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Far sotto noi un orribile stroscio;

Perchè con gli occhi in giù la testa sporgo. Allor fu' io più timido allo scoscio: Perocch' io vidi fuochi, e senti pianti;

119. STROSCIO, suono del cadimento d'acqua. Barg.

121. Scoscio, precipizio, il Lombardi, il Venturi e il Volpi; discesa, l'Alfieri; Che per guardar giù s'era piegalo e quasi scosciato, il Tommaseo; allenta mento delle cosce, il Bianchi. Hanno stoscio, cioè ruina, caduta, colpo del cadimento l'ediz. di Mantova 1472, quella di Foligno 1472, il cod. vaticano (n. 3199) detto del Boccaccio, e il cod. Filippino della biblioteca de' Padri dell'Oratorio (quondam) in Napoli, del secolo XIV (De Batines n. 407), inedito. Se dovesse leggersi scoscio, questa voce avrebbe, secondo che a noi pare,il significato di costa, balza, scoscesa, rupe; o dal gr. xdos, cavitas che ha molta analogia con chaos ec. con l'aggiunta dell'esse per vezzo di pronunzia: o la radice del vocabolo sarebbe cos, saxum asperum atque abruptum,qual'era appunto la stagliata rocca del burrato (v.134): molto più che l's spesso si mutò in sc tanto in fine, quanto nel mezzo delle parole: come basiare,basciare per baciare cc. Ma veggano i linguisti di levar le controversie su questo luogo di Dante, spianando con l'etimologia e l'origine di questo vocabolo e la germana significanza che dee legarvisi.

122. La prima persona singolare del perfetto dimostrativo nella terza coniugazione si termina in due ii come sentii, dipartii, fuggii, udii ec. e pare che tale terminazione sia venuta dalla cadenza latina in ivi, lasciato fuori il v. Gli antichi però tolsero il solo vi e fecero invece senti, diparti, fuggi, udi ec. senza pure nè segnare, nè proferire accentuata l'ultima vocale. Veramente queste voci si sarebbero potute confondere con la seconda singolare dell' imperativo e con la terza singolare del perfetto, che anticamente si pronunziava con l'accento e questo non si segnava nella scrittura; ma il rispettivo soggetto ed il senso poteva

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no far distinguere l'una persona dall' altra ec. Gli spagnuoli, i provenzali e i francesi antichi fecero il simigliante: verbigrazia, Spagn. yo senti, dormi ec. per io sentii, dormii ec.; Provenz. ieu auzi, io udii; Antic. Franc. Je toli, rendi, io tolsi, io resi (da tolir, rendir).

Tali uscite oggi ne paiono fuori regola; ma non pertanto, se vogliamo restituire molti luoghi di Dante alla lettera genuina, bisognerà stare alla consuetudine antica e scrivere ad esempio: Inf. XXVI, 90:

Gittò voci di fuori, e disse: quando
Mi diparti da Circé.
Purg. XVII, 67:

Sentimi presso quasi un mover d'ala.
Parad. III, 103:

Dal mondo, per seguirla, giovinetta
Fuggimi.

E così senti per sentii ec. Purgat. XXIV, 148, 149, 151 e XXXII, 37 ec. Non è dunque senti, fuggi ec. apocope di sentii, fuggii ec. nè si debbe apostrofare quando vi s'unisce l'affisso e scrivere senti'mi, fuggi'mi come hanno le moderne edizioni; e molto meno per mi sentii, mi fuggii ec., sentimmi e fuggimmi che sono terze persone singolari del passato perfetto (Vedi il Nan. An. crit. Cap. I, § III, pag. 156 e seg.) ma Senlimi, Fuggimi siccome negli allegati luoghi di Dante e in moltissimi altri che addur si potrebbero. Si domanderebbe: non potendosi dire nè sentiimi, nè senti'mi (a), e nè sentimmi ec. coterà con l'imperativo?-È vero; ma si torsto sentimi,fuggimi ec. non si confonderebbe via ogni confusione proferendo l'i finale del verbo con una certa pausa, somigliasse meno all' accento, che alla quantità lunga de' latini; di tal che quel

che

(a) L'i nondimeno si toglie (e la voce s'apostrofa) quando nel perfetto è preceduta da vocale diversa; onde si dirà rende'le (Dante Inf. XIV, 3); rife'mi (Purg. XII, 7); pente'mi (ivi XXII, 44); fu'mi (id. 90) ec. ec. chè male vi si raddoppierebbe la consonante dell'affisso, divenendo allora terza persona quella ch'era prima.

