Page images
PDF
EPUB

I DUE ALBERI.

LE VISIONI DEL PURGATORIO LA DOTTRINA DEL CUORE.

-

I due alberi che le anime rincontrano nella via e che sono a essi martoro col desiderio delle frutte e dell'acqua cadente sopravi, ma che non iscende fino alle labbra loro, rappresentano, forse, l' uno il piacere vero al quale esse tendono, l'altro il piacere falso da cui si lasciarono sviare; poichè il primo salendo si dilata, e una voce da esso dice: di questo cibo avrete caro, e rammenta esempi di astinenza gloriosi; dal secondo, che è levato dall' albero d'Eva, una voce suona: trapassate oltre senza farvi presso, e rammenta esempi d'ignobile golosità. Poi l'imagine reca il pensiero al supplizio di Tantalo, il quale è figura di tutti i desiderii smodati che sono tormento a sè stessi (1). Virgi lio nel suo Inferno congiunge i Lapiti e Issione, e il supplizio del sasso imminente a quel della fame: Lucent genialibus altis Aurea fulcra toris, epulæque ante ora paratæ Regifico luxu. Furiarum maxima juxta Accubat, et manibus prohibet contingere mensas. Exurgitque facem attol lens, atque intonat ore (2).

Gli avari a terra legati gridano nel pianto come donna nel parto; i golosi corrono leggieri perchè quanto più tosto arrivano sotto l'uno o l'altro degli alberi bramati più patiscono e più purgano la colpa loro. Vanno pensosi, ma sono però tutti contenti dell' essere nominati, nè Dante vede tra essi un atto bruno, chè l'allegria è il proprio del difetto loro; contrario alla fame degli avari cupa. E' ci trova anche un papa, Martino IV: e anche in altra Visione della montagna del Purgatorio vescovi sono puniti di mollezza, e conti di rapacità (3). Ein un' altra Visione: « Mo» strò l'angelo del Signore a Veronica i primi aditi del Purgatorio (4), ond' ella vide innumerabili anime di ini

[ocr errors]

» ziati agli ordini sacri, e grandissima turba de' due sessi, compresa da tormenti incredibili. Ed ecco la vergine » vide un' anima nota a lei quand' era congiunta al » corpo (5) che col grande pianto significava dolori acerbissimi. Quella voce tanto atterri Veronica che fece

D

[ocr errors]

D

» lo spirito tremando ritornare agli uffici corporei. At» testarono le due suore Orsola e Maddalena, che allora » assistettero a Veronica rientrante ne' sensi, come la vergine desse segni di forte tristezza, e di timido dolore, e d'orrore grande, col battere delle mani, collo » scuotere del capo, e con voce di pianto. E disse la vergine: Ahi, ahi, che pene oggi e che generi di tormenti » ho uditi! Oh potessi quel che vidi, parlare, e manifestare » le secrete cose (1) sommerse nell' alta caligine del Purgatorio! Affermò la vergine aver conosciute cert' anime, » che pe' meriti e per la fama di lor santità, mentre con» ducevano le membra mortali, ella credeva fruissero da » gran tempo della visione divina. Tacque i nomi loro (2), » temendo incorrere nell'offesa di Dio (3). »

Gli affamati assomiglia Dante a Erisittone, Tessalo anch' egli, come i Centauri che più sotto nominerà; dacchè le schiatte affini alla Slava pare che sempre si dilettassero della guerra e de' canti e de' cavalli e del vino. Erisittone detto da Ovidio profano, come i golosi miseri profani (4), è punito di fame: Qui numina Divum Sperneret... Ille etiam Cereale nemus violasse securi Dicitur (5). E forse per dimostrare come gli eccessi di gola sospingono ad altri eccessi e d'amore e di rabbia e di discordia e di sette, rammentansi i Centauri che tentano rapire a Piritoo la sposa. Quam vino pectus, tam virgine visa Ardet; et ebrietas geminata libidine regnat (6). E questo seguiva, al dire d'Ovidio, in una reggia: Festaque confusa resonabat regia turba (7). E i Centauri nascevano d'Issione e d'una nube; e la nube, secondo Aristofane, era imagine della voracità. E Chirone Centauro era medico. E il nome di Centauro fu poi dato alle navi (8), o dalla velocità del corso o dal nascere il legno loro sui monti e poi correre le acque, onde pare ch'ell' abbiano natura doppia. E da Bicentauro

