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Dicendo: sovra quella poi t' aggrappa;
Ma tenta pria s'è tal ch' ella ti reggia.
Non era via da vestito di cappa,

Chè noi a pena, ei lieve, ed io sospinto,
Potevam su montar di chiappa in chiappa.
E se non fosse, che da quel precinto,
Più che dall' altro, era la costa corta,
Non so di lui, ma io sarei ben vinto.

notava, affissava, adocchiava. Novellino XX: Un giorno avvenne che un cavaliere povero, gentile, avvisò un coperchio d'uno nappo d'ariento, e disse nell'animo suo: S'io posso nascondere quello, la masnada (famiglia) mia ne potrà stare bene molli giorni. Si vede da questo luogo e da' versi di Dante, che avvisare val proprio guardare con un fine; epperò ottima la chiosa notava del Torelli e del Tommasco: senonchè

nel verbo vediamo insita la nozione di

parere, o di dubbio che la cosa non sia per essere o riescir quale noi desideriamo che fosse notare è di cosa più ferma, più certa, più nota.

Virg. Ecl. III, 68 seg.:

Parta meae Veneri sunt munera, namque notavi
Ipse locum, aëriae quo congessere palumbes.

Per questo è che Virgilio, avvisata un' altra scheggia (v. 28), soggiugne (v. 30):

Ma tenta pria s'è tal ch'ella ti reggia.

29. SOPRA QUELLA POI T'AGGRAPPA : Montato che sarai su questo ronchione al quale io ti levo, aggrappati, inerpicati su per quell'altro scheggio.-Aggrappare n. pass. appiccarsi con le mani adunche. Attiv. detto dell' àncora (C. XVII, 134 seg.):

ch'aggrappa

O scoglio od altro che nel mare è chiuso. 30. MA TENTA ec. prova tentando con le mani se quella scheggia sia tale che ti sostenga, stia ferma, non ceda. REGGIA per regga, come (v. 26) provveggia per provvegga (V.nota al v.151).

31-33. Se Virgilio agile spirito, ed io da lui aiutato salimmo a fatica su per quell' erta di rocce; tanto meno vi potevano ascendere gl'ipocriti oppressi dalle cappe di piombo.

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vv. 61-66 e 100-102). In sentenza: non era da ipocriti montar su per quella via.

CHIAPPA. Con la Crusca il Venturi, il Volpi, il Bianchi ed altri fanno Chiappa da Chiappare,e l'intendono per cosa comoda a potersi chiappare. Il Landino, il Vellutello, il Daniello e con questi il P.Lombardi traggono la voce da Schiappare, che vuol dire fare in ischegge : e dicono valere chiappa lo stesso che rottame, scheggia, ed esser propriamente, giusta il Daniello, un pezzo di pentola, scodella, o d'altro vaso di terra rotto.

Cotesti cocci o rottami si domandano

ciappe in Lombardo: d'onde si vuol derivato il toscano chiappola e chiappoleria per cosa di poco o nessun pregio. Palinuro dice appo Virgilio (En. VI, 360 seg.) che gente fiera lo uccise mentr'egli, a salvarsi dal naufragio, aggrappavasi con le adunche mani alla ripa: Prensantemque uncis manibus capita aspera (montis.

34-36. FOSSE per fosse stato, non solo perchè si trasse dal lat. fuisset; ma ancora perchè lo scambio d'un tempo o modo per l'altro fu consueto modo tenuto in tutte lingue.

Nella vita di Cola di Renzo, Cap. XXXVI: Se Cola... avessi sequitata la soa villoria... prennea lo castiello...cioè avrebbe preso. Doppio scambio di tempo e di modo.

Svariati esempi potremmo arrecare, ne' quali l'imperfetto congiuntivo tien luogo del più che passato: stiamo contenti a questi pochi.

Nelle Storie Pistolesi: Se non fosse lo castiello che vi feciono fare... gli Pistolesi non sarebbono stati tanto in pace.

Gio. Vill. Lib. VIII, Cap. LXVIII: Era la terra per guastarsi se non fossono i Vestito di Cappa; ipocrita (C. prec. Lucchesi, che vennero in Firenze.

Ma perchè Malebolge inver la porta,
Del bassissimo pozzo tutto pende,
Lo sito di ciascuna valle porta
Che l'una costa surge e l'altra scende:
Noi pur venimmo al fine in su la punta,
Onde l'ultima pietra si scoscende.

