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Ed io a lui: perchè, se ben ricordo,
Già t'ho veduto coi capelli asciutti,

E se' Alessio Interminei da Lucca:
Però t'adocchio più che gli altri tutti.
Ed egli allor, battendosi la zucca:

Quaggiù m'hanno sommerso le lusinghe,
Ond' io non ebbi mai la lingua stucca.
Appresso ciò lo Duca: fa che pinghe,

Mi disse, un poco 'l viso più avante,
Si che la faccia ben con gli occhi attinghe
Di quella sozza scapigliata fante,

Che là si graffia con l' unghie merdose,
Ed or s'accoscia, ed ora è in piede stante:

124. BATTENDOSI LA ZUCCA, per dispiacere d'essere stato riconosciuto con tutta la merdosa cuffia che gli ornava il capo. Zucca è secondo l'Ottimo voce dell'idioma lucchese, qui usata per dispregio; perchè zucca è cucuzza.

125. QUAGGIù ec. Dante, Convito, Tratt. I, cap. II: Villania fa chi loda, o chi biasima dinanzi al viso alcuno, perchè nè consentire nè negare puote lo così estimato, senza cadere in colpa di lodarsi o di biasimarsi. Taide si punisce nella seconda bolgia più penosa della prima, chè la lusinga reputa Dante più grave fallo della ruffianeria. Ma le due bolge sono accosto l' una dell'altra, perchè sovente le lusinghe sono gli argomenti della seduzione.

127. APPRESSO, dopo. PINGHE, tu pinga, spinga. V. Inf. XXV, 6.

129. CON GLI OCCHI Attinghe; acciocchè tu veda. V. v. 75 seg. ATTINGHE, attinga; come PINGHE per pinga v. 127.

132. È STANTE per semplicemente sta. Il participio presente spesso accompagnasi col verbo sustantivo, come son sofferente per soffro; son temente per temo. Questa forma, nella quale consiste ogni verbo aggettivo e vi si risolve, non bene osservata potrebbe talvolta ingene

rare oscurità nel discorso.

Brun. Tes. 5, 11: Lo terzo lignaggio sono falconi montanini, ed è nascondente per tutti i luoghi. Si rileva incontanente il senso, come si avverte che è nascondente vale si nasconde. I latini

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simigliantemente. Plin. Coluber est in aquis vivens, cioè vivit.— Cic. de Orat. Est, ut scis, quasi in extrema pagina Phaedri ipsis verbis loquens Socrates. Est loquens,cioè loquitur.-Plaut. Quos semper videas esse bibentes, cioè bibere.- Ovid. Omnia sunt hominum tenui pendentia filo, cioè pendent. Si vede per tali sostituzioni spiccarne il senso più esplicito e chiaro.

Ai Greci già prima era questo modo usitatissimo.

Per altri esempi.

Dante Parad. XXVI, 124 seg.:
La lingua ch'io parlai fu tutta spenta
Innanzi che all'ovra inconsumabile
Fosse la gente di Nembrotte attenta.
cioè: attendesse all'ovra.
Ivi XXVII, 127:

Fede e innocenzia son reperte
Solo ne' parvoletti ec...
cioè reperiuntur,
trovansi.
Enzo Re:

Amor mi fa sovente
Lo meo core pensare,
Dammi pene e sospiri
E son forte temente.

cioè temo.

Il verbo aggettivo, potrà osservarlo ciascuno, ne' primi scrittori di nostra lingua si trova spessissimo sciolto nel verbo sustantivo e nell'attributo. Questo ne fa inferire come ne' primordi di tutt'i linguaggi il legare il verbo essere con l'aggiunto sia dovuto ad una sintesi di progressiva riflessione, che ha cercato evitare la monotonia de' costrutti nella ripetizione della parola che costituisce la forma de' nostri giudizi, e che deb

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Taida è la puttana, che rispose

Al drudo suo, quando disse: ho io grazie
Grandi appo te? anzi maravigliose.

