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I' fui uom d'arme, e poi fui cordigliero,

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Credendomi, sì cinto, fare ammenda:

E certo il creder mio veniva intero,

Se non fosse il gran prete, a cui mal prenda,

67. I' FUI ec. Perifrasticamente costui che parla dentro la fiamma dice sè esser il Conte Guido da Montefeltro, il quale valente in arme, astuto e sagace nel condurre le sue imprese, come fu pervenuto al 74 anno di sua età abbandonò il secolo e si fece frate di S. Francesco nel 1297.

CORDIGLIERO: frate dell' ordine Francescano. Così chiamavansi questi religiosi, perchè si cingono di corda i lombi. Franc. Cordelier.- Al. lez. Cordelliero. Correggiero, dalla cintura di cuoio, chiamavasi il frate domenicano. 68. FARE AMMENDA: espiare le mie colpe, menando vita di penitenza.

69. VENIVA INTERO: sarei venuto ad ammenda sufficiente de' miei falli, secondo che m'era creduto di fare. VENIVA INTERO: s'adempiva. In sent. Il bene ch'io credeva conseguire nella vita reli

confinxerint Bonifacii aemuli. Ma essendo stato Dante contemporaneo di Conte Guido, a chi meglio che a lui prestar fede? Il dire che facilmente fu il fatto inventato da' nemici non è cosa più certa di quella che si nega; o pare il potrebbe solo, ove la vita di quello, come di altri Pontefici, ci offrisse esempi meno scandalosi e contrari alla santità della Religione. Inverosimile poi non affatto. Clemente VII in Castel S. Angelo fece al Cellini perfettamente quel che Bonifacio a Guido, assolvendolo dai peccati fatti e faciendi. Le chiavi del materozzolo papalino da molti secoli aprono ogni porta,meno che quella del Paradiso: nè può essere altrimente, quando i carismi della fede si abusano qual mezzo di temporali guadagni, dagli astuti mercatanti del santuario, e per soddisfare alla infernale voluttà della vendetta. Papa Bonifazio, vide ne' Colonnesi e negli Orsini il solo ostacolo a fermare e godere la potenza sua: gli scomunicò e bandi loro quasi indarno la Crociata contro: crederem noi ch' egli mancasse d'aiutarsi anche dell' altrui consiglio, o che facesse sparagno di anticipate assoluzioni, per pigliar la volpe al lacciuolo; quando al cospetto del mondo civile un Pio IX, benedice alle barre, alle armi più fulminanti, e alle stragi, che gl'inviliti Galli han pur ora in Mentana perpetrate di quei generosí, cui parve la vita piccol prezzo per l'unità della patria? Vana lusinga che si faccia eterno il temporale, e si combatta con le rugginose armi del medio evo la potenza di un secolo che non riconosce ne' papi altra autorità, fuori quella de' loro costumi e

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giosa, non mi sarebbe venuto manco di nulla. Nota il bel modo toscano. Il Boccaccio, come avvertì il Biagioli, lo fece suo con lieve mutamento così: e certo il suo desiderio gli veniva intero. VENIVA invece di sarebbe venuto, in correlazione di fosse, che sta per fosse stato nel v. seg. Così, Parad. VIII, 56 seg.:

Che, s'io fossi giù stato, io ti mostrava Di mio amor più oltre che le fronde. ove mostrava tien luogo di avrei mostrato. V. not. seg.

70. Fosse qui vale fosse stato. V. C. XXIV, 34, nota.

IL GRAN PRETE: il Papa, e qui vuol intendersi propriamente Bonifacio VIII.

A CUI MAL PRENDA: gliene colga male. Il Torelli distingue le due frasi mal prendere uno, e ad uno; e nella seconda vuole che il verbo valga incogliere. È forma d'imprecazione.

