80 88 Laggiù cascherò io altresì, quando Verrà colui, ch' io credea che tu fossi, Allor ch' io feci 'l subito dimando. E ch' io son stato così sottosopra, Ch' ei non starà piantato coi piè rossi; Di ver ponente un Pastor senza legge, Tal che convien che lui e me ricopra. Ne’ Maccabei; e come a quel fu molle Suo re, così fia a lui chi Francia regge. Ch' io pur risposi lui a questo metro: Deh or mi dì, quanto tesoro volle Ch' ei ponesse le chiavi in sua balia? Certo non chiese, se non: viemmi dietro. Oro o argento, quando fu sortito 90 93 un pertugio. Nuova che sia questa no- che per favore d'Antioco, re di Siria, ustra interpretazione, ha se non altro la surpasse la dignità di sommo sacerdote, caldezza dello spirito aligheriano; dove spogliasse il tempio di Gerusalemme e vi le altre ti fanno sentire l'inerzia del ge- introducesse il falso culto. Clemente renlo, di cui mai non intormenti l'anima de viva in gran parte l'imagine di Jasone. del gran Ghibellino. 86. Molle, pieghevole. Quest' epite79-81. Nicolao III visse men che due to va col soprannome il Bello preso nel anni papa, e morì nel mese di agosto senso volgare di bole, arrendevole ec. 1280. Da questa data al 1300, epoca della visione dantesca, erano già 20 an- che Chiesero, non tanto che chiese sta 94. TOLSERO crediamo legger meglio ni passati, che questo S. Padre stava commesso nel foro di dannazione. Ora nel v. 93, quanto perchè TOLSERO col dic' egli che Bonifazio verrà in suo luo- codice Cassin. hanno le quattro ediz. del 1472 del Vernon ; il testo Filippino go, ma non vi starà sì lungo tempo; poiche dopo dieci anni circa andrebbe Cle. (XIV sec.), l'ediz, del De Romanis e le mente V (a) a cacciarlo giù per piantar- variorum del Witte. Ed oltracciò di Crivisi esso. sto non si sarebbe potuto dir tolse, co me di Pietro e degli altri, dove avessero 85. Nuovo Jason. Di questo Jasone simoneggiato. si legge ne' Maccabei (Lib. II, cap. 4) Mattia eletto apostolo in luogo di Giuda (Act. Apost. I). (a) Clemente V fu Raimondo di Guascogna Arciv. di Bordò, fatto papa ad intrighi del Car- 95. FU SORTITO: Dederunt sorles eis dinal di Prato e di Filippo il Bello. Questo Pa- (Joseph et Mathiae) et cecidit sors super pa trasferi la sedia pontificale in Avignone; favori e fu favorito dal detto re di Francia: mori Mathiam, et annumeratus est cum unnel 1314. decim Apostolis (Act. Ap. I, 26). . 100 Però ti sta, chè tu se' ben punito, E guarda ben la mal tolta moneta, Ch' esser ti fece contro Carlo ardito: La riverenza delle somme chiavi, Che tu tenesti nella vita lieta, Chè la vostra ayarizia il mondo attrista, Calcando i buoni e sollevando i pravi. Quando colei, che siede sovra l' acque, Puttaneggiar co' regi a lui fu vista; E dalle diece corna ebbe argomento, 105 110 е 99. CONTRA CARLO ARDITO. Nicolao 109-117. I comentatori credono che fatto Papa e ricco fece richiedere Re Car- il Poeta intenda qui l'Evangelista diverlo I d'Angið d'imparentarsi con lui: V- samente che nel Purgatorio (XXXII, 149 lendo dare una sua nipote a uno nepo- segg.); ma forse ei sono in errore (a) e te del Re, il quale parentado lo Re Car- il non saper conciliare i due luoghi è inlo non volle assentire.G. Vill.--Procida dizio di non averli bene intesi. L'Apoca trovò il Papa disposlissimo d'entrare a lisse, secondo che a noi pare, è il quafavorire l'impresa. Costanzo.