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tando nelle lodi di Cristo. Cresceva sempre nel luogo la compagnia: ma attoniti per la reverenza della Divinità, nessuno si moveva o a parole od a cenno. E poiché a poco a poco si frammeschiò a' mortali la moltitudine angelica, raccolti a sè e insieme accoppiati ai cittadini della terra, gli angeli cantando, così com' eran venuti, ascendono ai templi del cielo (1). Ricevuta quella gran moltitudine, la porta del ciclo si chiuse; e vedendosi solo il fanciullo in quel luogo, si scosse dal sonno (2).... . . . . . Il dì che si celebra la festa di s. Tommaso apostolo, Veronica lasciò volare lo spirito in alto, e vide Cristo sedente in eccelso soglio, al cui volto irato ogni cosa pareva tremare; e udi anco il Signore della maestà minacciante molt' aspri fiagelli al mondo per le innumerabili colpe d'ogni parte commesse dagli empi mortali. Ma la pia madre regina (3) del mondo pregava in queste parole il figliuolo (4): Non volere, prego, figliuol mio, con tanti supplizii premere il genere umano: a' preganti perdona, pietà ti muova degli erranti, te che piuttosto usi la misericordia che l'ira (5)...

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". . . . Disse l'angelo del Signore a Veronica contemplante, che grande e inenarrabile festa celebravasi lassù questo di... I Troni, le Dominazioni, i Principati, le Potestà, i Cherubini e i Serafini, circondando il divino tribunale a simili'tudine di rota, coprivansi alternamente di vesti di candido e di purpureo colore (6). Fra i lor cori erano innumerabili, danti incenso con aurei turiboli, e che destavano in quelle altezze lieti concenti (7). Dopo questi ordini, innanzi gli angeli e gli arcangeli la beatissima Regina del cielo (8), in mezzo tra Marta e Maddalena, accompagnata dagli Apostoli, dai Patriarchi e da' Profeti e dall'altra turba de' Santi, adorò tre volte, inchinandosi, il divino Figliuolo. Egli assorgendo alla Madre le rendeva l'onore. Allora la Vergine ascese al tribunale di Cristo; e sedette a destra del Figlio (9) perché Giovanni Battista, il qual Veronica aveva sempre visto sedere alla destra di Cristo (10), sorse dal soglio, e il posto del destro lato alla Regina lasciò. Presso la quale Marta e

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(1) Par., XXIII, t. 42. —(2) Bolland., I, 50.- (3) Par., XXXI, t. 39: La regina Cui questo reyno è suddito e devolo. (4) Par., XXXIII. (5) Bolland, 1, 902. (6) Par., XXX, t. 4, 5.— (7) Par., XXIII, t. 33. — (8) Par., XXIII, t. 25. (9) Par., XXXI, t. 39. — (10) Par., XXXII, t. 11.

Maddalena s'assisero (4). Alla fine essendo l'immortale Iddio da tutta la corte (2) celeste adorato, le rote de' celesti spiriti si ricomposero. Dileguavansi (3) allora i Santi tutti dopo che furono alla rota divina (4) coordinati, e sola la milizia angelica nella rota appariva. Da ultimo la Regina del mondo, sorta dal soglio divino, dopo adorato tre volte, se n'andò (5), accompagnata da grande schiera di spiriti celesti e di Santi. E nello allontanarsi, non mai al volto divino volgeva le spalle, ma quello incessantemente contemplava (6), perchè nella felicità divina i Beati sempre veggono la faccia di Dio. Dopochè la mente di Veronica al terrestre soggiorno se ne tornò (7).....” . Fui chiamato dal Signore, e quivi condotto ove vidi la inenarrabile gloria di Dio, e degli Angeli cantanti in coro, e immensa moltitudine di Santi circostante (8), che il Signore confessavano e lodavano ad una. Ivi è gloria indeficiente, luce inenarrabile, odore grande, pace perpetua, soavità d'anima maravigliosa: ivi l'aspetto di Dio sazia gli Angeli e tutti i Santi (9). »

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a.... Veggo la Santa Trinità in quella tenebra, e nel mezzo della Trinità stessa parmi di stare e di rimanere (10); e questo mi tira più che alcuna altra cosa che finora io sentissi, nè altro ben ch'io vedessi. Quando veggo quel bene e sono in esso, non mi ricordo allora dell' umanità di Cristo nè di Dio uomo, nè d' alcuna cosa ch'abbia forma; e allora nondimeno ogni cosa veggo io, e nulla veggo. Nel separarmi poi da quel bene ch' ho detto veggo Dio uomo (11), il quale tira l'anima con tanta mansuetudine che dice talora: tu se' io, ed io son tu (12). E veggo quegli occhi e quel viso, soave si, che abbraccia ed attrae l'anima mia strettissimamente (13).

