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Ed io a lui: ancor vo' che m'insegni,

E che di più parlar mi facci dono.
Farinata e 'l Tegghiaio, che fur si degni,

Iacopo Rusticucci, Arrigo e 'l Mosca,

E gli altri ch'a ben far poser gl' ingegni,
Dimmi ove sono, e fa ch' io gli conosca;

Chè gran desio mi stringe di sapere

Se 'l ciel gli addolcia, o lo ’nferno gli attosca.
E quegli: ei son tra l' anime più nere:

Diversa colpa giù gli aggrava al fondo.
Se tanto scendi, gli potrai vedere.

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a

e

a

79. Pronunziando come sta scritta la primaio ec. ma da gioi, noi, primai cc. parola Tegghiaio, il verso cresce d'una Questa osservazione gioverà a leggere sillaba. Alcuni dicono che si deve pro- convenientemente alcuni versi, dove tali nunziare come Tegghia': e così dove oc- parole han luogo; ed a render prevenuti corra primaio, Pistoia, Uccellatoio, i lettori delle mende possibilmente ingioia, noia ec. vanno pronunziati pri- trodottevi dagli amanuensi. ma', Pisto', Uccellato', gio', no' ec. Ve

84. ADDOLcia da addolciare per adro è che gl'Italiani non fanno e nè fecer mai a mo' de' Francesi, che pronunziano ducendo alla prima i verbi di terza coniu

dolcire, siccome dissero gli antichi, rialtramente da come scrivono: bisogna gazione: così arriccare, avvilare, alleg.: dunque andare ad altra spiegazione. nomi d'ogni declinazione, e di vario ge- dare, schermare, favorare, fruare, in

gerare, aggrandare, gioiare, rimorbinere, passarono nelle origini della lingua da' Latini a noi con la terminazione superbare ecc. per arricchire, avvilire, in i, onde che gioia, noia, primaio, Pi- bidire, schermire, favorire, fruire, instoia, Uccellatoio ec. caddero antica. bidire, schermire, favorire, fruire, inmente in gioi, noi , primai, Pistoi, Uc- superbire ecc. che oggi usiam dire.

Fra Guittone disse: addolzare, imitancellatoi ec. nel numero del meno; e ne abbiamo esempi. Ai copisti non è diffici- do l'adolsar, adolzar de' provenzali:

E m'addolza lo cor sovente audire le che paruta strana tal desinenza, nè cu

La fermezza e l'ardire rando o intendendosi di metrologia, ab- Degli antichi cristian gran cavalieri. bian creduto restituir la voce alla sua in

E Lett. XXIX: Addolzandomi tullo tegrità per aggiugnervi l'a o l'o finale, il quale ora ne sconcia il verso.

È

amaro mio.

per- Cavalc. Med. cuor.: Ma come veggiacid a sospettare che Dante scrivesse:

mo che la cosa arida e dura non s'adFarinata e il Tegghiai, che fur si degni.

dolca. Purg. XIII, 22: Quanto di qua per un migliai si conta.

Guido Giud. 42: E che egli non hae e Parad. XV, 110:

potuto addolciare gli animi degli Greci Dal vostro Uccellatoi, che com'è vinto ec.:

a restituzione d'Essione. la quale lettera, mentre che ha riscontro Il nostro Poeta usò per l'anzidetta cain molti luoghi d'altri poeti antichi, non gione (Inf. XV, 37) arrostarsi per arroaltera la misura de' versi, non ci sforza stirsi; (Inf. XIX, 120) spingava per ad un troncamento della voce, la quale spingeva; (Purgat. VI, 156) scherma per vi starebbe ancor meglio senza di esso; schermisce; (Parad. VIII, 33) gioi per e, quel che più è, accorderebbe la pro- gioisca; (Parad. IX, 124) favorò per fanunzia con l'ortografia, secondo che ri- vorì ec. tutti verbi, negl'incunabuli delchiede la natura della nostra favella. Ol- la lingua ridotti dell'una, nell'altra coniutracció, i nomi gio', no' prima' ec. non gazione. son tronchi siffaltamente da gioia, noia, Fra Guittone, che su abbiamo veduto

