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Oh quanto tarda a me, ch' altri qui giunga !
Io vidi ben, sì com' ei ricoperse

10 Lo cominciar con l' altro che poi venne,

Che fur parole alle prime diverse.
Ma nondimen paura il suo dir dienne,

Perch' io traeva la parola tronca

Forse a peggior sentenza, ch' e' non tenne. 15 In questo fondo della trista conca

Discende mai alcun del primo grado,

Che sol per pena ha la speranza cionca ?

Questa question fec' io ; e quei : di rado Già il chiosat. del codic. Cassinese cismo. Piuttosto ne pare un provenzaliavea detto:

smo legittimato da' Francesi e dagl' ItaSE NON... TAL ec.cioè, si TALIS (Beatrix) liani. È come dire : mi sembra un'ora NON sustulit nos frustra venire,quod non mille anni;o, come il chiosatore del cod. credo, quia promisit mihi tulum iler, cassin. Videtur mihi nimis tardare. Coquod si non esset, ipsa esset mendax. si Virgilio (Inf. II, 80) a Beatrice:

Il Rosa Morando: Pure ci converrà Tanto m'aggrada il tuo comandamento, vincere questa pugna se mi fu promes

Che l'ubbidir, se già fosse, m'è tardi. so il vero; ma tosto interrompe il senti

14. Dante interpreta la parola tronca mento, perchè ogni menomo dubbio è del se non... (v. 8) TAL NE S'OFFERSE, troppo ingiurioso a Beatrice; e soggiun- non secondo la mente del suo Duca (Vege: non può essere che non mi s abbia di v. 8); ma credendo lui aver voluto dipromesso il vero, non lice dubitarne; re: Se non mi è vietato l' entrare; TAL TAL NE S'OFFERSE; cioè, ne s'offerse in

NE S'OFFERSE stuol di demoni che nol ci aiuto quel personaggio così verace.

consentono. Quel TAL NE S'OFFERSE pare, come

Por venne. Il Cassinese: Quia primo vuole il Bianchi, realmente riferirsi a colui dixerat oportet vincere pugnam, żo poche s'accenna alla fine dell'ottavo canto;

spem in alio. e allora varia la esposizione. Ciò mostra 16. IN QUESTO FONDO ec. Questa diche le reticenze sono quanto elastiche, manda fa il Poeta al suo Duca con lo tanto pericolose. Dante non le usa di fre- stesso accorgimento che disse altrove quente, e fuori di questa qui, appena (Iof. II, 35): due altre se ne trovano in tutto il Poema Temo che la venuta non sia folle: (Inf. XXIII, 109. Purg. XXVII, 22.). e, come fu innanzi alla Porta infernale

(Inf. III, 12); 9. OU QUANTO TARDA A ME ec. Il Rosset

Maestro il senso lor m'è duro. ti allegoricamente intende per quel mes. so celeste Arrigo, che doveva aprire al (Inf. V, 19):

Tenendo a mente gli avvisi di Minosse P. le porte di Fiorenza; altri dicono vo- Guarda com'entri e di cui tu ti fidi: ler significare, che la Ragione senza vir- ad assicurarsi della sua guida, chiede da tù soprannaturale non penetra la giusti- Virgilio se alcuno del cerchio de' sospezia sempiterna. Non disaggrada al Tom- si fosse mai disceso nell'imo fondo infermaseo la politica e la morale interpreta- nale. Il Dottor di Dante risponde mirazione. (V. Alleg. in fin. del IX canto). bilmente a tutte le quistioni; ma qui più Noi crediamo chc Arrigo mal rappresen- che mai, dal verso 19 al 30. Consideri tasse il messo di Dio; e che quando Fi- il lettore l'ultima terzina del tratto acrenze fosse rasfigurata pella città di Dile, cennato, quanto venga al proposito, per il Poeta volentieri si sarebbe dovuto ri- mostrare il Mantovano pratico del luogo, manere in bando per non rientrarvi. e per rinfrancare il nostro poeta da' suoi

TARDA A ME sembra, ma non è galli- tormenlosi sospetti.

nit

Incontra, mi rispose, che di nui

20 Faccia 'l cammino alcun, pel quale io vado. Ver' è, ch'altra fiata quaggiù fui,

Congiurato da quella Eriton cruda,

Che richiamava l'ombre a' corpi sui.
Di poco era di me la carne nuda,

25 Ch' ella mi fece ’ntrar dentro a quel muro,

Per trarne un spirto del cerchio di Giuda.
Quell' è il più basso luogo, e 'l più oscuro,

E'l più lontan dal ciel che tutto gira :
Ben so 'l cammin ; però ti fa sicuro.

