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(SL) SUPERBO. Æn., VII: Tiburque superbum, Era un diavolo gobbo, acciocchè meglio vi stessero insellati i rei ch' e' portava.

(F) PIÈ. In una visione descritta da Gregorio (IV, 36) i diavoli si tirano giù per le coscie, gli angeli i loro levano su per le braccia.

13. (L) DEL NOSTRO PONTE... o Malebranche: 0 Voi del ponte nostro. ANCHE altre.

(SL) ANZIAN. Ott.: Anziano è un offizio per le cittadi, massimamente di Toscana... il quale ha speziale cura del governo della cittade, e che ella sia bene retta per li rettori forestieri, e ch'ella non sia oppressata da' potenti. Benv.: Florentiæ appellantur priores. Il Buti dice essere un Martino Bottai; e l'Anonimo dice che nel 1300 era in carica e mori all' improvviso. ZITA. Vergine lucchese, patrona della città, venerata in S. Frediano, PER ANCHE Arios: XXXIV, 91. Portarne via non si vedea mai stanco Un vecchio e ritornar sempre per

anco.

14. (L) A QUELLA TERRA: a Lucca.

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(SL) BUONTURO. Ironia. Qui non accenna al tradimento da costui commesso nel 1315 quando fece sorprendere i Lucchesi da' Pisani; e già il Canto era scritto prima di quel tradimento: se no, Dante l'avrebbe, piuttosto che nella pece, cacciato nel ghiaccio. Il Lucchesini qui vuole s'intenda un-Buonturo poverissimo, e daila povertà tolto al pericolo d'essere barattiere (Gior. di Pisa, t. XIX, pag. 246). Meglio quell'altro Buonturo. Vedi di lui il Muratori (Rer. Ital., X); Mussato (III, 5). PER. Æn., VI: Fixit leges pretio atque refixit. ITA. Non per si ma per così è negli atti pubblici toscani fino nel cinquecento.

(F) OGNI. Psal. XIII, 3: Non est qui facial bonum, non est usque ad unum. 15. (L) FURO: ladro.

(SL) DURO. Inf., XIX: Che sarebbe alle capre duro varco. Æn., IV: Duris... cautibus. FURO. Vit. s. Girol. 16. (L) CONVOLTO: sottosopra e avvolto in sè. - DEL PONTE AVEAN COVERCHIO: stavano sotto il ponte.

(SL) CONVOLTO. L'usa l'Ottimo. Bocc.: Per lo lato convolgersi.-VOLTO. L'effigie del Redentore, alla quale i tuoi Lucchesi si curvano come tu fai nella pece. Il Volto Santo è tuttavia venerato in S. Martino di Lucca; e credevasi opera d' angelo. Nel poema De præliis Tuscia (lib. I), un Lucchese giura Per faciem sanctam, per corpus et utique Zitæ.

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Si che, se puoi, nascosamente accaffi. 19. Non altrimenti i cuochi a' lor vassalli Fanno attuffare in mezzo la caldaia La carne con gli uncin, perchè non galli. 20. Lo buon maestro: Acciocchè non si paia Che tu ci sii, mi disse, giù t'acquatta Dopo uno scheggio chè alcun schermo t' haia; 21. E, per nulla offension ch'a me sia fatta, Non temer tu; ch'i' ho le cose conte, Perch'altra volta fui a tal baratta. 22. Poscia passò di là dal co' del ponte : E com' ei giunse in su la ripa sesta, Mestier gli fu d'aver sicura fronte. 23. Con quel furore e con quella tempesta Ch'escono i cani addosso al poverello, Che di subito chiede ove s'arresta; 24. Usciron quei di sotto 'I ponticello, E volser contra lui tutti i roncigli: Ma ei gridò: Nessun di voi sia fello. 25. Innanzi che l'uncin vostro mi pigli, Traggasi avanti l'un di voi, che m'oda; E poi di roncigliarmi si consigli. 26. Tutti gridaron: Vada Malacoda. Per ch'un si mosse (e gli altri stetter fermi), E venne a lui, dicendo:-Che gli approda ?

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17. (L) Serchio: fiume vicino a Lucca. - NON FAR SOVRA LA PEGOLA SOVERCHIO: non escir della pece.

(SL) SOVERCHIO. Inf., VII: In cui usa avarizia il suo soperchio; ed è proprio del barattiere. 18. (L) ACCAFFI: rubi.