della loro dottrina! L'Italia destinata a risorgere dalla vetusta barbarie si ride che i novelli tiranni invochino in sostegno del loro crollante potere il prestigio del camauro già caduto nel fango. Guido da Montefeltro che date le polpe al diavolo, portava al chiostro le ossa a Domeneddio, poté lasciarsi trarre ai sofismi dello scaltro Pontefice. In abito secolaresco avea quegli fatto di Forlì il centro de' Ghibellini della Romagna, legato dal capestro francescano Bonifazio ve 'l trasse ove che volle, e sotto specie di religione gli fe vedere la luna nel pozzo; nè si riscosse alla luce del vero, se non quando il diavolo gli ebbe fatto il suo argomento. È vero poi che i misteri delle corti sono impenetrabili; ma non mancaron mai mastri di succhiello e di trapano, e Dante potè udir le cose da chi le seppe nette nè le contava per odio; e fece secondo il Vangelo. Quod aure auditis praedicate super tecta. Giù la fallace pietà, che talora si fa via ne' petti de' grandi uomini, i quali non usano troppo criterio, dove per lor si crede giovare all'augusta impersonalità della religione, velando gli obbrobri de' suoi ministri. Da ultimo, che Dante lodi il pio Montefeltrano d'essersi monacato fece cosa buona nel suo Convito; ma nella Divina Commedia ottimamente pensò si convenisse a quel religioso la pena d'Ulisse; perchè la Monarchia di Dio esclude la diplomazia e la politica che di qua fa tenere in conto di savi gli uomini sagaci ed astuti: e guai alla pace de' Beati, se andati fossero in cielo o un pedagogo come Ser Brunetto, o un frate come Guido da Montefeltro.

Che mi rimise nelle prime colpe:

E come, e quare voglio che m' intenda.
Mentre ch' io forma fui d' ossa e di polpe,
Che la madre mi diè, l' opere mie
Non furon leonine, ma di volpe.

71. MI RIMISE ec. mi fe ricadere in quegli stessi falli, da' quali pentuto e confesso (v. 83) era stato già prosciolto. Questo valore pare qui abbia la voce rimettere, e che intendesse il Poeta di contrapporlo a quell' altro ch' essa tiene nella frase biblica: peccata remilli; per far notare quanto male il gran Prete abusasse l'officio suo, commettendo che Guido venisse di nuovo impigliato nei lacci della colpa, anzichè lasciato perseverare nella sua libertà spirituale (a); e tornasse a ricalcare le orme della mala via ond'erasi già partito. Lat. remittere, retro mittere, cioè rimandare. Il Vellutello spone: CHE MI RIMISE ec. Il qual mi fece tornare nelle colpe di prima dei consigli fraudolenti, ne' quali per nanzi mi era esercitato.

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(a) Il peccatore è considerato come giacente in carcere. David col De profundis clamavi ci dà l'idea d'un'anima racchiusa con pena in luogo profondo e oscuro: e trasandando molti altri passi scritturali, arrechiamo al proposito quello del salmo CI, 20 seg., che allude alla efficacia della grazia operata dalla divina misericordia in beneficio dell'uomo colpevole: Dominus de coelo in terram aspexit. Ut audiret gemitus compeditorum: ut solveret filios interemptorum: e il nostro poeta così lo parafrasa ne' Penitenziali:

Però che dal luogo alto, ed eminente

Il Signor nostro ha riguardato in terra;
E dal Ciel sceso è fra l'umana gente,
Per liberare dall'eterna guerra

Quelli, ch'eran ligati, infermi e morti,
Ed obbligati a quel, che il Mondo atterra ec.
Laqueus contritus est, et nos liberati sumus.
Il Petrarca chiama la Vergine:

Donna del Re che nostri lacci ha sciolti
E fatto il mondo libero e felice.

E Guido fu rimesso ne' lacci della colpa antica, dai quali si era liberato in virtù della Penitenza.

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del suo corpo; ossa e polpe dategli dalla madre in quanto s' ingenerò nel seno di lei. Di forma e materia consta l'umano congiunto, o l'uomo: questa è prestata dalla madre, quella è creata da Dio (b).

MENTRE qui vale: per tutto il tempo che ec. Altra volta significa fino a che (Inf. XIII, 18-19, not.); ed anche nel tempo in cui ec. (Inf. I, 61): quindi può dirsi un avverbio esprimente o continuità, o un termine, o parte determinata del tempo. È chi crede questa particella fatta dalle due latine dum, inter; onde l'antico domentre.

FORMA qui vuol intendersi il principio vitale, che concorre a costituire l'essenza dell'individuo umano. V. Inf. XXV, 100-102 nota ec.

FORMA FUI: perchè di presente ch'egli parla è solamente spirito, e: Spiritus carnem et ossa non habet. Luc. XXIV, 39. Delle Ombre Ovidio (Met. IV, 443): Errant exsangues sine corpore et ossibus umbræ.

75. NON FURON LEONINE ec. non furono violente ma fraudolenti; non usai di aperta forza come fa il leone; ma di frode, con l'astuzia e con gli artifizi che la volpe ha naturali. Veggasi C. XI 22-24 e 25, note. Il Conte Guido va punito in questa bolgia non come violento, ma frodolento e con pena più grave. Cicerone (De Officiis): Totius aulem injustitiae, nulla capitalior, quam eorum, qui tum cum maxime fallunt, id agunt, ut boni viri videantur (c). Il Machiavelli

(b) Or Guido fu forma d'ossa e di polpe dalla natività: si potrebbe adunque dire ch'egli fosse volpone a teneris unguiculis, ovvero tal di natura: così il concetto dantesco mirerebbe a quello del salmo LVII: Alienați sunt peccatores à vulva: erraverunt ab utero, locuti sunt falsa.

