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tanto sbatter di mani, che la recita dovè sospendersi per lungo tratto. La Corte Papale, al risaperlo, voleva dapprima vietare quel melodramma; ma, sentendo che ciò avrebbe fatto ridere anche più, prudentemente cambiò consiglio; e quelle parole produssero sempre lo stesso effetto in tutte le sere che furono ripetute.

Ognun vede che il dare a Roma il nome di Babilonia altro non è che una comparazione; e siccome due furono le Babilonie famose, ed ambe sommamente corrotte, l'Assira e l' Egiziana, così Roma trovasi ora paragonata all' una, ora all'altra; e talvolta ad entrambe, come udremo farsi dal Petrarca. Comparazione del pari è quella per cui que' dannati sono assimilati a coloro che vanno a San Pietro a Roma; e comparazione è l'altra per cui la testa di Nembrotte è paragonata alla pina di San Pietro a Roma. Osserveremo in seguito, per molti esempj, che la comparazione è uno de' più efficaci segreti dello scrivere in gergo. Trovasi in fatti qualche antichissimo codice della Commedia, in cui tutte le comparazioni sono indicate al margine così,-COMP. Tal è quello che conservasi nella Real Biblioteca Borbonica di Napoli, Scansia XII, Lettera B, N° 1; codice membranaceo assai ben conservato. Vuolsi perciò porre particolare attenzione alle comparazioni, che guidano la mente al significato interno di siffatti lavori. Esse son però talvolta espresse con formole assai fine, che han bisogno di sviluppo per essere ben intese. Ne recherò un esempio.

I Fiorentini, detti figli di Flora, si trovano comparati ai Fiori; e udremo in appresso che Dante chiamò i Fiorentini Bianchi e Neri col nome di Fiori Bianchi e Neri, e sè stesso con quello di Fiore Bianco, del pari che altri Bianco Fiore il denominarono. Or egli per esprimere che di Guelfo divenne Ghibellino, o sia di Nero si fè Bianco, si valse di una comparazione assai arcana; quella cioè di un fioretto chinato e chiuso per notturno gelo, che poi imbiancato dal Sole (simbolo della ragione) si drizza e si apre e quello che produce in lui l'effetto del Sole, che imbianca il fiore, è un discorso di Virgilio che lo persuade a divenir suo seguace. Ci piaccia considerare questa comparazione, che può farci sentir da lungi chi figura Virgilio, anche prima che lo dimostriamo.

Nel primo canto del poema, sorto il Sole, Dante si determina a farsi seguace di Virgilio; ma nel secondo, caduto il Sole, ei non vuol più seguirne le tracce. Virgilio allora con efficace discorso lo infervora a continuare l' allegorico viaggio dietro la sua scorta; e dopo quel discorso Dante usa questa comparazione:

Quale i fioretti dal notturno gelo

Chinati e chiusi, poichè il Sol gl' imbianca,

Si drizzan tutti aperti in loro stelo,

TAL mi fec' io di mia virtute stanca;

e conchiude con dire al cantore del Romano Impero,

Or va che un sol volere è d'amendue:

Tu duca, tu signore, e tu maestro.

Porrò qui parte della nota a questo passaggio, tratta dal mio Co

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mento Analitico. Il Sole è assente (cioè la ragione), per lo che Dante è prostrato d'animo e inviluppato di mente; ed ecco che Virgilio viene, col suo discorso, a far le veci del Sole. Il FIORENTINO è paragonato ad un FIORETTO chinato dal notturno gelo, e ad un FIORETTO chiuso dal notturno gelo (quali i fioretti, chinati e chiusi), cioè prostrato d'animo (fioretto chinato) e inviluppato di mente (fioretto chiuso), dall'errore che produce paura (notturno gelo); e'l Mantovano, paragonato al Sole, gli solleva l'animo, e gli sviluppa la mente (imbianca il fioretto, e lo rialza aperto in su lo stelo); e quel verbo imbianca, che quasi impropriamente è sostituito ad irraggia, nel farci sentire che lo illumina e lo riscalda, ci significa insieme il carattere di Bianco o Ghibellino, che il poeta per quel discorso acquistò. Ei si volge in una canzone all'Amor Platonico, di cui in seguito a lungo ragioneremo, ed esprime la stessa idea con queste parole:

Amor, che muovi tua virtù dal cielo,

Come il Sol lo splendore,

E com' ei fuga oscuritate e gelo,

Così, alto signore,

Tu scacci la viltate d'ogni core.

