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Ma perchè frode è dell' uom proprio male,
Più spiace a Dio; e però stan di sutto
Gli frodolenti, e più dolor gli assale.
De' violenti il primo cerchio è tutto;
Ma perchè si fa forza a tre persone,
In tre giorni è distinto e costrutto.

A Dio, a sè, al prossimo si puone

Far forza; dico in loro, e in le lor cose,
Come udirai con aperta ragione.

Morte per forza, e ferute dogliose
Nel prossimo si danno; e nel suo avere
Ruine, incendi e collette dannose:

seguente luogo di Tullio (Offic.): Cum autem duobus modis, idest aut vi, aut fraude, fiat iniuria: fraus quasi vulpeculae, vis leonis videtur: utrumque alienissimum ab homine est, sed fraus odio digna maiore.

SPIACE A DIO, Cic. Sed fraus odio digna maiore.-INGIURIA— ingiustizia— ACQUISTA, in mal senso; come ACCATTA v. 84.

25. FRODE DELL' UOM PROPRIO MALE, perchè nasce dall'abuso dell'intelletto qui concesso solo all' uomo. DELL' UOM PROPRIO MALE. Cic. FRAUS... VIS... utrumque alienissimum ab homine est.

26. SUTTO solto; Lat. subtus. Facile lo scambio dell'u nell'o, e viceversa; come si vede in soso per suso (Inf. X, 45), in lome per lume (Ivi v. 69. Vedi nota)

30. In tre gironi. Il numero 3 è simbolico nella Divina Commedia. E prima, quanto ai versi, essa è composta in terza rima; dipoi, vi son tre cantiche Inferno, Purgatorio e Paradiso; ciascuna cantica. è divisa in 33 canti o capitoli, i quali fanno in tutto 99, e col primo proemiale si ha il 100, numero pieno e perfetto, in cui domina una sola cifra, significativa dell'uno. L' Inferno inoltre ha nove cerchi; il Purgatorio ha nove giri; il Paradiso nove cieli: e il numero totale ascende a 27 ch'è triplo del 9, com'è questo del 3. Da ultimo, ciascheduna delle tre cantiche si chiude nella voce stelle; la quale par dinoti il fine, a cui tendono tutti gli sforzi e le fatiche dell' erculeo

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poeta, figura dell'uomo che s'affanna in questo mortale pellegrinaggio.

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31. PUONE, può: come fene per fe, fece ec. aggiunto il ne per istrascico di pronunzia. Pannuccio dal Bagno:

Saven di certo che alcuna cosa

Tanto gentil nostro signor non fene.

33. RAGIONE, Lat. ratio, discorso, sermone, ragionamento ec. Quindi ragionare per discorrere, favellare ec.

34. FERUTE, ferite. Come da temere, temuto; così da ferere antic. venne feruto; onde feruta participio preso qual sastantivo. Necessitato per necessità (Parad. V, 49). Vedi Inf. XXII, 100 not.

35. NEL PROSSIMO SI DANNO ec. Io noto questo dare in come significativo di dar dentro, gravare, caricare la mano: il che più specialmente accenna le pubbliche gravezze che si danno nell'avere, come le ferule profonde nel prossimo. E

Dante scriveva nel secol suo !

36. TOLLETTE. Da tollo in sentimento di rubare togliere ec. Lat. barb. malatolta per furto, estorsione, come qui le tollette dannose cui non iscusa parvità di materia, son le rapine, i balzelli e ogni mal tolto. Altra lez. COLLETTE DANNOSE cioè, come spiega il Bargigi, forti taglie imposte da principi o da masnadieri. Il P. Lombardi ha colletta dello stesso sentimento che colta (sincop.), cioè, aggravio, imposizione, rappresaglia. Può cotesto vocabolo derivarsi da collectum ch'è da colligere, raccorre,

Onde omicide, e ciascun che mal fiere,
Guastatori e predon tutti tormenta
Lo giron primo per diverse schiere.
Puote uomo avere in se man violenta,
E ne' suoi beni; e però nel secondo
Giron convien che senza pro si penta
Qualunque priva sè del vostro mondo,
Biscazza e fonde la sua facultade,

E piange là dov' esser dee giocondo.
Puossi far forza nella Deitade,

Col cor negando e bestemmiando quella,
E spregiando Natura e sua bontade:
E però lo minor giron suggella

metlere insieme noi abbiamo i collettori
o esattori e riscuotitori delle pubbliche
imposte. Collecta è poi il participio su-
stantivato. Vedi v. 34 not.-Il luogo di
Tacito citato dal Bianchi: exempti one-
ribus et collationibus ci dà piuttosto a
conoscere la differenza tra onus e colla
tio; intendendosi per il primo vocabolo
un peso, un'imposizione onerosa ed ob-
bligatoria, e per il secondo una presta-
zione: sicchè collatio si vien da confero;
collectio da colligo. Dipoi non pare
predoni sien più amici delle collette,

che delle tollette.

i

37. OMICIDE, al. lez. omicidi. Questa seconda parrebbe più regolare, perchè da' masc. in a si ha i finale al numero de' più: ma il Nostro disse omicide, siccome altrove eresiarche (V. Inf. IX, 127 not.). Il cod. Cassin. ha omicida, altri leggono anche omicidii. Nota come si rispondono omicide con morte; che mal fiere con ferute dogliose; guastatori e predon con rovine, incendi e tollette dannose.

