L'un si levò, e l'altro cadde giuso, Non torcendo però le lucerne empie, Sotto le quai ciascun cambiava muso. E di troppa materia che 'n là venne, 125 DI COLOR NUOVO: dà all'uomo il color ser- cendo l'uno dall'altro LE LUCERNE EMPIE pentino, al serpe il colore umano.- Suso cioè gli occhi crudeli del serpe e scelPER L’UNA PARTE nella pelle di colui, che lerati del peccatore. Bargigi.-Lo sguargià si converte in uomo, il fumo genera do ha mirabile attività nelle trasformail pelo: DALL'ALTRA, dalla superficie di zioni: gli occhi affatturano. Virg. Eclog. Buoso, che si muta in serpe, IL DIPELA: VIII, 41: lo toglie via. Ci par di vedere la testa Ut vidi, ut perii, ut me malus abstulit error ! del serpe capelluta in corpo umano, e e la Gorgone impietriva chi la guarquella dell'uomo calva sopra corpo di dasse ec. serpe: immagini ciascuno le difformi ti- LUCERNE: occhi. Matth. VI, 22. Lucergure. na corporis lui est oculus tuus...Si au121. L'un, Guercio Cavalcanti di ser tem oculus tuus fuerit nequam: totum pente mutato in uomo si levò: perchè corpus tenebrosum erit. Proverb.XXI, 4: sebbene non peranco avea raggiunta la Lucerna impiorum peccatum. forma umana perfetta, era non però mu Degli occhi di Plutone dice il Tasso. tata fin qui la coda in gambe, i piedi de- Ger. IV, 7. Rosseggian gli occhi, e di veneno infetto, retani in pene e gli anteriori in braccia. Come infausta cometa, il guardo splende. Dante lo fa uomo ancor mostruoso che si 123. SOTTO LE QUAI (lucerne): sotto i rizzi su due piedi, ma ritenga tuttavia il quali occhi. Il Rossetti piglid le lucerne capo di serpe. Il capo ch'è parte princi- empie per la piaga e la bocca, onde esapale, è notevole che il Poeta lo fa ultimo lava il fumo trasformatore! Dante accennell'ordine delle trasformazioni, e prima na il mutarsi del muso o della bocca, la a mutarsi è la coda. Così comincia in quale sia al di sotto degli occhi, non Ovidio la metamorfosi di Cadmo. Ciò non sotto la piaga o sotto la bocca. Il Bianne pare fatto senza grande moralità. chi cerca conciliare con la sua l'interpreL'altro: l'uomo convertito in ser. tazione del Rossetti et ambo in foveam pente, CADDE GIUSo: non potendo già le cadunt. Eppure vedono i ciechi se il nersi ritto: perocchè i piedi eran divenu- muso sta sopra o sotto gli occhi! La letti coda serpentina, il pene s'era bifor- tera del testo è piana; ma gl'ingegni sotcato e fatto piedi posteriori di serpe, tili hanno alcuna volta anch'essi le loro e le braccia piè anteriori. Cadde nel traveggole. Sotto esprime semplicemensenso morale é ben delto del ladro, che te relazione di luogo tra il muso e gli ocdecaduto dalla dignità di uomo s'abbas- chi; supposla eziandio l'influenza e la sa sino al fango, e si striscia serpendo virtù che questi avessero a trasmutar come sozzo rettile su per la terra. Buoso quello. . ritiene ancora la figura del capo umano. 124. Quel cu’ERA DRITTO: il serpente per la ragione anzidetta. Le due nature rizzatosi in piedi (v.121) -- IL TRASSE ec. trasmutate restano così alcun istante vi- il suo lungo ed aguzzó muso indietro sibili, e nel serpe che diviene uomo, e ritrasse verso le tempie, per ridurlo a nell'uomo che divien serpe: ma la mo- forma di muso umano. struosità è tanto spaventevole,quanto può 126. USCIR GLI ORECCHI DELLE GOTE essere il veder vivi un serpente con capo SCEMPIE. II Lombardi crede che vi si umano, ed un uomo con capo serpentino. debba leggere onninamente le orecchie, 122. Non TORCENDO ec. Seguitavano a e intende ORECCHIE SCEMPIE: sporgenti e riguardarsi l'un l'altro (v. 91): non tor- separate dalle gote: così pure il Costa. 