E quinci sien le nostre viste sazie.

CANTO XIX.

Terza bolgia: I Simoniaci.

O Simon mago, o miseri seguaci,
Che le cose di Dio, che di bontate
Deono essere spose, e voi rapaci
Per oro e per argento adulterate;

Or convien che per voi suoni la tromba,
Perocchè nella terza bolgia state.
Già eravamo alla seguente tomba

b'essere primitiva in tutt' i giudizi costi-
tuenti e qualificativi del discorso umano.
In questo l'ideologia va ben di concerto
con la parte filosofica e filologica di tut-
te le lingue, e può esser questa un' av-
vertenza null' affatto infeconda di belli
veri.

4.ADULTERARE è della moglie che rompe fede al marito o viceversa. La Chiesa e la Grazia è sposa della bontà. Chi per oro l'accoppia alla malizia, l'adultera e l'union non tiene. Adulterare è voce bene spiegata dagli etimologisti. Vale anche falsare, decipere, scriptum corrumpere. Spesso le cose di Dio non si potrebbero adulterare senza frantendere, corrompere e falsare il verbo delle Sacre scritture che apertamente gridano contro l'avidità e l'avara perfidia di quel li stessi che si adagiano sulla cattedra

di Moisè.

7. TOMBA. Il Cav. Strocchi rileva il significato di questa voce dal lat. basso tumba per tumulo o monticello. Il Parenti vuole che qui valga Dosso, Prominenza. Il Venturi l'ha per fossa, e il Volpi per vallone. Il Bianchi la spiega per bolgia ch'è sepoltura de' dannati. Il Bargigi spone l'intero terzetto in questa sentenza: Già eravamo alla seguente tomba, alla terza bolgia nella quale seppelliti sono i simoniaci: eravamo, dico, montati in quella parte dello sco

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glio del ponte, che appunto piomba sovra il mezzo fosso. Il Tommaseo tomba dice valere rialzo come il lat. tumulus. Questi, il Parenti e coloro che prendono tomba come dosso, rialzo ec. pare che vogliano trarne la sentenza: ERAVAMO MONTATI, cioè, saliti ALLA SEGUENTE TOMBA, cioè sul dosso del ponte, IN QUELLA PARTE CHE PIOMBA APPUNTO SOVRA MEZ

ZO IL FOSSO. Il Poeta era con Virgilio MONTATO ALL'ALTRA TOMBA, cioè salito là onde d'alto in basso vedevasi la bolgia terza sottostante: e tomba pare sia detta la bolgia stessa ch'è sepoltura de' simoniaci; indi con le parole IN QUELLA PARTE

DELLO SCOGLIO ec. dinota che stavano sul sommo dell'arco, da cui se gittato si fosse il piombino, questo sarebbe calato a nella parte media del bolgia. Quelli che perpendicolo sovra IL MEZZO FOSSO, cioè spongono conforme al Bargigi ci avvisa che stieno nel vero. TOMBA propriamente è il Tymbos de' Greci, in sentimento di busto, sepolcro, monumento, tumulo. Omero usò Tußcs per la sommità o cima del monumento d' onde Polite figlio di Priamo spiava come da grande altezza la mossa de' Greci. Il Justinopolitano reca il gr. Tymbos nelle voci latine sepulcro in summo. Gli Egiziani, i Traci, gli Ebrei facevano i sepolcri a guisa di biche, le quali poterono meritamente appellarsi (Job. c. XXI, 32 Pined.) Congeries mortuorum, perchè costrutti di gran

Montati, dello scoglio in quella parte

Ch' appunto sovra mezzo 'l fosso piomba.

O somma Sapienza, quant' è l'arte,

Che mostri in Cielo, in terra e nel mal mondo,
E quanto giusto tua virtù comparte!

