110 Allor mi disse: quel, che dalla gota Porge la barba in su le spalle brune, Fu, quando Grecia fu di maschi vota Augure, e diede il punto con Calcanta In Aulide a tagliar la prima fune. L'alta mia Tragedia in alcun loco; Ben lo sai tu che la sai tutta quanta. Michele Scotto fu, che veramente Delle magiche frode seppe il giuoco. Ch' avere atteso al cuoio ed allo spago Ora vorrebbe, ma tardi si pente. La spuola e 'l fuso, e fecersi indovine; 115 120 107. PORGE, stende, manda, gitla (V. ragion dello stile, anzichè della materia, Inf. VIII, 112) da Porrigere per exten- fu tenuta moltissimi secoli innanzi a Dandere. Sent. Quegli a cui dalle gote scen- te. V. Osservaz. del Rosa Morando. de la barba sulle spalle, non già sul pet- IN ALCUN Loco. Virgilio fa menzione lo (v. 13): d'Euripilo nell'Eneida (Lib. II, v. 114). Chè dalle reni era tornato il volto. 114. LA SAI TUTTA QUANTA, sai ec. cioè 108-109. Fu... AUGURE (v. 110). GRE- tieni a memoria l'Eneide. Secondo la CIA DI MASCHI VOTA; perchè, salvo i fan- sentenza: Tantum scimus quantum meciulli, tulli andarono contro i Trojani. moria lenemus, Sapere vale anche sa 110-112. Calcanta, Calcante (Inf. II, pere a mente; e ne abbiam trovato al140) dice la storia favolosa che mandato cun esempio, che non curiamo di ripeda Priamo all'oracolo d'Apollo, per sape scare. Intanto nota qui, lettore, che Danre qual fosse per essere la fine della te pose nell'Eneida tanto studio, che pel guerra, ed essendogli risposto che Troia continuo uso gli stelte tutta a mente, cosarebbe disfatta, si gittò da' Greci. Euri me al Boccaccio la Divina Commedia; nè pilo, augure greco, e Calcante, nel punto potea l’Alighieri torre altrimente dal Manche lor parve più prospero, fecero del ovano lo bello stile che gli ha fatto onore. porto d' Aulide muovere l' armata di 115. Tra il poco e il troppo (ch'è l'ulGrecia. tra opus) sta la giusta quantità. Poco 113. TRAGEDIA, l'Eneide. — Per Tra- adunque era quell'altro ne' fianchi, pergoediam, superiorem stilum induimus, chè smilzo, ed in carne assai di qua dalper Comoediam inferiorem, per Elegiam la regolare misura. Il Nannucci notd, stilum intelligimus miserorum (De vulg. che qui poco debbe intendersi per picEloqu. Lib. II, cap. IV). Torquato Tascolo, sollile ; come il provenzale pauc so fu il primo che ripescasse questo luo- che ha l'identica significazione. go, d'onde si vede che Danie diede al 118. Guido BONATTI da Forlì vissuto suo Poema il nome di Comedia per la nel XIII secolo scrisse di Astrologia. mediocrità dello stile, e l'Eneida chiamo ASDENTE Parmese ciabattino, che, sutor Tragedia per la dizione sublime e ma- ultra crepidam, fe l'indovino ai tempi gnifica. Questa differenza di nomi per del Poeta. 125 Fecer malie con erbe e con imago. D'amendue gli emisperi, e tocca l' onda Sotto Sibilia Caino e le spine. Ben ti dee ricordar, che non ti nocque Alcuna volta per la selva fonda. e 123. Imago. Canidia (Ep. XVII) pres- tori se veramente Dante non istesse nelso Orazio: la selva più che una notte, e non s' illuAn, quae movere cereas imagines, dano dalle parole: Ut ipse nosti curiosus, el polo La notte ch'io passai con tanta pieta dove la notte dee prendersi metaforicaDesiderique temperare poculum: mente per tutto il tempo del suo traviaPlorem artis in le nil agentis exilum? mento (Inf. XV, 50-51). In secondo luo124-125. CONFINE D'AMBEDUE GLI EMI- go avvertano che a Virgilio, il quale era SPERI è l'Orizzonte. Spirito, e questo mondo e tutti i rivol126. Sotto Sibilia, di là da Siviglia. gimenti del sole, della luna e degli astri Tocca L'onda, tramonta nell'oceano,oc- erano visibilissimi; senza di che non s'incidentale rispetto all'Italia, od Atlantico. tenderebbe come egli potesse indicare a CAINO E LE SPINE, La Luna; le cui mac Dante le ore e i momenti del loro sorgechie, siccome favoleggia il volgo, sono re e tramontare. il viso