Ond' io tremando tutto mi raccoscio.
E vidi poi, che no 'l vedea davanti,

Lo scendere e 'l girar, per li gran mali
Che s'appressavan da diversi canti.
Come 'l falcon, ch'è stato assai su l'ali,
Che, senza veder logoro o uccello
Fa dire al falconiere: oimè tu cali;
Discende lasso, onde si muove snello
Per cento ruote, e da lungi si pone
Dal suo maestro disdegnoso e fello:

li due ii che usiamo oggi, parrebbero
contratti in un solo nella forma antica
seguita dal nostro Poeta.

Della quale non si scandolezzeranno i grammatici, se ricorderanno che anche da honoravit, regnavit ec. si disse onora, regna ec. per onorò, regnò ec. di eui infiniti esempi si trovano nel Dittamondo, nel Frezzi, nel Bojardo, nel Pe

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to il timoniere, che sedeva al governo d'una nave trojana ec. ec.

FELLO, qui è ben come dice il Bianchi, tristo, di mal talento, corrucciato. Fra Guittone:

Perch'io non m'oso allegrar nè star fello. Semprebene da Bologna:

Diventa fello e pieno di pesanza. cioè malinconico e annoiato.

Questa voce ha molti e svariati sensi,

trarca ec. ed in prosa tra le scritture di che qui giova notare, dacchè lo stesso DanMatteo Spinello e di altri antichi.

123. MI RACCOSCIo. Il s'accoscia (Inf. XVIII, 132) spiegano i comentatori: si posa sulle cosce; ora questo raccosciarsi qui del Poeta non è egli il tornar di nuovo ad accosciarsi come stava nella primiera posizione? Dante dice che s'assettò sulle spallacce della Frode (v. 91) il raccosciarsi fu dunque piuttosto un rannicchiarsi stringendo le cosce a sè, che non già: Mi ristringo con le cosce serrate più forte addosso alla mia cavalcatura, come col Venturi ci danno ad intendere gli altri: chè a Dante bastò esser sostenuto da Virgilio sulla malvagia bestia; la quale non era ronzin da maneggio, su cui da cavaliere il nostro poeta salisse e ne inforcasse gli arcioni.

128. LOGORO, richiamo, il quale è fatto di penne e di corame a modo che ala. Bargigi.

132. MAESTRO qui è il falconiere. Il Tasso (Gerus. Liber.):

Come leon, ch'anzi l'orribil coma

Con muggito scotea superbo e fero,
Se vede il suo maestro, onde fu doma
La natia ferità del core altero ec.
Virgilio Eclog. III, 101:

Idem amor exitium pecori,pecorisque magistro.
Ancora, Aen. I, 115. Magister è del-

te non l'adopera sempre nella medesima accettazione, e sono: malvagio, empio, scellerato, feroce, fiero, crudele, duro, inumano, violento, brutale, corrucciato, sdegnoso, iralo, tristo. Così dove il nostro Poeta (Inf. XXI, 70 seg.) dice:

Usciron quei di sotto il ponticello, E volser contra lui tutt'i roncigli: Ma ei gridò: Nessun di voi sia fello. Fello vale: inumano, violento, brutale, ardito di offendere ec. Il Petrarca l'usa in sentimento di crudele, fiero, duro. Canz. 34, 2:

S'il dissi, e cielo e terra, uomini e Dei Mi sien contrari, ed essa ognor più fella. Ed il Buonarr. rim. 25:

O donna, sovra l'altre belle bella, Come può chi t'onora, adora e serve Farti schiva, fugace, altera e fella? Il Bojardo: battaglia fella, cioè dura fiera, crudele, feroce. Francesco Barberini usa Fegli per Felli in accezione di tristi, cattivi, maliziosi. Bonagg. Urbiciani:

Che stendive la mano per pigliare

E lo foco lo (zitello) 'ncende e fallo fello. cioè: corrucciato, irato, sdegnoso. Semprebene, che fiorì verso il 1250, nella sua Canz.:

Come lo giorno, quando è dal mattino
Chiaro e sereno; elli è bello a vedere
E gli augelletti fanno lor latiuo
Cantar si fino, ch'è dolce ad udire;

Così ne pose al fondo Gerione

A piede a piè della stagliata rocca,
E, discarcate le nostre persone,
Si dileguò, come da corda cocca.

