Luogo avarizia, tra cotanto senno, Un poco a riso pria; poscia rispose: Che danno a dubitar falsa matera, Esser, ch' io fossi avaro in l'altra vita, Troppo da me, e questa dismisura Dell' oro, l'appetito de' mortali? do Virgilio saputo che Stazio era giaciuto 24. per tua cura, perchè il senno e la scienza non vengon da sè, ma si acquistano per indefesso studio." 27. cenno, segno, dimostrazione. 51-52. La tua dimanda ec. La tua dimanda mi accerta esser tuo creder, cioè, tuo avviso, ch' io sia stato avaro. 55. Troppo, fino all'altro estremo vizio, cioè, a quello della prodigalità. -e questa dismisura, e questo troppo. Ricordiamoci del detto di quel sapiente: Ne quid nimis, e che virtus est medium vitiorum, et utrinque reductum. Or. Epist. 48, lib. I. 56. migliaia di lunari ec. Migliaia di lunazioni, di mesi, in questo luogo hanno punito. 57. drizzai mia cura, mi ravvidi, tornai alla ragione e all'ordine. 58. tu chiame, tu gridi, tu esclami; è nel senso del lat. clamare, come altrove s'è visto. 39. Crucciato quasi ec.: quasi sdegoato colla natura umana, che sia si stravolta e corrotta. 40-41. Perchè non reggi tu ec. È tradotto il verso virgiliano: Quid non mortalia pectora cogis, auri sacra fames? Seunonchè mentre comunemente s'interpreta: quid non cogis audere, vel committere: che non sforzi tu ad osare o a commettere ec.; Dante ha inteso il verbo cogere nel senso di frenare, contenere, e ha preso il quid per sinonimo di cur, onde ha spiegato: perchè, o maledetta fame dell'oro, non reggi, non regoli, non contieni nei giusti confini l'appetito dei mortali, quali o sono dell' oro troppo avidi e tenaci, o lo gettano vanamente senza misura. Dalle quali parole così interpretate Stazio comprese che si potea peccare anche per ismodato spendere. i 42. Voltando ec. Se non fosse (come dice ne' versi precedenti) ch' io drizzai mia cura, quando io lessi quello che tu hai scritto contro la mala fame dell'oro, sarei tra coloro che voltano pesi per forza di poppa, cioè, sarei nell' Inferno fra gli avari e i prodighi. Dove è da avvertire che la sete dell' oro è comune all'avaro e al prodigo, sebbene con fine diverso; e l'uno e l'altro, per averne, non bada spesso alle vie. Allor m'accorsi che troppo aprir l'ali Per l'ignoranza, che di questa pecca E sappi che la colpa, che rimbecca Per dritta opposizione alcun peccato, Che piange l'avarizia, per purgarmi, Della doppia tristizia di Giocasta, Non par che ti facesse ancor fedele Se così è, qual sole o quai candele Ti stenebraron si, che tu drizzasti 45. aprir l'ali: metaf. tutta dantesca, vale qui allargarsi.—pentèmi, mi pentei, da pentere. 46. Quanti risurgeran ec. Vedi il Canto VII dell' Inferno, verso 37, ove dice che i prodighi risusciteranno nel dì finale cof capelli mozzi. 47-48. Per l'ignoranza ec. Per l'ignoranza che la prodigalità sia peccato; la quale ignoranza, inescusabile, toglie al prodigo il pentirsi mentre vive, e in punto di morte. 49-51. la colpa, che rimbecca ec.: la colpa che dirittamente è contraria, opposta ad alcun peccato, siccome è la prodigalità all' avarizia, qui suo verde secca, cioè, si consuma per la purgazione nel luogo stesso ov'è punito il peccato suo contrario. Avviene nel Purgatorio come nell' Inferno, dove stanno insieme i prodighi e gli avari. 55. le crude armi, la pugna dei due figliuoli di Giocasta, Eteocle e Polinice, che per empia sete di regno si trucidarono. 