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Ma quando tu sarai nel dolce mondo,

Pregoti ch' alla mente altrui mi rechi:

Più non ti dico, e più non ti rispondo.
Gli diritti occhi torse allora in biechi:

Guardomm' un poco, e poi chinò la testa :

Cadde con essa a par degli altri ciechi.
E 'l duca disse a me: più non si desta

Di qua dal suon dell' angelica tromba,

Quando verrà la nimica podesta:
Ciascun ritroverà la trista tomba,

Ripiglierà sua carne e sua figura,
Udirà quel che in eterno rimbomba.

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usare addolza, adoperd come Dante, ad- aeterna hominumque divumque potedolcia; dicendo nella Lett. a Bonaggiun- slas.Io Ebreo, Dio O. M. fra gli altri nomi ta Urbiciani (forse). Vostro buon talento ebbe quello di Saddai, cioè praepotens, addolcia l'anima mia ec.

omnipotens desunto dalla infinita posCosì anche de' verbi della 2a ridotti sanza di lui. alla prima è Stringare per Stringere; di

99. IN ETERNO RIMBOMBA. Alla cui tuttora persiste Stringato per Strello.

presenE Mazzeo Ricco (1250):

za del Supremo Giudice verranno, nelCosi mi stringa (stringe) Amore,

l'universale giudizio, gli eletti e i reproCh'altro non posso fare

bi: quelli dalla destra, questi dalla siniSe non tornare a voi, donna valente. stra. Ai primi sarà detto (Matth. cap. XV,

96. Podesta per Podestà. Così Maje- 34): Venile benedicti patris mei, possista o Maesta per Maestà; Onesla, Pieta dete paratum vobis regnum a constituec. per Onestà, Pietà ec. il che si è fat- tione mundi. Ai secondi (loc. cit. 41): to alla maniera latina Potestas, Majestas, Discedite a me maledicti in ignem Honestas, Pietas ec. prendendosi la vo- ternum. Quel che in eterno rimbomba ce italiana, non già,come d'ordinario, dal è dunque questa sentenza di condannasesto caso, ma dal primo: così noi anche gione, la quale si compie nell'ultima vooggi da tempestas non ci facciamo leci- ce aelernum, che, pronunziata con forza, to dir tempestate, e quindi tempestà; ma

ferirà le orecchie de' maledetti. Chi sotdiciamo lempesta, ritirando l'accento tilmente consideri, Dante ciò dice col sulla penultima.

metro stesso del verso; il quale ha l'acCiullo d'Alcamo:

cento sulla sellima: Molte sono le femine

U-dirà quel che in e-ter / -no rim-bom / -ba. Ch'hanno dura la testa,

Il Bargigi: Udirà quello che rimbomE l'uomo con parabole

ba, che risuona in eterno, cioè Cristo Le dimina e ammonesta: Tanto intorno percacciale

giudice giusto, che dirá: andate maleSinchè l'ha in sua podesta.

detti nel fuoco elerno, la qual sentenza Cristo disceso all' Inferno è chiamato eterno suona, ed in elerno estende la dal Nostro Possente (Inf. IV, 53 not.). pena sua, sicchè mai non sia per aver Qui ben delto nemica podesta colui fine. - Il Venturi: Udirà quella sentenstesso, che verrà, contro gli spiriti mali, za di maledizione, che gli rimbomberd cum potestate magna. La potenza e la sempre per tutta l'elernità all'orecforza entrano naturalmente nell'idea del chio. Il Volpi: Quel che in eterno valore, della grandezza ec. e non poteva- rimbomba: cioè l'ultima sentenza di no escludersi dal concetto degli eroi e Crislo contro i reprobi, che dirà: Andegli Dei del paganesimo. A Giove poi date, maledetti, nel fuoco eterno. Il si dettero gli attributi di omnipotens, di Lombardi: Quel, la sentenza;-rimbom

.

