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A FRANCESCO D'OVIDIO

SCHERILLO, Biografia di Dante.

Si enim genitoribus corporum nostrorum omnia, si fortunarum auctoribus multa debemus, quid non ingeniorum parentibus ac formatoribus debeamus? PETRARCA, Famil. XXI, 15.

PREFAZIONE

Raccolgo in questo volume quel che di meglio, o di men peggio, mi è occorso di dire intorno alla vita di Dante, così nell'anno (1888-89) in cui tenni un corso libero nell'Università di Napoli, come negli ultimi tre, nei quali ho ufficialmente insegnato in questa R. Accademia ScientificoLetteraria. Non tutto compare ora per la prima volta; chè alcuni capitoli li ero venuti via via pubblicando o in atti accademici (della Società Reale di Napoli e dell'Istituto Lombardo) o in qualche rivista (la Nuova Antologia e la Zeitschrift für romanische Philologie). Ma pur codesti ho rinnovellati o rifatti; e non solo nella forma, ma spesso nella sostanza. Le autorevoli ammonizioni altrui (e ricordo con animo grato quelle del D'Ovidio, del Rajna, del Tobler, del Gaspary), le posteriori meditazioni mie, gli studi più recenti intorno al poeta, mi hanno consigliato modificazioni alle volte così gravi, da parer quasi ritrattazioni o contradizioni. Il che mi piace di avvertir subito: e perchè credo vergognoso non il " confessar corretto e certo " sè stesso, bensì il sacrificare a un male inteso sentimento della dignità propria gl'interessi supremi del vero; e perchè sarei dolente che qualche cortese continuasse a reputar mia taluna delle opinioni da me medesimo ripudiate.

Benchè in apparenza slegati, questi che presento sono come capitoli di saggio d'una nuova Vita di Dante. Il qual saggio può forse non far desiderare il complemento; ma il tentativo non mi sembra che possa esser giudicato superfluo o inopportuno.

Fin da che Cesare Balbo, nel 1839, raddensò in una cospicua sintesi, con intendimento e sentimento patriottici, quanto gli storici avean narrato e la critica discusso intorno alla vita dell'" italiano più italiano che sia stato mai „; una critica più guardinga e severa prese a riesaminare quei ragguagli e quelle deduzioni, qualcuno dimostrandone inesatto, qualche altra manchevole. Sennonchè negli ultimi anni, stanca quasi dei modesti risultati e magagnata essa pure da quella crittogama immortale dello spirito umano ch'è la pedanteria, codesta critica si è data in braccio a uno scetticismo esagerato ed ingiusto, che le ha fatto scuotere il capo pur di fronte all'evidenza. Per opporsi alla credulità pedantescamente ossequiosa verso ogni affermazione degli antichi, ha finito col mostrarsi, a volte, pedantescamente cocciuta e monella.

Primo ad esser preso di mira è stato il Boccaccio. Certo, gli eruditi, a corto di documenti, avean dato troppo peso alla sua testimonianza, così da proclamarlo perfino " il solo contemporaneo tra' biografi di Dante „; ma i critici nuovi passarono il segno quando pretesero toglierle ogni credito, sentenziando esser quella prima Vita di Dante " un séguito d'invenzioni più o meno spiritose, spesso insulsissime, e senz'alcun valore storico Si è esagerato e travisato così un giudizio di Leonardo Bruni. Il quale, com'ebbe già a

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