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9. Di poco era di me la carne nuda, Ch'ella mi fece 'ntrar dentro a quel muro, Per trarne un spirto del cerchio di Giuda. 40. Quello è 'l più basso luogo, e 'l più oscuro, E' più lontan dal ciel che tutto gira. Ben so 'l cammin: però ti fa sicuro. 11. Questa palude che gran puzzo spira, Cinge d'intorno la città dolente

U' non potemo entrare omai senz' ira. 12. E altro disse: ma non l'ho a mente, Perocché l'occhio m'avea tutto tratto Ver l'alta torre, alla cima rovente; 13. Ove in un punto vidi dritte ratto

Tre furie infernal', di sangue tinte, Che membra femminili avéno e atto. 14 E con idre verdissime eran cinte; Serpentelli e ceraste avean per crine, Onde le flere tempie erano avvinte.

9. (L) NUDA: ero morto. MURO d'Inferno. - CERCHHO DI GIUDA: cerchio de' traditori.

(SL) Di poco. Così quel soldato, di cui Lucano (Phars., VI), era di poco defunto: Tristia non equidem Parcarum stamina, dixit, Respexi, tacita revocatus ab aggere ripæ. NUDA. Æn., VI: Vita... spoliavit. XII: Corpus spoliatum lumine. Ovid. Met., II: Corpus inane animæ, Luc.: Manibus nudis.

(F) FECE. Della necromanzia, distinta da altre sorti d' indovinamenti, vedi la Somma.

10. (L) DAL CIEL che tutto GIRA: dal primo mobile.

(SL) GIRA (Par., II). Or torniamo ad Eritone: nome comune di mago, poichè così chiama una maga anche Ovidio (Her., XV); ma qui parla della rammentata da Lucano, la quale, per dar risposta a Sesto Pompeo circa al fine della guerra civile, richiamò d'Inferno lo spirito d'un soldato pompeiano, rimasto poco fa morto sul campo. Eritone, al dir di Lucano, cercava per le sue operazioni i morti di poco. Non già che Virgilio fosse da lei scongiurato per trarre il soldato pompeiano, il quale, al dir di Lucano, non era ancor disceso al fondo d'Inferno; ma Dante, dietro all' invenzion di Lucano, ne imagina un'altra per far dire a Virgilio lo sono stato fin laggiù; t'assicura. Cosi Virgilio fa dire alla Sibilla: Sed me, quum lucis Hecate præfecit Avernis, Ipsa Deùm pœnas docuit, perque omnia duxit (En., VI).

11. (L) U': dove.

IRA pel passo negato. (SL) Puzzo. Æn., VII: Sævamque exhalat opaca Mephitim. SPIRA. Georg., IV: Graviter spirantis copia thymbre. Dulcis... spiravit crinibus aura. Crescenz.: Spirano vapore pestilenziale. CINGE. In Virgilio (Æn., VI) Flegetonte flammis ambit la nera città. Georg., IV: Palus... alligat... Styx interfusa coercet. (F) Puzzo. Som.: Fætor peccatorum. 12. (SL) TORRE. Torre, sentinelle, vedette, segnali : vera città.

13. (L) RATTO: tosto.

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(SL) FURIE. Virgilio ( Æn., VI) pone nel vestibolo dell'Inferno i ferrei talami delle Eumenidi; poi le dipinge entro alle mura, occupate a straziare i colpevoli.

SANGUE. Æn., VI: Vipereum crinem vittis innexa cruentis. Ov. Met., IV: Fluidoque cruore rubentem Induitur pallam, TINTE. Georg., III: Tinguntur sanguine.

(F) Arro. Il corpo, secondo le membra diverse, ha diversi atti. Ad Rom., XII, 1. Ad Cor., I, XII, 12, 26. 14. (SL) IDRE. Æn., VII: Tot Erinnys sibilat hydris. VERDISSIME. Buc., II, 9: Virides... lacertos. SER

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(SL) MEGERA. En., XII. PIANGE. En., VII: Luctificam Alecto. - Cui tristia bella, Iræque, insidiœque et crimina noxia cordi. Tristis Dea. - TESIFONE. En., VI: Tisiphoneque sedens, palla succincta cruenta, Vestibulum insomnis servat noctesque diesque. Ovidio (Met., IV) dà a Tesifone fiaccola bagnata di sangue. TANTO. Modo provenzale e de' vecchi Italiani (Dicerie del Ceffi).