CANTO XVIII.

Oltavo cerchio detto Malebolge.- Prima bolgia: i Ruffiani e i Seduttori –
Seconda bolgia: gli Adulatori.

Luogo è in Inferno, detto Malebolge,
Tutto di pietra di color ferrigno,

Se poi a mezzo giorno cangia e muta,
Ritorna in pioggia la dolce veduta,
Che mostrava.

Lo peregrino, che securo andava

Per la speranza di quel giorno bello, Diventa fello, e pieno di pesanza. Fello, cioè, afflillo, mesto. I provenz. cor fel.

Il Du-Cange fa dal sass. Faelen o Felen, teut. Faelen, delinquere, errare, cadere, discendere la voce Fellon propriamente chi viola la fede giurata al suo Signore, e per estensione, inumano, crudele, feroce, corrucciato, iniquo ec.ec.

134. A PIEDE A PIÈ. Il Parenti vorrebbe si leggesse A PIE A PIÈ; e tale veramente è la lettera del testo Bargigiano. È chi chiosa A PIEDE A PIÈ: a piè appunto; altri intenderebbe: MI POSE A piede, mi scavalcò a piè della stagliala rocca. Scagliata e non stagliata legge il Bargigi. Stagliata è grossamente tagliata; e il Biagioli rocca e roccia dice esser qui tutt'uno. Ma il Poeta forse intese per stagliata rocca non l' alla ripa dura, ma sì Malebolge distinto in dieci valli (Inf. XVIII, 9) ed assomigliato (ivi 10-15) a un castello: la voce stagliata si spiega per quelle altre recidean (ivi v. 17), i tronca (ivi v. 18), che proprio è ciò che vuol dire stagliare. Il Poeta vide appena la proda del burrato e dipoi dismontò a cavalcioni sulla Frode, senz'altro vedere innanzi che si avvicinasse al fondo: qui Malebolge gli parve di pietra, come la cerchia che avea veduto lunghesso il sabbione, nè può giudicare stagliata o grossamente tagliata la parte concava del burrato. La stagliata rocca che il Poeta vide nel dismontare, l'accenna egli in fine di questo canto, e la descrive felicemente, nel cominciar dell' altro che sc

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guita. Non osta la frase a piè; chè a capo e a piè si dice nella direzione della lunghezza, come dell'altezza.

136. Cocca è cruna della saetta nella quale entra la corda dell'arco; e vien presa la parte pel tutto. Il Falcone che cala volteggiando, senza richiamo e senza preda, è acconcia similitudine della Frode; la quale questa volta si cruccia, che il divino Poeta, a merito e non a pena, discarca nel fondo dell'ottavo cerchio.

1. Fu detto (canto XI) che si può fare ingiuria con forza, o con frode. I violenti son posti nel VII cerchio scompartito in fosso di sangue, selva de' pruni, e sabbione. Se n'è trattato dal canto XII al XVII inclusivo. I frodolenti han luogo nel VIII cerchio e nel IX. L' VIII detto Malebolge va distinto in dieci bolge, valli, o fossi, secondo le diverse specie di frode che si può fare a chi non abbia posta fidanza nel fraudolento.Il Poeta ne fa soggetto di tredici canti,nel seguente ordine.

BOLGE

SPECIE DI FRODE

Seduzione
Adulazione

Simonia

Afatturamento

5

Baratteria

Ipocrisia

7

Ladroneccio.

Fraudolento consiglio

10

Seminamento di scandalo
Falsità o tradimento (a)

CANTI

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19

20

21 e 22

23

24 e 25

26 e 27

28

29 e 30

La frode commessa contro chi ebbe fede nel fraudolento, è punita nel IX ed ultimo cerchio, e se ne tratta dal XXXI al XXXIV canto dell'Inferno.