[merged small][merged small][merged small][merged small][ocr errors][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small]

nacque il veneto Bucentoro, dell'ultimo de' quali che vide l'ultimo sposalizio del mare serbasi un avanzo nella rac colta di cose patrie fatta con cura grande dal veneziano Zoppetti, quanto più modesto tanto più benemerito cit

tadino.

Ai Centauri segue il men grave, l'esempio degli Ebrei, che non per avidità di gola ma per agiatezza non convenevole a' combattenti in difesa della comune patria, posarono a terra, per bere, il ginocchio: con che ci si vuol indicare ch'anco le leggiere o colpe o negligenze possono, secondo le intenzioni e i casi, farsi dannosa reità.

Nel giro de' golosi e in quel de' lascivi Dante rincontra memorie e domestiche e patrie e religiose e letterarie; di che il Canto acquista e verità e soavità ed efficacia. Ne' versi: Io mi son un........ (1); è il segreto e della poesia e dell' eloquenza, e di tutte le arti del vivere; e da quel

[ocr errors]

che il Poeta soggiunge, vedesi chiaro com' egli sentisse in tutta la forza e le conseguenze, quello che in brevi parole, quasi stillato di tutta l'esperienza sua raccoglieva: Quid voreat dulci nutricula majus alumno, Quam sapere, et fari ut possit quæ sentiat? (1) Quanta distanza da queste parole, pur belle, d'Orazio, a quelle, non forse così ornate di Dante ma più profonde! Alle quali illustrare giovano queste: L' esteriore parola è ordinata a significare quello che si concepisce nel cuore (2). Essendo le voci naturalmente segni dell' intendimento, è innaturale e indebito ch' altri in voce significhi quello che non ha nella mente (3). E Dante della filosofia stessa: Filosofia è uno amoroso uso di sapienza (4). E di più alta sapienza e d'amore più alto, ecco parole di vita scritte da un già prossimo a morte, e sottoscritte col sangue: L'amor mio crocefisso, vivente e parlante in me dentro, dice a me: Vieni al Padre (5).

[merged small][merged small][merged small][merged small][ocr errors][merged small]

1.

CANTO XXV.

Argomento.

Domanda come possano patir di magrezza corpi che non hanno bisogno di cibo. Stazio dichiara la natura del corpo senziente nella vita terrestre, e la natura di quello che pena nell' altra vita. Arida esposizione, ma sparsa di lumi poetici con locuzioni potenti, e con filosofia qua e là più vera che sul primo non pare. Salgono all' ultimo giro, ove espiansi i peccati di senso. Canti di preghiera; gridi che dicono esempi di purità, o di lascivia punita: Callisto, e Maria.

Dieci in questo Canto le similitudini: belle le più, nuove quasi tutte: molti traslati ardimentosi, ma non tutti felici. Nota le terzine 1; 3 alla 6; 8, 9, 13, 19, 20, 24, 25, 26; 29 alla 34; 38 alla 45.