17. (L) A: con le. PER SOSPETTO: per paura.

(SL) UNCHIE. Æn., IV: Unguibus ora soror fœdans et pectora pugnis. XI: Pectora nunc fœdans pugnis, nunc unguibus ora. — FENDEA. Æn., VIII: Scissa... Discordia palla. BATTEANSI. Æn., I: Tunsæ pectora palmis. —ALTO. Stat., II: Eumenidum vocesque manusque. Æn., XI: ... Gemitum tunsis ad sidera tollunt Pectoribus. SOSPETTO. Vive in Corsica. Armannino: Il Tartaro da ciascun lato sia pauroso e pieno di sospetto. 18. (L) Si. Riempitivo. SMALTO corpo duro e freddo. MAL NON VENGIAMMO...: mal fecimo a non punire già l'ardire de' vivi. VENGIAMMO: vendicammo. (SL) VENGA. Di Medusa, Ov. Met., IV, e altrove: Illa sorores Nocte vocal genitas, grave et implacabile numen. Carceris ante fores clausas adamante sedebant : Deque suis atros pectebant crinibus angues. Æn., VI: MEDUSA. Tisyphone,. vocat agmina sæva sororum. Virgilio, nel VI dell' Eneide, pone le Gorgoni nel vestibolo dell' Inferno. SMALTO. Petr.: Medusa e l'error mio m'han fatto un sasso. Luc., IX: Et clypeum lævæ fulvo dedit aere nitentem, In quo saxificam jussit speetare Medusam, - MAL. Georg., III: Heu! male tum Libya solis erratur in agris. VENGIAMMO. Rime antiche: Vengianza. - Stat., VIII: 1, Tartareas ulciscere sedes Tisyphone. TESEO. Scese in Inferno per liberare Proserpina (Æn., VI; Ov. Met., VII, Her., X). Stat., VIII: Me Pirithoi temerarius ardor Tentat, et audaci Theseus juratus amico.

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(F) TESEO. Un anonimo: Se Tesco fu all' Inferno, come nel II dice che soli v'andarono Enca e Paolo ? Rispondesi: che Tesco non vi penetrò: e i nominati nei II non escludono tutti gli altri che ci fossero stati; e intanto Dante ve li fa entrare in quanto l'uno è fondator dell'Impero, ove si stabili la fede di Pietro, e Faltro propagator della fede.

19.

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Volgiti 'ndietro, e tien' lo viso chiuso: Chè se'l Gorgon si mostra, e tu 'l vedessi, Nulla sarebbe del tornar mai suso. 20. Così disse 'l maestro: ed egli stessi Mi volse, e non si tenne alle mie mani, Che con le sue ancor non mi chiudessi. 21. O voi ch'avete gl'intelletti sani,

Mirate la dottrina che s'asconde Sotto 'l velame degli versi strani. 22. E già venía su per le torbid'onde

Un fracasso d'un suon pien di spavento, Per cui tremavano amendue le sponde, 23. Non altrimenti fatto che d'un vento,

Impetuoso per gli avversi ardori,

Che fier la selva senza alcun rattento, 24. Gli rami schianta, abbatte, e porta i fiori; Dinanzi polveroso va superbo,

E fa fuggir le fiere e gli pastori.

25. Gli occhi mi sciolse, e disse: —Or drizza il nerbo Del viso su per quella schiuma antica, Per indi ove quel fummo è più acerbo. 26. Come le rane innanzi alla nimica

Biscia per l'acqua si dileguan tutte, Fin ch'alla terra ciascuna s'abbica; 27. Vid'io più di mill' anime distrutte

Fuggir cosi dinanzi ad un ch' al passo Passava Stige con le piante asciutte. 28. Dal volto rimovea quell'aer grasso

Menando la sinistra innanzi spesso;
E sol di quell'angoscia parea lasso.
29. Ben m'accorsi ch'egli era del ciel messo;
E volsimi al maestro; e quei fe' segno
Ch'i' stessi cheto, ed inchinassi ad esso.
30. Ahi quanto mi parea pien di disdegno!
Giunse alla porta, e con una verghetta
L'aperse, che non v' ebbe alcun ritegno.

19. (L) VISO: occhi. NULLA SAREBBE DEL TORNAR MAI SUSO: Non torneresti più al mondo.