Matt. Vill. Lib. VIII, Cap. VI: Avrebbe arse le case di S. Martino, se non fosse il gran soccorso.

Nelle Vite de' SS. Padri: E allora conoscerete che fu il meglio per me ch'io mi parlissi.

Ne' framm. stor. rom. Lib. I, Cap. VIII: Vedessi levare cappucci de capo: vedessi Todischi inchinare... vedessi tributi benire. Il testo: Vidisses... Conspexisses.

È anche da notare che Dante nell' ultimo verso della terzina dice: sarei vinto per sarei stato vinto: lo che fa al modo de' latini victus fuissem voltando fuissem in sarei, come sopra fece fosse. Simile imitazione è dove fa che la Francesca da Rimini (Inf. V, 97) dica:

Siede la terra dove nata fui. nel qual verso nata fui sta per nacqui, che i latini da nasci dicevano nalus, a, um fui, ec. Dunque si usa in questo luogo dell' Alighieri l'imperfetto del congiuntivo e il condizionale presente, invece del piuccheperfetto e del condizionale passato.

Il Petrarca sopprime dopo la particella se il fosse nel sentimento sopra detto, ed in luogo del piuccheperfetto soggiuntivo latino reso pel condizionale passato, fa uso dell' imperfetto indicativo, con trasmutazione di tempi e di modi in una forma ellittica di mirabile vaghezza:

E se non che 'l suo lume all' estremo hebe, Fors'era il primo ec. cioè: se non fosse stato che, ec...sareb⚫be stato ec. Così Marziale dice di Muzio Scevola:

Si non errasset, fecerat ille minus. QUEL PRECINTO ec. il settimo argine, la cui costa era manco erta e di minor salita, che non il sesto. V.Inf. XIX. 35, nota. VINTO: venuto meno alla fatica del salire. Inf. III, 33, nota.

37.PORTA:buca del pozzo.En.1,82 seg.:

Venti, velut agmine facto,
Qua data porta, ruunt,et terras turbine perflant.

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Dove Virgilio chiama porta l'apertura cui Eolo fece con lo scettro, di un urto, nel fianco del cavernoso monte, onde uscirono i venti.

39. LO SITO... PORTA: fa, è tale, è mento di richiedere, essere di tal natuPorta che, Lat. fert ut; e ferre in sentira e proprietà.

41. VENIMMO ec. sulla cima della ruina (C. XXIII, 138):

Che giace in costa e nel fondo soperchia.

42. ONDE L'ULTIMA PIETRA SI SCOSCENDE. Onde si monta l'ultima pietra di quella ruina. Così il Bargigi, male derivando dal lat. conscendere lo scoscendere che è da conscindere per fendere, dividere ec.

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ONDE: dov'è l'ullima pietra che nel terremoto rovinò. ScoSCENDE: Sono alla fine della rovina; resta salir fino al ponte. Tommaseo. ONDE ec. da cui l'ultima pietra del cadente ponte si distacca, o sporge in fuori. Bianchi. - Dalla qual punta sta distaccata l'ultima delle sconnesse pietre; perocchè ivi appunto termina colla rottura anche la salita. Lombardi. St SCOSCENDE: sta pendente in giù dall'altra parte, ovvero lascia d'essere scoscesa, rimanendo un po' di pianerottolo su la cima. Venturi.

Ci è piaciuto recare le chiose de' più notabili comentatori a questo verso; onde apparisca che il luogo fu forse al Poeta meno aspro a salire, che forte agli espositori d'intenderlo e spianarlo.

Secondo a noi pare,i Poeti qui si trovano sul sommo della ruina, che giace in costa (C. XXIII, 137 seg.): val dire sul masso, che fu l'ultimo a scindersi dal ponte, e a cui bisognò montare di chiappa in chiappa (v. 33). Si dice dunque che da questa punta o cima si dire che di tutte le pietre staccatesi dal SCOSCENDE l'ultima pietra: ed è quanto ponte, a fare lo scoscendimento, quel

La lena m' era del polmon sì munta
Quando fui su, ch' io non potea più oltre,
Anzi mi assisi nella prima giunta.
Omai convien che tu così ti spoltre,

