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chi troncandosi coi denti a brano a brano (1), e tutte bestemmiando la Virtù divina (2).

Quindi

Prendendo più della dolente ripa,

Che il mal dell'universo tutto insacca (3), correndo la morta gora tra fangose genti (4) per quella terra sconsolata (5), per quel mondo defunto, senza fine amaro (6), continua il suo cammino lagrimando (7), confuso di tristizia (8), vinto di pietà e smarrito (9); sempre colla fiera compagnia di dannati e di demoni (10) fra nuove travaglie e pene (11), scorgendo piaghe

Recenti e vecchie dalle fiamme incese (12), lasciando il fiele ei va pei dolci pomi promessigli per lo verace Duca (13); va per non esser più cie

pena a' lussuriosi, quibus procella tenebrarum servata est in æternum.

(1) Inf. VII. 110. Il poeta altrove (VIII. 6). di Filippo Argenti:

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(7) Inf. III. 24, V.

117, VI. 59, XX. 25, ed altrove.

(8) Ibid. VI. 3. (9) Ibid. V. 72 e 130.

X. 125.

(10) Passim; soprattutto vedi XII. 100, e XXII. 13.
(11) Ibid. VII. 20. (12) Ibid. XVI. 10.
(13) Ibid. 61.

co, per viver meglio (1), procacciando cioè quel dolore delle proprie colpe che a Dio ne rimarita (2) e facendosi dire a Virgilio in dolce rimprovero, ma ad ammaestramento di terribile verità:

Qui vive la pietà quand' è ben morta (3),

dopo trentatre ore di angosciosissimo viaggio, non mai confortato da un raggio solo di luce e d'amore, esce a riveder le stelle (4) lasciando dietro a sè mar si crudele (5).

(1) Purgat. XXVI. 58 e 75. E del cieco gli dà, altamente compassionandolo, Marco Lombardo (Purgat. XV. 66).

(2) Ibid. XXIII. 81. Vedi quanto Dante ragiona della importanza della vita intellettuale, Convito tratt. II. cap. 8, e tratt. IV. cap. 7.

(3) Inf. XX. 28. Di tale avviso se ne varrà il Poeta nel C. XXXIII. 149. Questi luoghi, e altri che si potrebbero recare, della prima Cantica, ove spiccano gli opposti della luce e dell'amore, fanno viemeglio risaltare la ragione teologico-filosofica dello stato nel quale versano coloro Ch' hanno perduto il ben dello intelletto (Inf. III. 17); l'intelletto agente, che dagli Scolastici è chiamato habitus quidam ut lumen, e da Boezio, gran maestro di Dante, intimi lux visus, ed il suo bene è la verità, oggetto primo dell'intelligenza, raggio pur essa divino, che accende l'amore per l'atto della volontà. La privazione dell'eterna Luce e dell'eterno Amore cagiona ne' dannati eterna notte e odio eterno; dove a' Beati rifulge nel suo pieno e sempiternale meriggio il Sole dell' intelligenza, il vero desire dell'intelletto (Parad. I. 7), benchè per gradi vi corrisponda l'amore secondo i meriti di ciascuno. Epperò nel contrasto degli opposti viepiù risplende il semplice e il sublime dell'idea Dantesca. (4) Inf. XXXIV. 139. (5) Purgat. I. 3.

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Come rapito alla rinnovata consolazione del grande spettacolo della creazione ridente, opera d'amore, reso ancor più grande dal contrapposto delle patite tenebre recenti, si sente rivivere di nuova vita, e viemeglio purificato a intendere le alte maraviglie della bontà di Dio; onde nell'affetto del cuore riconoscente, solleva un inno alla luce e all'amore, preludio dolcissimo al viaggio del Purgatorio: nuovo il viaggio, nuova la poesia, sì che di più leggiadra umano ingegno non ne produsse giammai:

Dolce color d'oriental zaffiro,

Che s'accoglieva nel sereno aspetto
Dell'aer puro, infino al primo giro,

Agli occhi miei ricominciò diletto,

Tosto ch' io uscii fuor dell' aura morta,
Che m'avea contristato gli occhi e il petto.

