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11. S'egli è che si la destra costa giaccia,

Che noi possiam nell'altra bolgia scendere, Noi fuggirem l'immaginata caccia. 12. Già non compio di tal consiglio rendere, Ch'io gli vidi venir con l'ale tesc Non molto lungi per volerne prendere. 13. Lo duca mio di subito mi prese,

Come la madre ch'al romore è desta, E vede presso a sé le flamme accese, 14. Che prende 'l figlio e fugge e non s'arresta, Avendo più di lui che di se cura, Tanto che solo una camicia vesta. 15. E giù dal collo della ripa dura

Supin si diede alla pendente roccia Che l'un de' lati all'altra bolgia tura. 16. Non corse mai si tosto acqua per doccia A volger ruota di mulin terragno, Quand'ella più verso le pale approccia; 17. Come 'l maestro mio per quel vivagno, Portandosene me sovra 'l suo petto Come suo figlio e non come compagno. 18. Appena furo i pie suoi giunti al letto

Del fondo giù, ch'ei giunsero in sul colle Sovresso noi: ma non gli era sospetto. 19. Chè l'alta Provvidenza, che lor volle Porre ministri della fossa quinta, Poder di partirs' indi a tutti tolle.

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12. (SL) RENDERE. Georg., III: Responsa... reddere. 14. (SL) Lui. Æn., XI: Caro... oneri timet. 15. (L) COLLO: argine. DIEDE: abbandonò. CHE L'UN DE' LATI... è il sinistro argine della bolgia sesta. (SL) COLLO. Stat. Theb., IX: Parnassi... Colla DURA. Inf., XXI: Scoglio duro. DIEDE. Georg., IV: Se jactu dedit æquor in altum. Æn., XI: Dat sese fluvio. - PENDENTE Æn., I: Scopulis pendentibus. — TURA. Turare in Toscana non dicesi solamente del chiudere soprapponendo.

16. (L) QUAND'ELLA PIÙ VERSO LE PALE APPROCCIA : dov'è più rapida.

(SL) DOCCIA. Caro: Giunta l'acqua a un dito vicino all'orlo, trova un doccione aperto donde se n'esce ed entra in una chiavetta che la porta al fiume. 17. (L) VIVAGNO: orlo.

(SL) VIVAGNO, Inf., XIV, t. 41.

questo titolo spesso.

vi.

FIGLIO. Torna

18. (L) AL LETTO DEL FONDO GIÙ: a piano. SOSPETTO: paura.

GLI:

(SL) LETTO. Purg., XII, t. 5. - GLI. Purg., XIII, t. 3. 19. (L) LOR: li.

(SL) MINISTRI, Armannino nel suo Inferno: Ministri sopra gli tormenti.

20. Laggiù trovammo una gente dipinta, Che giva intorno assai con lenti passi, Piangendo, e nel sembiante stanca e vinta. 21. Egli avean cappe con cappucci bassi

Dinanzi agli occhi, fatte della taglia Che per li monaci in Cologna fassi. 22. Di fuor dorate son si ch'egli abbaglia, Ma dentro tutte piombo; e gravi tanto Che Federigo le mettea di paglia.

23. Oh in eterno faticoso manto!

Noi ci volgemmo ancor pure a man manca Con loro insieme, intenti al tristo pianto: 24. Ma, per lo peso, quella gente stanca Venia si pian, che noi eravam nuovi Di compagnia ad ogni mover d'anca. 25. Per ch'io al duca mio: Fa che tu truovi Alcun ch'al fatto o al nome si conosca; E l'occhio, si andando, intorno muovi. 26. E un, che 'ntese la parola tosca,

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Diretro a noi gridò: Tenete i piedi, Voi che correte si per l'aura fosca. 27. Forse ch'avrai da me quel che tu chiedi.; Onde 'l duca si volse, e disse: - Aspetta. E poi secondo il suo passo procedi. 28. Ristetti e vidi duo mostrar gran fretta Dell'animo, col viso, d'esser meco; Ma tardavagli'l carco e la via stretta.