(a) S'intende quello che si fa a chi fidanza non imborsa.

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Come la cerchia che d' intorno il volge.
Nel dritto mezzo del campo maligno

Vaneggia un pozzo assai largo e profondo,
Di cui suo loco dicerò l' ordigno.
Quel cinghio che rimane adunque è tondo
Tral pozzo e 'l piè dell' alta ripa dura,
Ed ha distinto in dieci valli il fondo.
Quale, dove per guardia delle mura

Più e più fossi cingon li castelli,
La parte dov' ei son rende figura;

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3. CERCHIA Sinonimo di Cerchio notò bione sta così tra la riva del Burrato e la il Lombardi. È anzi tutt' uno, conside- ghirlanda de' pruni (Inf. XV, 14-15), rando che gli antichi a moltissimi nomi come qui Malebolge tra il piè della ripa diedero la finale a ed o (V.Inf. XII, 122, del Burrato e il pozzo tondo nel dritto not.) Dante poi scrive nel Convito: E di- mezzo. Cinghio per Cinghia e questa co cerchio largamente ogni ritondo, o per fascia, zona, superficie della forma corpo, o superficie (a). Dunque pare per ch'è detto. (V. not. 3). cerchia qui intendersi tutta la parte concava del Burrato che circonda Malebolge. Così (Parad. XV, 97):

Fiorenza dentro della cerchia antica. cerchia antica, giro o circuito delle antiche mura.

4. NEL DRITTO MEZZO. Dritto e drittu ra dissero gli antichi per giusto e giuslizia. Drillo mezzo, giusto mezzo e NEL DRITTO MEZZO vale nel centro. DRITTO bene il Lombardi prende adiettivamente; chè sebbene in sentenza stia il dire: dirittamente o appunto nel mezzo; il Poeta qui non usò la voce come avverbio; perocchè mal costrutta saria stata la frase: Nel driltamente mezzo.

6. SUO LOCO DICERò, cioè a suo luogo: altri cod. hanno suo loco dicerà (b) e alcuno conterà (c).

ORDIGNO, l'ordine e la forma, il congegno e la disposizione ond'è fatto.

7. CINGHIO è TONDO come una zona

che rimane tra due cerchi concentrici di raggi sufficientemente disuguali. Il Sab

(a) Ven. 1758, Zatta. Tom. IV, pag. 110. (b) I codici Pucciani 1, 4, 7, 8, 9, 10, il Tempiano, i Riccardiani 1004, 1024, 1026, i MSS. Frullani e Poggiali, il Bartoliniano, il Patavino 67 e l'Angelico.

(c) Dicerà meglio che conterà piacque a G. B. Nicolini, a Cino Capponi, a G. Borghi e a Frutt. Becchi, come già al Monti; cui non parve bel modo: un luogo che conti l'ordigno di un pozzo. V. Div. Com. giusta il testo Bartolin. V. 1, pag. 155.

10-12. Rende figura contro la lez. della Crusca:

La parte dov'ei son rendon sicura. hanno il Codice di S. Croce, che si crede scritto di mano di Filippo Villani, quello detto di Fr. Stefano, i Pucciani 1, 7, 8, 9 il Tempiano, il Magliabechiano, il Bartoliniano, il Cassinese, il MS. Poggiali, i quattro Patavini, tutti quelli veduti dal Cesari, cinque della Riccardiana 1004, 1010, 1011, 1017, 1024, e i migliori della bibliot. Estense ec. La sentenza è, come G. B. Niccolini spone: Qual figura presenta agli occhi de' riguardanti quel circondario di terreno ove sono i fossi che racchiudono i castelli; tale immagine offrivano quei valli. Sconveniente crede il Monti altra lezione da questa (V. la proposta, alla voc. Rendere). La Frase render figura usa più volte il Poeta, come nel Convito tratt. 3. Nevato è, sicchè tutto cuopre la neve, e rende una figura in ogni parte. V. Purgat. IX, 142 ec.

RENDERE FIGURA, porgere figura, aspetto, imagine di checchessia, parere, sembrare ec.

Guido Guinicelli, Sonett.: Lo vostro bel saluto...