30 Questa palude, che gran puzzo spira,

Cinge d'intorno la Città dolente,

U' non potemo entrare omai senz' ira ; 21. VADO è da vadere antico. Furono famosa Maga di Tessaglia morì prima del a questo verbo le sue regolari inflessioni Mantovano) (a); finge tutto questo per vado, vadi, vade ec. Il Barberino Do- non contraddire all'autorità del suo Ducum. X, sotto Prudenza:

ca; il quale (En. VI, 442) colloca quelMa se pur corri e cadi

l'infelice reina tra coloro: Vien teco, ancor se vadi

ch'ha feramente arse
In luogo di morire

Fiamma d'Amor, ch'ancor ne morti è viva.
Per te voler seguire.
Ammaestr. ant. Gli uditori ne vado- chio (Inf. V, 61), invece che in quel di

E noi la vedemmo nel secondo cer-
no voti.
Noi abbiamo ritenuto pel pres. dim.

Giuda. Anche Dante tradì Beatrice (Purla voce vado; comecchè si trovino appo la Selva (ivi 136) eran corti alla sua sal

gat. XXX, 126) e caduto nel fondo delgli antichi nella 2a del meno vadi; nella za vade; e nella 3a plur. vadono. Nel sino all'infernale burella, se non per re

vezza tutti argomenti, fuorchè discender
congiuntivo tutte e tre le pers. sing. fu-
ron vadi; poi si disse nel sing. io vada, starvi, ma a concepire orrore del tradi-

mento.
tu vada o vadi, colui vada o vadia
plur. coloro vadino o vadano.

33. U', ove, troncato dal lat. ubi, si Le varie uscite e cadenze di questo disse in tutte le lingue romanze, in ververbo dipendono dalle configurazioni An

so e in prosa. In antico francese, Maria dare, vare, vadere ec., e le diverse voci di Francia: che ne provengono regolatamente, sono

U jeo suleje mun ami veir. come elementi eterogenei approvati dal

Nell'antico Spagn., poema d'Alessanl'uso e riuniti a formare un verbo (An

dro, cob. 2342:

Luego viò per u podria aver meior passada: dare), che da' grammatici si appella irregolare.

(a) Veramente senza ricorrere ad anacronismi, Ciò va detto, perchè, stando i giovani ritone,'non già quella di Tessaglia consultata

Dante potè benissimo intendere sotto nome d'Ealle grammatiche, non tengano queste da Sesto Pompeo a fin di sapere qual sarebbe voci venute dal verbo andare. V. Inf. per essere il fine delle guerre civili tra suo paIV, 33 nota.

dre e Cesare; ma una qualunque venefica o ma

ga o negromantessa. Ovidio: 23. Eritone congiurò lo spirito di Vir

Illuc mentis inops, ut quam furialis Erichtho

Impulit. gilio e lo mandò giù a lrarre Didone dal

Dove Daniel Crispino: Erichtho. Veneficiis la Giudecca, dove Minos aveala dannata famosa fuit Thessala mulier; cujus nomen hic come colei che tradì e ruppe fede al ce- pro qualibet venefica positum. E ovvia sineddoner di Sicheo. Il Poeta, non tenendo il volgo chiama Ciceroni i grandi dicitori, Me

che l'usare un nome proprio per un appellativo. conto delle date cronologiche (poichè la gere le donne brutte e furiose ec.