130 Ciò che non corse in dietro e si ritenne, Di quel soverchio fe naso alla faccia, E le labbra ingrossò quanto convenne. E l'orecchie ritira per la testa, Come face le corna la lumaccia : Prima a parlar, si fende, e la forcuta Orecchie hanno con la Nidobeatina l'edi- di quel soverchio non corse indietro ec. zione di Jesi 1472; le variorum del Wit- Questa faccia ci fa più bel viso attiva, te; l'ediz. della Minerva, Pad. 1822; che non passiva. E potrà esser anche og. quella del Fulgoni, Roma 1791; e del getto sottoposto all'azione di ciò che non Tommaseo, Mil. 1866 ec. Gli orecchi corse indietro e si ritenne. La voce copoi legge il testo Bargigi, il Cassinese; sì non cesserebbe la passività prediletta il Vatic. 3199; ed è lettera tenuta dal al P. Venturi, e presterebbe un'interpreVenturi, dal Volpi, dal Bianchi, da G.B, tazione non dispregevole, qual'è quella Niccolini ec.- GOTE SCEMPIE: che prima del Bargigi. Questi legge: non avevano orecchie alcune. Bargigi. Ciò che non corse addietro ei si ritenne, Liscie o sceme, mancanti. Venturi. Di quel soverchio fe naso, la faccia Prive d'orecchie. Volpi. E le labbra ingrosso quanto convenne. Lisce. Bian e chiosa: Della della materia del muso chi.- Senza orecchi. Tommaseo ec. aguzzo e lungo serpentino, ciò che non DELLE GOTE, lezione comune. - Dalle corse addietro verso le tempie ei si rigote. Bargigi. Per le gote è tra le va- tenne sopra esso muso, e di quel soverrior. del Witte. chio fece naso umano, la faccia e le 127-129. Trinario da interpetrarsi al- labbra ingrossò quanto convenne a riquanto differentemente, giusta le due cevere figura umana. varianti (v. 128) alla faccia ch'è la le 130-132. QUEL CHE GIACEVA: Buoso zione comune, e la faccia ch'è del testo già caduto in terra non ha, per raggiuBargigi; del cod. Cassinese; delle edizio- gnere la perfetta forma di serpente, che ni del Burgofr. Ven. 1529; della 2a Ro- a trasformarsi la sola faccia: il che fa vill., Lion. 1551; della 18 delle Sanso- cacciando innanzi e appuntando il muso vin., Ven. 1564, delle prime ediz, fatte come lo hanno i serpi, e ritirando in nel 1472 in Foligno e Milano; nel 1474 dentro le orecchie alla guisa che fanno in Napoli; e del Codice Filippino che ri. le lumache. La regola o norma del camsale al sec. XIV.Ritenendo la prima let- biamento (v. 103) si osserva sino all'ultera ne viene questa sentenza: ciò che di timo, e nello stesso tempo si opera nei quel soverchio non corse ec. fece naso due la mutua trasformazione. alla faccia, e ingrossò le labbra... 132. Face: fa, rilira. Fare scusa tut Il Venturi rifiuta l'altra lettera la fac- t'i verbi. Face da facere. Qui non per la cia, per la frivolissima ragione che: Es- rima. Inghilfredi Siciliano: sendo la faccia quella che si trasmuta, Temer mi face e miso in grande erranza. ci par che le quadri meglio il passivo. Gli antichi infletterono regolarmente Ma tutta la materia, onde la faccia for- Facere, da cui riteniamo faccio, facciamavasi, era con essa passiva alla forza mo ec. per facio, faciamo ec. V. C. X, che la trasmutava: e poi, presa la fac 9, nota. cia come subietto della proposizione, LUMACCIA: Lumaca. Lat. limax; propare più ragionevole ch'essa aoperi di venz. limassa.Lumaccia, nel Villani ec. comporsi un naso che le manca, di quel 133-135. LA LINGUA ec. Al compimennon faccia la materia a darglielo. Il Poe- to della metamorfosi resta solo che la ta direbbe: La faccia fece naso ciò che lingua umana si fenda,e la serpentina si e richiuda. IL FUMO RESTA, cessa; perchè per significazione che il Cavalcanli operala interamente la trasformazione parlasse con ira e con bava alla bocca a(vv. 118-120, nota). Forcuta: secondo vrà novella prova che quell'erudilo che paiono nel vibrarsi, ma non sono, le uomo non avea il retto conoscimento lingue delle serpi. Si credettero però bi- della bellezza vera, e che il più delle forcute. Ovid. nella trasformaz. di Cadmo volte vedea di lei pur l'ombra o 'l velo, (IV, 585 seg.): o i panni, ma raro o non mai ne vaIlle quidem vult plura loqui, sed lingua repente gheggiava il viso: In partes est fissa duas. E cosi va chi sopra 'I ver s'estima. 