(SF) ADDENTAR. Æn., VI: Dente tenaci Anchora. - ACCAFFI, nel Sacchetti. 19 (L) VASSALLI: ministri. -GALLI: galleggi. (SL) VASSALLI. Vita di s. Margh. GALLI. E nel

Buti.

20. (L) SI PAIA: apparisca. Dopo dietro. ·ALCUN SCHERMO T'HAIA: abbia per te qualche schermo, o: sì che tu t'abbia qualche schermo.

(SL) DOPO. Buc., III: Post carecta latebas. Novellino, XLVII: Era dopo la parete. Hata. Par., XVII, t. 47. 21. (L) I' HO LE COSE CONTE: io conosco qui.

(SL) ALTRA. Inf., IX, t. 9. Scendendo al cerchio di Giuda, passò pure per quello de' barattieri. 22. (L) Co': capo. RIPA: argine.

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CHIEDE limosina.

23. (L) TEMPESTA di rumore. 24. (L) RONCIGLI: graffi. 26. (L) PER CH': ond'. CHE GLI APPRODA: che cagione li fa arrivare.

-

(SL) APPRODA? Si spiega in due modi: Che vi fa pro', che vi giova venire? Ma è senso contorto. Meglio: Qual forza o ragione vi fa venire a questa proda? Come nel Canto seguente per venire a proda, e nel XVII: Arrivò la testa, per la condusse a riva. E traduce il virgiliano: Quæ vis immanibus applicat oris? (Æn., I.)

(F) MALACODA. Il nome è presagio che la cosa doveva uscire a mal fine. Abbiamo in Malebolge, Malebran

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Che si lasciò cascar l'uncino a' piedi. E disse agli altri : Omai non sia feruto. 30. E' duca mio a me: - O tu che siedi Tra gli scheggion del ponte, quatto quatto, Sicuramente omai a me ti riedi. 31. Per ch' io mi mossi, e a lui venni ratto. E i diavoli si fecer tutti avanti; Si ch'io temetti non tenesser patto. 32. E così vid' io già temer li fanti

Ch' uscivan patteggiati di Caprona, Veggendo se tra nemici cotanti. 33. I'm'accostai con tutta la persona

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Scoglio non si potrà; perocchè giace Tutto spezzato al fondo l'arco sesto. 37. E se l'andare avanti pur vi piace, Andatevene su per questa grotta: Presso è un altro scoglio che via face. 38. Ier, più oltre cinqu'ore che quest'otta, Mille dugento con sessanta sei

Anni compiêr che qui la via fu rotta. 39. I' mando verso là di questi miei

A riguardar s'alcun se ne sciorina. Gite con lor; ch'e' non saranno rei. 40. Trátti avanti, Alichino e Calcabrina (Cominciò egli a dire), e tu Cagnazzo: E Barbariccia guidi la decina. 41. Libicocco vegna oltre, e Draghignazzo, Ciriatto sannuto, e Graffiacane,

E Farfarello, e Rubicante pazzo.

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CAPRONA. Ca

32. (SL) PATTEGGIATI. G. Villani. stel de' Pisani su Arno. Quando, dice l'Anonimo, la renderono a patti, salve le persone e tutte le cose, Lucchesi e Fiorentini li corsero a vedere, ond' è perch' ellino aveano già fatti di molti mali a parte guelfa, temerono il furore della minuta gente. Ciò fu nell' agosto del 1289. Dante, a quanto pare, era a vederli. [Gio. Villani, VII, c. 136.]

33. (SL) TUTTA. Inf., X: M' accostai, Temendo, un poco più al duca mio. — -LUNGO. Vita Nuova: Vidi lungo me uomini.

34. (L) GLIELE ACCOCCHI: glielo accocchi il colpo.

35. (F) SCARMIGLIONE. Quasi cupido di scarmigliare, scompigliare persone e cose.

36. (L) AL: fino al.

(SL) SCOGLIO. Nella dirittura del ponte da cui venite, non potete proseguire, perchè il sesto ponte in questa linea è rotto ma potete andare per l'argine, e troverete un ponte intero da cui passare. Qui il diavolo mente (Inf., XXIII, t. 46). E Virgilio che tutto sa, che era stato fino in fondo all'Inferno (ma innanzi la morte di Gesù Cristo), gli crede.

37. (L) GROTTA: argine cavernoso nel fondo. - CHE VIA FACE che ha il ponte intero.