20. (SL) DIPINTA. Æn., VII: Picli scuta Labici. STANCA. Si raffronti la tardità di questi co' versi ritraenti la precipitevole scesa.

(F) DIPINTA. Come il colore dipinto cela il vero; così l'ipocrita fa. Bocc. Le ricchezze dipingono l'uomo e con li loro colori cuoprono e nascondono non solamente i difetti del corpo, ma ancora quelli dell'animo, che è molto peggio. La povertà nuda e discoperta, cacciata la ipocrisia, sè medesima manifesta, e fa che da gl'intendenti sia la virtù onorata e non gli ornamenti. 22. (L) EGLI. Impersonale.

(SL) FEDERIGO. Federigo II, l' incredulo: non a' Paterini, com'altri vuole, metteva le cappe, ma a'rei di lesa maestà, come accenna Pietro. L' Ottimo: A certi malfattori. Le cappe di Federigo eran piombo; e con esse posti al fuoco, si struggevano i miseri in lungo

tormento.

(F) DORATE. Brunetto: V'ha taluno ammantato Come rame dorato. Barberino: Non lice sotto specie d'onestate Con finta cappa coprir falsitate. Il piombo anco nella Bibbia quasi contrapposto dell'oro.

23. (SL) MANCA. Cosi giunto al fondo avrà corso tutto a tondo l'Inferno (V. Canto XIV, t. 42).

24. (L) NUOVI DI COMPAGNIA AD OGNI MOVER D'ANCA: a ogni passo, passavamo una coppia di dannati. 25. (L) PER CH': onde. - - CONOSCA da me. Si: così. (SL) Si. Inf., X, t. 42: Si mosse; e poi, così andando, Mi disse, ec.

26. (SL) PAROLA. La pronunzia e i modi: fa che tu... si andando. TENETE. En., VI: Juvat usque morari, El conferre gradum. FOSCA. En., VI: Agnovitque per

umbram Obscuram.

27. (L) SECONDO IL SUO PASSO: piano. 28. (L) FRETTA : voglia.

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(SL) NATO. Som.: Parentibus et patriæ a quibus et in qua nati et nutriti sumus. Conv.: Fiorenza... nel suo dolcissimo seno, nel quale nato e nutrito fui fino al colmo della mia vita. BEL. En., VII: Flumine pulchro, Georg., II: Pulcher Ganges. — D'ARNO. Georg., IV: Flumina Mellæ. —GRAN. Conv.: Della bellissima e famosissima figlia di Roma, Fiorenza. Nella lettera ad Arrigo: Firenze, la città più potente d'Italia. -VILLA. Villa per città, Gio. Villani.

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34. (L) RANCE: gialle.

35. (L) DA TUA TERRA: da Firenze.

PRESI scelti. (SL) FRATI. Siamo a' frati di nuovo. Napoleone Catalani e Loderingo o Loterico degli Andalò, o, come l'Ottimo, de'Carbonesi, di Bologna, di quell'ordine cavalleresco di S. Maria che, istituito da Urbano IV e dal detto Loderigo per combattere gl' infedeli, ebbe sopranome de' Godenti. Di sotto bianco, e di sopra nero portavano: viveansi con loro mogli, dice l'Ottimo. Catalano era guelfo, l'altro ghibellino; e però i Fiorentini, nel luglio del 1260, gli dettero il governo di sè, invece d'un solo potestà com' era uso, sperandoli, come frati e solitarii, rappacificatori dell'ire. [G. Vill., VII, 45.]

