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damenti di Dio non dovrebbe essere associato a' servi di lui, ma piuttosto a noi, perchè a noi in questo è simile. Queste cose profferivano i ministri del diavolo, ed altre molte; ma l'angelo Gabriele con molto esercito viene a rincontro, e fatto nuvolo, e scoppiato un gran tuono, i gran bagliori dispergono il gruppo de' maligni, cacciati dall' alto nell' ultimo inferno. Quindi fra gl' inni e i cantici degli Angeli l'anima abitatrice del cielo è condotta ad aver la corona della vincitrice sua pazienza (1). •

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flamme furenti dove le anime de' reprobi soffrono secondo il merito diversi tormenti, Ad accumulare loro i supplizii son sempre innumerabili demonii deputati, che le intollerabili loro pene ogni di rinnovellano, e a redivivi supplizii li rinfrescano senza posa. I quali demonii io udii di frequente con querule lamentazioni urlare, e con lacrimabile voce lagnarsi che le orazioni e le elemosine di cert' uni contra loro combattenti senza tregua, sovente dalle lor mani rapissero le anime condannate..

In una lettera attribuita a Dionigi Areopagita (1) narrasi come un uomo santo vedesse in ispirito tra le nubi Cristo circondato dagli angeli. E in un abisso certi pagani non curanti del suo predicare, e serpi e demonii con flagelli li spingevano nelle fiamme. Il santo quasi godeva di quella giustizia; ma levando gli occhi, egli vide Gesù tendere agl'infelici la mano, dicendogli: In me è da infierire che sono tuttavia pronto a patire per gli uomini.

(4) Lettera VIII.

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CANTO XXVIII.

Argomento.

Dai consiglieri frodolenti passa a coloro che o per consiglio o per opere di frode divisero le città, le famiglie, i popoli, i regni. In pena delle scissure operate, un diavolo li taglia d'un fendente, più o meno secondo il delitto. Così laceri, compiono il giro della bolgia; e prima che tornino alle mani del diavolo punitore, le piaghe son risanate, e al nuovo taglio riaprono. Così ne' Proverbii (XVII, 14): Semper jurgia quærit malus: Angelus autem crudelis mittetur contra eum. Questo rinnovellamento di pena, simbolo del continovo esacerbare che fanno gli istigatori le ferite dell'odio, somiglia un poco al supplizio di Vanni Fucci.

1.

Nota le terzine 1, 2; 6 alla 11; 13, 14, 15; 18 alla 23; 25, 28, 29, 30, 32; 34 alla 37; 39 alla 43; 47.

Chi

poría mai pur con parole sciolte Dicer del sangue e delle piaghe appieno, Ch'i' ora vidi, per narrar più volte ? 2. Ogni lingua per certo verria meno,

Per lo nostro sermone, e per la mente, Ch' hanno a tanto comprender poco seno. 3. Se s'adunasse ancor tutta la gente

Che già in su la fortunata terra Di Puglia fu del suo sangue dolente 4. Per li Troiani, e per la lunga guerra Che dell'anella fe' si alte spoglie (Come Livio scrive, che non erra);

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(SL) OGNI. Æn., VI: Non, mihi si linguæ centum sint, oraque centum, Ferrea vox; omnes scelerum comprendere formas, Omnia pœnarum percurrere nomina possim. MENO. Vit. s. Gir:: Ogni mortale lingua verrebbe meno in raccontare. - SENO. Semint., da Ovidio: Se Dio m' avesse date le bocche parlanti con cento lingue, e avessemi dato lo 'ngegno capevole e tutto il senno della forte Elicona,non potrei seguitare di dire, ec.

(F) SENO. Nella lettera a Cane: Molte cose veggiamo per intelletto, alle quali i segni vocali mancano. 3. (L) FORTUNATA: di triste fortune. SANGUE per

duto.