[merged small][merged small][ocr errors]
[merged small][ocr errors][merged small][merged small]

(F) SOLE. [Ant.] Nelle considerazioni sull'anno del poetico viaggio, è notato che nel 1300 il punto equinoziale di primavera si trova nel grado 22.° della costellazione de' Pesci; onde col giorno corrente stava per compiersi un mese da che vi era passato il sole, il quale aveva per ciò quasi trenta gradi di longitudine: aveva dunque percorso tutto il segno d' Ariete; per conseguente s' egli avesse lasciato il meridiano al segno del Toro, sarebbe stata l'ora del mezzodi, toccandosi da questo segno il meridiano tosto che, in tale ipotesi, l'avesse lasciato il sole. Ma si è visto che doveva essere già passato il mezzogiorno sulla fine del Canto XXIII, quando il Poeta narra a Forese del suo viaggio. Oltredichè, non potrebbe stare l'ora meridiana con la fretta, che il Poeta stesso qui dice necessaria per cagione dell'ora: dunque per Tauro e Scorpio in questa prima terzina s' hanno a intendere le costellazioni del Toro e

dello Scorpione, e non essi segni zodiacali. Ciò dichiarato, e posto mente che la costellazione de' Pesci si stende per circa 42 gradi, e per quella dell' Ariete, il sole in questo di si sarebbe trovato nel decimo grado della costellazione del Montone, e quindi remoto per 20 gradi da quella del Toro: se dunque voglia supporsi, com'è ragionevole, che già qualche grado di questa costellazione fosse passato pel cerchio di meriggio, non ci dicendo il Poeta che' e' ci stava per l'appunto col suo principio, ne dedurremo che faceva circa l'ora seconda dopo mezzogiorno, quando i Poeti cominciarono a salire la scala che conduce al girone settimo ed ultimo. È poi detto egregiamente che il sole aveva lasciato il meridiano al Toro dalla parte diurna, e la notte allo Scorpione, perchè indirettamente dipende dal sole anco la notte; e, per la opposizione diametrale in cui si trovano le costellazioni dello Scorpione e del Toro, se questa era al meridiano dalla parte di sopra di quell'orizzonte, quella vi si trovava dalla parte di sotto.

2. (L) PERCHÈ: onde. AFFIGGE: ferma. VASSI:

se ne va.

(SL) AFFIGGE. Purg., XXXIII, t. 36.

[ocr errors]

3. Così entrammo noi per la callaia,
Uno innanzi altro, prendendo la scala
Che, per artezza, i salitor' dispaia.
4. E, quale il cicognin che leva l'ala

Per voglia di volare, e non s'attenta D'abbandonar lo nido, e giù la cala; 5. Tal era ïo, con voglia accesa e spenta Di dimandar; venendo infino all' atto Che fa colui ch'a dicer s' argomenta. 6. Non lasciò, per l'andar che fosse ratto, Lo dolce padre mio, ma disse: Scocca L'arco del dir, che insino al ferro hai tratto.7. Allor sicuramente aprii la bocca,

E cominciai: Come si può far magro

[ocr errors]
[merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][ocr errors][merged small][ocr errors][merged small][merged small][merged small]

(SL) MELEAGRO. Figlio d' Eneo, re di Calidonia (Ovid. Met., VIII). Uccise il cinghiale mandato per ira di Diana, e ne donò ad Atalanta la testa. Gli zii di lui n'ebber ira, presero quel teschio ed egli li uccise. Onde Altea madre di lui, per vendetta de' proprii fratelli, pose al fuoco il tizzo fatato dalle Parche, col quale doveva spegnersi la sua vita; tizzo ch'ella aveva già ritirato per pietà del figliuolo. Tizzo. Fior. d'Italia: Tizzone nel quale era fatata la vita di Meleagro. Ovid. Met., VIII: Inscius atque absens flamma Meleagros in illa Uritur: et cæcis torreri viscera sentit Ignibus... Languescuntque iterum. Simul est extinctus uterque, Inque leves abiit paullatim spiritus auras. 9. (L) Guizzo: muovere. IMAGE: imagine.

facile.

[ocr errors]

Vizzo:

(SL) GUIZZA. Som.: Imago hominis resultat in

[blocks in formation]

speculo.