40. Avere in... MAN VIOLENTA, locuz. notabile In, contro, verso; MANO per potestà, forza, dominio e strumento ec. Si esprime il mal governo che l'uomo può far di sè e del suo avere ec.

43. Il suicida o violento contro sè stesso. Virgilio dice vostro a Dante che ancora viveva nel mondo di qua.

44.Il violento contro il suo avere,il biscazziere ec. Bisca è gioco pubblico ro

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vinoso. Non confondere il Prodigo col Biscazziere. Nota chi biscazza e fonde le sue facoltà esser qui messo alla stessa pena di chi uccide sè medesimo. Vedi Inf. VII, 55 pag. 112 not. (c).

49. MINOR GIRONE cioè il terzo in or

dine al primo girone (v. 39), ed al secondo girone (v. 41-42). Ne si ha da confondere questo minor girone col minor cerchio di cui è parola nel v. 64. Vedi nota al v. 17. SUGGELLA ec. Quanadoperata qui dal Poeta! Suggello o Sita forza in questa voce nel senso traslato gillo è dal lat. sigillum dim. di signum, segno, figura, imagine. È per la proprietà della voce che il Poeta dica: suggella col segno suo, cioè col marchio di fuoco. (Tomaseo). Il suggellare par che abbia qui la forza della frase latina notam inurere; dove notam vale infamia,ignominia; e inurere, imprimerla con ferro rovente, di guisa che resti indelebile. Fra le tante cagioni, onde i cittadini romani si notavano col marchio del disonore,si era il furto, l'espoliazione fatta ai soci o alleati nelle provincie, la baratteria, la concussione, lo spergiuro ec. E questo minor girone, ch'è il più stretto de' tre, pugne più a guaio, e mostra col grado medesimo della pena, quasi come farebbe la colpa de' maledetti spiriti. Così, invel'impronta d'un suggello, il carattere e ce di nominare i dannati, si accennano le loro punizioni (v. 70 e segg.). Nella Monarchia di Dio la pena è nota e suggello caratteristico del delitto.

Del segno suo e Sodoma, e Caorsa,
E chi, spregiando Dio, col cuor favella.
La frode, ond' ogni coscienza è morsa,

Può l'uomo usare in colui che si fida,
E in quello che fidanza non imborsa.
Questo modo di retro par ch' uccida

Pur lo vincol d'amor che fa Natura;
Onde nel cerchio secondo s' annida
Ipocrisia, lusinghe, e chi affattura,
Falsità, ladroneccio, e simonia,
Ruffian, baratti, e simile lordura.

50. SODOMA pei sodomiti. Caorsa pei caorsini, e questi per gli usurieri; poichè i cittadini di questa terra della Guienna, in Provenza, furono al tempo del Poeta famosi in esercitar l'usura. Vedi v. 58 not.

52. OGNI COSCIENZA toglie via la benigna interpretazione degli espositori. La sentenza è pronunziata senza eccezione: se indiscreta o ingiusta lo dicano altri L'essere morso suppone la colpa: ma si dice: ogni coscienza è morsa: dunque tutti, qual più, qual meno, ne son rei.

54. FIDANZA NOn imborsa, non istà a fidanza, o non si fida d'alcuno. Ma quell' imborsar fidanza ti dà l'imagine di chi vende la sua merce per contanti, e non imborsa credenza; poichè correrebbe pericolo di restar con la borsa vuota. La metafora ci pare esser tolta dai mercatanti, da' trecconi, e dai tavernieri che son gente astuta, la qual ripone poca o niuna fede in altrui. Dopo questa spiegazione del traslato dantesco, salta agli occhi la chiosa che ricopiano i comentatori, a chiarire cotesto luogo; dicendo che FIDANZA NON IMBORSA, vale che non riceve in sè fidanza, che non si fida. E vedete così far dell'uomo una borsa: cosa che a Dante non sarà mai caduta in pensiero (a).

55. DI RETRO, ullimo; che vien dopo.

(a) Sulla parete d'un'osteria suburbana a Napoli mi ricorda aver letto di lontano le seguenti parole, che vi erano scritte a lettere cubitali: Oggi non si fa credenza domane si: Torna domane e troverai così. L'oste non imborsava credenza !