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5. Con quella che sentio di colpi doglie
Per contrastare a Ruberto Guiscardo;
E l'altra il cui ossame ancor s'accoglie
6. A Ceperan, là dove fu bugiardo

Ciascun Pugliese; e là da Tagliacozzo
Ove senz'arme vinse il vecchio Alardo;

nidæ venient... Sed non et venisse volent. Bella, horrida
bella, Et Tybrim multo spumantem sanguine cerno. -
VIII: Heu quantæ miseris cædes Laurentibus instant!
I soldati di Turno vinti da Enea, in ea parte Apuliæ
quæ dicitur Laurentia. Queste parole di Pietro sciol-
gono la difficoltà geografica, e tolgono la necessità di
·leggere Romani. — ANELLA. Conv.: Quando per la guerra
d'Annibale, avendo perduti tanti cittadini, che tre
moggia d'anella in Africa erano portate. SPOGLIE.
Forcell. Spolia quæ adhærent hosti, ut vestes, arma,
LIVIO. Dice tre moggi e mezzo, e soggiunge:
pecunia.
la fama che è più prossima al vero tenne non fossero
più d'un moggio. - [ Livio. Hist., XXXIII, 12. ]
5. (L) QUELLA gente.

(SL) RUBERTO. Normanno, nel 1070 circa, vinse i Saraceni, e sconfisse i Pugliesi; scacciò di Sicilia e di Puglia Alessio imperatore greco nel 1981: prese Roma nel 1084, dove Arrigo IV teneva assediato Gregorio VII, papa. [ G. Vill., IV, 18. ]-[OSSAME. G. Vill., VII, 9.] ANCOR. Trentacinqu'anni dopo la rotta, trovavano ancora in arando le ossa de' morti in quella battaglia di Ceperano, ch'è sui confini della campagna di Roma dove la terza schiera, ch'era de' Pugliesi, mancò di fede a Manfredi, e abbandonò il campo, onde Carlo d'Angiò vinse il, regno nel 1265 (Vill., VII; Purg., III).

6. (SL) [FUGLIESE. G. Vill., VII, 27.] TAGLIACOZZO. Castello nell'Abruzzo ulteriore dove Carlo d'Angiò combatte Corradino nipote di Manfredi, venuto di Germania a riscuotere il regno. Alardo di Valleri, cavaliere francese, consigliò Carlo, che con due terzi de' suoi

7. E qual forato suo membro, e qual mozzo
Mostrasse; d'agguagliar sarebbe nulla
Il modo della nona bolgia sozzo.

8. Già veggia, per mezzul perdere o lulla,
Com'i' vidi un, così non si pertugia,
Rotto dal mento infin dove si trulla.
9. Tra le gambe pendevan le minugia;
La corata pareva, e 'l tristo sacco

Che merda fa di quel che si trangugia. 10. Mentre che tutto in lui veder m'attacco, Guardommi, e con le man' s'aperse il petto, Dicendo: Or vedi come i mi dilacco: 11. Vedi come storpiato è Maometto.

Dinanzi a me sen va piangendo Ali, Fesso nel volto dal mento al ciuffetto. 12. E tutti gli altri che tu vedi qui,

Seminator' di scandalo e di scisma Fur, vivi e però son fessi così. 13. Un diavolo è qua dietro, che n'accisma Si crudelmente, al taglio della spada Rimettendo ciascun di questa risma,

aveva combattuto e perduto, di correre coll' altro terzo sul nemico sbandato al bottino, quindi la vittoria che Alardo vinse col senno e non colla spada. Nell' agosto del 1268 lo nomina il Novellino (LIX). V. G. Vill., VII, 26, 27.

7. (L) QUAL FORATO SUO MEMBRO, E QUAL MOZZO MOSTRASSE; D' AGGUAGLIAR SAREBBE NULLA IL MODO... SOzzo: chi mostrasse un suo membro forato, chi mozzo, non agguaglierebbe il numero e le piaghe della....

(SL) AGGUAGLIAR. Æn., II: Quis... possit lacrimis æquare labores?

8. (L) GIÀ VEGGIA, PER MEZZul perdere o LULLA.......... COSÌ NON SI PERTUGIA...: botte non è così aperta se perde la tavola del fondo nel mezzo o ne' lati, com'io vidi aperto uno, rotto... TRULLA: SCorreggia.

(SL) VEGGIA. La botte a Bergamo, vezzia. 9. (L) MINUGIA: interiora PAREVA appariva. SACCO intestino maggiore.

(SL) PENDEVAN. Lucan., IX: Dissiluit stringens uterum membrana, fluuntque viscera. MINUGIA. Vive in Corsica.