I' vidi, per le coste e per lo fondo,
Piena la pietra livida di fori,

D'un largo tutti, e ciascuno era tondo.

mucchi di pietre e d'arena, al pietoso intento di perpetuare per quelle moli la memoria de' trapassati. L'altezza era a ciò richiesta, e toccò poi il sommo nelle piramidi,da servir come faro ai naviganti del Nilo. Le prime tombe furono senza esquisito magistero d'arte: e Virgilio che ricorda la rude semplicità de' pastori nell'adempimento di sì pietoso uffizio, dice (Ecl.V.42.):

Ettumulum facite,et tumulo superaddite carmen.

Col progredire della civiltà si costrussero i sepolcri con varietà di forme, di decorazioni architettoniche e di nomi,

secondo che differenti dalla Tomba omerica: scaduta l'arte tornò, col male inteso pregio dello smodato e del gigantesco, in onore la voce Tymbos per sepolcro, ed usata Tumba da' latini del IV secolo, la quale spiegano i lessiografi per tumuli, colles. Tumulus par dunque dim. di Tumba ed è chi lo fa da tumeo. Quindi l'it. tombolare e il Franc. Tomber,voci nelle quali si contiene l'idea di chi cade d'alto in basso, quasi misurando la distanza dal vertice al piè d'una tomba. Quindi Teba per collis nella lingua dei Sabini; e Timpa per colle, Timpune per alto monte, voci ancor vive nell' idioma calabrese. Leggiamo nel VI dell'Eneide v. 232 ricordato l'antico modo delle tu

mulazioni:

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tomba qui s' adopera dal Poeta in senso generico e senza riguardo alla originaria nozione di esso vocabolo.

10-11. QUANTA È L'ARTE ec. Maraviglia il Poeta il modo onde son dispensati gli scompartimenti di Malebolge, e le pene inflitte ai rei. Qui i simoniaci son commessi ne' fori col capo in giù; perchè in lor vita intesero alla terra, e simoneggiando imborsarono oro, per esser poi imborsati essi medesimi in queste bolge. Sclama:

O somma Sapienza quanta è l'arte Che mostri in cielo. poichè (Inf. VII, 73 segg.) avea udito da Virgilio:

Colui lo cui saver tutto trascende

Fece li cieli, e diè lor chi conduce,
Si ch'ogni parte ad ogni parte splende.
Distribuendo ugualmente la luce:
IN TERRA; perchè (ivi v. 77):

Similemente agli splendor mondani
Ordinò general ministra e duce.
Che permutasse a tempo li ben vani

Di gente in gente e d'uno in altro sangue Oltre la difension de' senni umani. e non venne manco l'alta sapienza e potenza di Dio nell' ordine e condizione delle cose infernali: dove, l'architettura del cono è cosa mirabile; le più gravi colpe van punite più a fondo e in minori cerchi: e qui vediamo i simoniaci costretti da pena maggiore che non è la muffa de' lusinghieri e la frustra de' ruffiani. Prov. III, 19, 20: Dominus Sapientia fundavit terram, stabilivit coelum prudentia; Sapientia illius crupuerunt abyssi.

12. GIUSTO. Sap. XII, 15: Cum sis justus, juste omnia disponis. Oserei dire che niuno potesse, fuorchè Dante, dipignere una imagine che rappresentasse con effetto il dettato della Sapienza.

14-15. FORI, buchi, perlugi. D'UN LARGO, di una larghezza, E CIASCUNO ERA

Non mi parèn meno ampi nè maggiori,
Che quei che son nel mio bel San Giovanni
Fatti per luogo de' battezzatori;

TONDO. Essendo d'una larghezza e tondi, convien dire ch'erano d'una medesima circonferenza. Ma il Poeta dice larghezza in riguardo ai corpi che vi son piantati; onde v. 16 dice:

Non mi parèn meno ampi nè maggiori ec.

16. PARÈN o Parien son tutt'uno per È pareano. vano cercar varianti quanto a questo. Va messo l'accento sull' e di Parèn, per la sola ragione che anticamente si disse anche Paren per Paiono. V. Inf. XVIII, 37. e XVI, 22. nota.

