quasi in ciascheduna parola commento dai passi che seguono, da' quali appare che il linguaggio poetico di Dante era insieme il filosofico de' suoi tempi; felice armonia, ch' egli non rompeva già per amore di novità strana o d'eleganza arcadica, ma con la potenza si dell' ingegno e si dello stile conciliava. certi agenti preesiste la forma che fa la cosa secondo l'essere naturale, come nelle cose operanti per natura, siccome l'uomo genera l'uomo (Som., 1, 1, 15). - Il grave discende per l'esigenza della sua forma (Som., 2, 2, 110). - Il moto locale dei corpi naturali procede dalle forme loro (Som., 1, 110). - Il fuoco prima riscalda, che induca la forma del fuoco, e nondimeno il calore nel fuoco segue la forma sostanziale (Som., 1, 1, 5). Il calore del fuoco opera in virtù della forma sostanziale (Som, 2, 2,2). Ogni cosa si muove secondo che nata è atta ad essere (Arist. Phys., II). Nelle cose prive di conoscenza, ogni oggetto tende a quello che fa naturalmente per esso come il foco a salire (Som, 1, 1, 60). - Ai corpi gravi e leggieri um è proprio il muoversi se non in quanto son fuori della disposizione di loro natura, fuori del luogo proprio, poichè quando sono nel luogo loro naturale hanno quiete (Som., 1, 1, 18). Ignis dupliciter invenitur, scilicet in materia propria, prout est in sua sphera; et in materia aliena sive terrestri, ut patet in carbone; sive aerea, ut patet in flamma (Som. Sup., 97). Aristotele anch' egli trac similitudini dal salire del fuoco e dal cader della pietra.

li comincia la colpa. Ogni affetto adunque è in sé buono finchè s'attempera alla verità delle cose; ma se si fa maggiore o minore di quella, se torce la cosa buona a fine non buono, egli è come un sudicio o deforme sigillo che in cera pura e buona impronti l'imagine; della qual cera non è colpa il sudicio o la deformità d'essa imagine.

Ripigliamo ora le dottrine della filosofia cristiana. Se la volontà di Dio rende necessarie le cose da lui volute, segue che così perirebbe il libero arbitrio, e il consiglio, e ogni bene siffatto (1). Nel primo suo molo la volontà è mossa dall'istinto di qualche movente esteriore (2). Il moto prossimo della volontà è estrinseco a lei; ma non è necessario che codesto principio estrinseco sia it primo (3). · Che il principio movente la volontà sia di fuori, non fa violenza; perchè la volontà mossa è pur essa che vuole; altrimenti, vorrebbe e non vorrebbe, non sarebbe volontà (4). — La nostra volontà non è cagione della bontà delle cose, ma è mossa dal bene come da oggetto (5). — Non appartiene al libero arbitrio il voler essere felice, ma si al naturale istinto (6). L'uomo per ragione si muove a voler questo ò quel bene vero o apparente; ma Dio lo muore in genere al desiderio del bene (7). La volontà necessariamente vuole bene perfetto, che è il suo ultimo fine; ma è libera nella scelta di beni minori (8). Dio diede all'uomo il libero arbitrio con cui volgersi ad esso e farsi beato (9). La volontà muove sè stessa nella ricerca de'mezzi al fine (10). · L'uomo non può senza la grazia fare il bene nè volerlo (11).— Niente d'esteriore è causa del peccato (12). S. Prospero dice Leso per la colpa d'Adamo negli uomini, cioè non così intero al bene come prima, il libero arbitrio; ma la volontà non è mossa di necessità ne da esteriore oggetto nè da Dio (13).

[ocr errors]

[ocr errors]

Della necessità che credevano taluni venire dall'influenza degli astri, era già toccato nel colloquio di Marco, e ben posta la confutazione in bocca a un cittadino di quella città la cui storia ne' tempi belli è una continua battaglia e vittoria della volontà sulle cose. Se il cielo, dic'egli, muovesse tutto seco di necessità, non sarebbe giustizia aver premio del bene, del male pena; non

sarebbe, cioè, nè moralità nè civile società. I moti celesti iniziano i movimenti umani, dacchè questi grandi corpi che circondano la terra debbono pur potere grandemente sovr'essa, se tanto ci possono i menomi de' suoi proprii elementi. Non tutti però i movimenti umani sono iniziati

-

(1) Som., 4, 4, 49. — (2) Arist. (5) Som., 1, 29, (4) Som., 1, 2, 9. (5) Som., 1, 2, 20.—(6) Som., 4, 1, 19. (7) Som., 1, 2, 9. — (8) Som., 1, 2, 10. (9) Som., 1, 2, 5. – (10) Som., 1, 2, 9; e 1, 2, 10. Aug., de Civ. Dei, V. - Som., 2, 2, 110. (11) Som., 2, 2, 109. - (12) Somma. (13) Som., 1, 2, 10.

