"Lectura Dantis" genovese, Volume 1

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Le Monnier, 1904
 

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Page 217 - Soli eravamo e senza alcun sospetto. Per più fiate gli occhi ci sospinse Quella lettura, e scolorocci il viso; Ma solo un punto fu quel che ci vinse. Quando leggemmo il disiato riso Esser baciato da cotanto amante, Questi, che mai da me non fia diviso, La bocca mi baciò tutto tremante. Galeotto fu il libro e chi lo scrisse: Quel giorno più non vi leggemmo avante.
Page 214 - Vuolsi così colà, dove si puote Ciò che si vuole, e più non dimandare. Ora incomincian le dolenti note A farmisi sentire : or son venuto Là dove molto pianto mi percote. Io venni in loco d' ogni luce muto, Che mugghia, come fa mar per tempesta, Se da contrari venti è combattuto.
Page 217 - Ma dimmi: al tempo de' dolci sospiri, A che e come concedette amore, Che conosceste i dubbiosi desiri?
Page 389 - O Tosco, che per la città del foco Vivo ten vai così parlando onesto, Piacciati di ristare in questo loco. La tua loquela ti fa manifesto Di quella nobil patria natio, Alla qual forse fui troppo molesto. Subitamente questo suono uscio D' una dell' arche : però m' accostai, Temendo, un poco più al duca mio.
Page 277 - Le vostre cose tutte hanno lor morte Sì come voi ; ma celasi in alcuna Che dura molto, e le vite son corte. E come il volger del ciel della -luna Copre ed iscopre i liti senza posa, Così fa di Fiorenza la fortuna ; Per che non dee parer mirabil cosa Ciò ch' io dirò degli alti Fiorentini, Onde la fama nel tempo è nascosa.
Page 79 - Nel mezzo del cammin di nostra vita, Mi ritrovai per una selva oscura Che la diritta via era smarrita.
Page 217 - Amor, che al cor gentil ratto s'apprende, Prese costui della bella persona Che mi fu tolta ; e il modo ancor m'offende.
Page 361 - Ond' esta oltracotanza in voi s' alletta? Perchè ricalcitrate a quella voglia, A cui non puote il fin mai esser mozzo, E che più volte v' ha cresciuta doglia? Che giova nelle fata dar di cozzo? Cerbero vostro, se ben vi ricorda, Ne porta ancor pelato il mento e il gozzo. Poi si rivolse per la strada lorda, E non fe' motto a noi : ma fe' sembiante D' uomo, cui altra cura stringa e morda, Che quella di colui che gli è davante.
Page 399 - Poiché fu piacere de' cittadini della bellissima e famosissima figlia di Roma, Fiorenza, di gettarmi fuori del suo dolcissimo seno (nel quale nato e nudrito fui fino al colmo della mia vita, e nel quale, con buona pace di...
Page 378 - Ma quell' altro magnanimo, a cui posta Restato m' era, non mutò aspetto, Nè mosse collo, né piegò sua costa : E se, continuando al primo detto, Egli han quell'arte, disse, male appresa, Ciò mi tormenta più che questo letto. Ma non cinquanta volte fia raccesa La faccia della Donna che qui regge, Che tu saprai quanto queir arte pesa. E se tu mai nel dolce mondo regge, Dimmi : perché quel popolo è sì empio Incontr' a' miei in ciascuna sua legge ? Ond...

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