Disse 'l Maestro; chè, seggendo in piuma,
In fama non si vien, nè sotto coltre:

la è l'ultima che si scoscende, o, in altri termini, che tutte le pietre si scoscendono, cominciando dalla prima all'ultima, e formano il dirupo o la scoscesa; ma quella, ove ora son giunt'i Poeti, si scoscende l'ultima di tutte. Si vede così che cotesta pietra ha rapporto alle altre quanto allo scoscendimento; ha rapporto al ponte rotto, in quanto la ruina giace in costa ed appoggia all' argine settimo, su cui hanno a salire i Poeti, per prendere il ponte che coverchia la bolgia seguente. Pervenuti a quella cima, e ancor prima ch'essi piglino a salire il ponte settimo (v. 61), resta ai Poeti l'aggrapparsi su per le schegge e pe' rocchioni del ponte rotto e scosceso; non essendo naturale che la ruina aggiunga dal fondo della bolgia sesta l'altezza dell' argine settimo con dippiù quella parte del ponte già rotto che vi sovrastava. È appunto questo il luogo, a salire il quale Dante abbisogna delle vive esortazioni del suo Duca (vv. 46-57): luogo (vv. 62-63):

Ch'era ronchioso, stretto e malagevole Ed erto più assai che quel di pria. Dante accenna l'ultima pietra che si scoscende, per significare che quindi egli si accinge a rampicarsi su per le scoscese del ponte rotto; dando così luogo a' preziosi ammaestramenti del suo Duca, (vv. 46-57) e alle più splendide dimostrazioni del proprio valore (vv. 58 e segg.).

43. LA LENA ec. l'anelito, lo spirare e il respirare mi era si venuto meno ec. Barg. Non avevo fiato. TommaseoSì MUNTA: si esausta. Bianchi.-Mi tro

vai....... si oppresso, che non potea più respirare, perduto tutto il vigore, lasso ed ansante. Venturi LENA qui fig. forza da poter durar la fatica: gli era munta, quasi premuta dall' affollare dei fianchi, sforzandosi lui alla salita (V.Inf. XII, 122, nota).

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46. SPOLTRE. Da Spoltrire verrebbe spoltra o spoltrisca; ma i verbi di ogni coniugazione si vollero, anticamente, finiti anche in e in tutte a tre le persone del presente congiuntivo (Inf. XXV, 6 Purg. 36). TI SPOLTRE: ti spoltronisca, rimuova da te la poltroneria, la pigrizia. Nel v. 53 non a caso è detto:

Con l'animo che vince ogni battaglia. perocchè poltroni furon detti in origine quelli, che appo i latini ebber nome di murcones, cioè i dappoco e gl'ignavi, i quali si troncavano il pollice per esentarsi dalla milizia: onde il Boiardo (Lib. I, C. XI, 37):

Gettati l'arme e andati alla poltrogna (a). 47-48. SEGGENDO IN PIUMA ec. Tutt'i comentatori intendono: Chè non si viene in fama seggendo in piuma, nè stando sotto collre. Sentenza espressa dal Petrarca in que' versi:

La gola il sonno e l'oziose piume
Hanno dal mondo ogni virtù sbandita.
e dal Tasso in quegli altri:
Signor, non sotto l'ombra in piaggia molle
Tra fonti e fior, tra ninfe e tra sirene;
Ma in cima all'erto e faticoso colle
Della virtù riposto è il nostro bene:
Chi non gela, non suda, e non s'estolle
Dalle vie del piacer là non perviene (b).

Dopo Quirino Visconti, il Cav. Strocchi diede una nuova e forse più bella che vera interpretazione di questi versi di Dante. Egli prende COLTRE nel sentimento di baldacchino, solicchio, solecchio, o palio: padiglione fatto di drappo serico che portavano i più ragguardevoli gentiluomini sulle cose e persone sacre o d'alta dignità e potenza, come fu fatto all' Imperator Federigo nel suo solenne ingresso a Padova il 1239, ed a Papa

(a) Gettati e andati antic. per gettate e andate. Poltrogna, oggi poltrona.

(b) Horat. Art. poet. Qui studet optatam cursu contingere metam Abstinuit Venere et vino. Qui Pythia cantat Multa tulit, fecitque puer: sudavit, et alsit: Tibicen, didicit prius, extimuitque magistrum.

Sanza la qual chi sua vita consuma,
Cotal vestigio in terra di se lascia,
Qual fumo in aere, ed in acqua la schiuma.

Innocenzo IV a Milano il 1255. Quest'or-
digno si adoperò dipoi nelle cerimonie
religiose, come oggidì vediamo.