36. Come suol esser tolto un uom solingo, Per conservar sua pace. E fummo tali, Ch'ancor si pare intorno dal Gardingo. 37. I' cominciai: — O frati, i vostri mali... Ma più non dissi; ch'agli occhi mi corse Un, crocifisso in terra con tre pali. 38. Quando mi vide, tutto si distorse, Soffiando nella barba co' sospirf:

E' frate Catalan, ch'a ciò s'accorse, 39. Mi disse: - Quel confitto che tu miri, Consiglio i Farisei che convenia Porre un uom per lo popolo a' martiri. 40. Attraversato e nudo è per la via,

Come tu vedi; ed è mestier ch'e' senta Qualunque passa, com'ei pesa, pria. 41. Ed a tal modo il suocero si stenta

In questa fossa, e gli altri del concilio Che fu per li Giudei mala sementa. 42. Allor vid'io maravigliar Virgilio

Sovra colui ch'era disteso in croce
Tanto vilmente nell' eterno esilio.

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(SL) MALI. Non si sa se intenda mi muovono a pietà; o sono ben meritati; o mali per colpe. La sospensione è ad arte. Più. Æn., VIII, XI, XII: Nec plura effatus.

(F) CORSE. I pensieri gli vengono in forma d' uomo, gli oggetti gli corrono all'occhio, egli invia e scende l'occhio agli oggetti. Vivo ogni cosa; tutta la natura è in armonia animata con l'anima sua.

38. (SL) DISTORSE. Pensando che un vivo gli doveva col peso suo passar sopra (terz. 40); o per vergogna che la sua ipocrisia sia palese.

39. (F) Uom. Joan., XI, 50: È spediente che un uơmo muoia per il popolo e non tutta la nazione perisca. 40. (L) PESA: gli passa sul corpo.

(F) QUALUNQUE. Come per portare in sè tutta l'ipocrisia dell'inferno. 41. (L) IL SUOCERO: Anna. DEL CONCILIO che condannò Gesù Cristo.

(SL) STENTA. Da stendere: però ben s' applica ai crocefissi distesi. In senso simile ha distentare Virgilio. SEMENTA. Inf., XXVIII, t. 56: Che fu 'l mal seme per la gente tosca.

(F) FOSSA. Sap., X, 45: Hæc (sapientia)... descendit cum illo in foveam. CONCILIO. Joan., XI, 47: Collegerunt... Pontifices et Pharisæi concilium. Psal. I, 1: In consilio impiorum.

42. (SL) ESILIO. Horat. Carm., II, 5: Æternum exilium, (F) VIRGILIO. La ragione umana stupisce ripensando alla maledizione del deicidio. - Nel quinto dell'Encide è una sentenza simile a quella di Caifas: Unum pro multis dabitur caput. Quando Virgilio scese scongiurato da Eritone, Caifasso non era per anco dannato. SOVRA. Ezech., XXVIII, 48, 19: Dabo te in cinerem super terram in conspectu omnium videntium te. Omnes, qui viderint te in gentibus, obstupescent super le

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(SL) VOCE. Georg., IV: Hac adfatus voce parentem. Voce per discorso è in Corsica. FOCE. n., XI: Anguste... fauces.

44. (L) ANGELI NERI: diavoli.

(SL) COSTRINGER col ripetere l'annunzio di nostra missione divina. Conveniva loro tornare a sinistra. USCIRCI. Firenz. Si usci.

(F) ANGELI NERI. Tali anco la Scrittura li chiama. E son diavoli anco quivi. E in ogni bolgia. 45. (L) RisposE Catalano. — GRAN CERCHIA, dove Gerione li pose. — Varca tutti I VALLON' FERI: fa un ponte su tutte le bolgie.

(SL) APPRESSA. En., V: Propinquabant scopulo. - VARCA. Inf., XXIV, t. 25. Non è il solo, ma è il più vicino. FERI. BUC., V: Montesque feri.

46. (L) NOL COPERCHIA: Non accàvalcia il vallone. IN COSTA men ripida. SOPERCHIA: alza.

(SL) QUESTO... Nella morte di Gesù Cristo non crollò solo il ponte, ma tutto l'argine ruinò. Lo scarico delle pietre rovinate venne al fondo, e vi fece un rialzo, quasi scala a salire. Cotesto illustra il passo del Canto XII dell'Inferno.