(SL) GORGON: mascolino in Semintendi. Virgilio unisce la Gorgone con le Furie. En., VII: Gorgoneis Alecto infecta venenis. - VIII: Ægidaque horrificam... squamis serpentum... Connexosque angues, ipsamque..... Gorgona desecto vertentem lumina collo. VEDESSI. Luc., IX: Quem, qui recto se lumine vidit, Passa Medusa mori est? - - NULLA. Petr.: Del riposo è nulla. 20. (L) STESSI: stesso. TENNE Contento. DESSI: chiudesse.

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(SL) STESSI. Sacch. Tu stessi. Così da ille, egli. - MANI. Luc., IX : Ipsa regit trepidum Pallas, dextraque tremente Perscos aversi Cyllenida dirigit Harpen. CHIUDESSI. Anco in prosa (Ott. e Cellini). Ariosto: importassi per importasse.

21. (F) SANI. Som.: Sanum intellectum.

22. (SL) Giλ. Jamque. Cominciamento famigliare a Virgilio. - VENÍA. Æn., VII: Magno veniente fragore. TORBID' ONDE. En., VI: Turbidus... gurges.

23. (L) GLI AVVERSI ARDORI: i caldi di paese opposto. FIER: ferisce. RATTENTO ritegno.

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(SL) ALTRIMENTI. Haud aliter: frequente in Virgilio. [VENTO. Berni, Orl. inn., I, XI, st. 6.] AVVERSI. Æn., IV: Adverso sole. II: Adversi rupto ceu quondam turbine venti. FIER. Dante, Rime: Che fier tra li miei spirti paurosi. Fior di virtù: Fiere per ferisce. Buc., IX: Feriant... littora fluctus.

(F) VENTO. IS., LXVI, 15: Quasi turbo le sue quadrighe. Jer., IV, 13: Quasi tempesta il suo cocchio. - AVVERSI. L'aria scaldata, crescendo in volume, riversa, per equilibrarsi, le sue più alte colonne sulle più fredde quindi i gran calori dell' una parte del globo debbono creare gran venti dall' altra.

24. (SL) FIORI. Altri legge porta fuori, perchè poco gli paiono i fiori dopo i rami: ma i rami il vento schianta, i fiori gli porta. E le gradazioni rettoriche dal meno al più son gioco d' umanisti. Arios., XXX, 54: Grandine... Che spezza fronde e rami e grano e stoppia. En., I: Maria ae terras... ferant rapidi secum. Georg., II: Silva, Quas animosi Euri assidue franguntque, feruntque. PASTORI. Georg., I: Quo maxima motu Terra tremit, fugère feræ, et mortalia corda Per gentes humilis stravit pavor. - Æn., XII: Qualis ubi ad terras, abrupto sidere, nimbus Il mare per medium: Miseris, hou! præscia longe Horrescunt corda agricolis: dabit

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(F) FUMMO. Bern., Serm. III: Il peccato è alla natura quel che il fumo agli occhi. 26. (L) ABBICA: ammucchia.

(SL) RANE. Virgilio, d'un serpente che si pasce di rane Ranisque loquacibus explet (Georg., III). ABBICA. Bica, mucchio di grano, e nell' uso toscano, di escremento. Qui pare che Dante mirasse al passo di Stazio (Theb., I): Exsiluit ripis: discedit inane Vulgus, et occursus dominœ pavet.

27. (L) DISTRUTTE di spavento e tormento. Angelo. PASSO luogo più prossimo.

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(SL) DISTRUTTE. In senso simile al disfatto del canto VIII. Dante, Rime: Amor... svegliato nel distrutto core. Altrove: Gli occhi distrutti.

(F) ASCIUTTE. Psal., LXV, 5: Qui convertit mare in aridam, in flumine pertransibunt pede.

28. (SL) GRASSO. Georg., II: Crassis... paludibus. Stat. Theb., II: Interea gelidis Maia satus aliger umbris Jussa gerens magni remeat Jovis; undique pigra Ire vetant nubes, et turbidus implicat acr... Styx inde novem circumflua campis; Hine objecta vias torrentum incendia claudunt. (V. Cic., De Nat. Deor., II. 6.) Ov. Met., IV: Styx nebulas exhalat iners.