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U

7

Ed altro disse, ma non l'ho a mente ;

Perocchè l'occhio m' avea tutto tratto

35

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a

Il Tasso, Gerus. liber.:

turba come vento l'onde,e male conveniU l'arte in bando, u già la forza è morta vasi al carattere di colui che tolse a guiDove invece d'entrambi il furor pugna !

dare il suo alunno pe' gradi della sapienOggi non si concede che solo al poeta.

za. Dinanzi a Dite ove hanno albergo Potemo. La prima persona plurale del Megera, Aletto e Tesifone, furie infernapresente indicativo, che ora in tutte a ire le congiugazioni ha la cadenza in pianto, la Ragione non può essere accol

li che corteggiano la reina dell'eterno iamo, terminò nelle origini della lingua ta, nè starsene in calma. Le furie turbano in amo pe' verbi della prima, come amamo, trovamo, conquistamo, pregamo ec.;

la Ragione. Dunque: Non polemo entra

re... senz'ira. in emo per quelli della seconda, come vedemo, avemo, semo, volemo, sapemo, in cosa che faccia contra di lei, ed essa

Così è che dove la Ragione s' avviene gaudemo, polemo ec.; e in imo della terza, come gimo, udimo, fuggimo, ve

non se ne passa. Qui Virgilio si volge

contro l'enfiata labbia di Pluto, e colà a nimo, seguimo, ubbidimo, rapimo, sen- Capaneo parla di tanla forza che Dante timo, ec.: tutte desinenze conformi a quelle de' verbi latini amamus,

non l'avea mai più udito. E fu giusto;

timemus, sentimus ec. Anzi la cadenza in poichè Plutone rappresenta chi solo è

dato all' amore dell' oro, e Capaneo era emo ebbero nella predetta persona tutt'i

un indegno beffardo e spregiator di Gioverbi, quale che fosse la loro coniuga

ve. Cose entrambe che urlano e fanno a zione; dicendosi indistintamente amemo,

calci con la rella ragione. tememo, sentcmo ec.; conformità che

Con tutto ciò, parendo a Virgilio che poi non ebbe durata ; ma non è a dubitare che per la seconda non fosse rego- sione nell'animo di Dante; dice queste

potesse colesta sua ira far mala impreslarissima tal desinenza; dicendo perfino parole come per dimostrare la necessità lo schiffiltoso Mastrofini: Tale è il pro: dell'essersi adirato, e farne in certo mogresso delle cose,che dimentichiamo gli do una scusa. Nel canto antecedente usi più naturali, sostituendone allri men proprj, che poscia il tempo carat- (VIII, 121) cbbe anche rivolte al nostro

Poeta queste parole: terizza come legittimi! Il Cavalc. Med.

Tu, perch'io m'adiri, cuor. 192: E questa (pazienza) è ne- Non sbigottir. cessaria, che senza essa salvare non ci E dunque un'ira ragionevole, non mipotemo. Ammaestr. ant.. Non dove

ca folle. mo dire ogni cosa che dire potemo. E desinenza regolare, ma che ora non si Respicit Æneas subito, et sub rupe sinistra

35. Virg. En. VI, 548: userebbe che assai raramente anche dal Moenia lata videt triplici circumdata muro; poeta. V. Inf. XXVIII, 40 not.

Quae rapidus flammis ambit torrentibus amnis SENZ' IRA. Poichè i buoni modi non Tartareus Phlegethon,torquetque sonantia sasa. bastano. Così un comentatore. Neanche

Porta adversa ingens, solidoque adamante co

(lumnae, i mali, poichè a vincer quella pruova Vis ut nulla virûm, non ipsi excindere ferro Virgilio sapea far mestieri del messo ce

Coelicolae valeant. Stat ferrea turris ad auras ; leste. Inf. VIII, 130.

Tisiphoneque sedens, palla succincta cruenta,

Vestibulum exsomnis servat noctesque diesque. L'egregio Conte Fr.M.Torricelli chiosa

Ecco onde trasse Dante l'idea della più sottilmente: perchè gli avevan chiusa resistenza fatta a lui e a Virgilio sulla la porta in faccia. E veramente la ca- porta di Dite, e della potenza superiore gione che mosse ad ira Virgilio fu la tra- del messo celeste che al solo tocco d'una cotanza, onde que' diavoli gli chiusero verghetta l' ebbe spalancala. Cotesta renel petto le porte di Dite.

sistenza torna ad onore di Dante, come Virgilio è simbolo della ragione non il rifiuto di Caronte che nol riceveite nelturbata dalle passioni; epperò tranquilla la sua scafa; imperocchè (loc. cit. 563): sempre. L'ira ch'è un furor breve la con

Nulli fas casto sceleratum insistere limen.