47. (L) CONTAVA LA BISOGNA raccontava la cosa. COLUI: Barbariccia.

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(SL) CONTAVA. Quando disse: Presso è un altro scoglio che via face. Tutti i ponticelli che accavalciano la bolgia dei politici nemici di Cristo dall'ora della sua morte son rotti; onde non potevano i due Poeti avere altra via che lo sdrucciolar dall'uno argine e lo arrampicarsi per l' altro. Que diavoli fingevano di rispettare il volere divino nel viaggio de' due; ma meditavano, da barattieri, qualche frode. Però le bugie; però gli atti beffardi, e il volare dietro ai fuggiti per prenderli. Cosi la malizia loro torna in vergogna; così avviene ai diavoli della porta di Dite.

48. (SL) UDI'. Per udii anco in prosa. Sempre amaro alla città guelfa.

-

BOLOGNA.

(F) BUGIARDO. Joan., VIII, 44: Non est veritas in eo: cum loquitur mendacium, ex propriis loquitur, quia mendax est, et pater ejus. Albertano, I, 25: Lo diavolo è bugiardo e padre di menzogna. E Porfirio dice i demonii di natura fallaci. E il frate ipocrita di menzogna se ne intende, perchè simulazione è menzogna con-sistente in segni di fatti esteriori (Som.). 49. (L) APPRESSO: poi.

(SL), TURBATO. Senza aggiunto d'ira, in Virgilio: Turbate Palladis arma (Æn., VIII), che Orazio spiattella: Galeam Pallas et ægida Currusque, et rabiem parat (Carm., I, 15).

(F) GRAN. Per ira dell'inganno, che a' savii e a leali dispiace e per lasciare gl'ipocriti. Vuole indicare quale astuzia sia ne' barattieri, poichè il senno di Virgilio n'è illuso. Cosi risponde a coloro che di baratteria lui, Dante, tacciavano. IRA. Job, XXXVI, 13: Simulatores et callidi provocant iram Dei.

50. (L) POSTE: orme.

(SL) POSTE. Petr.: L'orme impresse dell' amale piante. PIANTE. En., XI: Utque pedum primis infans vestigia plantis Institeral.

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Gl'ipocriti.

Dice la Glossa citata dalla Somma: In comparazione de' due mali è più leggiero peccare apertamente che simulare santità; e la Somma: Dell'ipocrisia due sono le specie: il difetto di virtù, e il simulare virtù. Quegli che non cura essere buono ma parere, pecca gravemente. La colpa si misura dal fine, come chi simula santità per disseminare dottrina falsa, o per salire indegno a ecclesiastica dignità, o per altro vantaggio temporale. Ma chi si dà per più buono di quel ch'egli è, pure per compiacersi in codesta finzione, è più vano che tristo (1).

(1) Arist. Eth., IV.

E più innanzi : L'occultare il peccato talvolta l'attenua quando è segno di verecondia o quando diminuisce lo scandalo. Siccome l'uomo in parola mente significando quel che non è, non però sempre mente tacendo quel che è, il che talvolta è lecito; così non sempre è simulazione, non significare ne' fatti quel che è. Ond'altri può senza simulazione nascondere la propria colpa, acciocchè scandalo non ne venga. E però Girolamo dice che celare la colpa è come un rimedio dopo il naufragio seguito (1). Poi nota acutamente un'altra specie d'ipo

(1) Il simile in Gregorio (Mor., XXXI).

crisia, della quale non mancan gli esempi ne' tempi corrotti e flacchi. Può taluno fingersi più cattivo di quello ch'egli è, chè nessuno si finge cattivo facendo opere veramente buone; ma può l'uomo voler parere cattivo con opere in sè non cattive, le quali per altro abbiano apparenza di male e tale simulazione è peccato, si per essere menzogna e si per essere scandalo.