(c) Volpi sono (Purg. XIV, 53) chiamati i Pisani, che si avevano ai tempi del Poeta per maliziosi e frodolenti. Ivi XXXII, 19, l'eresia e la frode ipocrita s' avventano, in figura di magra volpe, nella cuna del carro trionfale, che simboleggia la Chiesa Romana.

Gli accorgimenti e le coperte vie

Io seppi tutte; e sì menai lor arte, Ch' al fine della terra il suono uscie.

(Princ. Cap., XVIII) vuol che talvolta bisogni anche esser leone: Essendo adunque un principe necessitato sapere bene usare la bestia, debbe di quella pigliare la volpe ed il lione; perchè il lione non si difende da' lacci; la volpe non si difende da' lupi. Bisogna adunque esser volpe a conoscere i lacci, e lione a sbigollire i lupi. Coloro che stanno semplicemente in sul lione non se ne intendono. Guido fu tutto volpe, e il Poeta cel mostra politico più compiuto, che non sarebbe l'alunno del Segretario Fiorentino.

76-78. GLI ACCORGIMENTI ec. Gli accorgimenti e le vie son le due cose necessarie ad ogni opera, cioè il pensare (a) e l'eseguire. Se quel che si vuole non è secondo ragione, il pensiero è industria, sagacità, astuzia rea (dolus malus) che al proposto fine ritrova vie non diritte nè piane, ma tortuose e COPERTE, cioè che nascondono, sotto specie di verità, di bontà e di giustizia, il perverso fine a cui menano; e l' astuto, che vi si mette, usa il dolo nelle parole, la frode

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(a) Accorgimento è l'atto di vedere e scorger bene una cosa; è l'esercizio dell' Accortezza, chiamata da' Latini acumen ingenii, sagacitas, solertia ec. Accorgersi è perspicere, praevidere ec. Saremmo tentati di credere fatta la voce accorgere delle parole ad cor-gerere. Cuore dissero per animo, e la mente nel cuore poser gli antichi. Accorgere si adoperò att. in senso d'avvisare (monere). Accorgersi quasi ad-cor-gererese sarebbe, ci pare, un verbo riflesso (i gramm. lo hanno ora n. pass.) significantissimo dell'at

tività del pensiere dell'uomo accorto; e ne spie; gherebbe la genesi e l' ordine degli atti in cui si esercita la facoltà.

sercilai. Idem. Far sue arti. C. XX, 86.- LORO ARTE può agli accorgimenti riferirsi insieme ed alle coperte vie ; l'arte consistendo così nell' abito della mente, come nella ragione dell'operare. Guido era fino ad escogitare, destro ad agire.

CHE AL FINE DELLA TERRA ec.: Che ne divenni famoso da per tutto qual sommo artefice di frodi. E sentenza tolta dalla Santa Scrittura: In omnem terram exivit sonus eorum: et in fines orbis terrae verba eorum. I nostri antichi scrittori volgevano alcuna volta al profano le locuzioni sacre. Nella Vita nuova il Poeta:

O voi, che per la via d'Amor passate
Attendete, e guardate,

S'egli è dolor alcun, quanto 'l mio grave. concello tratto da Geremia, Thren., Cap.1, 12: 0 vos omnes qui transitis ec. Nelle Rime, son. XI, dice:

Nelle man vostre, o dolce donna mia, Raccomando lo spirito che muore. con le parole; In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum, del Salmo XXX, 6, e di Luc. XXIII, 46, onde il Cristo spirante si volse all' Eterno Padre. E quelle altre: Majorem hac charitatem nemo habet ec. Dante (Rim. Canz. VI) traduce così:

Che nullo amore è di cotanto peso,
Quanto è quel che la morte
Face piacer, per ben servire altrui.
I versi (Rim. son. IV):
Destinata mi fu questa finita (fine),
Dacch'un uom convenia esser disfatto
Perch'altri fosse di pericol tratto.

ci recano nel volgar nostro il passo che G. C. Vedi Inf. XXIII, 115-117, not. E in S. Giov. XI, 47 segg. è applicato a così di altri esempi.

