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9. Vedea colui che fu nobil creato

Più ch'altra creatura, giù dal cielo, Folgoreggiando, scender da un lato. 10. Vedeva Briaréo, fitto dal telo

Celestial, giacer dall'altra parte, Grave alla Terra per lo mortal gelo. 11. Vedea Timbréo, vedea Pallade e Marte, Armati ancora intorno al padre loro, Mirar le membra de' giganti sparte. 12. Vedea Nembrotto appiè del gran lavoro, Quasi smarrito, e riguardar le genti Che 'n Sennaar con lui superbi foro. 13. O Niobe, con che occhi dolenti

Vedev'io te segnata in su la strada Tra sette e sette tuoi figliuoli spenti! 14. O Saúl, come 'n su la propria spada Quivi parevi morto in Gelboè,

Che poi non senti pioggia nè rugiada!

15. O folle Aragne, sì vedea io te,

Già mezza ragna, trista in su gli stracci
Dell'opera che mal per te si fe'.

16. O Roboám, già non par che minacci

Quivi il tuo segno; ma pien di spavento Nel porta un carro prima ch'altri 'l cacci. 17. Mostrava ancor lo duro pavimento,

Come Almeone a sua madre fe' caro Parer lo sventurato adornamento. 18. Mostrava come i figli si gittaro

Sovra Sennacherib dentro dal tempio,
E come morto lui quivi lasciaro.
19. Mostrava la ruina e 'l crudo scempio
Che fe' Tamiri quando disse a Ciro:

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Armatum immensus Briareus stetit æthera contra. Hinc Phœbi pharetras, hinc torvæ Palladis angues, Inde Pelethroniam præfixa cuspide pinum Martis FITTO. En., IX: Figite me. - X: Hunc..... intorto figit telo. [Æn., 1: Illum expirantem transfixo pectore flammas Turbine corripuit, scopuloque infixit acuto.] TELO. Æn., IX: Tuoque Invisum hoc detrude caput sub tartara telo. PARTE. Nelle imagini troiane in Cartagine: Parte alia... (Æn., 1). — GRAVE. Hor. Carm., III, 4: Injecta monstris terra dolet suis (Inf., XXXI). GELO. Æn., I: Æneæ solvuntur frigore membra. XI: Frigida toto... exsolvit se corpore, lentaque colla Et captum letho posuit caput.

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11. (L) TIMBRÉO: Apollo. PADRE LORO Giove. (SL) TIMBRÉO. Georg., IV: Thymbræus Apollo. E assolutamente, Æn., III: Thymbræe. Ma conveniva dire il Timbrco, se il numero lo concedesse. PALLADE. Orazio, de' Giganti: Contra sonantem Palladis Ægida (Carm.,III, 4). St. Ach., I: nella guerra de'giganti Marte, Apollo, Minerva. MARTE. Nello scudo d' Enea: Sævit medio in certamine Mavors Cælatus ferro (Æn., VIII). SPARTE. Ovid. Met., X: Gigantas, Sparsaque Phlegræis victricia fulmina campis.

12. (L) GRAN LAVORO: la torre.

(SL) SENNAAR. Gen., X, 10: Fuit... principium regni ejus Babylon... in terra Sennaar, 13. (L) SEGNATA: effigiata.

SL) NIOBE. Figlia di Tantalo e d'una Pleiade, moglie d'Anfione tebano, superba de' suoi quattordici figli saettati da Apollo e da Diana. Ovid. Met., VI: Constitil: utque oculos circumlulit alta superbos... Quærite nunc, habeat quam nostra superbia causam. — SETTE. En., I: Bis septem.

14. (SE) Su. Reg., I, XXXI, 4: Afferrò Saul la spada e s'avventò soprale. — GELBOĖ. Reg., II, I, 21: Monti di Gelboe, nè rugíada nè pioggia cadano sopra voi. SENTI. Hor. Carm., III, 23: Nec pestilentem sentiel Africum... vitis nec sterilem seges Rubiginem.

