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E che pena è in voi che sì sfavilla?
E l' un rispose: oimè! le cappe rance
Son di piombo si grosse, che li pesi
Fan così cigolar le lor bilance.
Frati Godenti fummo, e Bolognesi,
Io Catalano, e costui Loderingo

99. CHE PENA È In voi ec.- - PENA.Non sa ancora che la cappa sia piombo. Tommaseo. Pure il Poeta dice prima (vv. 64, 67):

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ro eguale la bontà e la virtù interiore. Gl'ipocriti violarono moralmente il divino comando (Levit. XIX, 35 ec.). Nolite facere iniquum aliquid in iudicio, in regula, in pondere, in mensura. Statera iusta, et aequa sint pondera ec. Il disquilibrio morale va meritamente dannato alla pena del marco non propor

Di fuor dorate son, sì ch'egli abbaglia Ma dentro tutte piombo, e gravi tanto Che Federico le mettea di paglia. e sembra che già lo sappia; ma egli dimanda chi son essi (v. 97), e che pena è la loro: si risponde alla seconda inter-zionato alla portata della bilancia: dico rogazione lamentando il peso delle capd'una gravezza, che que'miseri non hanpe, causa sensibile del duolo; si rispon- no forza di sostenere. de alla prima (vv. 103 segg.) pronunziando il nome della persona e la colpa degna di quella pena.

CHE SI SFAVILLA? che si mostra per gli occhi sfavillanti e per le guance rosse. Barg.

Se sfavilla si rapporta al lampeggiar delle cappe dorate, cotesta pena sfavillanle è condegna del delitto coperto sotto il velo della virtù.

100. RANCE: dorale. Nel Purg. II, 7-9, le guance dell' Aurora,di bianche e vermiglie divengon rance, cioè auree. Della quale poi il Tasso (Gerus.liber.III,1): Ella intanto s'adorna e l'aurea testa Di rose colte in paradiso infiora. Chiave gialla (Purg. IX,119) ec.cioè, d'oro.Lat.malum aureum, melarancia.Il testo Bargigi ha oimè! in luogo di ame, eil cod.cassin.ame invece, forse,di aimè; che, considerato bene ogni cosa, parrebbe meglio allogato, e il verso acquisterebbe più forza.

101-102. LI PESI, le cappe di piombo. fan cigolar LE LOR BILANCE: fanno scricchiolar le ossa delle nostre membra, quasi bilance su cui si pongano enormi pesi. Il cigolio, secondo il Lombardi, significa il suono de' sospiri. Con questa figura par s' alluda alla divina giustizia, nella cui bilancia ha peso enorme l'ipocrisia. È ragionevole tal punizione a coloro, che alla gravità e all'onesto contegno che mostraron di fuori, non ebbe

103. FRATI GODENTI ec. A più chiara intelligenza di questo luogo è da sapere che nobili cavalieri, Loderingo degli Andalò, e Gruamonte de' Caccianimici da Bologna, Rinieri degli Adelardi da Modena, e Siracco da Reggio (a), impetrarono da Papa Urbano IV facoltà d'istituire un ordine cavalleresco sotto il titolo della VERGINE MADRE MARIA, ed essi prendere il nome di milites Dominae o soldati della Madonna. Fu loro imposta la Regola che facessero certe divozioni, non armeggiassero, che in servigio della Chiesa; fosser tenuti difender vedove e pupilli, poveri e deboli oppressi contro ragione; e non assumessero pubblici uffizi, salvo che per procurar pace ed unione dove fervesse guerra e civile discordia. Dice Benvenuto da Imola ch'egli aveano il principal Monastero nel Bolognese, in un luogo appellato Castello dei Britti. Ma, o fosse per la vita agiata menavano; o che abitando nelle case proprie viveano con moglie e figli,e godevano de' privilegi e delle immunità, fu loro dato, per ischerno, il nome di Frati Gaudenti. Tra questi cosiffatti frati, i Bolognesi Napoleone Catalani, e Loderingo nominati dal Poeta, mostrandosi di santissimi costumi, avvenne che fossero, a consentimento delle parti Guelfe

(a) Vedi il Boccaccio nel suo comento; il Muratori Annal. an. 1261; e il Federici, Stor. dei Cavalieri Godenti.

Nomati, e da tua terra insieme presi, Come suol esser tolto un uom solingo,

Per conservar sua pace; e fummo tali, Ch' ancor si pare intorno dal Gardingo. Io cominciai: o Frati, i vostri mali.

..