(1) Par., XXXII, t. 6.

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e l'altra milizia Di Paradiso. (3) Par., III, t. 41 : Cantando vanio. (4) Par., XII, t. 1: La santa mola. XXVIII, t. 17; Le volte tanto più divine. - X, t. 49: La gloriosa ruota. · (5) Par. XXIII, t. 40. — (6) Par., XXIX, t. 3. - XXXI, t. 31. (7) Bolland., I, 945. (8) Par., XXXII. - (9) Bolland., Vita di s. Salvio, T. I, p. 705. Similmente a s. Genoveffa (I, 142) fu mostrata la patria per rivelazione dello Spirito Santo, ond' ella senza intermissione soleva piangere giacchè sapeva che, posta nel corpo, peregrinava lontano da Dio (Purg., XIII, t. 32). - (10) Par., XXXHI, i. 39. — (11) Par., XXXIII, t. 43. come tu t'immii.

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· (12) Par., IX t. 27: S' io m'intuassi - (13) Bolland., I, 197.

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CANTO XXXIII.

Argomento.

Bernardo prega la Vergine, riveli al Poeta l'ultima verità, e gli faccia la triplice visione fruttifera di salute. E' riguarda, e vede un'imagine della trina unità di Dio, e della divina umanità di Gesù. Troppe volte parrà forse, e a ragione, ch' e' si confessi impotente a descrivere si alte cose; ma e l'altezza di quel ch' e' dice, e l'altezza con la quale egli esprime la propria impotenza, son cose sovrane: nè mai più altamente da umana poesia fu parlato di Dio. Colla medesima parola finiscono le tre Cantiche e quell' ultimo verso canta l'Amore, cioè Dio e l'umanità, Beatrice e la scienza; il moto, cioè la creazione e l'universo; il sole e le stelle, cioè la luce e l'immensità, il soggiorno degli Angeli e della umana speranza.

1.

Nota le terzine 1 alla 4; 6, 7, 8, 10, 12, 13, 15, 17, 18; 20 alla 24; 26, 27, 29; 32 alla 36; 38 alla 42; 44 alla fine.

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Vergine Madre, figlia del tuo Figlio,

Umile ed alta più che creatura, Termine fisso d'eterno consiglio; 2. Tu se' colei che l'umana natura

Nobilitasti, sì che 'l suo Fattore Non disdegno di farsi sua fattura. 3. Nel ventre tuo si raccese l'amore Per lo cui caldo nell'eterna pace Cosi è germinato questo flore.

1. (L) TERMINE, a cui mirava.

(SL) ALTA. Petr., canz. XLIX (II Parte): Altissima umillale.

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(F) FIGLIA. La Chiesa: Genuisti qui te fecit. Rime ant. Se' madre di chi tu se' figlia. Petr., canz. XLIX (II Parte): Tre dolci e cari nomi ha in te raccolli: Madre, figliuola e sposa, Vergine gloriosa... Del tuo parto gentil figliuola e madre. TERMINE. ED., IV: Et sic fata Jovis poscunt, hic terminus hæret. - Manent immola tuorum Fata tibi. Som.: Quello che è il termine dell'atto, è quello che la volontà intende come fine. L'oggetto dell'operazione è il termine di quella fuora di lei. Non conveniva apprestare la redenzione nė subito dopo il fallo, nè alla fine de' secoli. Prov., VIII, 22: Dominus possedit me in initio viarum sugrum........ ab æterno ordinata sum. CONSIGLIO. Glos.: Per grande consiglio di Dio. Som.: Se mancasse il fine all'azione, non si comincerebbe a operare, nè il consiglio avrebbe termine, ma procederebbesi in infinito.

2. (L) SUA: dell' umana natura.

(F) NATURA. Som.: Per lui fu tutta l'umana natura nobilitata, però nacque di donna.

3. (L) Si racceSE L'AMORE, intepidito per il fallo d'Adamo. FIORE rosa di beati.