78. AL FINE Della terra. O intendiamo: agli estremi confini del mondo, conforme dice il Comp. 1, II: Il buon Guido da Montefeltro, di cui graziosa fama volò per tullo il mondo; ovvero uscì fuori spandendosi oltre i confini della patria terra.-Patriae fines.Virg. -Imperii fines. Cic. Fines Galliae, Vo

Quando mi vidi giunto in quella parte
Di mia età, dove ciascun dovrebbe
Calar le vele e raccoglier le sarte,
Ciò che pria mi piaceva, allor m' increbbe,
E pentuto e confesso mi rendei,

contiorum ec. Cesare. Fini per confini spesseggiato dai nostri scrittori. UscìE: uscì Andoe. Vellut.-Questa e finale fu data, eziandio fuor di rima in antico, alle terze pers. sing. dei verbi di tutte le coniugazioni; dicendosi mandoe, portoe ec. Nelle Vite de' SS. Padri: Inciampoe in una pietra ec. L'animale si levoe e fuggie.-Udie una voce che gli disse Declam. Quintil.: Lei nel fuoco e gli occhi suoi nella fiamma perdee- Dial. S. Greg.: Con la sola parola gli rendee la sanità. Parad. XXXII, 12:

Sanza la vista alquanto esser mi fee. Anche nelle terze persone d'altri tempi (Inf. XXIV, 90,nota); e in tutte, forse, per istrascico di pronunzia.

79-81. Ecco in che guisa Dante stesso comenterebbe questi versi (Conv. Tratt. IV, Cap. 28): Come il buon marinaro, come appropinqua al porto, cala le sue vele...; così noi dovemo calare le vele delle nostre mondane operazioni, e tornare a Dio con tutto nostro intendimento e cuore.

Ma egli tolse da Virgilio la metaforica locuzione trar la vela ec. nel senso di porre termine a qualche lavoro, e molto assennatamente l'applicò alla vita mortale, che corre al porto pel mare del mondo. Georg. IV, 116 seg.:

Atque equidem,extremo ni iam sub fine laborum Vela traham,et terris festinem advertere proram.

Così la metafora riesce al Fiorentino non men poetica,e più morale che quella del vate Mantovano. I Latini: Dare vela ventis, navigare. Facere vela (figurat.) darsi a fare una cosa di tutto impegno ec. Aveano poi il Dare vela retrorsum che in traslato vale mutar sentenza e maniera di vivere.

IN QUELLA PARTE DI mia età: nel senio,a cui alludendo il Poeta, nella Canz. Le dolci rime ec., dice:

Poi nella quarta parte della vita
A Dio (l'anima) si rimarita.
Contemplando la fine, che l'aspetta ec.

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e comenta i suoi stessi versi citando ad esempi i nomi d'alcuni savi, che nell'estremo di lor vecchiezza ritornaronsi a Dio, siccome a quel porto, onde s'eran partiti quando entrati furono nel mare di questa vita. Rendesi dunque a Dio la nobile anima in questa età, e allende la fine di questa vita con molto desiderio, e uscire le pare dell'albergo e ritornare nella propria mansione... O miseri e vili, che colle vele alle correte a questo porto... Certo il Cavaliere Lancialolto non volle entrare colle vele alte, nè il nobilissimo nostro LATINO GUIDO MONTEFELTRANO. Bene questi nobili calaron le vele delle mondane operazioni, che nella loro lunga elà a religione si rendero, ogni mondano diletto, e opera disponendo (a).- Seneca: Incipiamus in senectute vela colligere... In frelo viximus, moriamur in portu.

83. PENTUTO per pentito è da pentère, come temuto da lemere. V. v. 119.

Di pentère n. ass. per il n. pass. ecdire e del tacere: Se tu dubili di dire, co degli esempi. Albertano, dottrina del taci; per ciò che sempre è meglio tace

(a) E malagevole il conoscere se queste parole dell'Alighieri in lode del Conte Guido scritte fossero prima, o dopo quelle che nel Poema consegnano ad eterna infamia la memoria del falso convertito. Ciò che si scrive nella Divina Commedia credesi posteriore a quel che sta detto nel Convivio; e che il Poeta disistimasse il Montefeltrano per essere vacillato al cospetto del Santo Padre, che richieselo di cosa non mica onesta. Ma tenendosi come più probabile che il Poeta compose il Convito, nonchè dopo il suo esilio (la qual cosa è certa), ma quando avea già terminata se non tutta, almeno una buona parte della Commedia; a salvarlo da contraddizione converrà dire ch' egli nella Monarchia di Dio tenne riprovevole la condotta di quello stesso Guido che riputavasi tra i più savi a giudizio degli uomini. Quid gloriaris in malitia, qui potens es in iniquitate? Salmo LI. Quis est homo qui vult vitam...? Prohibe linguam tuam a malo, et labia tua ne loquantur dolum. Salm. XXXIII. (Vedi anche v. 66, nota (a)).