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UCCIDA (da ob caedere, occidere, troncare) vale tronchi, recida, tagli ec. Incida ha il codice Bartoliniano e quello del Florio.

58 segg. Fa maraviglia che i comentatori non abbiano veduto ciò che qui salta agli occhi: avere in questo luogo il nostro Poeta imitato Virgilio, Terenzio e tutti gli altri poeti,i quali adoperarono il nome astratto per l'aggettivo concreto sustantivato: come ipocrisia, lusinga, falsità, ladroneccio, simonia, baratti in luogo di ipocrita, lusinghiero, falso, ladro, simoniaco, barattieri. Potè ben farlo seguendo l'esempio del comico la

tino che disse:

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Crimine ab uno disce omnes: cioè ab uno criminoso ec.; sebbene anche potrebbe intendersi come l'intese il Tasso (Gerus. liber. II, 72):

Tu da un sol tradimento ogn'altro impara. Tra questi sustantivi astratti, Dante quasi pensatamente ed a bello studio pose chi affattura, cioè maliardo, e ruffiani; poichè se ipocrisia vi tien luogo d'ipocrita ec. per qual cagione non potevano stare i ruffiani chi affattura, nello stesso costrutto, in cui si trova l'ipocrisia, la lusinga ec.?

Intanto ecco che vi si nota da' comentatori.

« Ruffian sta qui per ruffianeria, di<< cono alcuni, per la ragione che altri<< menti mal s'accompagnerebbe cogli « altri sustantivi astratti, ipocrisia, fal

Per l'altro modo quell' amor s'obblia,
Che fa Natura, e quel ch'è poi aggiunto,
Di che la fede spezial si cria:

« silà ec.; ma Dante, rispondo io, non << bada a queste meschinità; e non ha « egli p. e. detto sopra e chi affattura? « può dunque dir qui ruffiani.-baratti, << baratterie ».

Dopo ciò che per noi si è notato, voi

stentate a credere che uomini di somme

riguardo potessero così anfanare, dimenticare i tropi di cui tratta ogni rettorica istituzione, e non vedere che l'astratto Idee ridursi al concreto, non questo a

quello; imperocchè non è l'ipocrisia la lusinga ec. che si punisce, ma l'ipocrila, il lusinghiero ec. Quindi non ruffian sta per ruffianeria per bene accompagnarsi con ipocrisia ec. ma ipocrisia ec. sta per ipocrita ec. per far buona lega coi ruffiani ec.

Dippiù si dice: Dante non bada a queste meschinità! Dunque sono considerati come peccati veniali del poeta quelli che son tropi ec. che hannovi luogo proprio per ragion dell' arte? e dovrà cercar'egli perdono ai comentatori che lo hanno franteso?

Ancora: Baratti non istà per Baratteria, ma per barattieri; imperciocchè il Baratto è per sè stesso già un sustantivo, che vi è preso per il barattiere. La baratteria è l'arte, la professione del baraltiere; il Baratto è la colpa, il reato, e per esso il colpevole, il reo che debb' esser punito. Vedete le meschinità a cui Dante non badava! E noi, perchè non vogliamo curvarci allo studio delle piccole cose, frantendiamo gli elementi del bello Dantesco.

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fare per suo ufficio, per danari o per cose equivalenti.

si

Nell'Inf. XI, 49:

E però lo minor giron suggella Del segno suo e Sodoma e Caorsa: usano Sodoma e Caorsa due sustantivi pe' rispettivi nomi concreti Sodomiti e Caorsini. E queste neppure sono delle meschinità da passarsene. Però è a notare che Sodoma e Caorsa sono per sineddoche adoperati come il contenente pel contenuto.

Caorsa, dico, per gli usurai; dappoichè gli abitanti di questa città erano sì rotti all'usura, che nella lingua romana Chaorcis, e nell'antico francese Chaoursier eran divenuti sinonimi di usuriere; Caorcini per usurarii nel basso latino.

L'addotta terzina ne fa ricordare dei versi oraziani (Lib. I, sat. 2): Mendici,mimae, balatrones, hoc genus omne ec. Ambubaiarum collegia, pharmacopolae, i quali son contesti di nomi ed aggettivi come ne' versi danteschi fatto si vede. Quadro de' rei messi in corrispondenza ai canti dove partitamente se ne ragiona. IPOCRISIA........ipocriti........Inf. XXIII. LUSINGHE.... .lusinghieri... » XVIII. FALSITA.. CHI AFFATTURA.maliardi ...... » XX.

LADRONECCIO...ladroni........ » XII.
SIMONIA.......................... ..simoniaci..... » XIX.
BARATTI..........barattieri..... » XXI, XXII.
RUFFIAN.........
...ruffiani........ » XVIII.

falsatori. ...... » XXIX, XXX.