136-137. L'ANIMA CH'ERA FIERA DIVE 139. NovellE SPALLE: nuovamente diNUTA ec. Buoso mutato in serpente. Si venute spalle umane; teste formate: chè FUGGE SUFOlando: atto fisicamente pro- prima Guercio era serpe. prio delle serpi, e moralmente de' ladri. SUFOLANDO: sibilando, fischiando. Così 140. E DISSE ALL'ALTRO: Guercio volCadmo (Ovid. IV, 587 seg.): tò le spalle a Buoso fatto serpente, e disse all' allro de' tre (v. 35), a Puccio Sibilai. Hunc illi vocem Natura relinquit. quotiesque aliquos parat edere questus de' Galigai, che solo de' suoi compagni 138. L'ALTRO: Francesco Guercio Ca non era mutato ec. vv. 149-150. valcanti già di serpente venuto uomo. 142-143. Vid' 10 LA SETTIMA ZAVORPARLANDO SPUTA: due alti caratteristici RA ec. Vid' io la sellima bolgia, della dell'uomo, parlare e sputare; ma non lo quale il fondo è di zavorra, di arena e sputare parlando: onde sospettò il Lom- sabbione, mutare e trasmutare i peccabardi ciò si facesse per la bava che al- tori in diverse forme. Bargigi. Così il l'irato veniva alla bocca. Il Biagioli plau- Venturi e il Volpi con altri fanno la setdì a tale interpretazione; e il Monti (Pro- tima zavorra (a) o valle di terreno arepost. voc. Fante) chiosando i vv. 136. noso come agente delle trasmutazioni (b). 138 gli rivede le bucce: Sui quali versi Ma fosse pure arenosa codesta bolgia (chè un qualche schifilloso, il cui naso sia il Poeta nol dice) potrebb'ella chiamarsi slato educato a certe poetiche quintes- settima in ordine alle altre che tali non senze de' nostri dì, potrebbe per avven sono ? Sarebb'egli forse da tollerarsi se tura torcere il grifo: ma chiunque alla come Bulicame appello Dante la prima pocsia delle frasi metterà innanzi quel delle tre fosse de' violenti (Inf. XII, v. la delle cose, dirà che Dante col contenersi alla proprietà del serpente che ciottoli, piombo, ferro, e in generale checchè si (a) Zavorra è propriamente rena, ghiara, SUFOLANDO FUGGE, e a quella dell' uomo pone in fondo della nave onde stia pari e non che PARLANDO SPUTA, caratterizza e di- barcolli . Lat. saburra, ch'è da sabulum (sabbiopinge con due semplicissimi tocchi la ne), e questo da satum (quasi terra seminata e natura dell'uno e dell'allro troppo me sparsa): come da stratum, pastum ec., stabu. lum, pabulum ec. glio che altri meno filosofo non farebbe (b) Anche il postillatore Cassinese: LA ZAcon voto strepilo di parole. Chi voglia VORRA est fundus navis inglarate ut firmius valeggere a questo luogo la nota del Bia- bulgie. E il Tommaseo: ZAVORRA: rena: chè per dat quam accipit hic aucior pro fundo hujus gioli che interpreta il PARLANDO SPUTA zavorra si mette anco rena. La novità, se fior la penna abborra. 2 128), per esser piena di bollente san- quante fur quelle ch'io vidi. Bargigi. Il gue, avessela appellata PRIMO BULICAME, Poeta (Rim. son. V): quantunque nell'altre due fosse non po- Dagli occhi della mia donna si muove nesse sangue, nè altro bollente fluido? Un lume si gentil, che dove appare, Lombardi.