(F) GRASSO. Habac., III, 45: Facesti nel mare via a'tuoi destrieri sul loto d'acque molle. — SINISTRA : Ott. In quelle parti inferiori l'Angelo usa la sua minore potenza.

29. (L) MESSo: mandato. INCHINASSI me.

(SL) MESSO. Fior di Virtù: Conobbe ch' egli era amico di Dio e suo messo. INCHINASSI. Vit. ss. Padri, ed altrove.

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A cui non puote il fin mai esser mozzo, E che più volte v'ha cresciuta doglia? 33. Che giova nelle fata dar di cozzo?

Cerbero vostro, se ben vi ricorda,

Ne porta ancor pelato il mento e 'l gozzo. — 34. Poi si rivolse per la strada lorda,

E non fe' motto a noi; ma fe' sembiante D'uomo cui altra cura stringa e morda 35. Che quella di colui che gli è davante.

E noi movemmo i piedi invêr la terra,
Sicuri appresso le parole sante.

36. Dentro v'entrammo senza alcuna guerra;
Ed io, ch'avea di riguardar desio
La condizion che tal fortezza serra,

31. (L) DISPETTA spregiata. OND' ESTA OLTRACOTANZA IN VOI S'ALLETTA? Di che questa tracotanza si nutre in voi ?

(SL) DISPETTA. Buc., II: Despectus tihi sum. E in senso simile nella Somma. SOGLIA. Stat., VIII: ... Ferus Alcides tune cum custode remoto Ferrea Cerbereæ tacuerunt limina portie. OND'. En., I: Tanta ne vos generis tenuit fiducia vestri? Jam cœlum terramque, meo sine numine, venti Miscere, et tantas audetis tollere moles? ALLETTA. Albertano: L'uomo adiroso alletta brighe. Tasso, più languidamente: Ond'è ch' or tanto ardire in voi s'allette?

32. (L) VOGLIA A CUI NON PUOTE... voglia divina che non può essere interrotta.

(F) RICALCITRATE. Act., XXVI, 14: Calcitrare contro lo stimolo. FIN. Sap., VIII, 4: Dall' un fine all'altro giunge fortemente.

33. (L) FATA: destini di Dio. Teseo nel trasse.

ANCOR: da quando

(SL) CERBERO. Virgilio, di Teseo (En., VI): Turtareum ille manu custodem in vincla petivit, Ipsius a solio regis traxitque trementem. Ov. Met., VII: Tirynthius heros... nexis adamante catenis, Cerberon abstrarit.FATA. In Toscana tuttavia le prata e le tetta.

(F) FATA. Boez., IV: Lo quale modo quando si ragguarda nella puritade stessa della divina intelligenza, si chiama provvidenza di Dio; ma quando si riferisce a quelle cose che move e dispone, allora è appellato dalli antichi fato. Æn., VIII: Ineluctabile fatum. Virgilio più volte congiunge l'idea di divinità libera e proteggitrice con quella di fato. Æn., III: Fata viam invenient, aderitque vocatus Apollo. - IV: Fata Deusque sinebant. - Et sic fata Jovis poscunt, hic terminus hæret. - VII: Jussisque ingentibus urget Apollo. Purg., XXX: Fato di Dio.

34. (SL) STRINGE. Æn., IX: Animum patriæ strinxit pietatis imago. MORDA. Æn., I: Cura remordet. Non parla a'Poeti per uscir tosto, come colui che arde tornarsene in luogo migliore (Inf., II). Hor. Carm., I, 18: Mordaces solicitudines. Boet., de Consol.: Solicitudi

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37. Come fui dentro, l'occhio intorno invio, E veggio ad ogni man grande campagna, Piena di duolo e di tormento rio. 38. Si come ad Arli, ove il Rodano stagna, Si come a Pola presso del Quarnaro Che Italia chiude e suoi termini bagna, 39. Fanno i sepolcri tutto il loco varo; Così facevan quivi d'ogni parte; Salvo che 'l modo v'era più amaro. 40. Chè tra gli avelli fiamme erano sparte, Per le quali eran sì del tutto accesi Che ferro più non chiede verun' arte. 44. Tutti gli lor coperchi eran sospesi; E fuor n'uscivan si duri lamenti, Che ben parean di miseri e d'offesi. 42. Ed io: Maestro, quai son quelle genti Che seppellite dentro da quell'arche, Si fan sentir con gli sospir dolenti? 43. Ed egli a me: - Qui son gli eresiarche Co'lor seguaci d'ogni setta: e molto Più che non credi son le tombe carche. 44. Simile qui con simile è sepolto;

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(SL) ARLI. In Provenza, dove fu data nel VII secolo gran battaglia tra Saracini e Cristiani. [Arios., Orl., XXXIX.] POLA. Nell' Istria, dove sono monumenti romani. 39. (L) VARO: vario di tombe grandi e piccole. MODO: dolore del fuoco.