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15. (L) Sì. Riempitivo. OPERA: tela. - PER: da. (SL) ARAGNE. Ovid. Met., VI: Certet, ail, mecum.

- Stolidæque cupidine palmœ In sua fata ruit. - Vive quidem, pende tamen. - Antiquas exercet aranea telas. Semint. Costei, pognamo che fosse nata di vile gente... cercava d'avere grande nominanza nell'arte del tessere.

MAL. Modo che è più d'una volta in Virgilio. Georg., III: Heu! male tum Libiæ solis erratur in agris. Petr: Mal per noi quella beltà si vide.

16. (L) SEGNO in marmo.

(SL) ROBOAM. Non volle alleggerire al popolo le gravezze imposte da Salomone suo padre. Reg., III, XII, 11: Il padre mio vi battè con flagelli; ma io vi batterò con gli scorpioni. Il popolo lapidò il ministro di lui. Roboamo fuggì. SEGNO. In Virgilio (Buc., III) e in altri.

17. (SL) MADRE. Erifile invaghita'd'un monile superbo, palesò ad Argia il nascondiglio del marito Anfiarao ricusante d'ire alla guerra di Tebe. Onde Almeone suo figliuolo la uccise. Æn., VI: Mœstamque Eriphylen Crudelis nati monstrantem vulnera cernit. Prop., III, 11: Ut auratos gereres, Eryphila, lacertos, Dilapsis nusquam est Amphiaraus equis. SVENTURATO. Stat., II: Aurum fatale. - Infaustos... ornatus.

18. (SL) SENNACHERIB. Assirio. Paralip., II, XXXII ; Reg., IV, XIX. Sotto Gerusalemme l'esercito di lui fu sconfitto. Torna a Ninive e i figli l'uccidono. Isai., XXXVII, 38: Adorando egli nel tempio a Nesroch suo Iddio, Adramelech e Sarasar suoi figliuoli ferirono lui di spada; e si fuggivano in terra d'Ararat ; e regno per lui Asarhaddon suo figliuolo.

19. (L) SITISTI: sete avesti.

(SL) TAMIRI. Regina degli Sciti, sconfisse i dugentomila soldati di Ciro, re de' Medi e de' Persi; Ini prese al passo dell' Arasse, e immersogli il teschio in un vaso di sangue, disse: Saziati del sangue che bramasti (Herod. I, 244; Justin., I, 8).

20. (L) LE RELIQUIE DEL MARTIRO: gli avanzi della strage.

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(SL) OLOFERNE. I Giudei uscirono di Betulia a trucidare il superbo esercito sgominato. Della superbia d'Oloferne son pieni tutti i capitoli del libro di Giuditta precedenti alla morte di lui. All'incontro i Giudei umiliarono le anime loro in digiuni e orazioni essi e le donne loro (Iudith, IV, 8).

21. Vedeva Troia in cenere e 'n caverne.

O Ilión, come te basso e vile Mostrava il segno che li si discerne! 22. Qual di pennel fu maestro e di stile, Che ritraesse l'ombre e i tratti ch'ivi Mirar farieno uno ingegno sottile? 23. Morti li morti, e i vivi parẻn vivi.

Non vide me' di me chi vide 'l vero, Quant' io calcai finchè chinato givi. 24. Or superbite, e via col viso altiero, Figliuoli d'Eva; e non chinate 'l volto, Si che veggiate il vostro mal sentiero. 25. Più era già per noi del monte vôlto, E del cammin del Sole assai più speso, Che non stimava l'animo non sciolto; 26. Quando colui che sempre innanzi atteso Andava, cominciò: Drizza la testa; Non è più tempo da gir si sospeso. 27. Vedi colà un Angel che s'appresta

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(SL) ADORNE. Petr.: E di lacrime oneste il viso E d'onesta pietate ornata il volto. 29. (L) CHIUSO: oscuro.