— Il Landino, il Vellutello e il Si veggion cose ch'uom non può ritrare Daniello intendono ZAFORRA per sentina, Per loro altezza, e per lor esser nove. la quale per esser sempre piena di fe Nel convilo a quelle parole, onde si tore e puzza, assomiglia a questa bol- scusa dell'insufficienza di sigoificare in gia, perchè era piena d'abbominevole rime le ineffabili virtù della sua Donna vizio. Il Lombardi, e il Poggiali seguiti (Canzone: Amor che nella mente ec.) poscia dal Bianchi,credono che zavorra chiosando dice: Ancora è poslo fine al appelli Dante per isprezzo: la genia o nostro ingegno, a ciascuna sua operafeccia d'uomini posta in fondo della zione, non da noi ma dalla universale settima bolgia: così non la bolgia, ma Natura; e però è da sapere, che più essi tra loro si muterebbero e trasmute- ampi sono li termini dello 'ngegno a rebbero gli spiriti dannati. pensare, che a parlare, e più ampi a MUTARE E TRASMUTARE:mutarsi e tras- parlare, che ad accennare. Dunque, mutarsi. Ci dispensiamo di addurre e se'l pensiero nostro... è vincente del sempi, che avremmo in buon dato, per parlare, non semo noi da biasimare; dimostrare quanto gli antichi scrittori perocchè non semo di ciò fattori; e pefossero usati d'intralasciare gli affissi. Il rò manifesto, me veramenie scusare ec. Poeta (vv. 112, 114): Io vidi... allun- Prima di spianar la sentenza de' versi gar,cioè allungarsi, o che si allungava- non si vuol trasandare le varianti.Penna no. Queste minute riflessioni forse non abborra leggono la Nidobeat. i Codici saranno reputate lievi, quando per esse Pucciani 1, 2, 3, 4, 5, 7, 8, 9; il Temtolgonsi via le controversie, e si fa luo- piano; il Magliabech.; il MS. Frullani; go alla germana interpretazione dello il Bartoliniano; i Riccard. 1004, 1024, scrittore. TRASMUTARE, dice il Vellutello, 1027; l'Angelico; il Cassinese; i Pataviè un' altra volla mutare, come il Poeta ni 2, 9, 67; il testo Bargigi; le edizioni vide far di Guercio Cavalcanti mutato di di Foligno, e di Mantova an. 1472; di uomo in serpente e di serpente trasmu- Nap. 1474; il Cod. Filippino (sec. XIV); tato in uomo (a). Ma la forza del verbo l'ediz. del Fulgoni, Rom. 1791; della TRASMUTARE ben si desume da quello che Minerva, Pad. 1822. È lez. prescelta pel il Poeta ha detto ne' versi 100-102. E- testo del Witte, e adottata da G.B.Niccosprime il trapasso d'una in altra forma, lini,dal Lombardi, dal Bianchi e da molmateria e natura vivente. Il Fucci (c. ti altri: poichè meglio, dicono, risponde XXIV, 100 segg.) diveniva cenere e ri- ai versi: tornava quel medesimo di prima, quasi « Penga, lettor, s'io mi disconfortai » Fenice che muore e rinasce delle sue « Se tu se'or, Lettore a creder lento ». ceneri: era questa, a rigore parlando, una e ad altri, onde si fa chiaro che Dante semplice diconversione o mutazione, vuol mostrarsi non dicitore,ma scrittore. non mica una trasmutazione, Dante non Al contrario il cod. Vat. 3199 ha lininvidia Ovidio che CONVERTE POETANDO qua abborra; e così l'ediz. del Burgofr. (v. 99). Per la fina proprietà delle voci Ven. 1529; la seconda delle quattro Roci si appalesa il sovrano concetto dell'A. vell. Lion. 1551 ec. L'adottano il Venlighieri. turi, il Volpi, il Tommaseo ec. 143-144. MI SCUSI LA NOVITÀ. La no Noi sulla fede de'più autorevoli codici vilà della materia. Costa.- Nelle rime. ci atteniamo alla prima lezione; tuttoche Tommaseo.- Ditante maravigliose cose non trovassimo spregevole la seconda: imperocchè il medesimo Tasso che dice: (a) S'intende dir qui uomo quanto a sola ap Forse un dì fia che la presaga penna pariscenza dell'umana figura. Osi scriver di te quel ch'or n'accenna. e 145 E avvegna che gli occhi miei confusi Fossero alquanto, e l'animo smagato, si volge poi alla mente nemica degli an- e Fazio degli Uberti in que' versi: ni e dell'obblio, in quei versi: Maraviglia sarà se, riguardando Tolto da' tuoi tesori orni mia lingua La mente in tutte cose, non abborri (a). Ciò che ascolti ogni età, nulla l'estingua. Secondo queste