Dante in Ravenna: dramma

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Chirio e Mina, 1837 - 112 pages
 

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Page 39 - Ma se a conoscer la prima radice del nostro amor tu hai cotanto affetto, farò come colui che piange e dice. Noi leggevamo un giorno per diletto di Lancilotto, come amor lo strinse; soli eravamo e senza alcun sospetto. Per più fiate gli occhi ci sospinse quella lettura, e scolorocci il viso: ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Page 39 - Soli eravamo e senza alcun sospetto. Per più fiate gli occhi ci sospinse Quella lettura, e scolorocci il viso : Ma solo un punto fu quel che ci vinse. Quando leggemmo il disiato riso Esser baciato da cotanto amante, Questi, che mai da me non fia diviso, La bocca me baciò tutto tremante. Galeotto fu il libro e chi lo scrisse! Quel giorno più non vi leggemmo avante.
Page 38 - Per aver pace co' seguaci sui. Amor, che al cor gentil ratto s'apprende, Prese costui della bella persona Che mi fu tolta; e il modo ancor m'offende. Amor, che a nullo amato amar perdona, Mi prese del costui piacer si forte, Che, come vedi, ancor non m'abbandona.
Page 37 - Siede la terra, dove nata fui , Su la marina, dove 'I Po discende, Per aver pace co
Page 58 - T' è grave forse che virtù s' onori Entro Ravenna ? Io godo a quelle grida : M' è grata quella calca e quel tumulto. OSTASIO. Saper dovresti dove giunger possa Licenza popolar. GUIDO. Sì, quando corra Inverso il vizio : ma qualor si volga Alla virtude, ogni suo passo ha lode. Ciò che faresti tu , forza abusando , Notte farà co
Page 29 - M' è per lunga amistà. Mel credi. fc OSTASIO. V II credo. Amistà vi congiunge, e insieme ordite Pratiche occulte, onde sia tratto a inganno Il fratel mio, che l'onte sue non vede. PALMIERO. Signor , che parli tu ? OSTASIO. Parlo quel vero Che per tuo mal m
Page 89 - L' impero che su me vien da' tuoi detti ) Far sacrificio di me stessa ; e il foglio Odiato vergar : ma , se il facessi , Certa io mi son che ne morria d'affanno L' infelice Ramberto. Ah tu non sai Quanto egli m'ami ! Io l'amor suo non deggio Ricompensar di morte : assai già feci Mai non dando risposta a lui, che mosso Avrebbe alla pietate un cor di fera. Ma ch' io co' detti miei morte gli rechi , Ella è impossibil cosa.
Page 46 - Più volte m' ha per lettere pregata , Che dir gli voglia se memoria alcuna Serbo di lui : questo mio cor sa quanto Io P amo : quanto ! e pur giammai risposta Da me non ebbe : il mio dover mel vieta. Forse ingrata mi crede ; ah questo è il dardo Avvelenato che il mio cor trafigge ! DANTE. Non piangere , o fanciulla ; le sante opre Non chieggon pianto : quai pure colombe Volano al cielo : ivi possente mano Ogni bell'opra in saldo marmo incide. COSTANZA. Ma tu che senti del mio mal pietade , Chi se'...
Page 24 - I ruscelletti che de' verdi colli Del Casentin discendon ginso in Arno , Mi porgeano diletto , e dicea loro : Beati voi , che alla mia terra andrete ! PALMIERO. Oh amor di patria ! Il tuo poter chi vince ? DANTE. Intanto fama suonò la novella , Che Arrigo imperador con genti ed armi , E più con sua virtù, la sconsolata Giacente Italia a dirizzar venia. PALMIERO. Quai lieti giorni or mi riduci a mente ! Lieti del verdeggiar di una speranza Vana , che non diè poi nè fior nè frutto ! E me tradì...
Page 111 - M' è questo gaudio. OSTASIO. Sei di me sicuro ? GUIDO. Partirai di Ravenna ? DANTE. Amici , e dove , Dove trovar potrei, se tutta quanta La terra trascorressi , altra più cara Sede che questa ? Oh come il cor mi gode Veggendo che in Italia, infra infiniti Vaneggiamenti e colpe, un angol v'abbia Dove tanta virtù s' accolga in tante Anime generose ! Io qui son fisso : Nè partirommi se non che per morte.

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