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18. Vêr me si fece, ed io vêr lui mi fei.
Giudice Nin, gentil, quanto mi piacque
Quando ti vidi non esser tra' rei!
19. Nullo bel salutar tra noi si tacque.
Poi dimandò: Quant'è che tu venisti

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Appiè del monte per le lontane acque?

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24. Quando sarai di là delle larghe onde,
Di' a Giovanna mia che per me chiami
Là dove agl' innocenti si risponde.

25. Non credo che la sua madre più m'ami,
Poscia che trasmutò le bianche bende,
Le quai convien che, misera, ancor brami.

Oh (diss' io lui), per entro i luoghi tristi 26. Per lei assai di lieve si comprende

Venni stamane: e sono in prima vita,

Ancor che l'altra, si andando, acquisti.

21. E come fu la mia risposta udita,

Sordello ed egli indietro si raccolse,
Come gente di subito smarrita.

22. L'uno a Virgilio, e l'altro a un, si volse,
Che sedea lì, gridando:

Su, Currado,

Vieni a veder, che Dio per grazia volse.—
Per quel singular grado

23. Poi volto a me:

Che tu dèi a Colui che si nasconde

Quanto in femmina fuoco d'amor dura

Se l'occhio o il tatto spesso nol raccende.

(F) GRADO. Siccome la religione è una pietà sopraeccellente, così è una eminente gratitudine. PRIMO. Par., XX: Grazia che da sì profonda Fontana stilla, che mai creatura Non pinse l'occhio insino alla prim'onda. Aug. Quæst., XXXIII: Ogni causa efficiente è

Lo suo primo perchè, che non gli è guado; maggiore dell'effetto; niente è maggiore della volontà di

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18. (SL) VÊR. Æn., VI: Ut primum juxta stetit, agnovitque per umbram Obscuram. NIN. De' Visconti di Pisa, primo marito a Beatrice, figliuola d'Obizzo d'Este; decimoquarto giudice di Gallura in Sardegna: capo de' Guelfi, nipote del conte Ugolino. Vill., VII, 120: Nel 1298 fu cacciato di Pisa, e andossene in Maremma; quivi fece grande guerra contro i Pisani: e guerreggiando mori. Da tre anni dunque aspettava in Purgatorio. Quanti de' suoi conoscenti rincontra il Poeta pure ne' primi Canti! Tant'alta idea della incolpevole e pura virtù gli se deva nell'animo. Nino combattè contr' Arezzo co' Fiorentini guelfi a Campaldino nel 1289: e quivi forse l'avrà conosciuto il Poeta. REI! Purg., IV: Belacqua, a me non duole Di te omai. Sapeva, dice il Postillatore Caetano, che Nino aveva mosso più volte guerra alla patria. Ott.: Bello del corpo e magnanimo. Fioriva sin dal 1282, quando Pisa era possente; e altri con lui tenevano gran corte, e gran seguito avevano, e rendite grandi e guadagni in terra e in mare. GENTIL. Qui significa nobiltà.

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(SL) GIOVANNA. Figlia di Nino, poi moglie a Riccardo da Camino: e non Gherardo da Camino lodato nel XVI del Purgatorio. Ma forse nel 1300 non era ancor moglie; e l'Ottimo la dice piccola.

(F) RISPONDE. Ezech., XX, 3: Vivo ego; quia non respondebo vobis, ait Dominus Deus. [C.] Nell' ebraico esaudire è rispondere. CHIAMI. Osea, VII, 7: Non est qui clamet in eis ad me. 25. (L) BIANCHE: vedovili.

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(SL) MADRE. Beatrice, moglie di Nino, poi maritatasi nel 1300 a Galeazzo Visconti di Milano, figliuolo di Matteo: sorella di Azzo VIII. Il chiamarla non moglie mia ma sua madre è rimprovero pieno di pietà. TRASMUTò. Horat. Epod., IX: Punico Lugubre mutavit sagum. BIANCHE. I Siracusani, que' d'Argo, le donne romane, vestivano bianco in segno di lutto. A'tempi di Dante eran bianche le bende, le vesti nere (Bocc., Lab. Am.) MISERA. Parola efficacemente adoperata qui come da' Latini. Terenzio: Laborat e dolore misera. Æn., I: Troës te miseri. - Magno miseræ dilectus amore. IV: Miserrima Dido. IX: Neu matri miseræ. - XI:

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(SL) DI LIEVE. È in Albertano. De facili era anche modo scolastico. Fuoco. En., IV: Mollis flamma. AMOR. OV., Rem. Am., 462: Successore novo vincitur omnis amor.