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Ver l'alta torre alla cima rovente,
Ove in un punto vidi dritte ratto

Tre Furie infernal di sangue tinte,

Che membra femminili avean ed atto,
E con idre verdissime eran cinte ;

Serpentelli e ceraste avean per crine,

Onde le fiere tempie eran avvinte.
E quei, che ben conobbe le meschine

Della Regina dell'eterno pianto:

Guarda, mi disse, le feroci Erine.
Quest è Megera dal sinistro canto :

Quella, che piange dal destro, è Aletto :

Tesifone è nel mezzo; e tacque a tanto.
Con l'unghie si fendea ciascuna il petto ;

Batteansi a palme; e gridavan sì alto,
Ch' i' mi strinsi al Poeta per sospetto.

45

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e

Si può egli intendere Dante, se non si raddoppiate) fu fatto Erinna; quindi Estudia in Virgilio con quanto studio vi rinni che tien più della voce originale. pose Dante ad intenderlo ed imitarlo? Altri nomi simiglianti presero l'a nel fi

36. ALLA CIMA ROVENTE. Alcuno inten- ne:come poesia, palingenesia, eresia ec. de qui alla messovi invece di dalla; ma

da poesi, palingenesi, eresi ec.; alcun vi starebbe fuori luogo. Il costrullo di- di essi riliene ancora tulle a due le denota per la voce ver la direzione, ed al- sinenze, come paralisi e paralisia ec. la esprime proprio la parte obiettiva o Che infatti gli antichi dicessero poeil punto, al quale erano allesi gli occhi si ec. ne fa certi il Buti nel com. Inf. 9, del Poeta. Questa parle era la cima ro

2: Questa non è buona poesi ec. vente cioè rubente, rosseggiante, affo- I latini, conforme a ciò ch'è detto, ebcata, nulla meglio che una luce più viva bero Perseis e Persea, Trinacris e Tripotendo a sè naturalmente allirare la vi- nacria ec. I Provenz. Diocezi e diocesta. Il Codice Cassin. ha ruente; come se

sa ec. Dante non fece dunque nulla che l'alla cima della torre paresse minacciar fosse contrario alla natura del nostro linruina; ma non par la vera cotesta lezione. guaggio, nè vuolsi giudicare secondo le 40. CON IDRE... ERAN CINTE. Degna 20

meschine regole de' pedanti. na o cintura delle furie!

Nel basso lat. Erinys; ed Erinis nel

l'italiano. Erina ed Erinna anche in 41. Virgilio Georg. IV, 482: caeruleosque implexae crinibus angues trisla furia infernale vi fu.

prosa. Ovid. Pist. 2, Giason.: Ma Erina Eumenides.

Arrig. Quanto al troncamento dell'agg. plur. Settimel. Lib. II: 0 santo padre ricevi infernali in infernal v. Purg. III, 121. l'anima ec. la quale l' Erinna colli ca43. MESCHINE, ancelle ec.

valli di Stige ora trita. Dante non esce 45. Erine da Erina, Lat. Erinnys, do Erine, al numero maggiore, le tre

di regola, nè usa licenze poetiche dicend'onde Erini, siccome da apocalypsis, furie Aletto, Tesifone e Megera. apocalissi (oggi apocalisse); e mutato l'i nell'a Erina, Apocalissa.

49. Virg. IV, 673. Come Didone si Dillam. Lib. VI, cap. VI:

ebbe data la morte, Anna a quell' atroce Com'uom che legge nell'apocalissa. vista: Dipoi raddoppiata l'n (poichè dappri- Unguibus ora soror foedans, et pectora pugnis ma gli antichi schivarono le consonanti Per medios tuit ec.