(SL) VARO. Come impero per imperio. 40. (L) ARTE per infocare.

(SL) SI DEL TUTTO. Inf., XXIX: Si d'assai. 41. (L) OFFESI di dolore.

42. (F) SEPPELLITE. Eccles., VIII, 10: Vidi gli empii sepolti.

43. (SL) ERESIARCHE. Anco in prosa.

(F) CARCHE. Flegiás iracondo e disprezzatore del cielo, è ben posto per tragittare gl' iracondi dalla palude alla campagna infocata degli eretici e de' miscredenti. Eresiarchi chiama gl' increduli tutti, come se dal negare una cosa al negare tutto non sia grande il passaggio.

MONIMENTI: monumen

44 (L) SIMILE nell'errore. ti. PIÙ E MEN: secondo l' errore.

(F) SIMILE. Greg., Dial., IV, 55: Consociano i simili a' simili in pari tormenti, che i superbi co' superbi, i lussuriosi co' lussuriosi, gli avari con gli avari, gli ingannatori con gli ingannatori, gl'invidiosi con gl' invidiosi, gli infedeli con gli infedeli ardano. — SEPOLTO. Psal. XIII, 3: Sepulcrum patens est guttur corum. - Più. Cypr. Par sceleri discrimen imponit.

45. (L) TRA 1 MARTÍRI E GLI ALTI SPALDI: tra le tombe infocate e le mura infocate.

Allegorie del Poema.

Macrobio (1): Sacrarum rerum notio sub pio figmentorum velamine, honestis et tecta rebus, et vestita hominibus enunciatur. È impossibile, dice Dionigi Areopagita, o l'autore qualsiasi che porta il suo nome, è impossibile che il raggio divino risplenda a noi se non circonvelato dalla varietà di velami sacri (2). E Tommaso: Sotto le similitudini e le figure s'asconde la verità figurata (3). Ed altrove: Il velo del tempio significava le cose nascoste ai più, note a'saggi (4). E il Vangelo congiungendo le due imagini di nascondere e di togliere il velo: Sia lode a te Padre... che ascondesti queste cose a' savii ed agli avveduti, e le hai rivelate a' parvoli (5). Dante ritorna sovente su questo che era lo spirito de' tempi suoi e di tutta l'antichità. Nella Vita Nuova e' disprezza quella poesia che sotto gli ornamenti delle parole non porta sodezza di cose; e nel Convivio: L'uno senso si chiama letterale, e questo è quello che non si stende più oltre che la lettera propria; l'altro si chiama allegorico, e questo è quello che si nasconde sotto il manto delle favole: ed è una verità ascosa sotto bella menzogna... E altrove: Intendo anche mostrare la vera sentenza.... che per alcuno vedere non si può s'io non la conto perch'è nascosa sotto figura allegorica.

Il Rossetti qui vede un simbolo dell'esilio di Dante, al quale i Fiorentini chiudon le porte, ed Arrigo gliele apre. Gli altri commentatori intendono che la sola filosofia naturale figurata in Virgilio non può penetrare i decreti della giustizia sempiterna. Una forza superna bisogna che riveli ed apra; poi la ragione va franca da sè. lo accetterei e la interpretazione filosofica e la