di Caino, e il lume una forcatella Da ultimo avverta il lettore come la di spine accese, simbolo dei sacrifizi non turba di coloro, che da maghi, auguri ed accetti a Dio. (Parad. II, 49 seg.). indovini han cuculiato il mondo, popola127. JERNOTTE FU LA LUNA TONDA, cioè no un'intera bolgia più penosa della prepiena. Quindi s' inserisce ch' eran già cedente; poichè se i Simoniaci vendono compiuti due giorni del viaggio. Per come lor merce le cose di Dio, colesti ciocchè il Poeta uscì della Selva mentre presumono stoltamente di leggere nel nasceva il Sole (Inf. I, 16 seg.); entrò futuro, e fanno suo proprio un attributo della Divinità. in Inferno dopo il tramonto (Inf. II, 1 segg., e 142); trovossi con l'aurora del 128. NON TI NOCQUE. Ti giovò cammidi seguente sulla ripa che sovrasta al VII nare almanco al suo lume per la Selva cerchio (Inf. XI, 112 seg.): ora si ac- profonda; uscito della quale poi ti apcenna al secondo tramontar della luna, la parve il Sole: quale era sorta tonda la sera innanzi Che mena dritto altrui per ogni calle. (v. 27) ritardando il ritorno al meridia- ALCUNA VOLTA; perchè noi abbiamo calno regolarmente di 48 min. e 46 secon- colato che Dante si aggirò molti anni per di: ecco adunque il secondo sole che la Selva oscura (V.Inf.XV,50 e 51, nota). nasce dall'opposto punto dell'orizzonte, 130. INTROCQUE. Voce fiorentina antiq. e due giorni compiuti incluse le dodici dal lat.inter hoc, vale frattanto.-B.Bianore tra l'apparizione di Virgilio e l'entra- chi. - I provenzali entro c'o tro que, ta in Inferno (a). Vedano i dotti esposi- per infino che, fin che. Dante volle dun que dire: andavamo intanto,o nel men(a) Il chiosatore del testo Cassinese: LUNA Tre ch'egli parlava. V. Inf. IV. 64. TONDA. Dicit quod luna... erat in confinibus nostri emisperii occidentalis et sequentis alterius Bisogna seriamente riflettere alla seorientalis, et sic sequitur, ut sol, hic esse debe. guente nola dell'Illustre Tommaseo: «INret in quarta hora si bene ispiciatur et sic hic et « TROCQUE. Inter hoc. Antica voce fioin sequenti capitulo ubi dicit de hora sexta col. ( rentina usata dal volgarizzatore di Liligitur quod auctor stetit in hoc ylinere inferni, per XL horas, idest, per duas nocles et unum « vio. Dante la giudica non illustre neldiem et tertiam partem alterius dici. « la Volgare Eloquenza. Di qui si vede nome a che il poema suo non è scritto nella in Onesto Bolognese: « lingua detta da lui cortigiana ». Que Più non attendo il tuo soccorso Amore ec. sta illazione è illogica. L'argomento del Non sappiamo dunque come negar si Tommaseo si riduce a questo: Nella Di- possa alla lingua di Dante il pregio che vina Commedia si trova alcuna voce del egli attribuisce ai sullodati rimatori. La volgare contadinesco di Firenze: dunque Divina Commedia è il Poema della rettiessa non è scritta nella lingua cortigia- tudine e della virtù: due cose che sena. Potrebbesi in contrario argomentare condo lui (Lib. II, cap. II) son degne sofisticamente cosi: Nel sacro Poema è si trattino in volgare illustre ; e anzi in alcuna voce del volgare cortigiano: dun- altissimo volgare la canzone, ch'è que fu esso scritto in lingua cortigiana. da lui dato a ciascuna delle tre parti del Deduzione vera, premesse false. Il sillo- Poema (v. 3, nota). gismo del Tommaseo difetta nella mate- Condanna il Nostro Poeta (Lib. I, XIII) ria e nella forma. Per decidere che la quel Divina commedia sia scritta in volgare Manichiamo introque non cortigiano, bisognerebbe provare che del basso volgar toscano; ed usa in tutto il poema non fosse nè vocabolo, trocque egli stesso, e manicare, e molnè costrutto che si partisse dall'idioma te altre voci che son proprie di questo o municipale di Fiorenza. I due libri De di quel dialetto italiano. Queste voci Vulgari eloquio son lì per dimostrare hanno lustro nelle rime dell'Alighieri, e falsa la