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Non fece al viso mai si grosso velo,

Come quel fummo ch'ivi ci coperse,

PURGATORIO, Canto XVI, Terzina 2..

CANTO XVI.

Argomento.

Vanno tra 'l fumo; sentono cantare Agnus Dei. Gl' iracondi si raccomandano al Mansueto. Rincontrano un gentiluomo, ma probo, che si lamenta de' tempi mutati. Il Poeta gliene domanda la causa, se sia l'influenza degli astri. Marco gl' insegna ch'ell' è il mal governo, segnatamente temporale de' papi. Piange la Lombardia divisa: loda tre vecchi magnanimi, e va.

Il principio e la fine son poesia. Le allusioni ad Aristotele e agli autori ecclesiastici parecchie : ed è qui il germe del libro della Monarchia. L'accostarsi e il partirsi di Marco rammenta il colloquio di Brunetto nel quintodecimo dell' Inferno.

Nota le terzine 3 alla 7; 12, 17, 20, 24, 26, 29, 30, 31, 38, 40, 41; 45 alla fine.

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(SL) INFERNO. Tasso, sempre men parco: Negro, vie più ch'orror d'inferno, il cielo. POVER. Arios., XV: Pover di sole. Monti: Sotto povero ciel, quando sparute Taccion le stelle. (Messe insieme povertà, sparutezza e silenzio: ricchezza povera.)

(F) PRIVATA. [Ant.] Presenta tutte le circostanze che possono rendere più oscura la notte sulla superficie terrestre; e sono: assenza d'ogni pianeta e quindi anche di luna; povertà di cielo, cioè presenza di un emisfero, scarso di stelle di prim'ordine; distesa di nuvolo quant' esser mai può, denso.

2. (L) PELO. Il fumo par che stropicci gli occhi per farli piangere.

(SL) ASPRO. Inf., IX, t. 25: Fummo... acerbo. PELO. Pigia sull'imagine del velo; se bene, non so. 3. (L) SCORTA: Virgilio. SAPUTA: savia.

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(SL) FENDI. Virg.: Fretum. Ov.: Aëra findit. Ma qui dice anco la spessezza del fumo; come famigliarmente diciamo: nebbia che si taglierebbe col coltello.

CALENDI. Crescenz., II, 13: Lo dicevano per il primo del mese.

viditur.

(F) PARTISSI. Arist. Fis., IV: Tempus omne di

10. (L) PER: da. SÚE: SU.

QUINCI: da questa parte.

meæ. Æn., IV: Luctantem animam, nexosque resolveret artus.

14. (L) MODERNO: presente.

(SL) RICHIUSO. In senso non di ripetizione ma di intensione è nel Cavalca: Si richiuse nella camera. Qui vale quasi abbracciato; come Inf., XXII: Il chiuse con le braccia. Psal., XXXI, 10: Sperantem in Domino misericordia circumdabit. CORTE. Conv.: Alla corte

di paradiso.

15. (L) DILMI: dimmelo. 16. (L) DEL MONDO gli usi. DISTESO: allentato.

VARCO per salire.
VALORE virtuoso.

(SL) MARCO. Uom di corte e probissimo lo chiama Pietro. Novell., XLIV: Fue molto di corte, e savio amico... più ch' uom di suo mestiero. Il Boccaccio lo fa di ca Lombardi di Venezia. Altri lo dice amico di Dante; detto Lombardo perchè caro ai signori di Lombardia. L'Ottimo: Quasi tutto ciò che guadagnava lo dispensava in limosine... Usò a Parigi; ed in fino ch'egli ebbe delle sue cose, fu pregiato in arme ed in cortesia; (F) MONDI. Psal., L, 4: Munda me. Som.: La poi s'appoggiò a maggiore di sè, ed onoratamente visse e Grazia è il nitore dell'anima come la bellezza, del corpo. mori. Il soprannome di Lombardo gli venne forse da'FranTORNAR. Conv.: L'anima massimamente desidera tor- cesi che così chiamavano tutti gli Italiani, come tuttanare a Dio. COLUI. Eccli., VII, 32: Ama lui che ti via li chiamano i Piemontesi nel loro dialetto. DIfece. STESO. Semint.: Distesi archi (retentos). Psal., XCIV, 6: Ploremus ante Dominum qui feARCO. Ramcit nos. [C.] Eccl., XII, 7: Spiritus redeat ad Deum, qui menta le parole di Guglielmo Borsiere ingiuriose ai nodedit illum. bili del tempo nuovo (Inf., XVI).