(SL) GROTTA. Nel 1 del Purgatorio, grotte chiama quelle del monte dell' espiazione. 38. (L) OTTA: ora.

(SL) IER: Se agli anni 1266 corsi dalla morte di Gesù Cristo al momento in cui parla Malacoda, s' aggiungano i 33 della vita di Cristo, e i pochi mesi dell'anno 34, nel quale mori, s'avranno 1299 compiuti, e i pochi mesi sino al Marzo del 1300. OTTA. Vive nel contado di Firenze. Quell' ora era la prima del giorno, e Gesù Cristo mori nella sesta.

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(F) ROTTA. Matth., XXVII, 54: Petræ scissæ sunt. Marc. XV, 33: Et facta hora sexta. La visione dunque comincia nel venerdi santo. L'Anonimo: Forse l'autore, confessatosi, riconosciuti li suoi difetti, il detto venerdì per alcuna ammenda imaginò questa buona opera. 39. (L) NON SARANNO REI: non vi faran male.

(SL) SCIORINA. La roba tuffata si sciorina; cosi gl'immersi nella pece, a sollievo se ne levano all' aria. REI. Terz. 24: Nessun di voi sia fello. 40. (L) TRATTI: vieni.

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42. Cercate intorno le bollenti pane.

Costor sien salvi insino all'altro scheggio Che tutto 'ntero va sovra le tane. 43. O me! maestro, che è quel ch'i' veggio? (Diss' io) Deh! senza scorta andiamci soli, Se tu sa' ir ch'i' per me non la cheggio.

(porco); così fu detto anche nel medio evo: onde il Poeta lo fece sannuto: A cui di bocca uscia D'ogni parte una sanna come a porco (Inf., XXII, t. 19); e l'Ariosto: Mostra le zanne fuor, come fa il porco (XVII, 39). — FARFARELLO. Forse da forfaire o dal tedesco vorfallen, quasi furfante (Ducange: Forfallius). — RUBICANTE. Da Rubor. Simile al Cagnazzo. I Greci hanno per proverbio che il diavolo cercando in chi entrare, entrò ne' capelli rossi. Il Rossetti vede in Malebranche un Manno Branca, potestà di Firenze nel 1303, quando il cardinale da Prato venne indarno a riconciliare i Neri co' Bianchi, e quelli stavano attendendo l'esito a Tres piano. Vede in Graffiacane un Raffacani, allora priore. Le altre congetture sono ancor più contorte.

42. (L) CERCATE: girate. - PANE: Panie, fossi di pece. (SL) PANE. Bocc.: Inviscata in l'amorose pane.

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47. Ed egli avea del cul fatto trombetta.

SALVI. Ironica raccomandazione; chè l'altro scheggio non era intero.

44. (F) Denti. Jer., Thr., II, 46: Fischiarono e digrignarono i denti e dissero: Divoreremo. Invece del fischio, sentirete.

45. (L) Per LI LESSI: nel bollore.

46. (L) ARGINE SINISTRO, tra la sesta bolgia e la settima.

(SL) STRETTA. Vedendo che Virgilio crede alla menzogna, essi in atto di beffa, guardando Barbariccia, metton fuori un poco la lingua, e la stringon co' denti. Atto non dissimile nel XVII dell'Inferno. Fa sempre vili i rei di colpa a cui sia incentivo il danaro.

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L'anno della visione.

La visione di Dante cade nel trecento e nel trecent' uno, dacchè l'anno fiorentino cominciava col di venticinque di marzo. Quest'avvertenza concilia con l'opinione comune i validi argomenti dell' abate Zinelli. Il più difficile passo è quel di Casella: Veramente da tre mesi egli ha tolto Chi ha voluto entrar con tutta pace (1). Io intendo, non: ha comincialo a togliere; ma sibbene: ha finito di togliere, dacchè il giubileo era finito nel dicembre del milletrecento, onde nella fine di marzo gli eran circa tre mesi. Intendendo all'incontro, com'altri vuole, che s'abbia a recare la visione al di otto d'aprile, il conto de' tre mesi non torna, dacchè il giubileo non venne annunziato che dopo la metà di febbraio. Parrebbe stare per l'aprile del trecento quell'altro luogo della bolgia de'seduttori di donne. L'anno del giubileo... Che dall'un lalo tutti hanno la fronte... vanno verso il monte (2); ove pare che parli di cosa presente. Ma prima dice: Hanno a passar la gente modo tolto, ch'è nel passato; e poi hanno e vanno, per cansare l'avean e l'andavan, sonanti male, ed è

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mutar di costrutto che piace a Dante e a tutti i poeti. E chi sa che quello scompartimento del ponte non sia rimasto anche dopo? O che, levata pure la sbarra di mezzo, i Romani avessero d' allora preso uso a partire la folla in due diritture opposte, com'usa a Venezia sotto le Procuratie di S. Marco? Certo pare a me che dicendo l'anno del giubileo accenni a tempo passato.