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11. (SL) Ali. Seguace e genero di Maometto; fece una setta da sè, seguíta in Persia specialmente. Ali, men forte, piange: Maometto, guerriero, si lacera da sè, per pompa di costanza e per più fiera pena.

12. (SL) SEMINATOR. Dino, p. 69: Seminatori di scandali. En., VII: Disjice compositam pacem, sere crimina belli: Arma velit, poscalque simul, rapiatque juventus. SCISMA, Per discordia politica è nel Villani (IV, 6; VIII, 69).

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14. Quando avem volta la dolente strada; Perocchè le ferite son richiuse

Prima ch'altri dinanzi gli rivada. 15. Ma tu chi se', che 'n su lo scoglio muse, Forse per indugiar d'ire alla pena Ch'è giudicata in su le tue accuse? 16. Nè mortel giunse ancor nè colpa il mena (Rispose 'l mio maestro) a tormentarlo; Ma per dar lui esperienza piena,

17. A me che morto son, convien menarlo
Per lo 'nferno quaggiù di giro in giro.
E quest' è ver così com' io ti parlo.
18. Più fur di cento che quando l'udiro,
S'arrestaron nel fosso a riguardarmi,

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16. (L) GIUNSE colse. LUI: a lui.. 17. (SL) MENARLO. Æn., VI: Deùm pœnas docuit perque omnia duxit.

18. (L) Più FUR DI CENTO: furono più di cento.

(SL) MARAVIGLIA. Æn., VI: Ut vidêre virum fulgentiaque arma per umbras. Georg., IV: Ipsæ stupuere domus, atque intima leti Tartara.... Atque Ixionii vento rota constitit orbis.

19. (L) S'ARMI..... DI VIVANDA: armi di vivanda sè. QUI TOSTO SEGUITARMI: morire presto.

(SL) [FRA DOLCIN. G. Vill., VIII, 84.] Tosro. Corron sett'anni da questo vaticinio di Maometto alla morte di Dolcino. Maometto difende un seminatore di scisma par suo. Fu eremita ed eretico novarese, e predicò comuni le mogli, e simili cose: fece tremila seguaci, e per due anni si resse, finchè stretto tra'monti del Vercellese, e dall' alta neve impeditogli rubare le vettovaglie, fu da que' di Novara e da tutti i Lombardi, accorsi quasi crociati, preso; e nel 1506 con altri de' suoi e con la sua Margherita arso vivo. Altri de' seguaci morirono di fame e di freddo, altri affogati, altri di ferro ed altre crudeli pene, le quali forse avranno confermata al Poeta l'idea del Canto. Innanzi di giustiziarlo, fu, con alcuni pochi, tratto su un carro per via con bracieri da arroventar le tanaglie, e strappavan loro le carni; e strappatele, le gettavan sul fuoco e pure ned' egli, nè la bella e ricca Margherita, ned altri vollero ritrattarsi. Convien dire che il male si fosse dilatato, se l'Anonimo vide in Padova ardere ventidue villani per simile fallo. Vill., VIII, 84. 20. (L) CH' : la qual vittoria.

21. Poi che l'un piè per girsene sospese, Maometto mi disse esta parola ; Indi, a partirsi, in terra lo distese. 22. Un altro, che forata avea la gola,

E tronco' naso infin sotto le ciglia, E non avea ma ch' un' orecchia sola; 23. Restato a riguardar per maraviglia

Con gli altri, innanzi agli altri apri la canna, Ch'era di fuor d'ogni parte vermiglia, 24. E disse: O tu, cui colpa non condanna, E cui già vidi su in terra latina, Se troppa simiglianza non m'inganna; 25. Rimembriti di Pier da Medicina,

Se mai torni a veder lo dolce piano Che da Vercelli a Marcabó dichina. 26. E fa sapere a' duo miglior' di Fano, A messer Guido e anche ad Angiolello, Che, se l'antiveder qui non è vano, 27. Gittati saran fuor di lor vasello,

E mazzerati, presso alla Cattolica, Per tradimento di un tiranno fello. 28. Tra l'isola di Cipri e di Maiolica

Non vide mai si gran fallo Nettuno,
Non da pirati, non da gente argolica.