-E i Vespri dro in cui si rileva il combattimento tra poi domarono (1282) l'Angioino, e fece- il secolo e l'eternità. La Città di Dio è ro vendetta ad un tempo de' Siciliani e l'ideale perfetto della beatitudine. Ella del Beatissimo Padre. ha sue fondamenta ornale di tutte pietre 103. PIÙ Gravi. Bastano anche queste. preziose; dodici porte son dodici marLe altre appresso colmado lo stajo. gherile e dodici angeli stannovi a custo 104. LA VOSTRA AVARIzia. Ecco la Lu- dia; oro mondo come purissimo cristallo pa.- ATTRISTA, accora. Parad. VIII, 73: son le piazze; la chiarità di Dio le fa di Se mala signoria, che sempre accora sole e di luna; sua lucerna è l'Agnello Li popoli suggetti, non avesse immacolato ; a questo lume camminano Mosso Palermo a gridar: mora, mora. le genti e le porte non si serrano, chè Così il Poeta, Vit, nuov, Tristizia usa mai non vi annotta: Dio onnipotente e per l'opposto della letizia: Pietosa mia Canzone, or va piangendo: l' Agno son suo tempio ed altare. La E ritruova le donne, e le donzelle, Chiesa militante costituita sulle fondaA cui le tue sorelle menta degli Apostoli, con Cristo a pietra Erano usate di portar letizia; angolare in questa valle fu quella che E tu, che sei figliuola di tristizia, Vatténe sconsolata a star con ellé. vide Giovanni (XXI). Jerusalem novam E nella prima terzina del son. Era ve descendentem de coelo, a Deo paratam, nuta ec. dice: sicut sponsam ornatam viro suo: taberPiangendo uscivan fuori del mio petto Con una voce, che sovente mena (a) Nella Vita Nuova, Dante dice: Ed acciocE in un'altra Canzone: Gli occhi do- chè non ne pigli alcuna baldanza persona groslenti ec.: sa, dico, che nè i poeti parlano cost sanza ra gióne, nè quegli che rimano, deono parlare coMa vien tristizia e doglia ši, non avendo alcuno ragionamento in loro di Di sospirare e di morir di pianto. quello che dicono; perocchè gran vergogna sa108.A LUI.Da lui. A per da non solo ac Tebbe a colui, che rimasse cosa sotto vesta di ficompagna il terzo pel sesto caso, secondo la gura, o di colore rettorico: e domandato non sapesse denudare le sue parole da cotal vesta, in costruzione greca; ma in altri modi ancora. guisa che avessero verace intendimento. Fin che virtute al suo marito piacque. e nacolo dove Dio compiacevasi di abitare con regia potestà seguaci del mostro fecon gli uomini, tergere le loro lacrime, rale (c). Questi combatteranno l'Agnello miligare gli antichi dolori. Ecco la sposa e quando che sia fien vinti (ivi v. 14 e la Donna del Cristo (ivi 10 e segg.): seg.); ma Dio permetterà, nella sua saecco il fiume (XXII) e l'albero simbolico pienza, che quelle dieci corna si voltino della vita che rinfronzisce e fiora e frutta poi come infeste punte a desolare la prosulle sue sponde, e di cui fin le foglie stituta, a spogliarla e a divorarne le carson medicina alla salute delle nazioni. ni o gittarle al fuoco (ivi v. 16 segg.). Dappoi che il Dragone infernale, il Ser- Di che abbiamo veduto alcun indizio nel pente antico, non restò d'insidiare alla nuovo governo d'Italia, avvegnacchè Chiesa nascente come fatto aveva alla siam certi che le ire dell'antico drudo nostra Progenitrice, ed ella prevarico; la tornino a rinnovazioni d'amore. rete di Pietro si volse a pescar monete Veniamo ora alla sposizione. nel fango; il Vicario di Dio divenne ser- QUELLA CHE CON LE SETTE TESTE NACvo alla gleba e per poca terra benedisse Que. Qui il Poeta allude alla Chiesa naai tiranni santificando il dritto della for- scente, la quale prima della sua diffuza. Per disonesto amore di mondano po- sione avea sette pastori, sette capi o settere le nazioni, e l'Italia più di tutte, te aogeli, come S. Giovanni gli appella, vanno ancora per via di continui lutti che reggevano le sette chiese primitive, trascinate all'ignominia di