G.-Pag. 49.

Tutte le potestà autorevoli, quantunque proprie di uomini, vennero dagli antichi espresse con immagini e nomi di donne ; il che esercitò segreta influenza nella grammatica di alcune lingue moderne, sino al punto da trasfigurare i maschi in femmine. Così il Papa e l'Imperadore divennero Sua Santità e Sua Maestà, e quelli che sono intorno a cosiffatte donne si misero pur essi una gonna immaginaria, e divennero quale una Eminenza, quale una Eccellenza, questo una Riverenza, e quello una Signoria ecc. coi pronomi di Ella e Lei, e tutto il corredo feminile di participj ed aggettivi corrispondenti; ed ecco per tal artificio un popolo di uomini divenire un esercito di donne. Ciò che, per prepotenza di grammatica capricciosa, accade anche oggi, e massime in Italia, vedremo essere accaduto ne' secoli passati, per magia di rettorica arcana; il che sarà da noi, a proprio luogo, con soprabbondanza dimostrato. Mentore pareva uomo, mentre era del sesso opposto; e il caso nostro sarà il contrario: le apparenti donne risulteranno dell' altro sesso. Chi fissa ben gli occhi in fronte alla figurata Meretrice Babilonica ne avrà la prima pruova.

e per

H.-Pag. 121.

Per far sentire tutta l' importanza di questa norma de' contrapposti, far vedere quanta luce può spargere sulle tenebre di scritti siffatti, aggiungiamo questo solo. Siccome il Papa è detto il Servo de' servi (questo nome gli da Dante, Inf. xv.), così l'Imperatore era chiamato il Re de regi; e in appresso apparirà manifestamente chi figura il Rex regum, opposto al Servus servorum. Qui cade in acconcio

il rammentare che nel punto in cui stava per coronarsi in Roma l' Imperadore Enrico VII, richiesto a dar giuramento di servitù al Papa, rispose parergli inconvenevole che il Re de regi si dichiarasse soggetto al Servo de' servi. "Postulabant legati Clementis V, ut Henricus VII sacramentum Papæ præstaret; verum Imperator non solum indignum hoc esse majestati augustali censebat, sed etiam contra morem majorum, libertatemque religionis christianæ esse, Principem principum, orbis terrarum dominum, Servo servorum sacramentum dicere. Unde Clemens, odio incensus, Robertum contra Cæsarem concitabat." (Burcard. Struv. Hist. Germ. pag. 660.—Aventin. lib. vii, cap. 14, n. 31.) Ed è da notare che Enrico, nel vedersi così insorger contro il re di Napoli, non osando chiamar Lucifero il Papa che eccitava colui segretamente, diè quel nome a Roberto; ma quella voce rimbalzava dall' eccitato Re al Papa eccitatore; poichè egli non fece altro che parafrasare lo stessissimo passaggio di Isaia, nel quale il Re di Babilonia è caratterizzato come Lucifero, che osò levar la fronte contro Dio: passaggio ch'era in quel tempo generalmente applicato al Papa. Onde la soprascritta era diretta al Re ribelle, ma la lettera al Papa ribellante. Ecco il principio della sentenza di Enrico, in cui rassomiglia sè stesso a Dio, e 'l suo avversario a Lucifero. "Deus superbiantem illum qui, se sublimatum conspiciens, sedem suam ab Aquilone, ut esset Altissimo similisa, ponere cogitavit ; de altis Cœlorum faustibus ad inferiora Terræ in opprobria sempiterna demergens, eum adduxit æternalibus ultionibus exponendum. -Robertus, perditionis alumnus, nefanda superbia tumefactus, sedem ab Aquilone, videlicet, ab opposito Majestatis Cæsareæ, sibi ponere satagens, ipsam Majestatem, protervo animo, continuo provocare præsumit." Vedi il resto di questa lunga sentenza nella Storia Augusta di Albertino Mussato, appo il Muratori, Rerum Italic. Script. tomo X.