(SL) AMMONIR. En, VI: Sed comes admonuit... Nox ruit. — MATERIA. Scende a dicitura più piana per meglio rilevarsi ne' versi seguenti.

(F) TEMPO. Purg., III, t. 26; Inf., XIII. - Conv.: Tutte le nostre brighe, se bene venimo a cercare li loro principii, procedono quasi dal non conoscere l'uso del tempo. Sen,: Il tempo solo è nostro.

30. (L) La CREATURA BELLA: l'angelo.

(SL) TREMOLANDO. En., VII: Splendet tremulo sub lumine pontus. Un antico cristiano: Stellas tremulo STELLA. Horat. Carm., III, 9: Sidere pulchrior. Æn., VIII: Qualis ubi Oceani perfusus Lucifer unda... Extulit os sacrum cœlo.

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radiantes lumine. GIVI. Come audivi per udii

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(SL) SCIOLTO. Purg., IV, t. 4. 26. (L) COLUI: Virgilio. ATTESO attento.

(SL) TEMPO. Æn., VI: Non hoc ista sibi tempus spectacula poscit. -SOSPESO! Par., XX, t. 29: In ammirar sospeso. In senso simile più d'una volta in Virgilio. 27. (L) L'ANCELLA: l'ora. Era già mezzodi.

(SL) ANCELLE. Ovid. Met., II: Jungere equos Titan velocibus imperat Horis. Jussa Deæ celeres peragunt. En., III: Orbem medium nox horis acta subibat. Purg.,

(F) BIANCO. Matth., XXVIII, 3: Era l'aspetto suo come folgore, e le sue vestimenta siccome neve. 32. (F) RADI. Matth., XXII, 14: Pochi gli eletti. Dante, Rime: Saranno radi Color che tua ragione intendan bene.

33. (L) TAGLIATA per salire.

34. (L) CHIESA: San Miniato a Monte. LA BEN GUIDATA: Sovrasta a Firenze.

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(SL) SOGGIOGA. Vale semplicemente soprasta. Par., XII, t. 48: Soggiace il leone e soggioga. [Gioghi diconsi le sommità delle rupi, forse perchè dominano le campagne soggette.] GUIDATA. Simile ironia nel Canto VI, t. 43 del Purgatorio. RUBACONTE. Ponte su Arno fabbricato da Rubaconte da Mandello milanese, potestà di Firenze nel 1237 (Vill., III, 27). Ora Ponte alle Grazie. Varchi: La via che va da Firenze a S. Miniato si chiama costa ovvero erta.

35. Si rompe del montar l'ardita foga, Per le scalée che si fero ad etade Ch'era sicuro 'l quaderno e la doga; 36. Cosi s'allenta la ripa, che cade

Quivi ben ratta dall'altro girone:

Ma quinci e quindi l'alta pietra rade. 37. Noi, volgend' ivi le nostre persone, Beati pauperes spiritu, voci

Cantaron si che nol diria sermone. 38. Ahi quanto son diverse quelle foci Dall'infernali! ché quivi per canti S'entra, e laggiù per lamenti feroci.

35. (L) FOGA: ripida.

(SL) FOGA. Buti : Foga è andamento senza trattenersi e operamento senza tramezzare riposo. QUADERNO. Nel 1299 per molte baratterie fu deposto e carcerato M. Monfiorito da Padova, podestà di Firenze; e M. Nicola Acciaiuoli, allora priore, col consenso di Baldo d'Aguglione giudice sagacissimo e suo avvocato (di cui nel XVI del Par.), mandò pel libro della camera del Comune, e ne trasse un foglio dove trovavasi un fatto ingiusto del quale egli era complice. Il che fu confessato da M. Monfiorito; onde tutti e tre furono condannati (Dino, pag. 45). Ott.: Essendo un ser Durante de' Chermonesi doganiere e camerlingo della camera del sale del Comune di Firenze, trasse... una doga dello staio, applicando a sè tutto il sale ovvero pecunia che di detto avanzamento perveniva. Par. XVI, t. 35: Quei ch'arrossan per lo staio.