Gl'ipocriti qui sono coperti di cappe, come in una Visione del Passavanti, e come nell'Inferno d'Armannino. Qui sono gli felli incappucciati, che lor falsità coprirono con gl' ingannevoli mantelli. I frati di Colonia rammentati da Dante avevano cappe lunghe e larghe nel cappuccio; però queste degl'ipocriti essendo di piombo, dovevan essere tanto più gravi. E rammentisi il dilatare le fimbrie che nell'Evangelo dicesi de'Farisei; e quel di Giobbe: Non... veniet in conspectu ejus omnis hypocrita (1); dacchè se gl'inviluppi tolgono il tristo alla vista del buono, tolgono insieme la vista del buono a esso tristo. E qui cade quel d'Isidoro (2): Il nome d'Ipocrita è tollo da coloro che negli spettacoli vanno con la faccia coperta, distinguendo il volto con vario colore per imitare il personaggio che rappresentano, in sembianza ora d'uomo or di femmina per illudere il popolo ne' pubblici giuochi. E Agostino (3) Siccome chi rappresenta in iscena un personaggio, sembra quel che non è (chè colui che fa la parte d'Agamennone non è veramente desso), così nella chiesa e in tutta la vita umana chi vuol parere quel che non è, gli è un ipocrita.

Le cappe di piombo sono dorate di fuori che rammenta il paries dealbate degli Atti (4), e le parole di Cristo: Simili a' sepolcri imbiancati che hanno pulita apparenza, e dentro sono ripieni di tutta immondezza.... Badatevi da' falsi profeti che vengono in vestimenta di pecore, e dentro son lupi rapaci (5). E forse Dante avrà avuta in mira la etimologia falsa della voce ipocrisia da xpusis, sebbene da Isidoro sia data l'origine vera (6).

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L'ipocrisia, nota Tommaso, s'oppone per contrario alla verità, per la quale uomo tal si mostra qual è (4). E Gregorio: It simulatore altro dimostra ed altro fa: castila finge e segue lascivia; ostenta povertà e riempie la borsa (2). La Somma: Ipoerila non assume le opere della virtù come chi intende a quella per lei proprio, ma le assume a modo di strumento, siccome segni d'essa virtù (3). E Gregorio: Gl'ipocriti sotto pretesto di Dio servono alle intenzioni del secolo; perchè pur con le cose sante che dimostrano d'operare non cercano la conversione degli uomini, ma l'avere de' favori (4). Matteo: Tulle loro opere fanno per essere visli dagli uomini (5). Gregorio (6): Non considerano quel che operano; ma come, operando, possano agli uomini piacere. La Somma: Fine dell' ipocrisia è il lucro e la vanagloria.

Acciocchè, dice l'Anonimo, la fatica del peso sia loro continua, sempre stanno in movimento: e il gravare del peso sov'essi rappresenta in imagine la sentenza della Glossa: simulata equità non è equità, ma peccato doppio. Ipocriti camminano sopra ipocriti e li calpestano: posuisti ut terram corpus tuum, et quasi viam transeuntibus (7).

In questa bolgia il Poeta non rammenta che i nemici di Cristo e i nemici di Firenze ipocriti religiosi insieme e politici. E da questa passa alla bolgia de' ladri, come per significare che l'ipocrita sta tra il barattiere ed il ladro, e simulando si ruba la lode degli uomini. Al passo di Giobbe : Quæ est spes hypocritæ si avare rapiat (8), la Glossa soggiunge che costui rapisce le lodi dell'altrui buona vila: ma Dante poteva dargli senso ancora più ampio, pensando che ipocrisia e avarizia si collegano sovente insieme, e che avari erano Farisei, e che i due frati Godenti aizzarono i cittadini a rapina.

Nel presente Canto abbiamo le similitudini de' frati minori che vanno per via, della rana e del topo, del cane e della lepre, dello specchio, della madre, del mulino, de' frati di Cologna, delle cappe di Federico, de' pesi delle bilancie. La più lunga è quella della madre ed è la più affettuosa. Questa flera anima nelle scene d'amore più vogliosamente si posa.