un nuovo cal- ed ai quali l' Evangelista volge le sue vario, per opera de' pastori della Chiesa parole di conforto e di ammaestramento diventati croce più amara della croce del fin dalle prime pagine dell' Apocalisse. Cristo. Questa Idra così tenace del ser- Questi sette capi o pastori oppone Dante vaggio è il dragone dalle sette teste coi alle sette teste del Dragone, poichè eranomi della blasfemia e con le dieci cor- no essi i sette candelabri di oro, nel mezna circondate d'altrettanti diademi(Apoc. zo de'quali stava il Figliuol dell'uomo in cap. XIII): mostro avente simiglianza di sua potestà precinto di aurea zona, bian . pardo co' piè d'orso e la bocca di leone, co i capelli come di lana candida più che e che forma quasi un tutto delle tre bel- la neve e con occhi di viva fiamma ( Ave che tolsero all’Alighieri il corto an- poc. I, 13 segg.) (d). dare per la via della gloria: il drago che E DALLE DIECE CORNA EBBE ARGOMENinsidia la Donna di sole vestita, che ha To (e). Se le corna si attribuiscono alla sotto i piedi la luna ed una corona di Bestia, come mai Dante le avrebbe date stelle fiammeggianti in sul capo (ivi cap. alla Chiesa? e come possiamo pensare che XII). In tutta la sublime visione dell'e- intendess'egli rappresentare per corna i statico di Palmos vedele i prodigi del- precetti della legge divina ? Qui Dante la potenza divina operarsi nel gigante vorrà dire che infino a quando i Pastori conflitto con questa fiera infernale, e in mezzo la Chiesa pura nel suo nasce (c) Ivi v. 12: Et decem cornua quae vidisti: re, traviata nel suo progresso. Dante la runt, sed potestatem tanquam reges una hora decem reges sunt, qui regnum nondum accepevede con Giovanni (ivi cap. XVII) star accipient post bestiam. sulle acque (a) meretrice de're, seden- (d) Tutt'i comentatori intendono per le sette te sulla infare bestia porporata della ti- teste i sette sagramenti, le sette virtù morali e teologiche, o i sette doni dello Spirito Santo. rannia, dalle selte teste che simboleg- Ma io non prei che relazione potesse trovarsi giano sette monti e sette re (b), e dalle tra un sagramento, o una virtù, o un dono di dieci corna, che sono altrettanti principi Spirito Santo ed nga testa. Oltre di che la Chie sa, considerata nella sua impersonalità, non mancherà mai di queste cose; è la colpa della (a) S. Giov. stesso spiega ivi v. 15: Aquae corruzione pesa sugli omeri de'suoi pastori, coquas vidisti, ubi meretrix sedet: populi sunt, et me Dante pare che voglia dire. Gentes, ct linguae. (e) Può intendersi: si difese contro la Bestia (b) Ivi v. 9: Septem capita septem montes cornuta; chè argomento vale e arma e difesa: il sunt, super quos mulier sedet, et reges septem nome difesa terrebbe la costruzione del verbo; sunt. cosa rara, ma non assurda. e Fatto v' avete Dio d'oro e d'argento: E che altro è da voi all'idolatre, della Chiesa seguitarono le virtù cristia- 112. L'avaro non conosce, fuorchè ne con carità, umiltà e disprezzo delle l'oro, altro dio cui adori. Bon. Giamb. cose terrene, il suo nobile compito fu Della miseria dell'uomo, Tratt. III, Cap. quello di non blandire i tiranni, ma di VI: Ed Orazio dice: La pecunia raunacombatterli con la potenza della sua pa- la o ella signoreggia, o ella serve. E rola; porgendogliene argomento e mate- però è agguagliato l'avaro a colui, che ria que’re, i quali ella vinceva quasi con coltiva le idole; il quale porta loro le armi loro stesse, allesa la depravazione, grandissima riverenza, e fae loro granla corruttela, e l'abuso del potere ripu- dissimo onore, e mettevi grandissima