Il signor Gregoretti, dopo combattute le prove dello Zinelli, esce contro i preti avidi di signoria, e dice le solite cose; ma poi vuol difendere l'Allighieri perchè ponesse negli imperatori germanici la speranza, e difenderlo domandando a chi si sarebbe potuto allora conferire tanta dignità? Prima di conferire tanta dignità, bisognava far chiaro, in quali e quanti la voglia di riconoscerla; far chiaro che tanta dignità, fosse allora inevitabile alla pace d'Italia. Qui cade la risposta semplicissima e sapiente del Padre Cristoforo: Il mio debole parere sarebbe che non vi fossero nè sfide, nè portatori, nè bastonate (1). A chi conferire la dignità d'imperatore romano nell'anno di grazia mille trecento dieci ? — A nessuno.

(1) Manzoni, Promessi Sposi, cap. V.

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CANTO XXII.

Argomento.

Vanno co' demonii lungo l'argine, e vedono i barattieri ballonzolar nella pegola. Un Navarrese è afferrato dal rampino d'un diavolo: e racconta di due Sardi vicini suoi. Il resto del Canto è comico quasi tutto; con cinque similitudini belle. Sei n'ha l'altro Canto: nel primo, due; una nel secondo; tre nel terzo; quallro nel quinto; una nel sesto; nel settimo, due; due nell'ottavo; nel nono, tre; nel duodecimo, due; tre nel decimoterzo; due nel decimoquarto; quattro nel quintodecimo; nel sestodecimo, quattro; otto nel decimosettimo; due nel decimottavo; sei nel diciannovesimo; nel vigesimo, una. Altre delle similitudini dantesche sono ad illustrare il concetto, altre a pompa d'erudizione mitologica e storica, altre accennano a fatti del tempo, altre all'uomo interiore, altre imitate da antichi.

Nota le terzine 1 alla 14; 16, 19; 23 alla 26; 30 alla 33; 35 alla 39; 41 alla fine.

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MOSTRA: rassegna.

(SL) STORMO. Vill., 1, 21: Perduta Creusa sua moglie allo stormo de' Greci. Circa questi atti di guerra l'Anonimo cita Vegezio.

2. (L) GUALDANE cavalcate nel terren di nemici per scorrerie.

(SL) VOSTRA. Questo dell' apostrofe improvvisa è modo famigliare a Virgilio. Æn., VI: Parvoque potentem Fabricium? vel te sulco, Serrane, serentem? Accenna qui forse alle frequenti scorrerie che facevano i Fiorentini in quel d'Arezzo, e questi a rincontro: onde poi la disfatta fiorentina del 1309. Il postillatore del codice Caet. Tocca d' Arezzo perchè in antico quella città, quand' era in fiore, si dava a molti spettacoli e giuochi: e anche furono molte parti e sedizioni in essa: e Dante ci si trovò in tempo di sua giovanezza. — GUALDANE. G. Vill., VIII, 48: Andando le gualdane, rubando, e ardendo le case e i campi. Vegezio: In gualdana va cacndo vivanda. Malaspini: Ribaldi dipinti in gualdana giucando. - FERIR. Novellino, LX: Un torneamento lasci a voi fedire. Buti : I torneamenti si facevano quando si convenivano volenterosamente li cavalieri a combattere dentro d' uno palancato per acquistare l'onore, nel quale torneamento l'uno ferisce l'altro a fine di morte, se non si chiama vinto. - Giostra è quando l'uno cavalicre corre contro l'altro con l'aste... dove non si cerca vittoria se non dallo scavallare: e in questo è differente dal torneamento, dove si combatte a fin di morte. Landino Torneamento è quando le squadre vanno l'una contro dell' altra e rappresentano una specie di batta

3. Quando con trombe, e quando con campane,
Con tamburi, e con cenni di castella,
E con cose nostrali, e con istrane:"

4. Nè già con si diversa cennamella
Cavalier' vidi muover nè pedoni,
Ne nave a segno di terra o di stella.
5. Noi andavam con li dieci dimoni.
Ahi fiera compagnia! Ma nella chiesa
Co' santi, e in taverna co' ghiottoni.

glia. Giostra è quando l'uno va contro l'altro a corpo a corpo, e rappresenta la battaglia singolare. E il Machiavelli, parlando d'un torneamento ordinato per pubblica festa nel 1465, dice: Così chiamavano uno spettacolo che rappresenta una zussa d'uomini a cavallo.