sentenza del nobile illustratore. son come tanti caratteri de' dialetli onde Dante chiama Volgare illustre, cardina- si compose la lingua comune ; nè però le, aulico, curiale quel ch'è comune ad vien meno illustre la sua chiara favella. ogni città italiana e non par proprio di Potè ciò ben fare, quando gli fu lecito, nessuna (Lib. I, cap. XVI). In ciascun a render yive le sue pitture, mettere in idioma è alcun che di bello, bello lut- bocca a Pluto parole di nessun dialetto to non è in nessuno. Bisognerà secon- di questa terra, ed introdurre or questo do la mente dell'Alighieri coglierne il che favelli in latino, or quello che in fiore e giltar la Crusca per avere il Vol- provenzale. I tre modi delle cose da digare Illustre. Egli biasima Guitton d'A- re sono secondo le teoriche dell'Alighierezzo ed altri che usarono nelle loro ri, il Tragico, il Comico, e l'Elegiaco; ed scritture la lingua del proprio paese è lecito alla Commedia (Lib. II, IV) usa(Lib. I, cap.XIII); ma loda i siciliani che re alcuna volta il volgar mediocre, ed alla Corte di Federico e di Manfredi ri- alcun'altra anche l'umile. La Divina Commarono per modi più eletti che non eran media è scritta nella Lingua illustre, perquelli usitati dalla gente volgare (Lib. I, chè s'intende in tutta Italia e non si ascap. XII). In nessun volgare municipa- simiglia alle mille e più variazioni di lole, non eccettuato il Toscano, trova ca- quela che si trovano (Lib. I, cap. X) in ratteri onde si dica illustre; ma vocaboli questo minimo cantone del mondo. Se molto cortigiani son questi: Volgar di Dante non fosse l'illustre Madonna, dir vi voglio nel poema a cui han posto mano cielo e Per fino amore vo sỉ letamente. posti in rima da un pugliese. Riconosce terra, e dov'egli levò lo stile sino all' all'eccellenza del Volgare in Guido Lapo, tezza del Paradiso; noi non sapremmo in Cino da Pistoia (Lib. I, cap. XIII); vedere in che avess'egli imitato il suo nelle rime di Brandino Padoano che's Maestro, nè da qual tempo apparisse in sforzò partire dal materno parlare (Lib.I, Italia esempio di lingua che dir si possa cap. XIV); nonchè poi nel Massimo Gui: nobile, aulica o cortigiana. do Guinicelli, che disse: L'opinione del Tommaseo è falsissima Madonna il fermo core ec. e noi l'abbiamo combattuta, perchè poin Fabrizio: trebbe l'autorità del grande uomo tornar Lo mio lontano gire ec. di grave pregiudizio al vero. CANTO XXI. Quinta bolgia: i Barattieri. Cosi di ponte in ponte, altro parlando Che la mia Commedia cantar non cura, Venimmo, e tenevamo 'l colmo, quando Di Malebolge, e gli altri pianti vani; E vidila mirabilmente oscura. 5 3. TENEVAMO 'L COLMO ec. eravam manderemmo come la si potesse vedere. giunti sul punto culminante o sulla ci. Così nel III di questa Cantica (v. 10): ma del ponte che soprasta alla quinta Queste parole di colore oscuro bolgia. Tenere per occupare un luogo, Vid'io scritte al sommo d'una porta. giugnervi ec. Virgilio (En. II) degl'im- 7. Arzana, arsenale: Due secoli dopo, mani serpenti dopo aver detto (v. 205): parole del Tommaseo, il Rucellai chiaad litora tendunt, soggiugne (v. 209) merà Navali L'Arzana. Così la poesia si Jamque arva tenebant. fa cortigiana davvero. Vedi il concello 4-5. VedER L'ALTRA FESSURA DI MALE- che l'illustre uomo si è fatto della poeBOLGE. Le bolge chiama Dante or fossi, sia cortigiana (Inf. XX, al v. 130). Ma or valli, or valloni ec. Qui Fessura o Navalia, ium o Navale usarono i classifenditura è detta da Fendo, ad iram steria (a). Il Lombardi legge con la Ni ci latini, abbandonando l'antica voce Caconcito, antic., ovvero dal gr. dévo), occido, ut signet animum habere hoslilem dob. Arsend, perchè questo s'accosta et ad occidendum paralum ; ognun sa più all'intero vocabolo Arsenale. Arsenà pendo lo strazio che i diavoli vi fanno ha eziandio il testo bargigiano: lez. sede' barattieri. Notisi veder del v. 4 guita dall'ediz. del Fulgoni, Rom. 1791, accomodarsi anche al verbo udire come e della Minerva, Pad. 1822. Arzend la non di rado fa questo a quello. Quindi di S. Croce. Arsanal fra le varior. del Rovelliana, Lion. 1551. Arsenal il cod. VEDER... GLI ALTRI PIANTI.