17. NEL MIO BEL S. GIOVANNI ec. MIO con lo stesso affetto che il Petrarca dice: Italia mia, benchè il parlar sia indarno

Alle piaghe mortali

Che nel bel corpo tuo sì spesse veggio ec. BEL S. GIOVANNI. Chiesa in Firenze bella anche oggi,di disegno però antico che si perde di troppo minute spartizioni, ma svella, grandiosa e tutta di marmo. Poggiali.

18. FATTI PER luogo de' battEZZATO

RI. Quanto larghi fossero i fori, in cui vide il Poeta piantati i simoniaci, lo dichiara egli per comparazione, che, dice il Bargigi, può esser manifesta a chi è stato in Firenze (a), ove nella chiesa di S. Giovanni sono alcuni luoghi ton di circa la fonte del battisterio fatti, acciocchè i sacerdoti vi stiano entro quando battezzano. Nell'uno de' quali, essendo entrato un fanciullo, poco tempo dinanzi che Dante scrivesse questa commedia, e ivi suffocandosi, Dante lo ruppe e liberò il fanciullo... L'uno dei quali luoghi io ruppi, ancor non è molti anni per salvar uno che dentro vi annegava, e questo, che ora dico, di aver rotto quel foro, sia suggello, sia confessione e ferma testimonianza che sganni ogni uomo, sicchè ciascuno or

(a) Il Bargigi non visse al di là del 1460; il Battistero di cui parla il Poeta fu demolito nel 1576: (secondo il Rica: Notizie delle Chiese fiorentine Tom. V, part. I) o nel 1626 secondo il Tommaseo: potè bene il Bargigi aver veduto questo lavacro.

mai sappia ch'io lo ruppi, e fecilo a buon fine. Questi luoghi o pozzetti erano al numero di quattro intorno alla pila dell'acqua battesimale. Ma se vi capiva il sacerdote, ben più un garzoncello: se luogo del battezzatore; dunque sengarvisi: se abbastanza ampio che il saz'acqua, e il fanciullo non poteva annecerdote vi si potea muovere, e non più alto d'un braccio e mezzo circa (Bianchi); dunque potea Dante senza bisogno di rompere il pozzetto trarne fuori sano e salvo il caduto. Questa difficoltà non levano le parole del Landino,che quel fanciullo vi cadesse DOPPIO,cioè colle gambe rivolte alla vita; potendo ed in tale positura esser cavato dal pozzetto, per la stessa mano che lo ruppe. Nè pare ben fatto che questo tanto illustre, quanto antico comentatore tolga la voce si annegava in sentimento di si affogava, per acconciare la propria interpretazione. A quelli che suppongono ne'pozzetti percolata dell'acqua dalla vasca, ricordiamo che questa sendo posta nel mezzo del bel S. Giovanni, dovea esser di marmo o di pietra; e tale perciò da non permettere che acqua penetrasse ne' pozzetti laterali. Il Can. Dionisi sospettò che in questo luogo Battezzatori stia per Battisleri. La chiosa dell' Antico ben conforta tale opinione, dicendo: Fa comparazione della grandezza di questi fori a quelli che sono in certi battezzatorii ec.i quali non voglionsi confondere co' sacerdoti che battezzano: ma il Bianchi riflette che sendo battezzatorio luogo dove si fa il battesimo, Dante con le parole: FAT

Ti per luogo de' BATTEZZATORI verrebbe

a dire: falli per luogo de' luoghi da battezzare; onde si accosta al Landino e agli altri, senza forse aver pensato alle difficoltà da noi divisate. Il Tommaseo accenna i battezzatorii dell'anonimo, e citando in pari modo i pozzetti del Landino, confonde le due opinioni e non ci apre la sua.