45 50 55 60 65 56. Della doppia tristizia. Int.: i due tristi ed empj figli di Giocasta, dop pia cagione di dolore all' infelice madre. 57. il Cantor ec. Virgilio, cantore della Bucolica, o sia de' versi pastorali. 58. Clio, la musa che Stazio invoca nel principio della Tebaide. Per quel che.... leco tasta: secondo i tasti che ella tocca; cioè per le usate forme poetiche, le quali sentono delle credenze pagane. 60. La fe', ec., la fede cristiana. 61-62. qual sole o quai candele: cioè, qual celeste o qual terreno lume? Ti stenebraron, ti tolser le tenebre del gentilesino. candela è dal candere lat., splender di luce. 65. al Pescator, a S. Pietro, fu pescatore in Galilea. che 64-66. Tu prima m'inviasti ec. Tu prima (lo ha detto anche sopra) mi facesti poeta, e poscia m'illuminasti appresso Dio, cioè nelle vie di Dio, o ad andar dietro a Dio. Per te poeta fui, per te cristiano, dirà più sotto.-ap E poi appresso Dio m' alluminasti. Torna giustizia e primo tempo umano; Ma perché veggi me'ciò ch' io disegno, E la parola tua sopra toccata Si consonava a' nuovi predicanti; Che, quando Domizian li perseguette, presso Dio, alcuni spiegano, dopo Dio, padre dei lumi. La lez. che seguo nel verso 66 è del Cod. Caet. La comune era E prima ec. Si faccia attenzione agli effetti che Stazio afferma prodotti in lui da Virgilio; e si vedrà come i poeti (parlo dei grandi), sacerdoti ab antico della morale e civile sapienza, ritraggono veramente chi ben li studia dal vizio, guidano alla cognizione del vero, e danno anche spesso l'ispirazione dei carmi.-grotte, gli antri secreti del monte Parnaso. 69. Ma dopo sè, ma dietro sè fa le persone dotte, scorte, istruite del cam mino. 70-72. Secol si rinnova. Sono i versi stessi di Virgilio nell' Ecloga IV : Magnus ab integro sæclorum nascitur ordo: Jam redit et Virgo ec. Questa profezia tratta dai libri Sibillini è applicata da Virgilio alla nascita del figlio di Pollione; ma varj scrittori opinarono che fosse un cenno al divino Riparatore. Immagina Dante che anche Stazio la intendesse in questo senso. 75. A colorar ec. Avendo detto pri 70 75 80 $5 ma ciò ch' io disegno, invece di dire ciò che io esprimo, prosegue ora la metafora dicendo A colorar ec., invece di dire: mi stendero a narrare più largamente. Il disegno adombra la cosa, e 1 colori l'avvivano. 78. Per li messaggi ec. Il verbo gr. άow, donde la voce apostolo, vale mitto. 79. E la parola ec., la sopraddetta profezia della Sibilla. 80. consonava, combinava, si riscontrava con quel che annunziavano gli Apostoli Si, così, precisamente. Per lo più leggesi Si consonava, ma non troppo bene, a parer mio. - 81. usata, usanza. I participj passati tanto al masc, che al fem. si usarono antic per nomi. Così il destinato, il cogitato, la gelata, la disposta, per destino, cogitazione, gelo, disposizione. 85. Domizian, imp. rom. figlio di Vespasiano, mosse la seconda persecuzione contro i Cristiani. Fu ucciso sulla fine del primo secolo. 