-Gianni Lapo: Wilte. Ma il Venturi, il Volpi, il Niccoli E vederai sua dolce intelligenza. ed in altra Canzone: ni, il Bianchi, il Tommaseo e molti altri E poi udita sua dolce accoglienza. ritengono Arzanà, come voce ch'è del Così il Nostro (Inf. XXXIII): dialetto popolare Veneziano: la quale più Parlare e lagrimar vedrai insieme. probabilmente potè essere stata adopeIl pedante arriccia il naso; ma il filo- rata da Dante, come ne fan fede i misofo sa che il vedere essendo il più gen- gliori codici, nonchè quelli del Burgotile e il più chiaro de'sensi, può a dino- franco, Ven. 1529, del Sansovino Ven. tare la forza, e l'efficacia degli altri sen- 1564, dello Zatta 1757 e del De Romatimenti bene adoperarsi per iutti; e figu- nis, Rom. 1822, ma e quello di Mantova ratamente ancora nelle stesse cose che 1472 e il Filippino (sec. XIV): per il s'appartengono all'intelletto, si hanno che fu questa la lettera prescelta dal l' evidenza e la certezza che son pure Witte pel suo testo, ed antiposta alle alda videre e da cernere. tre da quasi tutti i più diligenti editori. 6. Oscura, negra per la pegola che Alcuni fanno Arzenà da Arzeni, argini; n'inviscava la ripa (v. 18). Se qui altri e (a) Cantù, stor. letter. lat. Le Monn. 1864 intendesse buia e senza luce, noi gli di pag. 30. Bolle l'inverno la tenace pece, A rimpalmar li legni lor non sani, 10 Chi fa suo legno nuovo, e chi ristoppa Le coste a quel che più viaggi fece; Altri fa remi, ed altri volge sarte; 15 Tal, non per fuoco, ma per divin' arte, Bollia laggiuso una pegola spessa, Che inviscava la ripa d'ogni parte. 20 Lo Duca mio dicendo: guarda, guarda, Mi trasse a sè del loco dov' io stava. 25 Di veder quel che gli convien fuggire, E cui paura subita sgagliarda, Che per veder non indugia 'l partire: quasi delto per arginato, cioè luogo cin- va il Biagioli questo tratto rendere l'imto da argini, destinato alla costruzione e magine del Fervet opus Virgiliano, e ristaurazione di navigli ec. altri da ars in- nella similitudine scorgersi un'eloquentendono derivato il vocabolo Arzand me- za e una facondia mirabile, un'azione, glio che Darsena secondo i dialetti ge- un movimento, un ardore tale, che novese, napolitano, e pisano. Per quanto maggiore non si può desiderare. a noi pare, da ars navalis non sarebbe 19. Lei, la pegola (v. 17). Spesso gli stato difficile di comporre in prima una antichi riferirono i vice nomi egli, ella voce ars-naalis e venir gradatamente ai a cose inanimate, il che oggi non vuol vocaboli ars-nali, ars-nale ed arsenale; farsi; ma qui vorremmo saper dai gramdinotando col nome dell'arte il luogo do- matici qual altro pronome userebbero. ve questa s'adopra. 20. Ma che, più che ec. V. Inf. IV, 8. L'INVERNO, massimamente, quando 25 nota. non è tempo da navigare. (v.10 e seg.). 21. GONFIAR... E RISEDER. Virg. Georg. 9. RIMPALMAR con essa pece, rispal- II, 479 seg. de' flutti marini: mare; rimpeciare. Unde tremor terris: qua vi maria alta tumescant 10. NAVICAR NON PONNO, Objicibus ruptis, rursusque in se ipsa residant. i vinizianiE IN QUELLA VECE, e invece di navigare. 22.COI TARDA: preme.V.Inf.IX,9 nola. 11-15. RISTOPPA LE COŞTE. Ne ritura 27. PAURA SUBITA. Turbamento d'anicon istoppa le fessure; Calafatare è mo, commosso per cosa impensata, suproprio. bitanea, improvvisa.-SGAGLIARDA, sgaTERZERUOLO ED ARTIMON - Nominando gliardisce. Il timore fa venir meno le la più piccola vela e la maestra Dante le forze. fa intendere tutte. — Rintoppa, rattop. 28. PER VEDER NON INDUGIA ec. Per vepa, ripezza, risarcisce. Bene osser- der. Vedi questa forma nell'Inf. XVI, e |