Ignorandosi il disegno, la forma e le dimensioni del Battistero, non fa mara

L'un degli quali, ancor non è molt' anni,
Rupp' io per un che dentro v' annegava:
E questo sia suggel, ch' ogni uomo sganni.
Fuor della bocca a ciascun soperchiava

D'un peccator li piedi, e delle gambe
Infino al grosso, e l'altro dentro stava.
Le piante erano a tutti accese intrambe;
Perchè sì forte guizzavan le giunte,
Che spezzate averian ritorte e strambe.

viglia se i comentatori abbian fatta la glosa più oscura della lettera. Questa parrà forse piana, intendendo per luoghi de' battezzatori i fori sulla vasca, diversi da' pozzetti dove stavano i sacerdoti a battezzare. Detti poi de' battezzatori, perchè luoghi vicini ai pozzetti, e perchè non d'altronde il battesimo si amministrava. Poteva inoltre la parte superiore della vaschetta esser coperta comechessia, lasciandovisi per le occorrenze quattro di detti fori in corrispondenza ai quattro pozzetti: cotesto copertoio, fosse di lastre marmoree o di assi, fu rotto dal nerborato braccio del Ghibellino.

19. NON È MOLT'ANNI. V. v. 22 nota. 21. SUGGEL CH'OGNI UOMO SGANNI. SUGGELLO è sigillo, è sigillum dim. di signum, imagine. In antico l'anello portava questo segno nella gemma; dipoi il nome col soprannome; e imprimerlo sulla cera o sulla tavoletta o carta, le dava autenticità. Or quale più autorevol sigillo della propria confessione che il Poeta fa pubblica e solenne di quel fatto nell'immortale Poema? V. Inf. XI, 49. Il chiosatore Cassinese: CHOGNOMO SGANNI. Dicebatur enim quod fecerat ad pompam unde modo dicit quod ille qui evasit sit testis contra illos, qui hoc premeditabantur (sic).

FUOR DELLA BOCCA. Bocca qui orifizio, imboccatura del foro.

22. SOPERCHIAVA. Li piedi soperchiava; siccome È MOLTI ANNI (V. 19). V. Purgat. XV, 37 (a).

(a) A piantare ne' fori i simoniaci, Dante sarebbe bastato a sè stesso per inventare tal modo di pena; ma Ser Brunetto disse di cotestoro: Altri per simonia - Si getta in mala via,

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25. ERANO A TUTTI ACCESE LE PIANTE. Ne piace notare questo uso del verbo essere col dativo, alla latina, in sentimento di avere: prima onde non si tenga per costruzione franciosa; dipoi, chè in taluni casi, come qui, uşando il verbo avere s'ingenererebbe confusione ed ambiguità. Se si fosse, ad es. detto:

Le piante aveano tutti accese intrambe. si sarebbe dato ad intendere che i miseri seguaci di Simon Mago si fosser reso essi medesimi quel bel servigio a sè stessi, o l'avesser fatto ad altrui.

26. GIUNTE, giunture, e colli de'piedi. Si arreca questi versi dal Morg. del Pulci, che descrivendo un cavallo, dice:

Grosse le gambe e d'ogni cosa netto, Corte le giunte e il piè largo ec. Questa significazione ci viene anche indicata dal Nostro, il quale dice (22-24) che il peccatore stava piantato nel foro caporivescio fino alle polpe delle gambe, tutto il restante fuori: ma il guizzo non potea essere se non per le giunture. Il Bargigi spone: le giunte de' ginocchi e de' piedi per impazienza del dolore lor guizzavan si forte, che ec. ma le ginocchia eran giù.

27. AVERIANO, avrebbero. RITORTE. Torte ha il Barg. e spiega per grosse

E Dio e' Santi offende, - E vende le prebende, E sante sagramente, E mette 'nfra la gente Assempri di mal fare - Ma questo lascio stare, Che tocca a ta' persone, - Che non è mia ragione Di dirne lungamente; Ma dico apertamente Che l'uom, ch'è troppo scarso, Credo ch'ha'l cor (tutt'arso,

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Che 'n povere persone, Nè 'n uom che sia 'n (pregione, Non ha nulla pietade, - Tutto in inferno cade. E il Nostro fa restare i piè di fuora della fossa infernale per quel che si sa.

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