85. E mentre che di là ec., e mentre fui in vita. : Io gli sovvenni, e lor dritti costumi Di Tebe poetando, ebb' io battesmo; E questa tiepidezza il quarto cerchio Rispose il Duca mio, siam con quel Greco, Spesse fiate ragioniam del monte, Simonide, Agatone, ed altri piue 88-89. E pria ch'io conducessi ec. Vuol dire prima ch'io componessi il poema dove narro la spedizione dei Greci contro Tebe. Alcuni, stando alla lettera, intendono precisamente del IX lib. dove narrasi questo fatto. È frequente ai poeti dire che fanno quanto narrano. Virgilio ad esprimere che Sileno narrava la conversione delle Eliadi in ontani, dice con simil modo: Tum Phathontiadas musco circumdat amaræ Corticis, atque solo proceras erigit alnos. Ecl. VI. 90. chiuso, occulto.-fu'mi, fuimi, mi fui. 91. Lungamente mostrando, fingendo per molto tempo d' esser pa mi toglieva di scorgere il bene si grande, di ch' io ti ragiono, cioè la verità della fede cristiana. 96. del salire avem soverchio, cioè, di salire, o per salire, abbiamo più tempo che non abbisogna. 97. Terenzio ec. Terenzio, Cecilio e Plauto, poeti latini notissimi.- Varro, Varrone, scrittore latino famoso per dottrina e per erudizione. 99. in qual vico, in qual contrada, in qual cerchio. 101-102. con quel Greco, Che le Muse ec. Con Omero, cui le Muse nutrirono, più ch' altro poeta, del loro latte. 104. del monte, del Parnaso, C'ha le nutrici nostre sempre seco, ove abitano continuamente le Muse, nutrici di noi poeti. 106-107. Euripide, ateniese, notissimo poeta tragico. Invece di Anacreonte varj testi hanno Antifonte, poeta tragico lodato da Aristotele e da Plutarco. Simonide ed Agatone, altri poeti greci. Greci, che già di lauro ornar la fronte. Ed Ismene si trista come fue. Di nuovo attenti a riguardare intorno, E già le quattro ancelle eran del giorno E prendemmo la via con men sospetto Diretro, ed ascoltava i lor sermoni 109. delle genti tue, cioè de' personaggi da te cantati nella Tebaide e nell'Achilleide. 440-444. Antigone, figlia di Edipo re di Tebe.-Deifile, figliuola di Adrasto re degli Argivi e moglie di Tideo, uno de' sette che assediarono Tebe. Argia, altra figlia d'Adrasto, moglie di Polinice Ismene, figliuola di Edipo. - 442. quella che mostrò ec. Isilile figliuola di Toante re di Lenno. Fu da' corsari venduta a Licurgo di Nemea, ed ebbe a nudrire un figliuolo di lui chiamato Ofelte. Stava un giorno fuori della città a diporto col fanciullo in collo. Adrasto assetato pregolla d'insegnargli una fontana; ond'ella, deposto il bambino, corse a mostrare a quel re la fonte Langia. Tornata al fanciullo, il trovò morto pei morsi di una serpe. 445. La figlia di Tiresia: non potendo questa esser Manto, perchè s'è già veduta tra gl' indovini nell' Inferno, pare che debba essere o Dafne o Istoriade, nominata da Pausania. Teli, la madre d' Achille. 110 115 120 125 117. Liberi dal salire, per essere finita la scala, e liberi dalle pareti, dalle sponde, fra le quali era scavata essa scala. (*) Sesto girone. 418-419. le quattro ancelle ec. Le quattro prime Ore del giorno avean già finito il loro servizio, ed era al timone del carro solare la quinta. 420. l'ardente corno, la punta luminosa del detto timone. Drizzando.... in su, per salire verso il meridiano. 121-123. Io credo ec. Int.: io credo che dobbiamo camminare tenendo il lato destro volto alla estremità del monte, cioè, al di fuori, come abbiamo fatto sin ora, seguitando gl' insegnamenti degli spiriti, ai quali nel precedente girone domandammo della via più corta. 424. fu li nostra însegna, fu lì la nostra guida. 129. mi davano intelletto, mi aprivan la mente, mi davano l'inspirazione a poetare. |