Ma più non dissi; che agli occhi mi corse Un, crocifisso in terra con tre pali. Quando mi vide, tutto si distorse,

e Ghibelline, eletti (a) come un sol Podestà al comune reggimento di Fiorenza, con autorità e balìa di conoscere, comporre e terminare le differenze insorte tra i cittadini. Ma i maladetti ipocriti, corrotti da'Guelfi, governaron sì la cosa pubblica, che per loro opra furono cacciati i Ghibellini, e dalla fazione opposta bruciate e ruinate le loro case, specialmente quelle degli Uberti, poste nella contrada che appellavasi il Guardingo, o Gardingo (b).

105. Da tua terRA: dalla città di F'irenze, dove tu nascesti.- INSIEME, ad un tempo e per la stessa podesteria entrambi.

106. COME SUOL ec. com'è il solilo di creare un solo a Podestà: due, come uno fosse.

SOLINGO quasi solus et singulus (c). SOLINGO lontano da amore di parti.

Tommaseo.

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può compiersi diversamente, secondo che significhi la voce mali. Se pene, supl. son da voi ben meritati; se colpe, supl. son ben puniti; se poi VOSTRI MALI S'intendono i danni, di cui siete voi stati cagione, e allora il parlar mozzo si complirà per le parole: vi hanno giustamente condotti a questa miseria.Non era qui per condolersene il Poeta; sì perchè memore delle riprensioni del suo Duca (d); sì per sua propria natura franca, generosa, leale e nemica dell'ipocrisia. Meno che ai Papi simoniaci, usava egli misericordia a questi tristi (C. XIX) che ben colloca tra i barattieri e i ladri: e acerbissimamente biasimati gli avrebbe, se non gli fosse apparsa la nuova vista d'un crocifisso.

MALI, colpe, vizi, Inf. VII, 51; o pene.

110. AGLI OCCHI MI CORSE ec. Queste

parole sono conformi all'opinione di Dante, circa il fatto della sensazione visuale. C. XVIII, 75-76, nota.

111. UN, un dannato, ch'era IN TERRA, sul piano o suolo della bolgia. CROcifisso con trE PALI. Diversa crocifissione da quella del Cristo! Questi levato in alto sulla cima del Golgota, volse a sè tutti gli occhi del mondo, e i chiovi e la croce son misteri venerati da tutt'i reden

ti: quegli nudo e vilmente prosteso per terra in forma di croce, vi è confitto con pali e attraversato per la via; acciocchè sia calpestato, e porti il peso non d'una sola cappa, ma di tutta l'ipocrisia dell'Inferno.

112-113. QUANDO MI VIDE ec.(ut vidil) non prima veduto mi ebbe,che cominciò a distorcersi, SOFFIANDO, cioè sbuffan

(d) Inf. XX, 27-30.

Soffiando nella barba co' sospiri:
El frate Catalan, ch' a ciò s' accorse,
Mi disse: quel confitto, che tu miri,
Consigliò i Farisei, che convenia
Porre un uom per lo popolo a' martìri.
Attraversato e nudo è per la via,

Come tu vedi; ed è mestier ch'el senta
Qualunque passa, com' ei pesa pria:
Ed a tal modo il suocero si stenta

In questa fossa, e gli altri del concilio,
Che fu per li Giudei mala sementa.
Allor vid' io maravigliar Virgilio

Sopra colui ch' era disteso in croce
Tanto vilmente nell' eterno esilio.

do di rabbia, e pensando che un vivo e Cristiano dovesse vederlo così reietto, e calpestarlo, e portarne le novelle anche di qua tra i vivi.

115-117. QUEL CONFITTO ec. Questo terzetto dice in perifrasi: Quegli è Caifasso. MIRI: guardi con maraviglia.— CONSIGLIO I FARISEI ec. Evang. Johan. XI, 47 seg.: Collegerunt ergo Pontifices et Pharisaei concilium, et dicebant: Quid facimus, quia hic homo multa signa facil?... Unus autem ex ipsis, Caiphas nomine, cum esset Pontifex anni illius, dixit eis: Vos nescitis quicquam, nec cogitatis quia expedit nobis UT UNUS MORIATUR HOMO PRO POPULO, et non tota gens pereat. Politica antica, e di cui abbiamo in Virgilio un vestigio nella sentenza (En. V, 815):

Unum pro multis dabitur caput (a).

118. ATTRAVERSATO... PER LA VIA, COme attraversò, quanto fu in lui,i progressi dell'idea cristiana.

120.È mestieri ch'ei senta. V. la nota al v. 111.

QUALUNQUE: chiunque. SENTA COM' EI PESA: sia calpestato. PRIA, innanzi che gli sia lecito di andare oltre. Quindi può inferirsi che Caifasso venisse conculcato anche dal nostro Poeta: il che se non fu gran fatto, per la cappa plumbea

(a) Il Caro la reca in queste parole:
Sol un convien che pera
Per condur gli altri suoi líeti e sicuri.