osservazioni la frase Dante (C. XXXII, 135 segg.) scriverà SE FIOR LA PENNA ABBORRA si spiega: se l'episodio del Conte Ugolino: la penna un tantino devia: e ciò dice, Se quella con ch'io parlo non si secca. giusta il Bianchi, per essersi trattenuto e così, per trasandare altri luoghi, nel ne' particolari di questa bolgia più che Paradiso (XVII, 126, 130, 133, 139) al- nelle altre, per cui l'azione generale ha lude con le parole voce, grido, paro- sofferto qualche ritardo (b). la ec. a quello che la sua penna segna- Ma questo sviamento cui accenna l'auva alla posterità con caralleri vivi e par- tore; com' effetto di quelle mutazioni e lanti sull'eterne pagine del suo poema. trasmutazioni non più vedute, non offen SE FIOR LA PENNA ABBORRA: se la pen- de, chi ben considera, nè la forza dello na mia, se il mio stilo nello scrivere stile, nè la lucentezza del dettato, nè la abborra Fior, cioè, se il mio stilo è sta precisione e proprietà della lingua; che to alieno dall' ornato e chiaro modo di anzi vi si scorge maravigliosa. Se il Poeparlare. Bargigi.- Se abborrisca il mio ta intende unicamente alla nuda e viva stile tutt'i fiori dell'eloquenza alluden- dipintura del quadro, e lascia i fiori e le do a quel ricanlato: Ornari res ipsa ne- cornici degli episodi che qui non gli gat contenta doceri. Venturi.- Mi scusi la vennero, come altrove, acconci; dobbiam novilà della materia, se il mio dire non riconoscere la virtù dell'arte, che per ciò sia fiorito. Costa. — Questa fu anche la medesimo abborre gli allettamenti della sposizione del Landino, del Vellutello ec. fantasia, là dove il fatto impegna per sè SE FIOR: se il mio linguaggio alcun poco tutta l'attenzione dell'anima: è che l'Alierra; non è ferma (la lingua), precisa ghieri non indarno si vanta sopra Ovidio al solito. Tommaseo.- Altri fanno Fior in questo capitolo, dove tanto più levasi avverbio in sentimento di punto, niente, sublime e va diritto al segno, quanto per un tantino ec. nè sono alieni dal così GLI OCCHI Confusi e l'animo smagato intenderlo il Volpi, il Venturi stesso, il finga scusarsi del suo aberramento. SenTommaseo, il Lombardi, il Bianchi ec. za questo fine dell'arte sarebbe fuori arFiore in tal significato è ovvio negli te codesta sua scusa, nè alcun savio gliela scriitori; e Danic, Inf. XXXIV, 26: concederebbe. I comentatori cercano dunPensa oramai per te s'hai fior d'ingegno. que cinque piedi al montone. e nel Purgatorio, III 135: Mentre che la speranza ha fior del verde. 146. Smagato; alienato per stupore ed ABBORRA: secondo il Poggiali (e non se orribilità di quelle novilà. Bargigi. ne mostra schivo il Tommaseo) vien qui Smarrito, avvilito. Venturi e Volpi. da abborrare, cioè riempire di super- Smagare per disperdere vive in Toscana. fluità: così il Poeta si scuserebbe d'es- Tommaseo. Significato però che non quasersi, per la novità delle immagini, trop- drerebbe a molii esempi degli antichiscritpo intrattenuto ad esporre le minute particolarità di quelle trasformazioni. Il (a) Facile è anche lo scambio delle due voLombardi non vede in questo canto nè cali, qual si vede nelle voci imprenta, prosumeineleganza di stile, e nè borra, e forse re, sciolse ec. invece d'impronta, presumere, . non pati traveggole la sua vista: intende (b) Di cotesto disviare tocca il Poeta nella abborrare per aberrare, per traviare, Canz.: deviare; nel qual senso venne usato nel Amor che nella mente mi ragiona Della mia donna disiosamente, l'Inf. XXXI, 22: Move cose di lei meco sovente, però che tu trascorri Che lo'ntelletto sovr'esse disvia. Per le tenebre troppo dalla lungi Orazio: Avvien che poi nel maginare aborri. Si paulum a summo discessit, vergit ad imum. |