Rimagno come statua d'ottono,

Ove spirto nè vita non ricorre,
Se non che la figura d'uomo rende.
Così, Sonett.: Dolente, lasso...
Apparve luce che rende splendore...

Tale imagine quivi facean quelli:
E come a tai fortezze da' lor sogli
Alla ripa di fuor son ponticelli;
Così da imo della roccia scogli

Movien, che ricidean gli argini e i fossi
Infino al pozzo, che i tronca e raccogli.
In questo luogo, dalla schiena scossi

Di Gerion, trovammoci: e il poeta
Tenne a sinistra, ed io dietro mi mossi.
Alla man destra vidi nuova pieta,

E sonett.: Vedut'ho la lucente...

Ch'appare anzi che 'l giorno renda albore. dove Rendere e Dare fanno lo stesso ufficio; come nell'altro verso:

Sovra ogni altra mi par che dea (dia) splendore.

16. Sogli è lo stesso che soglie. Si disse antic.soglio e soglia per lo sogliare o la porta. V. not. 3, 7 ed Inf. XII, 122. «<SOGLI. Vive in Corsica». Tom

maseo.

17. MOVIEN O MOVÈN, muovevan: così (v. 37) facèn per facean ec. (V. Inf. XVII, 47 not.). Muovere per prendere origine, partirsi ec. V. Inf. II, 67 not. Qui v. 114 parea mosso. (Inf. XXIII, 133 seg.):

Più che tu non speri
S'appressa un sasso, che dalla gran cerchia
Si muove, e varca tutti i vallon feri.
Dante stesso, Rim. son. V:

Dagli occhi della mia donna si muove
Un lume si gentil, che dove appare
Si vedon cose ch'uom non può ritrare
Per loro altezza, e per loro esser nove.
18. I TRONCA, gli, li tronca (Inf. V,
78 not.), cioè metton capo alla ripa cir-
colare del pozzo, e giuntivi non van più
in là, come farebbero se si prolungasse-

ro dalla circonferenza al centro.

RACCOGLI gli raccò. Raccò per Raccoglie è dal verbo raccoere o raccoire di antica configurazione. E così da coere o coire per cogliere o corre vennero accò, ricò per accoglie, ricoglie. Il Varchi Cons. Boez. 5, 3:

Qual Dio tal guerra tra due veri pone
Che a quel che sta per sè medesmo e solo,
Quando altro vero accolo,

Giugnersi insieme e mescolarsi toglie ?
Matteo Franco:

E Mona Nanna: ricovisi lino?
Vedi Anal. crit. de' Verbi ital. del

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Nannucci, Fir.Felice Le Monn. 1843, pag.
788 segg.
Li raccoglie perchè con-
vengono alla circonferenza del pozzo, in-
vece che nel centro a un medesimo
punto.

TRONCA E RACCOGLI. Li taglia e finisce, sicchè più oltra non è ponte alcuno. Bargigi.

19. Di Licago ferito d'un dardo vibrato da Enea, così Virgilio (En. X, 590):

Excussus curru moribundus volvitur arvis. Del misero fratello che di sul cocchio

discese ratto, implorando mercè dall' Eroe, perchè nol finisse (e che invece ne fu morto anch'egli), dice il Poeta:

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Frater tendebat inermes

Infelix palmas, curru delapsus eodem. Or come Virgilio disse pel primo, Excussus curru, perchè il moto del cocchio ve'l precipitava; e pel secondo, curru delapsus, perchè scendeva di sua volontà: così in questo luogo di Dante, la proprietà delle voci ne fa accorti, che dosi nella schiena, si sgravò della soma Gerione, quando a lui parve, scuotendode' due poeti, senza che questi se ne fosdal vocabolo: trovammoci ec. sero quasi addati: il che vien significato

22. PIETA, maniera indultiva di pietà. Barg. Dolore, il Tommaseo. AFFANNO il Lombardi. Affanno, pena, compassione in diversi luoghi. V. Inf. I, 21.

Pièta e Podèsta ec. per Pietà, Podestà ec. Il trasponimento dell' accento non muta il significato della voce. Biagioli. Se dunque Pièta è lo stesso che Pielà, udiamo Dante spianare il senso di questa voce: E non è pietà quella, che crede la volgare gente, cioè dolersi dell' altrui male; anzi è questo un

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