36. (L) S'ALLENTA men ardua; altrove rapida. ALTRO superiore. — QUINCI E QUINDI L'ALTA PIETRA RADE: qui la via è stretta non come a S. Miniato.

(SL) CADE. Inf., XIX: Scoglio... Ch'appunto sovra 'l mezzo fosso piomba. - RADE. Æn., V: Inter navemque Gyæ scopulosque sonantes Radit iter lævam interior. - III: Altos cautes projectaque saxa Pachyni Radimus.

37. (L) Voci d'angeli o d'anime.

(F) [PAUPERES. S. Ambros., de Serm. Dom. in monte, I: Recte hic intelliguntur pauperes spiritu, humiles.]

38. (SL) Foct. Georg., IV: Tænarias... fauces. Æn., VI: Fauces... Averni. LAMENTI. Inf., III, t. 8.

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41. Rispose: Quando i P, che son rimasi
Ancor nel volto tuo, presso che stinti,
Saranno, come l' un, del tutto rasi;
42. Fien li tuo' pie dal buon voler si vinti,
Che non pur non fatica sentiranno,
Ma fia diletto loro esser su pinti.

43. Allor fec' io come color che vanno

Con cosa in capo non da lor saputa, Se non che i cenni altrui sospicciar fanno; 44. Per che la mano ad accertar s'aiuta,

E cerca, e trova, e quell' uficio adempie Che non si può fornir per la veduta : 45. E con le dita della destra scempie

Trovai pur sei le lettere che 'ncise Quel dalle chiavi a me sovra le tempie; 46. A che guardando il mio duca sorrise.

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(SL) RASI. Conc. Trid., Sess. V: Radere il peccato. (F) STINTI. La superbia è fonte d'ogni peccato; quella tolta, gli altri quasi se ne vanno. E nel Poeta la superbia era vizio dominante, e lo dice nel Canto XIII, t. 45.

42. (SL) DILETTO. Par., XXVI, t. 41. 43. (L) SOSPICCIAR: sospettar.

(SL) ALLOR. Bella similitudine, ma più lunga che in Dante non sogliano. Tutte belle le similitudini di questo Canto.

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Radice di superbia è il non si assoggettare a Dio e alle norme di lui (1). Superbia è l'ultimo peccato per chi ritorna a Dio, il primo per chi se ne scosta (2). E però nel Purgatorio la superbia sta più lontana dalla cima del monte. Perchè superbia è detto peccato massimo (3), universale (4), radice di tutti (5), di tutti inizio (6). - Senza titolo di superbia non troverai peccato veruno (7).— Nessun peccato può nè potette essere senza superbia, nè potrà (8). Ell'è dunque dall' un lato peccato distinto, dall'altro origine degli altri, in due modi perché gli altri mali possonsi volgere a fine di superbia (9), e perchè l'uomo superbo abituandosi a sprezzare ogni norma di moderazione, si rende più facile, però necessaria, ogni maniera di caduta: chè quantunque possa l'uomo per dispregio orgoglioso infrangere tutta sorta precetti, non è già che sempre l'infranga per questo, ma lo può anche per ignoranza o infermità (10). A convincere della gravità della superbia, Dio punisce taluni permettendo che cadano in falli di concupiscenza, i quali quantunque sieno meno gravi, portano turpitudine più manifesta. Onde Isidoro (14). D'ogni vizio è più bassa la superbia o perchè » ci cadono personaggi de' primi e in sommo grado, o perché nasce da opere di giustizia e di virtù e la sua colpa è sentita meno... e chi è preso da superbia e non sente, cade in falli di concupiscenza, acciocchè umiliato per questo, dalla sua confusione si sollevi (12). Superbia, non contenta del vincere una virtù o l'altra, s'erge contro tutte le parti dell'anima, e quasi general morbo pestifero la corrompe tutta (13).