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no ger per dir SU pe Co

trai

S

Si trapassammo per sozza mistura

100
Dell'ombre e della pioggia, a passi lenti,

Toccando un poco la vita futura;
Perch' io dissi: Maestro, esti tormenti

Cresceranno ei dopo la gran sentenza,
O fien minori, o saran sì cocenti?

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Ed egli a me: ritorna a tua scienza,

Che vuol, quanto la cosa è più perfetta,

Più senta 'l bene, e così la doglienza.
Tuttochè questa gente maledetta
In vera perfezion giammai non vada,

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Di là, più che di quà, essere aspetta.
ba enallage di tempo invece di rimbom- gariz.) nè fa intravedere l'integrità della
berà ; ed in elerno rimbomberà vale frase omai ridotta a una semplice parti-
quanto in eterno avrà effetto, in eterno cola congiuntiva. Lib. I, Cap. VII: Tut-
non si ritratterà. - Il Biagioli: Quel to sia ciò che oro e ariento sieno me-
non vuol dire la sentenza, ma determina talli naturali, non sono ricchezze quan-
il nome suono sottinteso. Rimbomba non to per loro, ma per l'ordinamento degli
istà qui per rimbomberà, ma è questa uomini. Dove, tutto sia ciò che è come
l'espressione più positiva d'una sì terri- con tullo che sia ciò, che; Lat. Esto et
bile verità. , - Il Bianchi: Quel che... La hoc quod ec. L'uso ha lasciato fuori le
finale sentenza che rimbomberà eterna- voci di mezzo sia ciò e il restante piac-
mente nelle loro orecchie. - Il Torri- que a Dante come più riciso modo e più
celli: Udirà ec. Andate, maledetti, al fuo- spiccato. Non rado incontra che dell'in-
co eterno.-II Tommaseo: Itene da me, tera locuzione si prenda il solo tutto,che
maledetti, nel fuoco eterno.

fa eziandio bellissimo effetto, siccome Ora è chiaro che l'esposizione del Bar- nell'opera cit. Cap. XI: Unde avviene gigi è secondo il contesto; ma con qual- che quellino, ch'hanno i beni corporache cosa di più, che parte dalla mente li, credono essere beati, tutto non abbidello espositore. Il Venturi pigliando in no ellino i beni dell'anima ec. E Fra eterno per modo avverbiale,produsse l'e- Guittone: nallage del Lombardi e la coda che alla Tutto secol sia reo, have suo bono. sentenza chiarissima del Poeta si appicca « L'avverbio con tutto che (così il Barper deduzione pedantesca scolasti- toli) sembra a guisa delle biscie, o di ca - gesuitica. Il Biagioli distrugge, quegli che Dante chiamò alla grechesca ma non edifica. Il Bianchi si accosta al entomata cioè, insetti, che a tagliarne Venturi. Il Torricelli e il Tommaseo pro- dall' un capo e dall'altro un pezzo, pur seguono il senso spontaneo della frase nondimeno han vita e molo. Perocchè Dantesca.

troncata da contuttochè la prima o l'ultiNota, cortese lettore, tutto il quadro ma particella, anzi ancor l'una e l'altra, del finale Giudizio dipinto a brevi tratti quel di mezzo si riman vivo ed ha senvivissimi, dal v. 95 al 99, con solo ac- so ». Può dunque dirsi egualmente bene: cenparvisi l'angelica tromba

·la ne

con lutlo, tuttochè, o semplicemente tutmica podesla — il ritrovar la trista to, che valgon sempre sebbene, quantuntomba il ripigliar sua carne e sua que, avvegnacchè ec. Con tutto chè. figura - e l'udir quello che in eterno Inf. XXX, 86: rimbomba.

Con tutto ch'ella volge undici miglia ec. 109. TUTTOCHÊ. Equivale a: Con tullo 111. Di della gran senlenza, cioè che vero sia ciò, che (Lat. quamvis ec.) dopo il Giudizio. Egid. Colonna (Del regg. de' princ. Vol- In questo verso con gli altri che v'han

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Quarto cerchio. - Gli Avari e i Prodighi. Discesa nel quinto cerchio

degli Iracondi e dei Tristi (*).