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Venga Medusa, sì 'l farem di smalto,

Gridavan tutte, riguardando in giuso :

Mal non vengiammo in Teseo l'assalto.
Volgiti ’ndietro, e tien lo viso chiuso ;

55 Chè se 'l Gorgon si mostra, e tu 'l vedessi,

Nulla sarebbe del tornar mai suso. 52. Si 'l ec. Questo sì per alcuni è un ne sieno messe al fuoco, impercioe ch'elriempitivo; ma non codesto quel sò che le l'hanno bene servilo (meritato) d'estale dir si possa, e che incontra sovente sere arse, e voglio che vengianza ne negli scrittori del buon secolo di nostra sia. Poi si svolse, e disse: Non voglio lingua: altri meglio l'intendono per così. fare vendetta. - In Provenz. Venjansa,

: Noi, ultimi tra iulli, non dubiteremmo Franc. Vengeance, Portogh. vingança. dire che in questo luogo il sì fosse una I nostri antichi dissero anche vendicanparticola, più che affermativa, riconfer- za. Bon. Giamb. Form. onest. vit., Mamativa; parendoci che le Furie, dopo aver gnan. I: Onde sappiate che tranobile dello venga Medusa, al fine ch'elle ben vendicanza è perdonare quando l'uomo si sapevano, si rafforzasse più sempre la puole far sua vendicanza. volontà maligna d'impietrare altrui, e re- Mal non vengiammo ec. il Venturi è plicassero så 'l farem di smalto. Nel quasi il solo che interpreti la sentenza Cod. Cassin. su questo verso è la postil- per: Ben vendicammo ec.; i più spongola chel cioè chè il; sel, se 'l; e per farem no: mal facemmo a non vendicare ec. si legge in altri testi faren (tutt'uno), e Quegli appoggia la sua opinione su quel fard.

luogo di Virgilio, En. VI, 617: SMALTO, Il Cassinese chiosa: di smal

Sedet, aeternumque sedebit to cioè de saxo, vel calcina.

infelic Theseus. . . Il Petrarca, Canz. Vergine bella ec. IX: d'onde pare che di Teseo abbiano gl'in

Medusa, e l'error mio m'han fatto un sasso. fernali già fatta la loro vendella. Quelli E altrove, paragonando Laura a Me- poi che son di contrario parere, dicono dusa, dice:

non essere stato quell'eroe pupito seconPuò quello in me, che nel gran vecchio Mauro, do la misura della propria colpa. Dante Medusa quando in selce trasformollo. Medusa si prende per l'appetito carna: altri, pare abbia voluto, con un costrut

che seppe le ragioni degli uni e degli le ec. Prima dell'atroce metamorfosi ella fu bellissima della persona. Di selce ve

to quasi delfico, lasciar che ciascuno ramente, chi non comprenda quanto la Teseo non venne ucciso come Piritoo;

l'intendesse a suo modo. Vero è, che bellezza possa violare il culto debito alla sapienza, e chi non penetri gli ammae- cole: sicchè ne sembra più probabile l'o

ma restato captivo, fu poi liberato da Erstramenti e la morale dottrina: che s'asconde

pinione contraria a quella che tenne il Sotto il velame degli versi strani.

Venturi. Virgilio tocca della pena che 54. MAL NON VENGIAMMO ec. Vengiare Teseo porta, da poi che passato di questa per vendicare. Così, Inf. XXVI, 34:

vita cadde nel Tartaro. E qual colui che si vengiò con gli orsi.

57. Non v'à dubbio che questa sentenTav, rot. E Lamorallo vedendo suo cuscino a terra del cavallo disse infra rebbe la tornata al mondo; ma quel

za valga quanto l'altra: Impossibile sasuo cuore che bene lo vengerae egli sed lo poi che si dice, del dovervisi supegli potrae. Provenz. Vengiar - Franc.

, Venger. - Quindi vengianza per ven- plire speranza o possibilità, come que

sto nulla fosse un aggettivo, lo dimodetta. Il re Marco della tavola rotonda

striamo falso co' seguenti esempi. avendo, alla pruova del corno incantato, conosciuta la slealtà della donna sua, e ed amico di Ser Brunetto, dice:

Rustico di Filippo, anteriore a Dante di 364 altre, nemmanco fedeli ai lor ma

Due cavalier valenti d'un paraggio riti, dice: Io voglio che tutte queste don- Aman di core una donna valente:

a

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