La divina commediaU. Hoepli, 1914 - 1080 pages |
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alcun Alichino amore angeli anime antichi ANTIPURGATORIO avea Bambgl Barg beati Beatrice Benv Betti Bocc bolgia Bull buon Buti canto cerchio ch'è ch'io chè cielo codd colla colui Comm Conv corpo Cristo Crit D'Ovidio Dante Dantis dice divina dolore donna eterno Eunoè fece fiamma figlio Fior Fiorentini Firenze Flegetonte Frat gente Gerione Ghibellini girone grida guarda Guelfi Guido Inferno intendono l'altro l'anima l'uno Land Lips Lomb luogo maestro Malacoda mente mondo monte Moore morte mostra Murat occhi Ovid parlare parole passo peccato pena Petr Piccarda piè poco Poeta Purg Purgatorio quæ quivi quod ragione salire senso spiriti Stazio stelle superbia terra theol Thom Ugo Capeto uomo vedere Vell Vent verso vidi Virg Virgilio virtù vivo volge vuol Wört XXII XXVII XXXI
Popular passages
Page 17 - Lucevan gli occhi suoi più che la stella : E cominciommi a dir soave e piana, Con angelica voce, in sua favella...
Page 50 - Quella lettura, e scolorocci il viso : Ma solo un punto fu quel che ci vinse. Quando leggemmo il disiato riso Esser baciato da cotanto amante, Questi, che mai da me non fia diviso, La bocca mi baciò tutto tremante. Galeotto fu il libro, e chi lo scrisse : Quel giorno più non vi leggemmo avante.
Page 261 - Perigli siete giunti all' occidente A questa tanto picciola vigilia De' vostri sensi, ch' è del rimanente Non vogliate negar l' esperienza, Diretro al sol, del mondo senza gente. Considerate la vostra semenza : Fatti non foste a viver come bruti, Ma per seguir virtute e conoscenza.
Page 116 - Non era ancor di là Nesso arrivato, Quando noi ci mettemmo per un bosco, Che da nessun sentiero era segnato. Non frondi verdi ma di color fosco, Non rami schietti, ma nodosi e involti, Non pomi v'eran, ma stecchi con tosco.
Page 19 - L' aiuta sì, ch' io ne sia consolata. Io son Beatrice, che ti faccio andare: Vegno di loco, ove tornar disio : Amor mi mosse, che mi fa parlare. Quando sarò dinanzi al Signor mio, Di te mi loderò sovente a lui. Tacette allora, e poi comincia...
Page 379 - Orribil furon li peccati miei ; Ma la bontà infinita ha sì gran braccia, Che prende ciò che si rivolge a lei. Se il pastor di Cosenza, che alla caccia Di me fu messo per Clemente, allora Avesse in Dio ben letta questa faccia, L' ossa del corpo mio sarieno ancora In co del ponte presso a Benevento, Sotto la guardia della grave mora.
Page 510 - A maggior forza ed a miglior natura Liberi soggiacete, e quella cria La mente in voi, che il ciel non ha in sua cura.
Page 510 - Esce di mano a Lui che la vagheggia, Prima che sia, a guisa di fanciulla Che piangendo e ridendo pargoleggia, L'anima semplicetta che sa nulla, Salvo che, mossa da lieto Fattore, Volentier torna a ciò che la trastulla.
Page 584 - Tant' è a Dio più cara e più diletta La vedovella mia, che molto amai, Quanto in bene operare è più soletta ; 94. Chè la Barbagia di Sardigna assai Nelle femmine sue è più pudica, Che la Barbagia dov' io la lasciai. 97. O dolce frate, che vuoi tu ch' io dica? Tempo futuro m' è già nel cospetto, Cui non sarà quest
Page 143 - Ma quello ingrato popolo maligno che discese di Fiesole ab antico, e tiene ancor del monte e del macigno, ti si farà, per tuo ben far, nimico; ed è ragion, che tra li lazzi sorbi si disconvien fruttare al dolce fico. Vecchia fama nel mondo li chiama orbi; gent'è avara, invidiosa e superba: dai lor costumi fa che tu ti forbì.