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CANTO XXIV.

Argomento.

Al turbarsi di Virgilio sbigotlisce il Poela, si per affello, e si per timore di nuovi inganni e pericoli: ma Virgilio si rasserena pensando che la menzogna di Malacoda aveva avuto, dice l'Anonimo, coda corta e Dante si rasserena con lui. S'arrampicano sulla rovina dell' argine destro per- giungere alla settima bolgia. Montano il ponte; per meglio vedere, scendono sull'argine ottavo: vedono i ladri tormentati da serpi. In questo Canto dipinge i ladri di cose sacre, dice l'Anonimo; nel seguente, gli altri. Qui son feriti da serpi, cadono in cenere, e tornano in forma umana: là si trasformano d'uomini in serpi, di serpi in uomini.

1.

Nota le terzine 1, 5, 4, 8, 9, 10, 13, 16, 17, 18, 20, 22, 26, 28; 31 alla 35; 39, 40, 42, 44, 45, 49, 50.

In

quella parte del giovinetto anno

Che il sole i crin' sotto l'Aquario tempra,
E già le notti al mezzo di sen vanno;

2. Quando la brina in su la terra assempra
L'immagine di sua sorella bianca,
Ma poco dura alla sua penna tempra;

1. (L) IN QUELLA PARTE DEL GIOVINETTO ANNO... Entra in Aquario il 21 di gennaio. AL MEZZO DI SEN VANNO s' avviano a ragguagliarsi con l'ore del giorno, accorciandosi.

(SL) GIOVINETTO. Petr.: In giovanil figura Incominciarsi il mondo a vestir d'erba (La personificazione ritorna al proprio, e l' erba e la vesta e la giovanezza non si convengono più): Ringiovanisce l'anno, Macrob.: Sol in altitudinem suam ut in robur revertitur juventulis. CRIN. Æn., IX: Ætheria tum forte plaga crinitus Apollo. AQUARIO. Hor. Sat., I, 1: Inversum contristat Aquarius annum. -TEMPRA. Georg., III: Frigidus aera vesper Temperal.

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(F) CRIN. Il calore del sole è dall'Aquario temperato, e le notti invernali scemano e s' avviano ad essere la metà del giorno, cioè dodici ore. Nota il Poggiali che nel calcolo di Dante rispetto all' allungare de' giorni, dev'essere entrato lo sbaglio della giunta che facevasi all'anno di sette giorni circa, prima della correzione gregoriana. La similitudine è troppo dotta, non assai evidente; pur bella.

2. (L) ASSEMPRA...: copia. Quando la brina par neve, ma presto dileguasi.

(SL) ASSEMPRA. Nel Convivio asemplo per esempio. Prosegue il traslato in modo contorto, e dà alla brina copiatrice una penna, e alla penna una tempra. Non è però senza poesia l' imagine della terra scritta di neve o di brina. SORELLA. La brina sorella alla neve e per la somiglianza, e per la simile causa che la produce. BIANCA. Georg., II: Frigora... cana concreta pruina. · Poco. Lucan., IV: Non duraturæ, conspecto sole, pruinæ.

3. Lo villanello a cui la roba manca, Si leva, e guarda, e vede la campagna Biancheggiar tutta; ond'ei si batte l'anca; 4. Ritorna a casa, e qua e là si lagna, Come 'l tapin che non sa che si faccia: Poi riede, e la speranza ringavagna

5. Veggendo 'l mondo aver cangiata faccia In poco d'ora; e prende suo vincastro, E fuor le pecorelle a pascer caccia;

6. Così mi fece sbigottir lo mastro

Quand'i' gli vidi sì turbar la fronte; E così tosto al mal giunse lo 'mpiastro. 7. Che, come noi venimmo al guasto ponte, Lo duca a me si volse con quel piglio Dolce, ch'io vidi in prima appiè del monte. 8. Le braccia aperse, dopo alcun consiglio Eletto seco, riguardando prima Ben la ruina; e diedemi di piglio.

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