gnanti alla legge naturale e alla nuova speranza, e da sezzo non riceve da loro civiltà proclamata dal Cristo. neuno beneficio, siccome da quelle che E la Chiesa non ruppe fede al suo non hanno potenza. Nè si dica trattarsi Sposo, se cessate non furono queste col- qui della simonia; poichè l' avarizia è Jullazioni tra la carne e lo spirito, tra quella Lupa, della quale dice il Poeta: l'empietà e la fede, tra l'arbitrio e la ra- Molti son gli animali a cui s'ammoglia. gione, tra la barbarie e l'umanità, tra Oltre di che ai papi simoniaci (v.104) l'uomo decaduto e Dio. Allora cessarono è detto: quando la Lupa dell' avarizia penetrò e Chè la vostra avarizia il mondo attrista. fece il suo covo nell'anima de'Pontefici, 113. Esser da uno ad un altro, dinoei re della terra lor diedero e manten ta, in senso proprio, distanza, intervalnero sostanze ed onori profani, in prez- lo, onde sogliamo dire: da uno ad altro zo degli anatemi o delle benedizioni di corre gran differenza. Forma bellissima cui doveasi spaventare od appagare il presa dal latino Distare ec.per differire. popolo soggetto allo scettro (a). Vieni, Catull.: dice uno de' sette angeli a S. Giovanni, Lydus Dulichio non distat Chresus ab Iro. e ti mostrerò la condanna della gran me- IDOLATRE.Alcuni voglion singolare, alretrice con cui fornicaronoi re (cap.XVII): tri plurale cotesto nome idolatre. Il Bare sapete come apparve ella all'Evangeli: gigi è tra i primi, il Buti tra i secondi. sta? Mulier erat circumdata purpura et coccino; et inaurata auro, et lapide che hanno idolatre per singolare son fa Con quale delle due parti tenere? Quelli pretioso, el margarilis, habens pocu- voriti dal pronome egli che è nel secon(um aureum in manu sua plenum abo- do verso; e da ciò che v'ha di molti nominatione et immunditia fornicationis eius. Et in fronte eius nomen scriptum ché, Protoplaste, Totile, Atlile ec. che mi, per es., Omicide, Celicole, RisiarMYSTERIUM (b). V. Inf. XIII, 64, nota. nelle origini di nostra lingua tolsero an(a) O pastor sommi, zi e che a per loro terminazione del sinFarsi ludibrio delle sorti umane golare; come oggidì dicono i franc. hereI re mirate, e voi sopra i crudeli Dritti del ferro, sulle colpe istesse siarque,prophele, idolàtre, géomètre ec. Che non osò la tirannia pagana, Il gran manto spiegate, e tutto è notte. Voce dall'Occidente, Alla figlia del sangue e del dolore Voce dai tuoi deserti, Che gli altari ipalzò sopra le tombe Voce dall'eco de' sepolcri aperti, Di chi per lei moriva, in ver fatale Meretrice, t'accusa. Inebriata Fu chi diè l'oro, e nella man, che solo Sei del sangue dei Santi, e fornicasti Deve alle preci alzarsi, il ferro ha posto: Con quanti ha re la terra. Ahi la vedete: Bevve l'oblio delle virtudi antiche Di porpora è vestita; oro, monili, Dentro i calici aurati, e sulla terra Gemme tutta l'aggravano: le bianche Non fu l'eco di Dio, ma dei tiranni. Vesti, delizie del primier marito Dai sette colli, ove la sede ha posto, Ch'or sta nel Cielo, ella perdè nel fango. Più il Golgota non vede, il primo altare. Però di nomi e di blasfemi è piena, G. B. Niccol. Arnal, Att. II, sc. VIII. E nella fronte sua scrisse: Mistero. (b) Voce dall'Oriente, G. B. Nicc. Arnal. Att. I, sc. III. Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre, 115 e noi ancora Ecclesiaste, autocrate ec. Capit. XI: Patre e signore mio, piaccia Ma questi argomenti non sono saldi te che così falta donna ec. abbastanza avverso l'opinione contraria, Dicono dunque non bene quelli che la qual tiene che idolatre sia nettamente annotano, Patre e Matre esser qui per del più; imperocchè de' nomi mascolini antitesi o altra licenza. Senza che, sono usciti in e al plurale ve n'ha a dovizia questi nomi gli stessi ablativi latini di usati dagli antichi, non solo in poesia o pater e mater, che noi oggi usiamo col per la rima, ma e in prosa, e fuori della d in luogo del t che gli è afline. rima. E così, ad es. Vangeliste, Profete, Non è poi nostro proposito entrare in Poete, Apostate, Tetrarche, Patriarche, ciò che s'attiene al potere temporale del Idolætre ec. papato; percid ce ne passiamo. OsserviaDante stesso nè cava d' impaccio, di- mo solo che qui Palre è identificato con ccndo. Papa, Abba ebr., Babbo de' toscani, VaInf. IX, 127: vo de' napolitani ec. Pater de senatori Ed egli a me: qui son gli eresiarche. romani, i quali sive aetate, sive curae Inf. XXVIII, 83: similitudine furono con quel nome apNon vide mai sì gran fallo Nettuno Non da pirate, non da gente Argolica. pellati. Dante insiste sulla simiglianza Inf. XI, 37: d'un connubio tra il Papa e la potestà ciOnde omicide, e ciascun che mal ficre, vile che quasi figliuola o pulcella delGuastatori e predon tutti tormenta l'Imperator Costantino si maritasse al Lo giron primo per diverse schiere. santo padre, portandogli in dote con gli Questa controversia agitata tra' dolli stati e le possessioni, la superbia, l'orfilologi, oggi par decisa in questo secon- goglio e lulli gli altri vizi che sogliono do sentimento. (V. Il Nannucci Teoric. esser figliate dalle ricchezze del mondo. de Nomi,Le Mon. Fir. 1858, Cap. VI e XI). Al contrario il Poeta (Parad. XI) fa Quanto a Egli plurale ci dispensiamo che Beatr.ce lodi S. Francesco d'Assisi, dell'addurne esempi; che ne ha innume- per aver disposata la povertà: la quale ri, chi legge negli scrittori antichi: e già donna di Gesù, poi vedova del prinon solo come ripieno, ma come prono mo marito, restò negleita ed oscura per me dimostrativo che risponde al lat. illi; ben mille e cento anni sino a quel sand'onde ne venne ed igli e gli, ed egli : to frate, da cui ebbe invito alle seconde sicchè nel passo di Dante qui arrecato nozze,non mai poscia seguite dalle terze. egli, rigorosamente parlando, non istà Il Papa secondo Dante dovea dunque in luogo di eglino, ma di quelli. disposare la povertà senza dole, seguiSe non, ha forza di Tranne, Eccello, tando Cristo, a cui fu Ella dilelta e con Salvo, Fuori ec. (Lat. praeter ec.) Brun. cui salì in sulla croce (Parad. XI, 64-72). Lalini Tes. V, 60: La Pantera... è ami Cosa comandata, nonchè consigliata coca di lutli animali, salvo del drago stantemente dagli oracoli e dalla vita ene... addormentasi e dorme tre di, e semplare di G. C., e che oltre del Vangepoi si lieva, e apre la sua bocca e fia- lio (S. Matt. cap. II, ec. ec.) anche la ta si dolcemente, che le bestie tulle che morale filosofia commenda. Lasciando sentono quell' odore, traggono dinanzi gli altri scrittori moltissimi del gentilea lei,se non il dragone — Se non che simo, rechiamo un luogo di Orazio (Lib. Nisi quod. Praeter hoc ec. III, od. XXIX); il quale dice, che ove la fortuna gli sia propizia e costante, egli 115 seg. Matre e Patre ai tempi di se ne compiace; quando poi si parta via Dante e prima e poi furono adoperati in battendo l'ali lungi da lui, ed egli rasseverso e in prosa per Madre, Padre. Fra gna i beni conferitigli e virtuosamente Guittone, Lell. 39: Ma certo non patre, segue l'onesta povertà: non frale, non amico l'allienno che ti Laudo manentem; si celeres quatit promettono. Pennas, resiyno quae dedit et mea Virtute me involvo probamque |