Quattro specie di superbia distingue Gregorio (14): Stimar d'avere il bene di per sè; il bene avuto dal cielo reputarlo a merito proprio; vantarsi d'avere quel che non s'ha; del bene che s'ha, fare un privilegio e cagione di dispregio degli altri tutti. Agostino (15) distingue superbia di volontà, di parole e d'atti. Bernardo tra segni ed effetti della superbia novera la curiosità del male o dell'inutile, la leggerezza di pensieri (16), che è madre

(1) Som., 2, 2, 162; Eccli., X, 18 e seg. (2) Glos. in Psal. XVIII. — (3) Glos. in Psal. CXVIII. (4) Glos. in Psal. VII. (5) Som., 2, 1. - (6) Eccli., X. (7) Aug., de Nat. et Gr. (8) Prosp., de Vit. cont. (9) Som., 2, 2, 132. (10) Som., 2, 2, 162. Aug., de Nat. et Gr., XXIX: Multa perperam fiunt, quæ non fiunt superbe. Nel medesimo luogo la Somma: Superbia è il più grave de' peccati, in quanto accresce agli altri peccati gravità ; che per essa il peccato stesso del non credere si fa più grave se venga da dispregio superbo, che se proceda da ignoranza o da infermità; e il simile dicasi del disperare e degli altri mali.· - (11) Lib. num. bon., II. (12) Som., 2, 2, 162. (13) Greg. Mor., XXXIV, XXXI. —(14) Mor., XXIII. —(15) Simil. - (16) Som., 2, 2, 162: Quel ch'altri ardentemente desidera, facilmente crede; e quindi anche per questo il desiderio di lui si porta più alto che a lui non conviene.

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di vanità, gli sfoghi d'allegria inetta che dimostrano condiscendenza alle voglie proprie, ed offendono non foss'altro annoiando; la jattanza de' pregi proprii, l'affettare singolarità, l'arroganza, la presunzione, l'ostinato difendere de' proprii falli (1), la confessione loro simulata o non piena, la inobbedienza, l'audacia a mal fare, l'induramento in quello: le quali cose, dal monaco francese gittate alla rinfusa, l'italiano dispone in ordine di scienza, e ne rende ragione profonda.

Tra le anime che Dante in questo giro rincontra, sono quelle di un marchese arrogante, d'un artista superbo, e d'un cittadino presuntuoso, quasi simbolo dell'abuso che l'uomò fa della nobiltà e della forza, dell'ingegno e della bellezza, dell'aura popolare. Ma a proposito segnatamente dell'artista e de'pregi dell'ingegno, il Poeta esce, come per assennare sè medesimo, in esclamazioni più dell'usato abbondanti. L'inordinata presunzione di superare altrui propriamente appartiene a superbia (2). La cognizione affettiva del vero, ancora più che la intellettiva (3), è impedita dalla superbia; perchè i superbi col compiacersi che fanno de' pregi proprii, il pregio della verità hanno a noia, come dice Gregorio (4): I superbi, ancor» che intendendo pervengano a certe verità segrele, » non possono provare la dolcezza di quelle ; » onde ne' Proverbii (5) è detto: « Ove è umiltà, ivi è sapienza. Superbia procede da poca considerazione. — I superbi non considerano la condizione di coloro a' quali debbono, umiliandosi, posporre sẻ, ma di coloro a chi possono preferirsi (6). Qualunque cosa faccia l'uomo stimare sè stesso sopra quello ch'egli è, induce l'uomo a superbia. Una di queste cose è il badare a' difetti degli altri. All'incontro Gregorio (7) dice: « Gli uomini pii, considerando la virtù degli altri, gli altri » reciprocamente prepongono a sẻ. »