(F) FEMMINA. Som.: Aristotele nel settimo dell'Etica par che non dia alle donne nè lode di continenza nè demerito d'incontinenza in questo senso che non sono condotte da solida ragione, ma di facile seguono le passioni. Chi le segua con più malizia e chi più acuisca la ragione a irritarle, lascio agli uomini giudicare.

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27. (L) ACCAMPA: conduce in campo a battaglia. (SL) VIPERA. Arme de' Visconti. Verri: I nostri maggiori con pubblici decreti instituivano che il campo de' Milanesi non fosse posto senza prima piantare l'insegna della vipera in cima a un albero. MELANESI. Anco in prosa. Cresc., II, 157. GALLO, Arme di Nino, giudice di Gallura. Dice il Poeta che meglio sarebbe a Beatrice scolpire sulla sua sepoltura il gallo che la vipera, indizio della sua bigamia: cosa dagli antichi avuta in dispregio. Lucano: Liceat tumulo scripsisse Catonis Martia (Phars., II). Ott.: Furono cacciati (i Visconti) di Melano per quelli della Torre: assai disagi sofferse questa donna col suo marito, sì che più volte bramasse lo stato del vedovado di prima. V. Corio, parte II.

28. (SL) MISURATAMENTE. Non sdegno lo move ma retto amore della moglie immemore e del comune decoro e pietà de'mali di lei.

(F) ZELO. Som.: Zelo è effetto d'amore. Nemesis tristatur de bono indigne agentium, secundum Psal. LXXII: Zelavi super iniquos, pacem peccatorum videns (v. 3). L'Apostolo parla d'uno zelo carnale e contenzioso.

29. (F) Tarde. Vicino a tramontare, perchè il cerchio da girare è più piccolo. Il Poeta non aveva veduto mai il polo antartico, dove le stelle, come nel nostro, fanno in ventiquattr' ore un giro più corto dell'altre.

30. (SL) ARDE. Æn., IV: Axem... stellis ardentibus aptum. VII: Ardentem... auro.

(F) TRE. Virtù teologali: fede, speranza e carità. 31. (L) BASSE: tramontate.

(F) QUATTRO. Virtù cardinali. Prima vede le quattro virtù morali e umane, poi le tre virtù special dono di Grazia (Purg., I, t. 8). Ott.: Dove era in sola conoscenza di virtù morale, ora è venuto sotto il go.. verno delle tre virtù teologiche.- SALITE. Ott.: Quando egli usci dallo Inferno..., Venus era nella parte orientale, che precedea il Sole, e il Carro era a tramon

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E drizzò 'I dito perchè 'n là guatasse. 33. Da quella parte onde non ha riparo La piccola valléa, era una biscia, Forse qual diede ad Eva il cibo amaro. 34. Tra l'erba e i fior' venia la mala striscia, Volgendo ad or ad or la testa, e il dosso Leccando, come bestia che si liscia.

35. Io nol vidi, e però dicer nol posso, Come mosser gli astor' celestiali;

Ma vidi, bene, e l'uno e l'altro mosso. 36. Sentendo fender l'aere alle verdi ali, Fuggio ' serpente; e gli Angeli diêr volta, Suso alle poste rivolando iguali.

37. L'Ombra che s'era al Giudice raccolta, Quando chiamò, per tutto quello assalto Punto non fu da me guardare sciolta.

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38. Se la lucerna che ti mena in alto, Trovi nel tuo arbitrio tanta cera

Quant'è mestieri infino al sommo smalto 39. (Cominciò ella); se novella vera

Di Valdimagra o di parte vicina Sai, dilla a me, che già grande là era. 40. Chiamato fui Currado Malaspina: Non son l'antico; ma di lui discesi. A' miei portai l'amor, che qui raffina. Oh (diss'io lui), per li vostri paesi Giammai non fui: ma dove si dimora Per tutta Europa, ch'ei non sien palesi?

41.

42. La fama che la vostra casa onora,

Grida i signori, e grida la contrada;
Sì che ne sa chi non vi fu ancora.

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(SL) LUCERNA. Purg., XXII, t. 21: Qual sole o quai candele Ti stenebraron? Qui meno materiale. SMALTO. V. Purg., XXVII, t. 45. Arios., VI: Erboso smalto.

40. (L) RAFFINA: si raffina.

(SL) AMOR. Ebbe dalla moglie in dote una città ed un castello in Sardegna: lei morta comunicò a' suoi agnati ogni cosa. Ott.: Indugiai l'opere meritorie della salute per guerreggiare e acquistare amici.