Pape Satan, pape Satan aleppe,

Cominciò Pluto con la voce chioccia:
E quel savio gentil, che tutto seppe,

no attinenza il costruito piano è: questa oh oh Satan principe de' diavoli, oh! gente maledetla... aspetta essere in quasi voglia dire: che cosa è questa che perfezione di più che di qua. Vuolio vedo? vedendo, cioè, ch' uom vivo dire: i dannati poichè avran ripigliato passasse per l'Inferno. Già l'Ottimo avea sua carne e sua figura (v. 98) saran più delto: Quando Pluto vide la Ragione (a) perfetti, cioè più compiuti; essendo il conducere l'Umanilà (b) si maraviglið corpo parte dell'uomo; più dolorosi dopo molto. Onde il Tommaseo: Le parole di il dì del giudizio, perchè patiranno in en- Pluto sono di maraviglia e un volgersi trambe le sostanze del congiunto umano. a Salana suo capo, per chiedere riparo

In vera perfezion giammai non vanno: contro l'invasione d'un vivo ne' regni perchè questa consiste nell'asseguimento della morte.Pompeo Venturi chiosa: Pofdel fine, per cui la creatura ragionevole far di me ! o Poter di Satanasso signore fu creata; nell'accordo tra l'anima e il di questo luogo adontato: in atto d'escorpo, tra la ragione e i sensi ec. fuori ser turbato per impeto d'ira minaccioso e del quale ordine già sono i maledetti, nè terribile. Il Volpi, notato che Pape simai vi entreranno. Son notevoli i due gnifichi ammirazione, e Aleppe da Aleph verbi (v. 110) Vada, (v. 111) Essere. Il voce Ebrea, dolore, confusione, se ne primo dinota che havvi certo grado di passa. Il Lombardi: Capperi Satanasso, perfezione a cui quelli possono andare, capperi gran Salanasso! e come in aria sino al giudizio: dopo questo, resteranno di proseguire: così poco sei tu rispettaeternamente nel medesimo stato di non to? Il Biagioli accostasi al Lombardi. Il vera perfezione (v. 110), ch'è il tor- Cellini, cilato dinanzi al tribunal crimimento del disordine; cui son riferite le nale di Parigi, per calunnie faltegli da parole di Giobbe: Ubi nullus ordo, sed una cianghella, dice che quel Giudice, sempiternus horror inhabitat.

alla molta gente che accalcavasi alla (*) Vedi, v. 121, nola.

porta gridava:

Paix paix Satan, paix paix Satan, alez paix. 1. PAPE SATAN etc. Non pretendiamo e Benvenuto non dubita che Dante stato entrar noi negli alti sensi, che inchiu- in quella città e, forse, notato simigliandonsi nelle parole di Pluto; ma poichè te motto, in simile contingenza; non ogni studio a sporle vi posero i chiosa- l'abbia avuto in mente, sicchè di quelle tori, ci contentiamo a questo soltanto, parole franzesi fatto prima: che qui si adducano le principali inter- Pai pai Satan, pai pai Satan ale-pe: pretazioni, le quali varranno almanco a uscisse poi nel verso: farne capaci, quanto sia malagevole d'in- Pape Satan, pape Satan ec. tendere le voci che vengono dalle tu

(a) Virgilio, che n'è il simbolo.' mide labbra di quel nume infernale. Il

(b) Dante, che va uomo integralmente, cioè Bargigi, adunque spone: Oh oh Satan! in anima e corpo.

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Disse per confortarmi: non ti noccia

La tua paura; chè, poder ch'egli abbia,

Non ti torrà lo scender questa roccia.
Poi si rivolse a quella enfiata labbia,

degnissimo di Plutone. (Benv. Cell. Vita) Folco la citlà più tener non podea.

Îl Monti lascia a quel Savio gentil ché Ivi: Tebaldo fu un re di gran podere.tutto seppe l'intelligenza delle voci be- Pacino Angiolieri Fiorentino (1250): stiali di Plulo, le quali son fuori d'ogni

E tuttochè podere umano concetto. (Proposta etc.) – Fru

Gentil donna, di regno non aggiate,

Voi pure in testa corona portate gando nelle lingue orientali, il Lanci

d'assai alto valore ec. (1819) trova il verso Alligheriano contesto d' ebraiche voci, che traduconsi perchè nell

' avere sta eziandio il potere.