Or come Pallium fu non di rado adoperato da'Latini per COLTRE, coperta da letto; così si è creduto che Dante usasse viceversa la voce Coltre per Palio nel significato di Baldacchino. Secondo costoro direbbe il Poeta: Che poltrendo in camera o in letto non si perviene nè a celebrità di fama, nè a fortuna da meritare di essere accolto sotto baldacchino. Così il Pulci (Morg. Magg. ult.canto, st. 145) dice che col suo Poema non ha inteso di venire in fama, nè sotto coltre:

Pertanto io non aspetto il baldacchino, Non aspetto co' pifferi l'ombrello. Ma in questa interpretazione la voce coltre si torce dal suo senso ovvio, ad un altro che non è raffermato da esempi. Le belle ragioni allegate sono confutabili, osservando che l'ordine col quale si costruiscono le parole secondo lo Strocchi, ne' versi di cui qui si ragiona, non è necessariamente quello ch'ei pretende; che il seggendo non ha niente che fare con le parole sotto coltre, le quali stanno da sè; e che il nè, per forza insita nella natura della congiunzione, fa sottintendere nelle parole che le vengon dopo, tutte le altre che poste già prima son necessarie al compimento di un'altra proposizione: Che seggendo in piuma in fama non si vien; nè sotto collre si viene in fama: ch'è quanto dire: Seggendo in piuma, e poltrendo sotto coltre non si vien in fama: cioè le oziose piume e il sonno non fanno l'uomo virtuoso e degno di onorala rinomanza. Oltre che non sempre i posti onorifici e le dignità seguitano, come dice il Bianchi, al valore e alla falica, e che spesso la cieca fortuna o la stoltezza de' potenti mettono sotto il baldacchino anche i poltroni e i somari; non sapremmo indurci a pensare che Dante mettesse in bocca del Mantovano locuzioni allusive alle costumanze del medio evo e alle cristiane liturgie; nè crediamo ch' egli inculchi

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a Dante l'attività, lo studio, e la fatica, quali mezzi per conseguir con la fama anche una mitria o il camauro che gli meriti di venir sotto il baldacchino.

Virgilio pone innanzi a Dante la sola fama, che rende gli uomini immortali. Conforto unico che lo debbe reggere su per l'alte scale che gli restavano a salire è la speranza di riveder Beatrice, Sapienza che non cura la polvere di questa terra. Dante ha inteso di far parlare il savio suo Duca assai più nobilmente dell'antico Maestro (Ser. Br. Lat. Tesoretto): Non sie lento nè tardo,

Chè già uomo codardo
Non conquistò onore,

Nè divenne maggiore.
Bono Giamb. Introd. alle Virtù cap.X:
Non si dee l'uomo annighittire, ma
francamente pugnare, perchè dice il
Savio: Sanza grave fatica le grandi
cose non si possono avere.

49-51. SANZA LA QUAL: senza la qual fama ec. Sentenza bella, non nuova, salvo che nella forma della locuzione. Questo sublime desiderio di vivere nella memoria de' posteri ebbero i grandi uomini: solo conforto nelle traversie della vita,e fonte delle gloriose opere che onorano l'ingegno umano. Dante sostenne la povertà e l'esilio, ma l'anima non gli si anneghettì; viaggiò pe' tre regni dell'altra vita, e quanto vide ridisse, al vero non timido amico; poichè temeva:

di perder vita tra coloro, Che questo tempo chiameranno antico. ch'egli disse di Virgilio: E di fatto, può ben dirsi di lui quel

La cui fama ancor nel mondo dura, E durerà quanto il mondo lontana. Sallustio nell'introduzione al Catilinario: Omneis homines, qui sese student praestare caeleris animalibus, summa ope niti decet vilam silentio ne transeant. -... et quoniam vita ipsa, qua fruimur, brevis est, memoriam nostri quam maxume longam efficere. Nam divitiarum et formae gloria fluxa atque fragilis est; virtus clara aeternaque habetur. Infiniti esempi di tale sentenza addurre potrebbonsi da poeti e prosatori.

E però leva su, vinci l'ambascia

Con l'animo che vince ogni battaglia,
Se col suo grave corpo non s'accascia.
Più lunga scala convien che si saglia:
Non basta da costoro esser partito:
Se tu m' intendi, or fa sì che ti vaglia.