politica: tanto più che il cenno di Teseo rammenta Atene, la quale in tre luoghi il Poeta rammenta, e in due la raffronta a Firenze (1), l'accetterei purchè per il messo s'intenda non Arrigo, ma in genere un dux chiamato nell'ultimo del Purgatorio messo di Dio: e questo tanto più che al tempo che questo Canto fu composto Dante forse non pensava ad Arrigo. Quanto al chiudere gli occhi, spiegherei che la ragione li deve distorre dal volgere pure uno sguardo ai nemici del giusto quando mirano ad arrestarci in cammino. Ma l'interpretazione morale non si può rigettare dacche nell' VIII del Purgatorio abbiamo un passo tutto somigliante, e con l'avvertimento medesimo, inserito, come qui, nella narrazione in guisa di nota: Aguzza qui, lettor, ben gli occhi al-vero; Che 'l velo è ora ben tanto sottile, Certo, che 'l trapassar dentro è leggiero. Ed il serpente s'affaccia alla valle, e due angeli scendono per fugarlo; là due angeli per custodire il ricetto de' giusti, qui un angelo per aprire ad un giusto il ricetto degli empii: là viene il demonio come biscia; qui d'innanzi all'angelo le anime fuggono come rane d'innanzi a biscia. Ognun vede qual delle due similitudini sia la più appropriata. Cecco d'Ascoli miseramente si fa beffe di questo passo nella Acerba sua: Qui non si canta al modo delle rane: Qui non si canta al modo del Poeta Che finge imaginando cose strane. Ma Dante con le sue cose strane rimane sempre Poeta, e Cecco sempre Cecco. Un altro Francesco, e ben più illustre, biasimava l'Allighieri imitandolo; di che gli si doleva riverentemente il Boccaccio amico: nè cagioni a censura certamente mancavano, ma le ragioni dell'ammirare erano molte più.

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CANTO X.

Argomento.

In una tomba trova Farinata degli Uberti, e Cavalcante de' Cavalcanti; Farinala, capo de'Ghibellini nella gran rotta di Montaperti del 1260, dove i Ghibellini usciti co' Senesi e cogli ausiliarii di re Manfredi, sconfissero la guelfa Firenze. Dopo la vittoria, gli usciti raccolti in Empoli a parlamento trattavano d'ardere Firenze e violare le donne, rubare le case: solo Farinata negò. Mori nel 1264. Cavalcante era padre di Guido, e marito alla figlia di Farinata: Guido, l'amico di Dante, per cui richiamar dall'esilio e' perdetle e patria ed averi e pace.

Il Boccaccio dipinge questo Cavalcante inteso a cercare se trovar si potesse che Iddio non fosse.
Nota le terzine 5, 4, 9; 11 alla 20; 22 alla 28; 30, 31, 37, 39, 40, 44, 45.

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1. (L) DOPO LE SPALLE: dopo di lui.

(SL) Secreto. Æn., VI: Secreti celant calles. MARTIRI. Inf., IX: Tra i martiri e gli alti spaldi. 2. (L) VIRTÙ SOMMA: Virgilio.

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(SL) EMPI. Æn., V, VI: Impia.... Tartara. - VOLVI. Scendevano girando in tondo (Inf., XIV).

(F) VIRTU. Di persona, anco in Virgilio: Exigui numero, sed bello vivida virtus (Æn., V). Qui Virgilio è simbolo della ragione politica. Dante pensa, così dicendo, a Farinata e a quello che si dirà poi.

4. (L) Saran serRATI...: dopo il giudizio non n' avrà a cadere altri.

(SL) [JOSAFFA. Joel, III, 2: Congregabo omnes gentes, el deducam cas in vallem Josaphat.]

(F) JOSAFFA. Somma, 3, 88.

5. (L) Suo: lor. FANNO dicono.

(SL) FANNO. Inf., I: Fai cotanto mesti.

(F) CIMITERO. Il ricco del Vangelo (Luc., XVI, 22) epicurco nel fatto, fu sepolto in inferno. EPICURO. II

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7. (L) PER DICER POCO: per non esser grave a te. -PUR: sol. Mo: ora.

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(SL) COR. Greg. Mor., X: Cor tegere. — Mo. Modo fiorentino, come dicere e legno, ai quali Dante è conosciuto per fiorentino da Farinata, e alla pronunzia altresi (Inf., XXVII). DISPOSTO. Quando gli disse: Non ragioniam di lor... Le cose ti fien conte (Inf., III, t. 17, 26); e quando gli fe'cenno che stesse cheto (Inf., IX, t. 29). 8. (L) ONESTO, e di modestia e di eleganza. (SL) ONESTO. Inf., II: Parlare onesto.

(F) Foco. Dante condanna, come la terrena inquisizione, gli eretici al fuoco, e gli usurai e quelli di Sodoma (Inf., XI, XV).

9. (L) QUELLA NOBIL PATRIA: Firenze.

(SL) NOBIL. Dino (ai Fiorentini: Voi possedele la

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