I.-Pag. 314.

Siccome la Setta, nel suo interno, è denominata Cielo, o casa del Sole e della Luna, così tutt' i settarj si appellano Angeli, Spiriti, ed Eletti; ed ognun sente chi mai figuri il capo di questi Angeli siffatti. E da ciò deriva che Dante, Petrarca, Boccaccio, Cino, ed altri, chiamano Angeli le Donne loro allegoriche; nè ci curiamo recare squadre di passaggi, per provarlo, poichè son notissimi. L'essenza di questi Angeli, divisi in tre principati o gerarchie, e ciascuna ripartita în tre ordini, risulta da molte opere in gergo, e dai catechismi stessi della Setta. Recheremo esempj dell' una e dell'altra guisa.

Nel Catechismo del primo grado, del citato libro "Les Fran-Maçons," si legge il seguente dialogo.

"D. Comment s'appelle cet endroit ?-R. La maison du Soleil, de la Lune et des Etoiles.

a "Sedebo in lateribus Aquilonis, ascendam super altitudinem nubium, similis ero Altissimo," -son parole dette dal Re di Babilonia, chiamato Lucifero, presso Isaia, cap. xiv.

"D. Ceux qui étoient avec vous étoient-ils vos pareils ?-R. Non, oui, non.

"D. Qui étoient-ils donc ?-R. Un Ange et un Esprit.

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"D. Comment avez vous passé le fleuve?-R. Par le secours de l'Ange et de l'Esprit.

"D. Qu'avez vous encore trouvé ?-R. Personne, mais on m'a placé entre les deux meilleurs Anges.

"D. Par l'ordre de qui?-R. Par celui du prémier et du plus excellent Ange.

"D. Que vous a ordonné cet Ange supreme?-R. De marcher à la manière des Elus.

"D. Qui vous a montré le chemin ?-R. L'un des meilleurs Anges. "D. Qu'avez vous dit après être arrivé au Saint des Saints?R. Des choses inénarrables.

"D. En quelle langue?-Dans une langue toute nouvelle.

"D. Comment avez vous parlé ?-R. L'Ange suprème m'apprenoit ce que j'avois à dire.

"D. Quelle place occupiez vous ?-R. J'étois après les meilleurs Anges, et devant les bons.

"D. Quelle heure est-il?-R. La première heure du jour.

"D. Comment est-ce que le très eccellent Ange est habillé ?D. Et comment le sont les meilleurs Anges ?-D. Et les bons Anges?-D. Et les simples Anges?-R." etc.

Dietro questo linguaggio, tutto divien celeste ciò che appartiene alla Setta, e tutto infernale ciò che ad altro concerne. Quindi i tanti scritti illusorj che pajono dettati dal più religioso sentimento. Le opere di Swedenborg sono, più che altre, di questo carattere ; e massime quelle che riguardano il Giudizio Universale, la Distruzione di Babilonia, la Fondazione della Nuova Gerusalemme, le Maraviglie del Cielo e dell' Inferno, il Maritaggio celeste degli Angeli ecc. Niuno di scrittori siffatti rassomiglia tanto a Dante quanto Swedenborg; più ardito è lo Svedese, perchè scriveva in tempo di tolleranza, e nella libera Inghilterra; e più ipocrita ancora, poichè spaccia per verità storica ciò che il Fiorentino presenta come finzione poetica. Egli scrive di avere realmente viaggiato nell' Inferno e nel Cielo, e parlato con Demonj ed Angeli, con Satana e con Dio, e lungamente confabulato con Gesù Cristo. Le sue opere (che vanno oltre una cinquantina di volumi), prese alla lettera da chi ne ignorava l'artificio, lo fecero riguardare da alcuni come un matto visionario, e da altri come un inspirato messo del Cielo ; ma que' molti ch'erano Angeli come lui, e guardavano que' detti con angelico occhio, sapevano ch'ei non era nè pazzo nè santo, quando scriveva queste parole: 'L'istante in cui l'uomo crede morire è precisamente quello in cui risuscita, e non v'è per lui altra risurrezione. Nel punto in cui ciò accade, egli entra nel mondo spirituale, e in forma umana divien An

