Page images
PDF
EPUB

73 Guardami ben: ben son, ben son Beatrice: Come degnasti d' accedere al monte?

Non sapei tu, che qui è l'uom felice? 76 Gli occhi mi cadder giù nel chiaro fonte: Ma veggendomi in esso io trassi all'erba; Tanta vergogna mi gravò la fronte.

79 Così la madre al figlio par superba,

Com'ella parve a me: perchè d' amaro
Sente il sapor della pietate acerba.

82 Ella si tacque, e gli Angeli cantaro
Di subito: In te, Domine, speravi;
Ma oltre pedes meos non passaro.

85 Sì come neve tra le vive travi

Per lo dosso d'Italia si congela
Soffiata e stretta dalli venti Schiavi,

88 Poi liquefatta in se stessa trapela,
Pur che la terra, che perde ombra, spiri,
Sì che par fuoco fonder la candela;

gr Così fui sanza lagrime e sospiri
Anzi'l cantar di que', che notan sempre
Dietro alle note degli eterni giri:
94 Ma poichè 'ntesi nelle dolci tempre
Lor compartire a me, più che se detto
Avesser: donna, perchè si lo stempre ?

1

1

81 al 99. Sente il sapor, le altre ediz. Senti 'l sapor. In te, Domine, speravi, è il principio del Salmo XXX., il quale sino al versetto decimo, che finisce colle parole statuisti in loco spatioso pedes meos, tratta di spe-. ranza e confidenza in Dio, onde benissimo potea essere cantato dagli angeli in faccia a Dante, che col vergo

Lo giel, che m'era intorno al cuor ristretto, 97 Spirito ed acqua fessi e con angoscia

,

Per la bocca e per gli occhi uscì del petto.

gnarsi diè segno d' aver conosciuto l' error suo di non
essersi più presto a quel monte accostato. Ma perchè il detto
Salmo dal decimo versetto sino al fine non tratta più di
speranza e di confidenza in Dio, ovvero perchè dopo il
decimo versetto incomincia l'undecimo, che contiene le
parole conturbatus est in ira oculos meus, ed in quel luo-
go di pace non è conveniente il parlare di conturba-
mento d'ira, perciò gli angeli non passaro oltre le pa-
role pedes meos. Vive travi per alberi. Virgilio disse
fraxineae trabes nel Lib. VI. dell' En., e acernis trabibus
nel Lib. IX. Anche Ovidio usò la stessa metonimia nel
Lib. VIII. delle Metam. scrivendo sylva frequens trabibus.
Soffiata, percossa dal sofio. Dalli venti Schiavi, dai
venti boreali, che vengono dalla Schiavonia. Per lo
dosso d'Italia, su gli Apennini. In se stessa trapela, pe-
netra quella ch'è di sopra, e ch'è la prima a squa-
gliarsi, in quella di sotto. Pur che la terra ec., purchè
l' Affrica, terra, che perde ombra, che in quella parte,
ch'è sotto l' Equatore avendo negli Equinozj il sole di
sopra a perpendicolo, ha i corpi che non gettano ombra
alcuna, o la gettano picciolissima, spiri, mandi alcuno de'suoi
caldi venti. Lucano descrive, come segue, la parte
d' Affrica, ch'è sotto l'Equatore:

Hic quoque nil obstat Phebo cum cardine summo:
Stat librata dies; truncum vix protegit arbor:
Deprensum est hunc esse locum, quo circulus alti
Solstitii medium signorum percutit orbem ec.

Di que', che notan sempre ec., degli angeli, che cantano
sempre dietro l'armonia delle celesti sfere. Dante segue
in ciò il parere di Platone e di Pittagora, i quali furo-
no d' avviso, che il moto delle celesti sfere produca un
armonioso suono. Nelle dolci tempre, nelle dolci conso-

100 Ella pur ferma in su la detta coscia Del carro stando, alle sustanze pie Volse le sue parole così puscia:

103 Voi vigilate nell'eterno die,

Si che notte nè sonno a voi non fura Passo che faccia il secol per sue vie: 106 Onde la mia risposta è con più cura, Che m'intenda colui che di là piagne, Perchè sia colpa e duol d'una misura.

109 Non pur per ovra delle ruote magne, Che drizzan ciascun seme ad alcun fine, Secondo che le stelle son compagne;

nanze, intendi, degli angeli. Lor compartire a me il loro parlare a me diretto. Le altre ediz. leggono Lor compatire a me. Per la bocca, intendi, in sospiri, e per gli occhi, intendi, in lagrime.