41. (SL) FUI. Ci andò nel 1306, quando i Malaspini erano marchesi di tutta la Val di Magra. Franceschino ospite di lui è uomo oscuro: più noto Moroello, marito di Alagia, la quale, nipote d'Adriano papa, è nominata nel XIX del Purgatorio, terz. 48. Un Malaspina tra il secolo XII e il XIII fu poeta provenzale assai noto: tanto più amorevole a Dante doveva dunque essere quella famiglia. PALESI. Se ben mi ricorda, io lessi in qualche luogo: siano intesi, che mi pare più bello e illustrato da quel di Virgilio: Nulla tuarum audita mihi, neque visa sororum (Æn., I).

42. (L) CHE. Caso retto.

(SL) CONTRADA. Nel Novellino: Contrada è il paese natío. Sen. volg.: La buona contrada e la buona aere non giova tanto al corpo come agli animi conversare co' migliori di sè.

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(SL) GENTE. Qui vale famiglia, alla latina. BORSA. Altri avrebbe sfuggito il vocabolo come prosaico. La virtù contraria all' avarizia è sempre onorata da Dante, non per sua cupidigia, ma perchè dall'avarizia e' deduceva tutte le miserie del mondo (Inf., I). 44. (L) Uso: abito. - PERCHÈ per quanto.

(SL) Uso. Virgilio contrappone natura a uso. Georg., II, delle piante: Hos natura modos primum dedit... Sunt... quibus ipse via sibi repperit usus. Hor. Carm., IV, 4: Do trina sed vim promovet insitam, Rectique cultus pectora roborant. Arist.: Somigliante è usanza a natura: natura è sempre; usanza, spesso. CAMMIN. Comunissima imagine nella Bibbia.

45. (L) RICORCA, tramontando.

(SL) RICORCA. In Ariete il sole dimora, come negli altri segni, trenta di. INFORCA. Varchi, V: Fatto sommesso del dito grosso e dell'indice gl' inforcò la bocca.

(F) INFORCA. Pietro: L'Ariete ha diciasette stelle, parte delle quali nasconde come fa il vero ariete quando giace. Nomina l'Ariete come il segno dove il Sole era allora. Non passeranno sett anni.

46. (L) CHIAVATA: inchiodata. - CHIOVI: maggiore tua esperienza. GIUDICIO: divino.

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Le due prime terzine, delle più belle di Dante e dell'u- | sapienza del cuore in luogo che la fa più cospicua: Le mana poesia, così belle sono anco per questo, che più affettuose le rende il nome di Dio, e il suono che invita gli uomini alla preghiera. La pia parola, collocata con la

bianche bende Le quai convien che, misera, ancor brami; rende ragione della lode che dà Dante all'amico di dritto zelo e misurato (zelo del quale l'animo d'esso poeta non

sempre è signore); e mi prova che scrivendo la troppo acre sentenza contro la femmina in cui l'amore non dura, egli non pensava di Gemma. A lei forse pensava scrivendo l'ultima parola che gli dice la Pia. Ma avvertasi che non abbisognante del tatto sentenzia Dante la donna acciocchè le si raccenda l'amore; che gli occhi bastano. Anco là dov'era meno spirituale, quel secolo è meno materiale del nostro: anche biasimando, le anime e gl'ingegni eletti ritrovano un qualche spiraglio alla lode. Ma quando egli fregia casa Malaspina del pregio insieme della borsa e della spada, e lei mostra sola a andare diritta; non pare che questa sia lode al vantato Uguccione.

Il fare che un' anima sciolta già dalle cure terrene, per riguardare a un vivo viaggiante tra' morti, non attenda nè al serpente nè agli angeli là dove pure dovevano essere tutti gli altri rivolti; è concetto troppo umano, più ancora che l'altro: Quasi obliando d'ire a farsi belle. Meglio allorchè esso poeta, senza badare all'amico, nonchè a tanti principi e re, guarda in alto le tre simboliche stelle, che in cima del monte saranno donne, e lo condurranno alla sua Beatrice purificato. Questa è delle preparazioni maestrevoli, meglio che da orditore di dramma.

Simbolo le stelle, simbolo l' apparire e del serpente

e degli angeli, che ora nessuno oserebbe chiamare astori. Il raccomandare al lettore che stia bene attento alla finezza del velo, se non è difetto, non è grande bellezza; ma bellezza è il vedere gli Angeli prima mossi che nell'atto di muovere, il vedere al suono dell' ali fuggire la biscia non tocca; bellezza quel verso: Suso alle poste rivolando iguali, che rammenta Ipsa sub ora viri cœlo venere volantes, e gli altri della similitudine altrove recata della colomba. Senonchè quelle vesti, assomigliate gentilmente a fogliette dianzi nate, percosse e ventilate, e tratte dietro, fanno uno svolazzo non molto elegante.