61. PER L'ALTRO MODO di frode s' intende quello toccato nel v. 51 seg., cioè quella frode che l'uomo può usare in altri che non istà a fidanza di lui. ALTRO dopo quello, di cui al v. 55.

62 seg. CHE FA NATURA. L'amor naturale, ingenito cioè in tutti gli uomini e che in essi propagasi per la stessa generazione. QUEL CHE POI È AGGIUNTO, cioè l'amore acquisito per amicizia per parentado, il quale amore quasi al primo s'aggiugne ed innesta. Epperò è detto che il primo si fa, si progenera, si produce, come di seme pianta; del secondo si cria (cioè si mette in essere ciò che prima non era) la fede special, in quanto gli amici e i parenti hannosi ad

Onde nel cerchio minore, ov'è il punto
Dell' universo, in su che Dite siede,
Qualunque trade in eterno è consunto.
Ed io Maestro, assai chiaro procede

La tua ragione, ed assai ben distingue
Questo baratro, e 'l popol che 'l possiede.
Ma dimmi: quei della palude pingue,

Che mena 'l vento, e che batte la pioggia,
E che s'incontran con si aspre lingue,

aver tra loro più stretta e più particolare
lealtà, perchè legati da più forti vincoli,
che non sono quelli di uomo ad uomo.
Per la qual cosa il mancar di fede o tra-
dire uno, che pur non sia nostro paren-
te od amico, è grave colpa; ma più gra-
ve, e degna di maggior pena il fallire ai
nostri. E a quest'ultimo modo di tradi-
gione tocca l'ultimo grado del Cono in-
fernale (v. 64 e segg.).

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to sulla penultima, al modo delle voci
latine, che mutano a grado del poeta la
quantità della vocale, dopo cui venga
una muta seguita dall'r o dall'l.
Varianti del verso: che il possiede
ch'ei possiede che possiede
possede. Si trova in alcun codice Bura-
to, in alcun altro Varatro in luogo di
Baratro. V. Cod. Cassin.

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che 'l

70 segg. Si perifrasano i dannati che son da Dite in sopra, accennandosi la pena lor data. Molto ben fatto; poichè filosoficamente la pena è nota o suggello del reato (v. 49), poeticamente assai meglio pensato di rinfrescare la memoria degli altri giri superiori, e dilettare con la varietà delle ravvivate reminiscenze la mente de' lettori; prima ch'ei dismontino e si sprofondino col Poeta negli ultimi tre cerchi del baratro infernale. Anche perchè sì facendo, si legano più strettamente tra loro gli svariati elementi della sintesi immaginativa poetica, e si mettono sotto gli occhi quasi in rilievo tutti gli scompartimenti dell' Infer

64 e seg. IL PUnto dell' universo, il centro del mondo e de' cieli; supponendosi che il vertice del cono stia nel centro della Terra, intorno alla quale si girino le altre sfere e tutt'i nove cieli da quel della Luna all'empireo. (V.pag.24. (a)). IN SU CHE, in sul quale punto o centro, SIEDE DITE, cioè ha seggio Lucifero; o, forse meglio, sopra il quale posa Dite, la città roggia e, per questa, tutto il Cono infernale; perchè quello è il centro di gravitazione, o il punto ove si traggon d'ogni parte i pesi. Si dirà che un cono non siede sul vertice ma sulla sua base. Del cono geometrico, e sia; non di quello le cui parti tendono ed hanno, e il completo sistema della sua raposa al centro di questo mondo.

68. RAGIONE, discorso, ragionamento. PROCEDE, va ordinatamente da' principi alle deduzioni. CHIARO, con chiarezza,principal pregio d'ogni sermone.

69. QUESTO BARATRO, intendi il fondo de' soli tre ultimi cerchi VII, VIII e IX. Barathrum val propr. abisso, profondità, onde niun che vi cada, non possa più uscire. BARATRO E IL POPOL, cioè le pene e i rei, DISTINGUE fa distintamente e senza confusione apprendere con quanta giustizia siavi dato alla colpa il grado della pena che l'è dovuto. Baràtro pronunziar puoi anche con l'accen

gion penale. Che vasto quadro presentano ai nostri sguardi questi pochi tratti di vivi colori! e di che sovrana bellezza! Pure se ne son passati, nemmanco volgendovi un'occhiata, anche i più solenni comentatori da sei secoli in qua!! Nota, Lettore, che in questo canto sta tutta quanta spiegata l' architettura dell' Inferno Dantesco.

Ora, s'intende per

QUEI DELLA PALUDE PINGUE............ gl'Iracondi e gli Accidiosi (V.Inf. VIII, 121 not.) che sono nel V cerchio. (Inf. VII e VIII).

CHE MENA IL VENTO........... i Lussuriosi o Carnali, che sono nel II cerchio. (Inf.V).

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