11. (L) SECONDI: segui.

12. (L) LECE. È lecito. Non posso più là del fumo. UDIR: dal sentir le parole sapremo se siam vicini. 13. (L) FASCIA: corpo.

(F) FASCIA. Stola chiama il corpo, al modo biblico, nel XXV del Paradiso. Aug., de Civ. Dei, I: Il corpo è più prossimo all' anima che anello o veste. DISSOLVE. Ad Timoth., II, IV, 6: Tempus resolutionis

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25. Lo cielo i vostri movimenti inizia:

Non dico, tutti; ma posto ch'io 'l dica, Lume v'è dato a bene, e a malizia; 26. E libero voler, che, se fatica

Nelle prime battaglie del ciel dura, Poi vince tutto, se ben si nutrica. 27. A maggior forza e a miglior natura, Liberi, soggiacete: e quella cria

La mente in voi, che 'l ciel non ha 'n sua cura. 28. Però, se il mondo presente disvia,

In voi è la cagione, in voi si cheggia:
Ed io te ne sarò or vera spia.

29. Esce di mano a Lui che la vagheggia
Prima che sia, a guisa di fanciulla
Che piangendo e ridendo pargoleggia,

(SL) SENTENZIA. Conv., II, 1: Il senso letterale nella cui sentenza gli altri sono inchiusi.

(F) ACCOPPIA. Comparare non si può senza unire. Inf., XXII t. 3.

20. (L) SUONE: di'.

(SL) SUONE. Per dire: modo latino. GRAVIDO. En., IV: Gravidam imperiis Italiam. - Gravido dice il seme nascosto del male; coperto il suo esterno rampollare e adombrare la terra.

(F) MALIZIA. Joan. Epist., I, V, 19: Mundus totus in maligno positus est. Som., 2, 2, 104. - COVERTO. Eccli., XXXVII, 3: Cooperire aridam malitia et dolositate.

21. (L) CIELO: influenza degli astri. libertà umana.

QUAGGID:

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(F) [SE. Frezzi, Quadrir., lib. II, 1: Or sappi ben che Dio ha dato il freno A voi di voi, e se non fosse questo, Libero arbitrio in voi sarebbe meno.] — GIUSTIZIA. Tertull. (cont. Mar., II): Nè del bene nè del male pagherebbesi giustamente la mercede a colui, che fosse buono o malo di necessità, non per suo volere. Boet., IV: C'è egli nel nostro arbitrio libertà? C'è: chè non sarebbe ragionevole la nostra natura senza la libertà dell'arbitrio. [C.] Som., 2, 6: De malo. Non videtur esse

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26. (L) CIEL: permesse dal ciel. NUTRICA Coll'abito.

(SL) BATTAGLIE. Vita Nuova: Questa battaglia (di pensieri) ch' aveva meco. [VINCE. Sentenza da aver presente nelle noie.]

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30. L'anima semplicetta, che sa nulla,

Salvo che, mossa da lieto Fattore, Volentier torna a ciò che la trastulla. 31. Di picciol bene in pria sente sapore:

Quivi s'inganna; e dietro a esso corre, Se guida o fren non torce il suo amore. 32. Onde convenne legge per fren porre;

Convenne rege aver, che discernesse
Della vera cittade almen la torre.

(F) VAGHEGGIA. Ambr., Symb. Ap.: A ogni di crea Dio le anime, e ne' corpi già formati le infonde. - PRIMA. Jer., I, 5: Priusquam te formarem in utero, novi te (pur nell'idea). E sulle parole: Facciamo l'uomo ad imagine e simiglianza nostra (Gen., I, 26), recate nel Convivio, s. Agostino tradotto dall'Ottimo: Anima... è sustanzia, da Dio fatta spirituale, non della natura di Dio; ma di nulla creata, in bene ed in male convertibile. FANCIULLA. [C.] Olimpiodoro: A guisa di fanciulla discende l'anima nella generazione.

30. (L) TORNA: Volgesi.

(F) NULLA. Opinione peripatetica contraria alla platonica delle idee innate. LIETO. Vulg. Eloq.: Deus totum est gaudium. Par., VII: Ma nostra vita senza mezzo, spira La somma beninanza, e l'innamora Di sè, si che poi sempre la disira. Conv.: Il sommo desiderio di ciascuna cosa e prima dalla natura dato, è lo ritornare al suo principio: e perocchè Iddio è principio delle nostre anime, e fattore di quelle simili a sè... essa anima massimamente desidera tornare a quello. Altrove: L'anima nostra, incontanente che nel nuovo e mai non fatto cammino di questa vita entra, dirizza gli occhi al termine del suo sommo bene; e però qualunque cosa vede che paia avere in sè alcun bene, crede che sia esso. LIETO. [C.] Psal. CIII, 31: Lætabitur Dominus in operibus suis. FATTORE. De Mon., III: Altro non è diritto che similitudine della volontà divina: onde, quanto non si conviene con la divina volontà non può essere che sia diritto.