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ch'egli non portava; ma più ontoso tornogli d' esser colto nella miseria, in cui Dante lo vide.

121-123. IL SUOCERO di Caifasso fu il Sacerdote Anna, che posto era alla stessa pena con gli altri Scribi e Farisei dell'infame Sinedrio, che fu la MALA SEMENTA (C. III, 104 nota), che fruttò ai Giudei la distruzione di Gerusalemme, la perdita della nazionalità, e la loro cattività e dispersione per lo mondo.

chè Caifasso non anco era morto e dannato in Inferno, quando Virgilio congiurato da Eritone (V. Inf. IX, 23) andò a

124. VIDI MARAVIGLIAR VIRGILIO. Per

trarre un'anima dal cerchio di Giuda: e

quella vista gli fu nuova e maravigliosa.

125. SOPRA COLUI: di colui. Sopra in sentimento di circa, intorno; come il lat. super. Virg. En. I, 29: His accensa super ec.

DISTESO in Croce: cioè, in forma di

croce.

126. ETERNO ESILIO. Orazio ( Carmin. II, 3):

Omnes eodem cogimur: omnium
Versatur urna: serius, ocyus
Sors exitura, et nos in aeternum
Exilium impositura cymbae.

Questo esiglio, secondo il Venosino, era di tutti che morivano: pel poeta cristiano il mondo di qua è un esilio temporaneo; patria il Cielo; esilio senza tempo l'Inferno.

Poscia drizzò al Frate cotal voce:

Non vi dispiaccia, se vi lece, dirci, Se alla man destra giace alcuna foce, Onde noi ambedue possiamo uscirci

Senza costringer degli angeli neri, Che vegnan d' esto fondo a dipartirci. Rispose adunque: più che tu non speri, S' appressa un sasso, che dalla gran cerchia Si muove, e varca tutti i vallon feri:

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128. Se vi lece: se vi lice; se vi è licito o lecito; se potete.

129. ALLA MAN DESTRA. Camminando i Poeti a man manca, (v. 68) tengono a dritta l'argine, onde hanno a discendere nella settima bolgia. GIACE (V. Inf. XIX, 35). GIACE IN COSTA, v. 138.

FOCE, varco, apertura, via, sboccatura. Virg. usa angustae fauces; appo i Latini eran figurat. fauces, in sentimento di stricti ingressus vallium; come noi diciamo la gola del camino ec. per traslato da quella, che presta al cibo il passaggio dalla bocca allo stomaco.

130. USCIRCI, uscire: il ci è aggiunto per vaghezza di lingua e non è qui, come in dipartirci (v. 132), particella. pronominale. Così si uscì; e come ch'io mi guati (C. VI, 6) ec. Sottilizzando, queste particole così adoperate potrebbero ridursi ai dativi latini detti di favore. In tal guisa il ci, appiccato alla voce, avrebbe più valore, di una particella pleonastica ed oziosa.

131-132. SENZA COSTRINGER ec. Ricorre nella immaginazione di Virgilio il fantasma de' diavoli alati, che meditavano qualche frode contro ai Poeti, e gl'inseguirono volando, e furon quasi loro addosso per prenderli (v. 35 seg.). II Mantovano vorrebbe poter dunque proseguire il viaggio senza la scorta degli

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angeli neri, cioè de' diavoli in genere, e de' neri in ispezie, che son quelli della fossa quinta, dov'è la pece bollente. E Dante avea già detto (XXI, 128): deh! senza scorta andiamci soli; e la Ragione cansa il male, e cerca, al conseguimento del fine, i mezzi più pronti, e meno pericolosi.

DEGLI ANGELI: quarto caso del nome indeterminatamente espresso; ma nella sostanza è il secondo, detto partitivo, conforme alle frasi (C. XX, 415):

Io mando verso là di questi miei. che furon i dieci eletti tra i dimoni barattieri (XXI, 118 segg.); e a quell'altra (XII, 93):

Danne un de' tuoi, a cui siamo a pruovo. 134-135. S'APPRESSA UN SASSO ec. Così nel C. VIII, 68:

S'appressa la città ch'ha nome Dite. UN SASSO, un di quelli scogli che muovono dall'imo della roccia e recidono gli argini e i fossi (C. XVIII, 16-18):

Infino al pozzo che i tronca e raccogli. Sasso per scoglio dal lat. saxum. Vallon feri: bolge, detti anche fossi, crudeli e orribili a vedere. Virg. Ecl. V, 28: montesque feri. — C. XXII, 14: Ahi fiera compagnia! C. XXIV, 122: I' piovvi di Toscana,

Poco tempo è, in questa gola fera. FERA, perchè chi ciò parlava soggiugne:

Vita bestial mi piacque e non umana. VARCA, valica, passa, recide gli argini e i fossi (C. XVIII, 16 seg.). Essendo questo sasso come un ponte di molti archi; l'illustre Tommaseo annota VARCA: fa un ponte su tutte le bolge — C. XXIV, 68:

L'ARCO CHE VARCA QUIVI: cioè, che quivi apre il varco, dà il passaggio ec.