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3. (SL) CAMPANE. Ai carrocci era appesa per lo più una campana. I Fiorentini l'avevano. Vill., VI, 73: Ponevasi in su uno castello di legname in su un carro, e al suono di quella si guidava l'oste, TAMBURI. L' espositore de' Salmi traduce in tympanis et psalteriis « nel tamburo e nel saltero. Qui nota il Buti: Prendono cammino con suoni di tamburelli, di corni, di naccare. Sacchetti: Già trombe e trombettini, Sveglioni e naccherini Vêr li nemici corni e tamburelli. — ISTRANE. Usi francesi e tedeschi, ch' egli avrà troppo veduti in Italia.

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(SL) DIVERSA. Inf., VI, t. 5. CENNAMELLA. Tav. Rit. E fa sonare trombe e cennamelle; e fa sonar le campane a martello. Bart. da s. Conc. Cennamelle e sal terii fanno soave melodia. — SEGNO. Tuttodi nelle navi molti ordini si danno a suon di campana. STELLA. En., VII: Nec fluctibus actos Atra subegit hyems vestris succedere terris; Nec sidus regione viæ, littusve fefellit. I littus è il segno di terra.

5. (F) CHIESA. Proverbio che traduce in certo modo

6. Pure alla pegola era la mia 'ntesa, Per veder della bolgia ogni contegno, E della gente ch'entro v'era incesa. 7. Come i delfini, quando fanno segno

A' marinar' con l'arco della schiena Che s'argomentin di campar lor legno; 8. Talor cosi ad alleggiar la pena

Mostrava alcun de' peccatori il dosso, E nascondeva in men che non balena. 9. E come all'orlo dell'acqua d'un fosso Stanno i ranocchi pur col muso fuori, Si che celano i piedi e l'altro grosso; 10. Si stavan d'ogni parte i peccatori:

Ma come s'appressava Barbariccia, Così si ritraean sotto i bollori. 11. I' vidi (ed anche 'l cor mi s'accapriccia) Uno aspettar così com'egli incontra Ch'una rana rimane e l'altra spiccia. 12. E Graffiacan, che gli era più di contra, Gli arronciglio le impegolate chiome, E trassel su, che mi parve una lontra. 13. I' sapea già di tutti quanti 'l nome; Si li notai quando furono eletti,

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quello de'Salmi (XVII, 26). Cum sancto sanctus cris, che dalla Volgata però non è tradotto secondo lo spirito. Più sotto, altro proverbio triviale: Tra male gatte (t. 20). Poi: Grattarmi la tigna (t. 31). Comico ogni cosa.

6. (L) PURE ALLA PEGOLA ERA LA MIA 'NTESA: sempre badavo alla pegola. CONTEGNO COse contenutevi. (SL) CONTEGNO. Inf., II, t. 26.

7. (L) S'ARGOMENTIN: s'ingegnino.

(SL) SEGNO. Virgilio, del venir della pioggia: Signa dabant (Georg., I). ARCO. Æn. V: Delphinùm similes qui per maria humida nando Carpathium Libycumque secant, luduntque per undas. Buonar., Fiera: Far arco della schiena.

8. (L) ALLEGGIAR LA PENA: alleviare il bollore.

(SL) ALLEGGIAR. Æn., VII: Estus... levaret. 9. (L) PUR: sol. — GROSSO del corpo.

(SL) RANOCCHI. Inf., XXXII, GROSSO. Inf., XIX, t. 8. Paragona il balzar de' dannati a quel dei delfini; il loro metter fuori 'I capo, allo star de' ranocchi. 11. (L) ANCHE: ancoг.- INCONTRA: segue. CIA: salta sott'acqua..

SPIC

(SL) UNO. Ciampolo. Dice l'Anonimo: Bastardo d'una vile persona e prodiga. INCONTRA. L' ha nel Convivio per avviene.