Lo bel pianeta, che ad amar conforta,
Faceva tutto rider l'oriente.... (1);

e appresso:

L'alba vinceva l'ôra mattutina,

Che fuggia innanzi, sì che di lontano
Conobbi il tremolar della marina (2).

L'olezzo poetico, la temperata intonazione, e la mite e fresca dolcezza della Cantica del Purgatorio, altrove, se mal non veggo, si cerca invano. Qui non v' ha

(1) Purgat. I. 13 e segg. (2) Ibid. 115.

(3)

Caron dimonio cogli occhi di bragia (1), ma l'Angel di Dio, che parea beato per iscritto (2), trattando l'aere con le eterne penne "; qui non c'è il batter col remo qualunque s'adagia (4), il mal seme d'Adamo (5), l'anime nere (6), cacciati dal ciel, gente dispetta (7), spiriti maledetti (8), ma si anime fortunate tutte quante (9), spirti ben nati che purgan sè (10), il segno di santa croce (11), dritto e buon zelo (12) ̧ saluti affettuosi e baci (13), accoglienze oneste e liete (14), augurii vicendevoli (15), vallette fiorite, foresta spessa e viva (16), canti innamorati e devoti (17), e Un'aura dolce, senza mutamento

Avere in sè (18);

e in luogo dell'onda bruna (19) e della livida palu

298.

7.

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(2) Purgat. II. 29, 44.

(4) Inf. III. 111.

(7) Ibid. IX. 91.

XVIII. 76.

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(3) Ibid. 35.

(5) Ibid. 115. (6) Ibid. VI. 85.

(8) Ibid. IX. 19. Malnati (Ibid. V.

XXX. 48). Mal creato (Ibid. XXXII. 13).

(9) Purgat. II. 74. — (10) Ibid. V. 60. e I. 65. — E Ibid. XIX. 76: O eletti di Dio....

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E XVI. 19: Pure Agnus Dei eran le loro esordia.

(18) Ibid. XXVIII. 7. (19) Inf. III. 118.

de (1), un ruscello che nulla nasconde (2), e un fiume, che ravviva la tramortita virtù, e fa sì dolce bere, che mai non sazia (3); rassegnazione sempre serena e pietosa (, preghiere di quelle anime per quelli che dietro a lor restaro (5), e suppliche modeste ma vive di suffragi (®). E l'andare del Poeta è ben altro, chè la montagna del Purgatorio è tale che quanto uom più va su, e men fa male (7); reso più agevole il viaggio dalla certezza di assommare in bene tanto lavoro (8), e di vedere Beatrice ridente felice sulla vetta del sacro monte (9).

Innalzando la sua materia (10), e continuando suo cammin santo (11), nuove bellezze. D'un Angelo :

(1) Inf. III. 98. (2) Purgat. XXVIII. 28. (3) Ibid. XXXIII. 129 e 138.

(4) Purgat. X. 138.

(5) Ibid. XI. 22.

Vedi anche VIII.

13 e segg.

VI. 26, e di fre

(6) Ibid. III. 145. V. 71, e 133.

quente con tenerezza altamente sentita nei Canti seguenti.

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Av

(7) Ibid. IV. 40. Ed ha ottimo riscontro e spiegazione dall'altro del XIII. 13. V. Ibid. XXVII. 120, e altrove. verta nondimeno il lettore che per il monte del Purgatorio non si potea salire nemmeno d' un passo dopo il Sol partito (V. Ibid. VII. 43-54, XVII. 62, XVIII. 110); ma ben s'avria potuto tornare in giuso,

E passeggiar la costa intorno errando (Ibid. VIII. 58). (8) Ibid. XXI. 112. (10) Ibid. IX. 70.

(9) Ibid. VI. 46. (11) Ibid. XX. 143.

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