410

PURGATORIO, CANTO XVIII.

per disposizione de' moti de' cieli; e altre cause naturali li temperano o contrastano a quelli; ma fossero anco tutti, nell'uomo è il lume della ragione e la libertà del volere da vincere gl'impulsi esterni, o piuttosto da far prevalere tra quelli i migliori. A maggior forza che degli astri, a migliore natura, cioè alla divina ed alle intelligenze ministre di lei, soggiacciono gli uomini; ma liberamente soggiacciono.

-

Cosi Dante. Or la Somma: Possono i corpi celesti disporre le inclinazioni in quanto fanno impressione nel corpo umano, e per conseguente nelle forze sensitive, che sono atti degli organi corporali, che preparano la inclinazione agli atti umani. Ma perchè le forze sensitive obbediscono alla ragione, com'è in Aristotele (1), nessuna necessità quindi è imposta al libero arbitrio; ma contro l'inclinazione de' corpi celesti l'uomo può per ragione operare (2). Siccome la volontà è mossa dagli oggetti esteriori, può essere mossa anco da' corpi celesti; in quanto i corpi esleriori che offerti al senso, muovono la volontà, e in quanto gli stessi organi delle potenze sensitive soggiacciono ai moti celesti; ma i corpi celesti non fanno direttamente impressione nella volontà. Codesto è impossibile, perchè la volontà, come dicesi nel terzo dell' ani1 ma, è nella ragione, e la ragione è incorporea : or nessun corpo può operare su cosa incorporea; ma si viceversa. E però Aristotele, nel secondo dell'anima, attribuisce l'opinione delle influenze celesti sulla volontà a coloro che confondevano l'intelletto col senso. Non dunque in altro modo che indiretto i moti celesti ridondano nella volontà, cioè in quanto la volontà è mossa dalla passione dell'appetito sensitivo (3). Possono dall' im

(1) Arist., de An., III; Eth., I. —(2) Som., 2, 2, 95; e 1, 2, 102: I pianeti secondo le diverse congiunzioni hanno diversi effetti. Damasc.: I corpi celesti non sono cagione degli alti nostri. - Som., 1, 2, 9. 1 - (3) Som., 2,1.9.

[blocks in formation]

Ripigliando Marco veneziano il suo dire, della corruzione del mondo reca a ragione segnatamente i cattivi governi (3): ed era qui luogo di dire del Veneto; ma nulla se ne parla nè in bene né in male; e in tanta abbondanza di biasimi, é lode il silenzio. Quel patriziato doveva piacere a Dante, perché patriziato e perchè italianissimo, e perchè non battagliante con ire impotenti contro l'impero, e perchè allora non invaditore, e perché non ligio alla corte di Roma. Dall'influenza de' corpi celesti gli era naturale il passaggio all'imagine de' due soli, la potestà spirituale e la temporale: imagine che però non è giusta, dacchè la temporale non è un lume che possa paragonarsi alla luce della legge universalissima e sempiterna; nè mai la potestà umana mostrò così direttamente la strada del mondo, nè poteva mostrarla, come la divina mostrò, o poteva mʊstrare, la via di Dio: e in tanto l'umana è maestra, in quanto essa stessa è discepola della divina.

(1) Som., 2, 1, 9. Dyon., Div. nom. I corpi celesti son cagione delle cose che seguono in questo mondo. Come sia da temperare codesta sentenza l'insegna la Somma (1, 115, articoli 3, 4, 6). (2) Som., 2, 1, 109. Purg., XVI: Ogni cagion recate Pur suso al ciclo, si come se tutto Movesse seco di necessitate. il medesimo nel XXVII del Paradiso terra non è chi governi: Onde si svïa l'umana famiglia. Ripetuta fin la parola. Purg., XVI: Se 'l mondo presente disvia, In voi è la cagione... Marco è di questo spia vera a Dante.

- (3) Ripete Sappi che 'n

www

« PreviousContinue »