Dante agguagliando la vita neghittosa ed
ignobile al fumo, alle bolle e alla schiu-
ma dell' acqua, parla alla fantasia, e le
imagini più vive e più poetiche riescono
di maggiore virtù ad istillare negli ani-
mi l'amore della immortalità (a).

CONSUMA: conduce a fine, finisce, logora. Salm. II penitenz.:

Non consentir, Signor, che la potenza Degli Avversari miei più mi consummi cioè mi finisca, m'uccida ec.- Qui consumar la vita val perderla, sciuparla, passarla in vano: ch'è come non vivere; perocchè: Is demum mihi vivere atque frui anima videtur, qui aliquo negotio intentus, praeclari facinoris, aut artis bonae famam quaerit. Sallust. Catilin. I. In questo sentimento anche il Petrarca uso la voce consumare. Trionf. della Fama II:

Ite superbi, o miseri Cristiani,

Consumando l'un l'altro; e non vi caglia,
Che 'l sepolcro di Cristo, è in man de' cani.
Raro, o nessun, ch'in alta fama saglia,
Vidi dopo costui (b) (s'io non m'inganno)
O per arte di pace, o di battaglia.
È la fama, secondo il Petrarca, quella:

Che trae l'uom del sepolcro e 'n vita il serba.

52. LEVA SU: Levati. Su avverbio di esortazione, ed equivale all'age de'latini.

(a) Le lingue orientali hanno proprio l'uso di moralizzare per figure tratte dalle cose sensibili. Osea XIII, 3: Idcirco erunt quasi nubes matutina, et sicut ros matutinus praeteriens, sicut pulvis turbine raptus ex area, et sicut fumus de fumario. E X, 7: Transire fecit Samaria regem suum quasi spumam super faciem aquae. Psalm. CXLIII, 4: Homo vanitati similis factus est: dies eius sicut umbra praetereunt. Psal. CI, 4: Quia defecerunt sicul fumus dies mei. Sap. II, 3: Transibit vita nostra tanquam vestigium nubis ec. Ivi V. 15: Spes impii tanquam lanugo est, quae a vento tollitur: et tanquam spumă gracilis, quae a procella dispergitur: et tanquam fumus qui a vento diffusus est. Virgilio poi, della visione di Anchise, che gli sparve in men che non balena (En. V. 740):

Dixerat, et tenues fugit ceu fumus in auras. (b) Goffredo.

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Sent. Su via levati da sedere (vv. 45 e 58).

53. L'ANIMO... VINCE OGNI BATTAGLIA: La fortezza e fermezza del volere supera ogn'impedimento. Nel Purgatorio (XVI, 75 segg.):

Lume v'è dato à bene ed a malizia,
E libero voler, che, se fatica

Nelle prime battaglie col ciel dura,
Poi vince tutto, se ben si notrica.

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54. SE COL SUO GRAVE CORPO ec. Se non s'ACCASCIA, non si metle giù a terra, non dimora a basso insieme col corpo il quale è grave. Bargigi Se non si abbandona ed anneghittisce come la materia a cui è congiunto. Virgilio si fa qui parlare come nell'Eneide (VI,730 segg.), ove Anchise dice al figlio che gli uomini e gli altri animali han vita dalla MENTE UNIVERSALE; ma il vigor che le anime ne traggono com'elle entrano ne' corpi sentono affievolito, e sè medesime dalle caduche membra e dal peso della materia fatte terrene e tarde (c).

55. PER LUNGA SCALA ec. Conviene aggatorio, e indi salire al Paradiso: il che è girarsi ancora per la montagna del Purscala assai più ardua, che non è questo ponte scosceso, ronchioso, stretto e malagevole che sia.

56. NON BASTA ec. Non basta partirsi, da costoro e aver percorso l'inferno. Moralmente: Si vuole lasciare il vizio e dippiù seguire la virtù, elevandosi al più alto grado di perfezione. E poichè qui i Poeti si partono dagl'ipocriti, è come se Virgilio dica: non basta che altri non faccia mostra di virtù e di bontà che non ha; ma fa mestieri essere virtuoso e buono con l'animo, ancorchè di fuori non apparisca.

57. SE TU M'INTENDI. Virgilio gli vuol

(c) Igneus est ollis vigor et coelestis origo Seminibus,quantum non noxia corpora tardant, Terrenique hebetant arlus, moribundaque mem(bra.

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