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(SL) UNO. Diciamo non n'aver uno, cioè quattrino o simile: non ne fa una di buona. TIEN. Æn., VII: Regna teneret. DIGIUNO. Arios.: Vorrebbe dell'impresa esser digiuno. Varrone: Jejunis oculis. L'usa in prosa il Boccaccio

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30. (L) FARÀ VENIRLI : li farà venire. FOCARA: monte della Cattolica, foce di venti impetuosi. NON FARÀ LOR MESTIer voto, nè prECO: non temeranno tempeste altra morte li attende.

31. (L) DALLA VEDUTA AMARA: cui costò di veder Rimini.

(SL) NOVELLA. Racconta il Boccaccio che una donna di Verona vedendo passare l'Allighieri per via, disse ad altra compagna: Vedete voi colui che va per l'Inferno, e torna quando a lui piace, e quassù reca novelle di quelli che laggiù sono. E un'altra rispose: Non vedi tu com'egli ha la barba crespa, e 'l colore bruno per lo caldo e per lo fumo ch'è laggiù? Di che egli sorrise. AMARA. Anco della persona che soffre. Æn., IV: Rumore accensus amaro. Un antico: O donna afflitta, amara ed infelice. Reg., I, XXX, 6: Amara erat anima uniuscujusque viri super filiis suis. Aug., Confess.: Amaro aspectu.

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33. (L) SCACCIATO di Roma. SOMMERSE: Vinse spingendolo a guerra. FORNITO: pronto all' armi. (SL) SCACCIATO. Scacciati per csuli, voce del tempo. Lucano gli fa dire: Pellimur e patriis laribus (Phars., I). DUBITAR. Lucan., I: Dubiæque in prælia menti Urguentes addunt stimulos. - FORNITO. Dino: Si fornisse e apparecchiassesi alla difesa. Fornire le castella, Lucan., I: Dum trepidant nullo firmatæ robore partes, Tolle moras: semper nocuit differre paratis, Par labor atque melus pretio majore petuntur. Cæs., De Bell. Civ., I, 12, 18; II. 32, 42.

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34. (SL) LINGUA. Lucan., I: Audax venali comitatur Curio lingua. ARDITO! Lucan., I: Vox quondam populi, libertatemque tueri Ausus. Parecchie lettere abbiamo di Cicerone a lui.

(F) SBIGOTTITO. Eccli., V, 17: Al susurrone, odio e inimicizia e contumelia,

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35. Ed un, ch'avea l'una e l'altra man mozza, Levando i moncherin' per l'aria fosca, Si che 'l sangue facea la faccia sozza, 36. Gridò: Ricorderatti anche del Mosca, Che dissi lasso! · Capo ha cosa falta: » Che fu 'l mal seme per la gente tosca. 37. Ed io v'aggiunsi : — E morte di tua schiatta! Per ch' egli accumulando duol con duolo, Sen gio come persona trista e matta. 38. Ma io rimasi a riguardar lo stuolo, E vidi cosa ch'i' avrei paura,

Senza più pruova, di contarla solo: 39. Se non che conscienzia m'assicura,

La buona compagnia che l'uom francheggia Sotto l'osbergo del sentirsi puræ.

35. (SL) Mozza. Peccò di consiglio e di mano. En., VI: Lacerum crudeliter ora... manusque ambas. -MONCHERIN'. Novellino, LIII: Trasse fuori uno suo moncherino, che aveva meno l'una mano. — FOSCA. Virgilio nella pittura del mutilato Deifobo, aggiunge, quasi fondo al quadro per umbras (Æn., VI). - Sozza. En., X: Sanguine turpantem. - II: Concretos sanguine crines. Quæ causa... serenos Fœdavit vultus ? aut cur hæc vulnera cerno?

36. (L) CAPO HA COSA FATTA: facciasi; e qualcosa poi ne uscirà.

(SL) MOSCA. Lamberti, ai parenti ed amici degli Amidei adunati nelle case degli Uberti a deliberare la vendetta del torto ricevuto da uno de' Buondelmonti (che sdegnò la fanciulla degli Amidei per isposare altrá de' Donati) disse, incorandoli a vendetta di sangue : Cosa fatta capo ha. Ammirato Uccidiamolo, e così al fatto sarà dato principio. Ovvero: opera non lasciata a mezzo ha più agevole un termine. Da questo consiglio vennero le discordie di Firenze, le fazioni guelfe e ghibelline. Ottimo: Per la cui morte nacque... quella... divisione d' animi, che non pare che mai debbia finire; d'onde innumerabili morti e fedite e ruberie e arsioni e presure, e esilii e povertadi, e inopie e avolterii e altri mali sono seguiti in Toscana........ I Lamberti, uomini e femmine, ne hanno sofferta pena chi di morte, chi d'esilio, di distruzione di beni...