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Ma perché l'irascibile è parte insieme dell'appetilo sensitivo, e appartiene all' intelletto altresì; e perchè l'ira fomenta la discordia quando le si aggiunge la vanagloria che l'uomo si reputi a gloria il non cedere al volere o al dire altrui (8); però Dante chiama superba la rabbia del popolo fiorentino (9), che altrove dice superbo e ingrato (10); dacchè ingratitudine è grande superbia (11). Ed è però messo a fronte un cittadino di repubblica e il cenno d'una repubblica superba all'arroganza d'una di quelle famiglie di grandi che alle re

(1) Aug., de Civ. Dei, XIV: Scusarsi de’peccati commessi appartiene a superbia. - (2) Som., 2, 2, 162. — (3) Purg., X, t. 41: Della vista della mente infermi. (4) Mor., XXIII. (5) XI, 2. (6) Greg. Mor., XXIV. Purg., XI: Ben non sare' io stato si cortese Mentre ch' i'vissi, per lo gran disio Dell' eccellenziu ove mio core intese. (8) Som., 2, 2, 132.

(7) Mor., XXIII.

- (9) Purg., XI, t. 38. — (10) Inf., VI, t. 25; XV, t. 21.

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(11) Girolamo.

pubbliche fecero contro per dispetto, e per dispetto trassero se ed esse a ruina. Da super vengono e superbia e soverchio, cioè ingiustizia e violenza. E la violenza del superbo è sovente avvilita e avvelenata da frode, secondo quel de' Salmi: Nella via ch'i' andavo, nascosero a me i superbi un lacciuolo (1). — Superbia imita Dio perversamente, perch'odia l'uguaglianza sotto di lui co' fratelli, e vuole imporre a' fratelli la dominazione propria invece di lui (2).

La vanagloria, alla quale segnatamente pare che il Poeta accenni, distinguesi dalla superbia così: Superbia è causa di vanagloria, che da quella si brama inordinatamente il primeggiare, e da questa le mostre del primeggiare. — La vanagloria dispone ad altre colpe in quanto l'uomo diventa confidente in sè stesso, e spoglia sẻ de' beni interiori che aveva (3). Figlie di vanagloria: Inobbedienza, jattanza (4), ipocrisia (5), litigiosità, pertinacia, discordia, affettazione di novità.

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Gli esempii della superbia punita sono più molti che quelli dell'umiltà premiata, fors'anco perchè molte genti (6) rincontra Dante espianti quel male, e perchè i più sono indotti a meglio dal timor della pena. Altre imagini erano a linee ombreggiate, altre a rilievo. Fors' e' figurava i bassi rilievi del Purgatorio come que' di Luca della Robbia colorati. Alterna gli esempii profani ai sacri per dimostrare che in ogni credenza abbiano gli uomini stimolo a virtù e freno al vizio. Cosi ne' Giudici (7) è adoprata a insegnamento la favola. Così nel libro a Teodoro il Crisostomo pone ad esempio una storia biblica ed una favola. Qui abbiamo Lucifero e Briareo, Nembrotte e Niobe, Saule e Aragne, Roboamo ed Erifile, Sennacherib e Ciro, Oloferne e la ruina di Troia; esempii tolti i più dalla storia civile, perchè l'intendimento civile in certe parti del poema predomina; ma non si dimentica nè l'orgoglio contro Dio, nè la jattanza dell'ingegno e dell'arte: e le varie maniere di superbia veggonsi punite dal fulmine e dalla confusione, dal ferro e dal fuoco, dal sangue e dalla paura, da trasformazioni in macigno ed in ragno.