Il verso: Come virtù che a troppo si confonda, anzichè aggiungere, scema del lume abbagliante degli angeli. E le locuzioni: il guado al perchè, ficcare gli occhi verso l'Oriente, d'altro non calme; l'aria che dichiarava, e serrava; l'opinione inchiodata in mezzo della testa, il letto del Sole che il montone inforca co' suoi quattro piedi, non sono di quella pura schiettezza, di cui in questo Canto segnatamente appariscono esempi rari. E di locuzioni potenti e dotte, sono esempio i due versi: Che fece me a me uscir di mente · Se corso di giudicio non s'arresta. E sapiente è a me quella che pare strana, del lume di Grazia a cui l'arbitrio umano è come cera che lo nutrisce e ne brilla.

LE BATTAGLIE INVISIBILI. - IL VELO DEL VERO.

Dal grembo di Maria, dice Dante, vengono i due angeli a guardia della valle per fugare il serpente; e con questo cenno raccosta più parti del poema distanti; quella dove la Donna gentile domanda a Lucia che vada a Beatrice e la muova in soccorso al Poeta (1); e quella dove gli spiriti beati tutti, e angeli e santi, diconsi abitare nella spera medesima, men alto però di Maria (2); e quelle altre ove gli angeli a Maria fanno festa e trionfo (3). Il grembo di Maria rammenta il seno d'Abramo (4), così detto il Limbo, perchè Abramo fu il primo esempio de' credenti in una rivelazione novella. E seno d' Abramo dicevasi per rispetto alla pace; Limbo d'Inferno per difetto di gloria (5). Nelle Rime è un verso che prenunzia il disegno del poema: Nel ciel dell' umiltà dov'è Maria; e consuona con quello del presente Canto: Quello esercito gentile Tacito poscia riguardare in sue, Quasi aspettando, pallido e umile. E dalle altezze raggiate dall' umile Donna (6) scendono gli angeli per fugare col volo il primo Superbo (7).

Immittet angelus Domini in circuitu timentium eum, et eripiet eos (8). Agli angeli suoi raccomandò di te, che ti custodiscano in tutte tue vie... Sopra l'aspide e il basilisco camminerai, e calcherai il leone e il dragone (9). Gli angeli sono da Dio deputati alla custodia degli uomini (10). | Manda Iddio gli angeli suoi a difesa di quelli che saranno eredi delle promesse celesti (11). Che se in un luogo è detto: Gli angeli superiori mai non sono mandati ad esteriore ministerio presso gli uomini (12), avvertesi altrove: È probabile che gli angeli più alti siano destinati a custo

dia di coloro che sono eletti da Dio a più alto grado di gloria (1).

E venendo a questa battaglia delle due potenze, ivi stesso leggiamo: Ad custodiam hominum maxime videtur esse necessarium arcere dæmones quod maxime pertinet ad potestatem (2); e il Grisostomo: Dio se permette per poco la tentazione, poi la respinge, per la inferma natura del l'uomo (3).

Avverte esso Poeta, qui come nel nono dell'Inferno (4), che la narrazione di questa battaglia è velo d'ascosa verità: Procedere per similitudini varie e rappresentazioni è proprio della poesia. Ma s. Tommaso poi prova che di figure può vestirsi anco l'altissima dottrina sacra (5). Il Salmo : Aperiam in parabolis os meum (6); e Gesù parlava in parabole; e ogni parola per proprio senso ch'ell' abbia può farsi paragone ad un altr' ordine di verità (7). E in tale rispetto la poesia, purchè voglia e sappia, può essere alta filosofia, e più potente di quella, appunto perchè l'intimo concetto è armoniosamente per essa congiunto con altri concetti, e apresi più largo spazio all' affetto insieme e al pensiero. Ond'è vero quel che Orazio d' Omero: Qui, quid sit pulchrum, quid turpe, quid utile, quid non, Plenius ac melius Chrysippo et Crantore dicit (8); e di poeta che canti più alte verità degnamente sarà ancora più vero. Dante su questo sovente ritorna: Il senso allegorico si nasconde sotto il manto delle favole (9). Intendo mostrare la vera sentenza di quelle che, per alcuno, vedere non si può s' io non la conto, perchè nascosa sotto figura d'allegoria; e questo non solamente darà diletto buono a vedere, ma sottile ammaestramento; e a cosi parlare e a cosi intendere l'altrui scritture. - A più aprire la intenzione di questa canzone

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