Ahi miser lasso! e giovato sarebbe. Lo principe de' nuovi Farisei,

re e pentere, che parlare e pentere,
cioè, pentirsi. Ser. Brun. Lat. Fior. di
Filos. ec. Chi s'affretta di consigliare
si s'affretta di pentère.-Fra Jacopone:
Dopo il tempo passato
Non ti varrà il pentere.
Anzi nella medesima forma
Chiegga perdonamento
Pentulo è ben confesso.

Il Latini nel Tesoretto:
S'hai alcun mal commesso
E non ne se' confesso
Peccat'hai malamente...

Che, poi che del peccato
Mi son penitenziato, (a)
E sonne ben confesso,

E prosciolto e dimesso,
I'metto poca cura

D'andare alla ventura.

Pentere. Verbo della terza coniugazione ridotto alla seconda. Così troviamo sentère, servère, aprère, soffrère, venere, morère ec. ec. per sentire, servire ecc. Sta bene adunque in questo luogo Pentère per pentire; e comunque molta simiglianza s'abbia col lat. poeni tere, non è da riputarsi un pretto latinismo.

Da pentère si vien regolatamente il participio passato pentùto, come da temere, temuto.

Purg. XXII, 43:

Allor m'accorsi che troppo aprir l'ali Potean le mani a spendere, e pentèmi Così di quel, come degli altri mali. Dove pentèmi è da pentère che fa pentèi; come temere, temèi; ed il Poeta l'accorciò in pente', e con l'affisso fe pentèmi per mi pentei: come rifèmi per mi rifei. V. Purgat. XII, 7.

Quindi ripenlère, da cui ripentuto. Purg. XXXI, 66:

E sè riconoscendo, e ripentuti. RENDEI. Rendersi, come reddere se, nel basso latino; se rendre, in provenzale, vale senz'altro farsi religioso o frate; monacarsi.

Ciullo d'Alcamo:

Se tu con Sore arrenneti,
Donna col viso cleri,
Allo mostero vennoci
E rennomi con freri.

(a) Postquam peccasse me poenituit. È notevole cotesto penitenziato. È usato altrove att.

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Guido da Montefeltro, adunque, non solo si convertì a Dio; ma, ch'è più, elesse la vita monastica.

84. AHI MISER LASSO! Misero e lasso credonsi due interiezioni. Ci avvisa che la forza interiettiva qui stia nella particola Ahi. MISER ha relazione al danno di chi si duole, considerando il bene ch'egli perdeva, per non essere stato perseverante nella sua conversione; nel qual senso disse il Poeta, C.IX, 22 seg.: E fuor n'uscivan sì duri lamenti,

Che ben parean di miseri e d'offesi. miseri, come pare, per la pena del danno; offesi per quella del senso. Lasso poi è detto, secondo che nel C. XVII, 78 chiamansi anime lasse; e nel VII, 65, anime stanche, gli spiriti vinti dalla gra100,nota). Certo questa è delle più forti vezza d'una pena eternale. (V. C. III, esclamazioni di dolore. Il Bargigi chiosa: Ahi misero lasso ed afflillo! Sicchè inteso come ripetuto, dicendosi in senne par di vedere che l'interposto vada

tenza: Ahi me misero! Ahi me lasso! dinotandosi per la prima frase la più seria cagione del cordoglio, e per l' altra l'effetto del presente martirio. Non ci è parso di trasandare questo luogo, del quale tutti gli espositori si son passati senza far motto, stimandolo forse assai più piano ch'esso non era. Alla coppa di Dante si vuol bere non grosso, ma quanto si può a centellini.

E GIOVATO SAREBBE: che pentuto e confesso mi rendei: cioè l' essermi convertito reso frate: senonchè ec.

85. LO PRINCipe de' nuovi FARISEI. Va inteso di Bonifacio VIII. Caifasso fu

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pontefice degli antichi Farisei che fecero crocifiggere Cristo! C. XXIII, 115117, nota.

PRINCIPE ha qui doppio senso giusta il Tommaseo. I Farisei furon quelli, di cui sta detto (Matth. XXIII): Secundum opera... eorum nolite facere: e Bonifazio era il primo di questi cotali (Inf. XXIII, 92); principe come re, principe come capo de' cardinali, prelati e preti, che nella legge di grazia ritengono il vieto

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