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a Ciò avviene nel terzo grado, in cui si muore e si risorge; quindi le espressioni allusive delle rime antiche: eccone alcune di varj, e tutti amici: Amor mi dà uno spirito in suo stato

Che figurato muore.-Guido Cavalcanti.

gelo; e non vi sono altri Angeli che coloro i quali divengon tali nell' uscir da questo mondo. Tutti gli Angeli nuovi nel mondo degli spiriti, son ricevuti da Angeli antichi che gl'istruiscono nel senso spirituale delle scritture"." Ed altrove: "Io appartengo alla società degli Angeli, in cui le cose spirituali e celesti sono materia ai nostri discorsi, ed alle nostre conversazioni, sebbene in relazione alle cose del basso mondo." Alcuni si son dati il fastidio di confutarlo, come con veemenza fece il Barruel, nelle sue Memorie sul Giacobinismo (tomo iv) ove scrisse: "Le veut-on un insensé, livré à toute la follie d'une vision? Qu'on le suive dans ses fréquens voyages au monde des esprits. Là il nous montre un Paradis en pleine correspondence avec la terre, et les Anges faisant dans l'autre monde tout ce que les hommes font dans celui-ci. Là il décrit le Ciel et ses campagnes, ses forêts, ses rivières, ses villes, ses provinces. Là il est des écoles pour les Anges enfans, des universités pour les Anges savans, des foires pour les Anges commerçans, et sur tout pour les Anges Anglois et les Hollandois. Là il est encore des esprits males et fémelles; ces esprits se marient, et Swedenborg assiste aux noces.-Dans ses écrits c'est toujour Dieu ou un Ange qui lui parle. Tout ce qu'il débite il l'a vu dans le Ciel, et il y monte chaque fois que bon lui semble." Scrive W. Hurd nel suo trattato delle Religioni che le violenti invettive, ch'ei giunge a caratterizzar per calunnie, del Barruel contro Swedenborg furono subito dopo confutate dal Rev. J. Clowes, rettore di S. Giovanni in Manchester, ed alunno del Collegio della Trinità in Cambridge; il quale, oltre la difesa fattane in un volume in 8vo, ne scrisse anche un altro per provare "the extraordinary mission of Baron Swedenborg, as an expositor of the sacred Scriptures, and as a seer." Noi possiamo dire, senza esitazione, che nè il confutatore nè il difensore capivano il linguaggio dell' apostolo settario; poichè se l'avesser capito, l'uno avrebbe presa ben altra via, e l' altro non avrebbe osato

E se giammai alcun morendo rise,
Così degg' io tener la morte a gioco,
Da che mi vien da così alto loco.-
E quando vita per morte s'acquista,
Gli è giojoso il morire.-Cino da Pistoja.
Che nullo amore è di cotanto peso
Quanto è quel che la morte
Face piacer, per ben servire altrui—
Che la mia vita per lei morte porta.-Dante.

Lo spirito d'amor che nel cor giace
Per confortarmi mi dice: Tu dei
Amar la morte, per piacer di lei.
Allor ch'io odo che per suo diletto
Ei mi convien provar quel FALSO Punto,

Dico che mosse dal suo intelletto

L'ardente lancia, lasso! che ha punto.-Frescobaldi.

• Nel catechismo del primo grado si viaggia fuori di questo mondo.

› Gran veleno è chiuso in questa espressione.

Cioè per quelli che hanno prima 3 anni, e poi 5, e poi 7; e che a 9 s'innamorano di un'altra angela che ha pur 9 anni, nè più nè meno.

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