100 In su la detta coscia del carro, le altre ediz. in su la destra coscia del carro; avverti che Dante vide al v. 61 Beatrice sulla sponda sinistra, nè mai la fece poi di là rimuoversi, onde la lezione in su la destra ec. non può adottarsi per nissun conto. Il Cod. Mont. legge in su la detta coscia ec., e l'autore delle postille nota, idest sinistra. Alle sostanze pie, agli angeli.

che

103 al 107. Voi vigilate ec., voi contemplate sempre in tal modo l'eterno die, l' eterna luce divina, che nè notte nè sonno a voi non fura, nasconde, passo, faccia il secol per sue vie, una sola cosa, che il tempo operi nelle sue rivoluzioni. Colui che di piagne, è Dante piangente sulla sponda opposta a quella, donde Beatrice parla.

109 al 117. Non pur per ovra ec., non solo per influsso de' cieli, che ogni nascente cosa indirizzano a qualche fine, buono o cattivo, secondo che le stelle o sia costellazioni son compagne, dominano nel punto del

112

Ma per larghezza di grazie divine,
Che sì alti vapori hanno a lor piova,
Che nostre viste là non van vicine;
Questi fu tal nella sua vita nuova
Virtualmente, chogni abito destro
Fatto averebbe in lui mirabil pruova.
Ma tanto più maligno e più silvestro
Si fa il terren col mal seme, e non colto,
Quant'egli ha più di buon vigor terrestro.
Alcun tempo il sostenni col mio volto:
Mostrando gli occhi giovinetti a lui,
Meco il menava in dritta parte volto.

115

118

121

nascere benefiche o malefiche; ma anche per abbondanza di divine grazie, le quali a lor piova, al loro piovere, hanno alti vapori, sì grandi virtù, che nostre viste, i nostri intelletti, non van vicine, non giungono a ben conprendere; questi fu virtualmente, per virtù de' cieli, ed Dio, tale nella sua vita nuova, nella novella sua vita, cioè nella sua puerizia, ovvero, nel suo bel libro intiplato Vita Nuova, che ogni abito destro, buono, avrebbe fatto in lui mirabil pruova, maravigliose cose."

18. 119. 120 Ma tanto più maligno ec. Vaghissima allegoria, selama il Venturi. Di fatto come quanto più il terreno ha buon vigore si fa tanto più maligno e silvestro, tutto ricoprendosi d' erbacce salvatiche ed anche venefiche, se vi si getta cattivo seme, o non vi si usa la debita coltura; così quanto più l'uomo ha forza e di corpo e di spirito si fa tanto più maligno e brutale, se non è imbevuto di buone massime, e non è ben edu

cato.

121. 122. 123 Alcun tempo il sostenni ec. Il Boccaccio nella vita di Dante dice, che Beatrice era assai leggiadrelta secondo I usanza fanciullesca, ne' suoi alti gen

e

124 Si tosto come in su la soglia fui

Di mia seconda etade, e mutai vita,
Questi si tolse a me, e diessi altrui.

,

127 Quando di carne a spirto era salita, E bellezza e virtù cresciuta m'era Fu'io a lui men cara e men gradita: 130 E volse i passi suoi per via non vera, Immagini di ben seguendo false, Che nulla promission rendono intera. Con le quali ed in sogno ed altrimenti Lo rivocai; sì poco a lui ne calse. 136 Tanto giù cadde, che tutti argomenti Alla salute sua eran già corti, Fuor che mostrargli le perdute genti.

133 Nè l'impetrare spirazion mi valse,

139 Per questo visitai l'uscio de' morti,

Eda colui, che l' ha quassù condotto,
Li prieghi mici piangendo furon porti.

tile e piacevole molto, con costumi e con parole assai vid gravi e modeste, che il suo picciolo non richiedeva.

124. e 125 Si tosto come ec. Dividendo Dante nel suo Convito l'umana vita in quattro parti, in adolescenza, in gioventù, in senettù, in senio, e affermindo della prima, ch'ella dura infino al venticinquesime anno, il dire di Beatrice che mutò vita come fu su a so glia della seconda età, dee valere quanto il dire, ch'ella morì al principiare della gioventù, cioè nell anno vigesimosesto.

139. e 140 Visitai l'uscio de morti, scesi al Limbo, dov' era Virgilio. Ed a colui, ec. ed a Virgilio ec. Vedi'l Canto II. dell' Inferno.

« PreviousContinue »