Della morte di Saul, cosi nel primo e nel secondo dei Re: Tanto pondo (8) di guerra fu volto in Saul... e disse Saul al suo scudiere: sguaina la spada e finiscimi, non vengano codesti incircon

(1) Psal. CXLI, 4. (2) Aug., de Civ. Dei, XIX. (3) Som., 2, 2, 152. (4) Arist. Eth., IV: La jattanza ha sovente per fine il lucro, ma più sovente la vanagloria. Adesso però sanno congiungersi felicemente le due cose insieme, e alternarle o mescerle secondo i casi. (5) La vanagloria può dimostrarsi o ne'fatti veri, ed è presunzione di novità fatte per dare nell'occhio; od in non veri, ed è ipocrisia. (6) Purg., X, t. 34. (7) IX, 8..- (8) Purg., XI, t. 9: I superbi vanno sotto'l pondo.

cisi e m'uccidano facendo scherno di me. E non volle il suo scudiere perch'era atterrito di terrore grande.... Mori dunque Saul e tre figliuoli di lui e il suo scudiere e tutti i suoi fidi in quella giornata del pari (1). E tagliarono la testa di Saul e lo spogliarono delle armi... E deposero le armi di lui nel tempio d'Astaroth, e sospesero il corpo alle mura di Betsan (2). I prodi d'Israello sui tuoi monti furono morti (3). Come caddero i forti? Monti di Gelboe, ne rugiada (4) nè pioggia venga sopra di voi, nè sieno campagne ornate di primizie, per ch' ivi cadde gettato lo scudo de' forti (5).

Di Roboamo: Venne Roboamo in Sichem perch'era ivi adunato tutto Israello a costituire lui in re, e parlarono a Roboamo dicendo: Tuo padre un giogo durissimo impose a noi. Or tu scema un po' l'impero durissimo del tuo padre e il giogo gravissimo che impose a noi; e obbediremo a te. Il quale disse loro: Andate e il terzo di ritornate a me. E itosene il popolo, fece consiglio re Roboamo co' seniori che assistevano a' consigli di Salomone padre suo, e disse: Che consiglio mi date voi, ch'io risponda a cotesto popolo? I quali dissero a lui: Se tu oggi obbedisci a questo popolo e gli servi e cedi alla domanda sua, e parli ad esso parole miti, saranno a te servi per tutti i tempi. Il quale abbandonò il consiglio de' vecchiardi che gli avevano dato e chiamò giovani stati allevati seco, e gli consigliarono... e gli dissero i giovani slati allevati seco: Parlerai cosi a codesto popolo che parlarono a te dicendo: Il padre tuo aggravò il giogo (6) nostro, tu ne lo alleggerisci. Cosi parlerai a loro: Il mio dito mignolo è più grosso che il dorso del padre mio. Or il padre mio pose sopra voi giogo grave: e io accrescerò al giogo vostro. Il padre mio vi baltè con flagelli, e io vi batterò con scorpioni... E rispose il re al popolo cose dure... E non condiscese il re al popolo.... Or vedendo il popolo che il re non li voleva ascoltare, gli rispose dicendo: Che parte abbiam noi nella casa di Davide, o quale la nostra eredità nel figliuolo d'Isai? Vattene alle tue tende, Israello. Mandò dunque Roboamo Aduram, il quale era sopra i tributi: e lo prese a sassate Israello, e fu morto. Onde re Roboamo in fretta montò in cocchio e si fuggi in Gerusalemme (7).

Lungo sarebbe recare per disteso i luoghi dov'è parlato della superbia di Sennacherib e della sua morte (8), a' quali tutti ebbe insieme l'occhio il

(1) Purg., XI: Ch'io ne mori', come i Sancsi sanno, E sallo in Campagnatico ogni fante... E non pure a me danno Superbia fe'; chè tutti i mici consorti...— (2) Reg., I, XXXI, 9, 10. (3) Purg., XII, t. 14: Parevi. (4) Ivi Che poi non senti pioggia nè rugiada. (5) Reg., II, 1, 21. - (6) Ecco di nuovo l'imagine del giogo che è nel principio del Canto. (7) Reg., III, XII, 1-18. Purg., XII, t. 16: Pien di spavento Nel porta un carro prima ch'altri 'l cacci. - (8) Reg., IV, XIX; Paral., II, XXXII; Esdr., IV, VII; Isai., XXXVI, XXXVII.

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