SPECCHIO. Di questo nel III, t. 10 del Purg.; e Virgilio si confessò insufficiente a spiegare la cosa. DURO. Inf., III, t. 4: Il senso lor m'è duro. Ma il traslato nel contrapposto con vizzo è troppo continuato: nè s' accorda bene a quel d'agro, se non indirettamente, in quanto le frutta acerbe son anco dure al dente.

(F) IMAGE. Som.: Si nigromantes virtute dæmomum spiritus alligant imaginibus, multo strictius divina virtute spiritus corporeo aeri alligantur. 10. (L) ADAGE nel vero profondo. è piaga.

- PIAGE. L'errore

(SL) ADAGE. Par., IV, t. 43: Posasi in esso (nel vero). PREGO. Notisi la cortese maniera verso il poeta minore, ma anima già beata. PIAGE. Greg. Ev., Hom. XXVI: Vulnera ignorantiæ.

(F) STAZIO. Virgilio, poeta razionale, commette la spiegazione a Stazio, poeta delle cose fisiche più che delle intellettuali. Altri dice che Stazio cristiano meglio poteva conoscere la cosa: altri, che Virgilio credendo le anime tornare alle stelle e dalle stelle venire, non oteva, come errante, insegnargli il vero.

[blocks in formation]

(SL) DISLEGO. En., VI: Aperit.... futura. Il P. Giuliani propone un' ingegnosa variante: Se la veduta interna gli dislego, gli apro il veder della mente. Parecchi Colici hanno veduta; tratterebbesi di mutare eterna in interna. Il Codice di Mons. Bernardi legge per dislego, dispiego.

[blocks in formation]

14. Prende nel cuore a tutte membra umane Virtute informativa, come quello Che, a farsi quelle, per le vene vàne.

acciocchè compiutamente mostri, onde procede la mcgrezza nel corpo umano, e per conseguente il termine della vita. E dando il modo della ingenerazione, apparirà come la magrezza, della quale tretta qui, puote apparire; perciocchè questo si manifesterà, che virtudi rimangono nell'anima, delle quali si possa alcuna somglianza fare, ed in quali, e come l'anima, partita del corpo, opera. Dove è da intendere, che, secondo il Filosofo al quale s'appoggia l'autore, il sangue riceve perfetta generazione di sè nel cuore; e cotale sangue non solamente s' ingenera, acciocch' elli sia materia di nutrimento, ma eziandio per essere materia d' ingenerozione. E però essendo tanto del sangue, che possa nutricare l'uomo, ne ingenerò la natura tanto più che ne avanzasse per la generazione... Questo sangue nel cuore dell' uomo, così in quello della femmina, ricere disposzione, secondo la quale è la materia di tutti li membri, passiva dalla parte della femmina, e attiva dalla parte dell'uomo; e questo è, perocchè questo cotale sangue s dispone principalmente nel cuore, perocchè nel cuore, principalmente è l'anima. Siccome l'aria per la sua virtude contiene tutto il corpo, siccome il principe contiene la cittade; così il cuore colla sua virtude contiene tutti li membri: onde il sangue ricere dal cuore la potenza di tutti li membri... Questo sangue si manda per le vene alla concavitade della matrice, alla quale si getta lo spermo, lo quale dalla matrice ricevuto ed attratto, siccome il ferro dalla calamita, si conserva. Vico: La sostanza nervea spermale chiamavano sangue, come la frase poetica lo dimostra: sanguine cretus per generato, e con giusto senso ancora, perchè tale sostanza è il fiore del sangue. Cresc. (II, 8): Benchè lo sperma mcscolino sia operatore il quale, siccome artefice, muore e forma il parto; nondimeno, perchè il sangue mestruo › tratto in nutrimento del parto... Conv., IV, 21: Quando l'umano seme cade nel suo recettacolo, cioè nella matrice, esso porta seco la virtù dell' anima generativa, e la virtù del Cielo, e la virtù degli elementi legata, cioè la complessione matura; e dispone la materia alla virtù formativa... prepara gli organi alla virtù celestiale che produce, della potenzia del seme, l'anima in vita: la quale, incontamente prodotta, ricere dalla virtù del Motore lo intelletto possibile... Poichè Iddio vede apparecchiata la sua creatura a ricevere del suo beneficio, tanto largamente in quella ne mette, quanto apparecchiata è a ricevere. PERFETTO. Pitagora dice il seme umano essere la schiuma del sangue più pura; Democrito, sostanza munta da tutto il corpo; Epicuro, un estratto dell'anima e del corpo; Aristotele, con Dante, una sccrezione dell' alimento del sangue.