37. (SL) AGGIUNGI. Æn., II: Hæc... addidit. MULANDO. Æn., IV: Aggerat iras.

Accu

(F) MATTA. Som.: L'ira pertinace è mania. Æn., X: Mixloque insania luctu. Semint.: Impazza per lo dolore.

38. (SL) MA. Nel senso virgiliano di copula, non di ritrattazione. PAURA per tema è ne' trecentisti. Albert., XLVIII. CONTARLA. Æn., III: Eloquar an sileam?

39. (SL) OSBERGO. Anco in prosa.

(F) ConscienziA. Questa protesta non solo tende a scusare la singolarità della cosa; ma trattandosi d'uomo famoso e ammirato da Dante, tende a mostrare ch' egli a nessuno perdona, se turbatore della pubblica pa

ce.

BUONA. C'è anco la mala coscienza. Som.: Inquinatæ sunt corum mentes el conscientia.— COMPAGNIA. Orig. in Rom., XI: Conscientia est spiritus corrector, et pedagogus animæ sociatus. Æn., I: Dii..... si... mens sibi conscia recti... Præmia digna ferant. OSBERGO. Hor. Epist., I, 1: Hic murus aheneus esto, Nil conscire sibi. S. Bern.: Fortitudo tua, fiducia fidelis conscientiæ. Vit. ss. PP., II, 308: Larocca della buona coscienza. B. Giambull. Nulla cosa fa l'uomo pauroso se non la coscienza della biasimevole vita. Nella Monarchia s'arma della lorica della fede per annunziare il vero e difenderlo.

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40. (L) Par ch' 10 'L VEGGIA: l' ho si in mente.

(SL) VIDI. Viene, dice l'Anonimo, a que' che commisero discordia tra stretti congiunti. Bertrando, trova- ́ tore illustre, di cui molte serventesi conservansi nella Vaticana e nella Laurenziana, Guascone di patria, ardente agli amori e agli odii. Visse alla fine del XII secolo, e fu ceppo della famiglia d' Hautefort: onorò in gioventù la duchessa di Sassonia, figlia di Enrico II, madre d'Ottone IV; ebbe in custodia ed amò grandemente il fratello di lei Enrico, detto il re giovane, perchè coronato in giovane età; tenne per esso il castello d'Altaforte in Guascogna; l'incitò a mover guerra al fratello Riccardo conte del Poitù e di Gujenna, indi al padre stesso; e poichè la morte gli rapi il suo diletto, lo pianse ne' versi e di cuore. Assediato da Enrico II in Altaforte, fu preso e perdonato per amore del figlio. Mori monaco cisterciense. Lo nomina nella Monarchia è nella Volgare Eloquenza. Alfonso II d'Aragona sposava le canzoni di Gerardo di Berneuil a'suoni di Bertrando del Bornio.

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(F) VEDI. Jer. Thr., I, 12: Allendete e vedete se c'è dolore quale il mio dolore. 45. (L) QUELLI: quegli.

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MA': mali.

(SL) [BERTRAM. Volg. Eloq., 1. II, c. 2; e Millot, Histoire littéraire des Troubadours, t. I, p. 210] — QUELLI. Conv., I, 11. GIOVANNI Giovanni Senzaterra, figlio di Enrico II d'Inghilterra e ribelle al padre: come ribelli gli furono i suoi due fratelli Riccardo Cuor di Leone, ed Enrico il Giovane, il quale mori nel 1185. Bertrando veramente eccitò questo giovane più che gli altri alla guerra: onde taluno vorrebbe leggere: che diedi al re giovane, o ch'al re giovane diedi i ma' conforti. Ma se il Novellino chiama Enrico II il re giovane, il Villani e l'Ottimo lo chiaman Giovanni; e la confusione commessa dal Villani poteva sfuggire anco a Dante. Col più de' codici scrivo Giovanni, che fa il verso migliore. Mori ribelle anche questi. CONFORTI. G. Vill,: Per

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