Salvo ch'a questo è rotto, e nol coperchia:
Montar potrete su per la ruina,
Che giace in costa, e nel fondo soperchia.

Leggasi la notaal v.17 del canto XVIII. È quistione se molti ponti partano da vari punti della gran cerchia che cinge Malebolge, e vadano a metter capo al pozzo che v'è nel centro; ovvero non ve sia che un solo, il quale varchi tutte le bolge. Il Daniello, e l'autore degli aneddoti, Verona 1790 (a), son di questa seconda opinione, che dicono convalidata da' versi 134 e 135:

S'appressa un sasso, che dalla gran cerchia Si muove, e varca tutti i vallon feri.

Quasi tutti gli altri dotti espositori, tra i quali il Venturi, il Lombardi, e recentemente il Bianchi e il Tommaseo, credono che ve ne siano ben molti di tratto

il P. Lombardi; ma gli sta in mente che quelli scogli ed archi di molti ponti potessero servire: per puntelli e sostegni degli argini, o per salirvi i Demoni a meglio vedere ciò che in fondo delle bolge facciano i dannati; non pensando il valentuomo che l'opera, la quale si suppone fatta da Dio (C. III, 5 seg. XIX, 10 seg.), non incrina, nonchè faccia corpo, e sbonzoli che abbisogni di sdruccioli o di puntelli; e che i diavoli sono alati e celeri per esser dove che si vo

gliano (C. XXII, 146 segg.-XXIII, 35) a fare il proprio officio, e men si ficcano a spiar la miseria di que' dannati, di quel che si faccian gli uomini tra di loro.

in tratto, come pare dica il Poeta (Inf. 3° La voce SCOGLI, che leggesi nel verso XVIII, 16 segg.):

Così da imo della roccia scogli

Movién, che recidean gli argini e i fossi Infino al pozzo, che i tronca e raccogli. e (Inf. XXIV, 67 e seg.):

Non so che disse, ancor che sopra 'l dosso Fossi dell'arco già che varca quivi. A noi sembra più ragionevole l'opinio

ne del Daniello.- 1° Perchè sendo fatta comparazione tra l'architettura di Malebolge e i castelli muniti di fossi e ponti: come in un castello v' avea più fossi e un ponte solo: così debb'essere in Malebolge. 2o Dante ebbe mestieri di crearne uno: più ponti a che? non per rinforzare gli argini di pietra ferrigna, nè per simmetria che non accade, nè per dare passaggio, alle anime o ai diavoli, di una in altra bolgia; perchè quelle hanno il confino, e a questi è vietato l' intervento in luoghi dove non furono deputati (v. 55). Un edifizio che non servisse nè all' utile, nè al diletto, accuserebbe d' imperizia l'architettore. La ragione che il citato autor degli Aneddoti arreca, del dover'essere all' Inferno un solo ingresso, una sola porta, e anche una sola via ec. muoverebbe piuttosto

(a) Dalla sposizione de' vv. 16-17 del C. XVIII fatta dal Bargigi si vede che anche que sto diligente comentatore, vissuto nella prima metà del secolo XV, ammetteva un sol ponte di più archi in fila,che attraversa tutti i fossi e gli argini di Malebolge.

16 del Canto XVIII, deve intendersi dei ponti parziali (b) che corrono in fila dalla gran Cerchia al pozzo, recidendo gli argini e i fossi di Malebolge; e non fanno che un gran ponte di più archi, i quali colmeggiano sopra il fondo delle rispettive bolge (c). Il verso 67 seg. invocato dal Tommaseo non dice nulla in suo favore, perocchè l'arco che varca quivi va inteso per l'arco del ponte parziale che sovrasta quivi, cioè in quella bolgia. Sicchè noi crediamo avere fernell'infernale architettura di Malebolge, mato abbastanza l'unità del gran ponte secondo il disegno delineato dall' Alighieri (V. not. v. 139 segg.).

136. SALVO CHE A QUESTO vallone il sasso, cioè il ponte, È ROTTO (d), e nol COPERCHIA, non coperchia il vallone. Nel C. XXI, 47:

Ma i demon che del ponte avean coverchio. 137. RUINA del ponte, i ruderi o rottami del ponte ruinato ammucchiati.

138. GIACE (C.XIX,35 nota). IN COSTA:

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