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31. (L) GUIDA al bene vero. FREN dal male. (F) PICCIOL. Conv.: Perchè la sua conoscenza prima è imperfetta... piccioli beni le paiono grandi, e però di quelli comincia prima a desiderare. Onde vedemo li parvoli desiderare massimamente un pomo: e poi più oltre procedendo desiderare uno uccellino, e poi più oltre desiderare bello vestimento; e poi il cavallo, e poi una donna, e poi ricchezza non grande, e poi più grande e poi più. E questo incontra, perchè in nulla di queste cose trova quello che va cercando; e credelo trovare più oltre. Altrove: Quando dalla punta (della piramide) ver la base si procede, maggiori appariscono li desiderabili: e quest' è la ragione perchè, acquistando, li desiderii umani si fanno più ampii l'uno appresso l'altro. 32. (L) TORRE: un segno, un'altezza.

(SL) PORRE. Psal., XXVI, 11; CXVIII, 33: Le

33. Le leggi son; ma chi pon mano ad esse? Nullo però che 'l Pastor che precede, Ruminar può, ma non ha l' unghie fesse.

gem pone. Hier., cont. Vigil.: Leges ponere. È modo anche greco.- CITTADE. Nel Convivio pone con s. Agostino la vita divisa in due città, del ben vivere e del malvagio.

(F) LEGGE. De Mon.: La legge è regola direttiva della vita. Arist.: Le volontà de' mortali per causa delle lusinghevoli dilettazioni abbisognano d'indirizzo. Conv.: A perfezione dell'umana vita l'imperiale autorità fue trovata... La... equità per due ragioni si può perdere, o per non sapere qual essa si sia, o per non volere quella seguitare. Però trovata fu la ragione scritta. E della ragione scritta era custode, secondo il Poeta, l'imperatore. Conv.: E che altro intende di medicare l'una e l'altra ragione canonica e civile, tanto quanto a riparare alla cupidità che, raunando ricchezze, cresce? E: Questo amore.... ha mestiere di rettore per la sua soperchievole operazione, nel diletto massimamente del gusto e del tatto. TORRE. Conv.: Siccome peregrino che va per una via per la quale mai non fu; che ogni casa che da lungi vede crede sia l'albergo; e non trovando ciò essere, dirizza la credenza all'altra; e così di casa in casa tanto che all'albergo viene; così l'anima nostra... Veramente così questo cammino si perde per errore come le strade della terra; chè siccome da una città a un'altra di necessità è una ottima e dirittissima via, e una altra che sempre se ne dilunga,... e molte altre qual meno allungandosi e qual meno appressandosi; così nella vita umana sono diversi cammini, delli quali uno è veracissimo e l'altro fallacissimo; e certi men fallaci e certi men veraci.

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(SL) PASTOR. Som.: Il Primo pastor della Chiesa. (F) LEGGI. Mach.: Le leggi buone, guaste dalle usanze, non rimediano al male. -FESSE. Per discernere e partire il bene spirituale dal temporale, il maggiore dal meno. Agli Ebrei era vietato mangiare d'animali che non avessero l' unghie fesse, come porco o cammello (Lev., XI; Deut., XIV). Segneri: In altri le unghie sono intere, in altri sono bifide. Sono intere in quegli animali che sprovveduti di corna convien che de' piedi si valgano ancor per arme, come è ne' cavalli; sono bifide in quelli che de' lor piedi dovean puramente valersi per camminare, siccome i buoi, e per sostenersi pascendo in greppi scoscesi, come i cervi, le capre, le pecorelle. Som.: Erano conceduti in cibo gli animali ruminanti e aventi l'ugne fesse, perch' hanno gli umori ben digesti e sono di mezzana complessione tra il secco e l'umido. Gli animali ch' hanno l'ugna continua, cioè non fessa, eran proibiti per causa della loro terrestrità. L'ugna fessa significa, tra l'altre cose, la discrezione del bene e del male; la ruminazione significa la meditazione delle Scritture e la sana loro intelligenza. Se

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