Oggi podere è l' ager ec. de' latini, nella sentenza: Ti mostra, Satanasso; ti Tuttavia diciamo podestà, poderoso. mostra nella maestà de' tuoi splendori, Principe Satanasso. Ma l'Ab. Gius. 7. LABBIA, vale lo stesso che aspetto, Venturi credendo altresì le delle voci faccia; Sineddoche della parte pel tutto, d'origine ebraica, aveale fin dal 1811 siccome i latini dissero Os per vultus; e, interpretate: Qui qui Satanasso, qui qui nello stesso sentimento. Labia (fem.) per Satanasso è l'imperatore; quasi volen- viso. Lapo Gianni, amico del Poeta : do dire: non sia chi ardisca qua porre

Onde mia labbia sì mortificata il piede; alla qual sentenza s'acconciano cioè: la mia faccia smarrissi talmente,

Divenne allora, ohimèl ch'io non parea. le parole da Virgilio delte a Pluto e a

ch'io più non mi riconoscea. Dante. Per noi sta che Dante non poteva

Il Poliziano. Giostra di Giul. de' Med. scrivere e comporre in una lingua ch'egli Lib. I, st. 34: ignorava; nè il greco nè l' ebraico si

E qual è uom di si secura labbia ec. ? sapeva ai suoi tempi: e che però è ope- cioè: di faccia tanlo intrepida ec.? ra vana rifrustar la grammatesia orienta

Il Nostro prende Labbia per l'intera le, per trovarvi cosa che il Poeta abbia forma del corpo, nonchè della sola facpoluto mai dire. Altri crede che Pluto

cia, là dove, parlando del Centauro Cadalla voce chioccia, abbia proferite le co, (Inf. XXV, 19 seg.) dice: parole di S. Pier Damiano, le quali tro- Maremma non cred'io che tante n'abbia, vansi in alcuna delle sue lettere; cioè: Quante bisce egli avea su per la groppa, Papae Satanae, papae Satanae principi:

Infin dove comincia nostra labbia. e che il Poeta abbia voluto copertamen

Nell'accettazione ordinaria: Inf. XIV, te alludere al B.mo Padre, facendo reci- 67: tar questa frase a Pluto dio delle ric

Poi si rivolse a me con miglior labbia chezze, per dare una scurisciata alla con cera più dolce, che non avea mochierisia, in cui usa l' avarizia il suo

strata a Capaneo, al quale parlò di forsoperchio. (V. Br. Bianchi, Giunte e cor

za e fece fieri sembianti. rez. pag. 743 Fir. 1857 Le Monn.).

Nel Purgat. XXIII, 45 seg., il Poeta Il Torricelli: Non vis sapere, caro

incontra Forese si mutato di aspetto, leltore, plusquam oportet sapere. E, ch' egli mai non avrebbelo riconosciuto, quando non si può più là, è savio con- se quegli non avesse con la voce porta siglio.

notizia di sè:

Mai non l'avrei riconosciuto al viso 5. Poder, poter. Bono Giamboni, Ma nella voce sua mi fu palese Form. Onest. vit. Giust. II: Se tu vuoli

Ciò che l'aspetto in se avea conquiso.

Questa favilla tutta mi raccese essere giusto... Non ti prendere a forza

Mia conoscenza alla cambiata labbia le allrui cose... e gastiga, se tu hai lo E ravvisai la faccia di Forese. podere, quelli che le prendono. - Con- Guido Cavalcanti (anche fuor di rima): ii d'antich. cavalieri. Del re Tebaldo :

Cosa m'avvien, quand'io le son presente, Le batlallie grandi fece con Folco, ma

Ch'io non la posso all'intelletto dire:

Veder mi par dalla sua labbia uscire sopra Candia tanto ad oste slette, che Una si bella donna ec.

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