12. (L) ARRONCIGLIO: inviluppo coll' uncino.

(SL) DI CONTRA per dirimpetto vive in Toscana. - LONTRA. Fa ne' fiumi, ne' laghi, ne' stagni, ne' paduli ostiensi, nell' Aniene, nel Tevere; ha gambe, cammina di notte, fa strage de' pesci; e li mangia mezzi. Vive intanata. Sta tra la mustela e la foca. Buona imagine de' barattieri. Leggiera molto. Arios., XXX, 5: Perchè sa nuotar com'una lontra, Entra nel fiume. 13. (L) TUTTI QUANTI i demoni. CHIAMARO tra loro.

(SL) ELETTI. Inf., XXI, t. 39.

14. (SL) RUBICANTE. Per rosseggiante usa l' Ottimo questa voce (T. II, p. 529).

15. Ed io:

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Che tu sappi chi è lo sciagurato Venuto a man degli avversari suoi. 16. Lo duca mio gli s' accostò allato, Domandollo ond' e' fosse; e quei rispose: I' fui del regno di Navarra nato. 17. Mia madre a servo d'un signor mi pose, Che m'avea generato d'un ribaldo, Distruggitor di sè e di sue cose. 18. Poi fu' famiglia del buon re Tebaldo. Quivi mi misi a far baratteria;

Di ch'i' rendo ragione in questo caldo. 19. E Cirïatto, a cui di bocca uscia D'ogni parte una sanna, come a porco, Gli fe' sentir come l'una sdrucía.

16. (L) ONDE: di che paese.

(SL) DOMANDOLLO. Novellino, IV: Domandollo dove andava. - VIII: Domándoti d'onde se.'- - NAVARRA. I Navarresi, dice l'Anonimo, abbondano in questo vizio. 17. (L) COSE: averi.

(SL) SIGNOR. Barone del re Tebaldo. GENERATO. Æn., V: Troia Criniso conceptum flumine mater Quem genuit.RIBALDO. Uomo devoto a signore; e perchè costoro eran anco devoti al misfatto, però ribaldo prese col tempo mal senso. Cosi masnadiere. V. Dufresne. COSE. Inf., XI: In sè, ed in lor cose. 18. (L) FAMIGLIA : servo.

(SL) FAMIGLIA. Cosi chiamavansi i servi; anche un solo. Come il ministero può essere anche un solo ministro. Phædr., III: Æsopus domini..... familia. Murat., Inscript., pag. 1600, n. 4: Libertorum et familiæ. [RE. Mariana, Historia de Espana, 1. XIII, c. 9, e Henault, Abrégé Chron. de l'Histoire de France, 1252.]

TEBALDO. Non già quel che mori nel 1253, poeta valente, citato da Dante nella Volgare Eloquenza, pag. 292-295; ma il figlio di lui e di Margherita di Borbone, nato nel 1240. Fu re a tredici anni, prese con s. Luigi la croce per combattere sotto Tunisi, vide Luigi morire, e di lui abbiamo su questo caso una lettera ch'è nel VI del Martene mori poco dopo egli stesso il 4 settembre dell'anno medesimo, e lo segui di lì a poco Isabella sua moglie; e, nota il Joinville, figliuola di s. Luigi. Rutebeuf, trovatore illustre, pianse la morte di lui, e nella canzone gli dà il titolo di buono, di prode, di generoso, d'amico ai minori; lodi che Dante avrà lette, e gli avranno ispirato amore di re tanto raro. Gli successe Enrico III detto il Grosso, il quale nel 1274 sposò Bianca, figliuola di Roberto di Napoli, fratel di Luigi. Quel Tebaldo che mori nel 1255 fu conte di Sciampagna; e la casa di lui tuttora mostrasi in Aix. Grazioso poeta, primo ad alternar le rime mascoline con le femminine: amò Bianca madre di Luigi IX; ebbe tre mogli; tra queste, Gertrude della casa d'Absburgo. - RENDO. G. Vill.: Rendevano ragione di fatto con molte baratterie. (Qui vale giudicare, in Dante essere giudicato; ambiguità amara.)

(F) RENDO. Matth. XII, 36: Reddent rationem... in die judicii.

19. (F) Porco. Arios., XVII, 30: Mostra le zanne fuor come fa il porco... Si notino gli atti de' diavoli : Graffiacane lo leva col graffio; Rubicante è chiamato per adeguarlo; Ciriatto l'assanna.

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