14. (L) A... VANE: va a mutarsi in quelle membra. (F) CUORE. Come la mente dell'artefice informa in sè lo strumento innanzi di farlo. Così Pietro; e sog

[ocr errors]

15. Ancor, digesto, scende ov'è più bello Tacer che dire: e quindi, poscia, geme Sovr' altrui sangue in natural vasello. 16. Ivi s' accoglie l'uno e l'altro insieme; L'un, disposto a patire, e l' altro, a fare, Per lo perfetto luogo onde si preme. 17. E, giunto li, comincia ad operare,

Coagulando prima; e poi avviva

Ciò che, per sua materia, fe' constare.

giunge: Però dice il Filosofo che la forma della cosa, per azime dell'agente, si trae dalla potenza della materia; e l'uomo fa l'uomo, l'ulivo fa l'ulivo; e l'artefice dà al coltello la forma, che areva in animo, del coltello; e l'imagine del coltello gli riman tuttavia nella mente. Cosi nella generazione scende un cert'idolo che regola e conduce la forma e la specie simile al generatore: selbene Avicenna dica che l'agente inferiore trasmuta la materia, e così la prepara alla nuova forma, la qual viene ministrata da una separata intelligenza, ch'è piena di forme, secondo che le virtù inferiori hanno più o men disposta a ciò la materia.- INFORMATIVA. Come l'uovo della gallina, dice il Postillatore Caetano.

[ocr errors]

15. (L) ANCOR: poi. Ov': a' testicoli. QUINDI : di qui. ALTRUI: della donna. VASELLO: natura. 16. (L) UN: della donna. ALTRO: dell' uomo. LUOGO: il cuore. SI PREME: esce quasi spremuto. (F) INSIEME. Lactant., Opif. Dei: Eorum semen sanguine esse purgatum. Quod si recte cum virili mixtum sit, utraque concreta et simul coagulata informari: primum quidem cor hominis confingi, quod in eo sit et vita hominis et sapientia. PATIRE. Som.: La perfezione del sesso maschile e l'imperfezione del muliebre. 17. (L) COAGULANDO gli umori. FE': rapprese. (SL) PER. Vale come. Purg., XXIX, t. 12: Il dolce suon per canto era già 'nteso.

[ocr errors]

(F) OPERARE. Arist., Gen. anim., I, 6: Degli animali ch'hanno sangue si fa prima il cuore. COAGULANDO. Col sangue mestruo: così Pietro. Aristotele, nel libro della Generazione degli animali, dice che il seme del maschio è l'agente, della femmina il paziente. Sap., VII, 1-3: Sum quidem, et ego mortalis homo..... et in ventre matris figuratus sum caro; decem mensium tempore coagulotus sum in sanguine, er semine hominis... Et ego natus accepi communem aerem. [C.] Job., X, 10: Sicut caseum me coagulasti. Plin., VII: Hæc est generando homini materia, semine e maribus, coaguli modo, hoc in sese glomerante, quod deinde tempore ipso animatur corporaturque. CONSTARE. Gli antichi: Coagulatio est constantia quædam humidi.... Coagulare est facere ut liquida constent. Ott.: Coagulando e meglio digestendo, siccome fa il presame il latte; ed induce nella parte di quello sangue più puro, ed imprime la forma di quello membro nel quale quello cotale sangue, fatto spermo, era essuto principalmente ge

« PreviousContinue »