-

:

(SL) RACCESE. Petr., canz. XLIX (II Parte): Al sommo sole Piacesti si che in te sua luce ascose. Più bello in te che nel ventre tuo; e non è forse proprio che ivi si raccendesse l'amore; e troppo è il giro del ventre, del caldo, della pace del cielo, del fiore.

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(SL) VALI. Æn., XII: Quidquid Sive animis sive arte vales.

6. (SL) DIMANDA. Petr., canz. XLIX (II Parte): Ben sempre rispose, Chi la chiamò con fede.

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(F) BENIGNITÀ. Ott.: Liberalitade... per lo affetto, diciamo benignitade, e per lo effetto beneficenza. Alb., 1,6: Maggior non sia la benignità del dare che non sono le facoltà. LIBERAMENTE. Liberalità e libertà erano anticamente promiscui. Aristotele nell'Etica dice che la liberalità vera è dare non chiesto. Tasso, VIII, 27, più languido: E con la grazia i preghi altrui previene. 7. (L) QUANTUNQUE: quanto.

(SL) MAGNIFICENZA. Si noti come la lunghezza di molte parole aggiunge dignità a questa prece. - DI. En., VIII: Quidquid........ possum promillere curœ. — BONTATE. Pietà è più pensato e più ampio di misericordia; bontà abbraccia ogni bene.

8. Or questi, che dall' infima lacuna Dell' universo infin qui ha vedute Le vite spiritali ad una ad una, 9. Supplica a te, per grazia, di virtute Tanto che possa con gli occhi levarsi Più alto verso l'ultima salute. 10. Ed io che mai per mio veder non arsi Più ch'io fo per lo suo, tutti i miei preghi Ti porgo (e prego che non sieno scarsi), 11. Perchè tu ogni nube gli disleghi

Di sua mortalità co' prieghi tuoi,

Si che 'l sommo piacer gli si dispieghi. 12. Ancor ti prego, Regina che puoi

Ciò che tu vuoli, che conservi sani,
Dopo tanto veder gli affetti suoi.
13. Vinca tua guardia i movimenti umani.
Vedi Beatrice con quanti beati,

Per li miei prieghi, ti chiudon le mani.
14. Gli occhi da Dio diletti e venerati,
Fissi nell' orator, ne dimostraro
Quanto i devoti prieghi le son grati.

8. (L) QUESTI: Dante. purganti, beate.

VITE SPIRITALI: dannate,

(F) LACUNA. Inf., XXXIV. Lacuna di gelo, disse Lucrezio (VI); e Virgilio (Georg., III): In glaciem vertere lacunæ. Psal. XXXIX, 2: De lacu miseria. Jer. Thr., III, 55: Invocai il nome tuo dal fondo del lago ultimo. Lago usa la Bibbia per cava profondità. Di qui forse sarà venuto al Poeta l'idea di finire l'Inferno in un lago di ghiaccio. Dan., VI, 12: Lacum leonum. Cic., Somn. Scip. Tellus infima est. Som. Non può essere maggior gravità che quella della terra, perchè non c'è luogo inferiore di quel della terra.

9. (L) ULTIMA SALUTE: Dio.

(F) LEVARSI. Tommaso (Som., 1, q. 12 a 5), presso l'Ott., dice che ogni cosa che si leva sopra sua natura, fa bisogno che sia disposta per alcuna disposizione so-prannaturale. - ULTIMA. Apoc., I, 8: Principium et finis. Som.: Ultima perfezione, cioè suprema. Conv.: Ultima perfezione. Som.: Ultimum et delectabile habet rationem finis, qui est proprium objectum voluntatis. Arist. Phys., II: Non ogni ultimo è fine, ma l'ottimo. Som.: L'ultima beatitudine dell'uomo consiste nella soprannaturale visione di Dio.

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15. Indi all'eterno Lume si drizzaro,

Nel qual non si de' creder che s'invii Per creatura l'occhio tanto chiaro. 16. Ed io, che al fine di tutti i disii

'M' appropinquava, sì com' io doveva, L'ardor del desiderio in me finii. 17. Bernardo m'accennava (e sorrideva) Perch'io guardassi in suso: ma io era Già per me stesso tal qual ei voleva. 18. Chè la mia vista venendo sincera, E più e più entrava per lo raggio Dell'alta luce, che da sẻ è vera. 19. Da quinci innanzi il mio veder fu maggio Che' parlar nostro, ch'a tal vista cede; E cede la memoria a tanto oltraggio. 20. Qual è colui che sognando vede, E dopo il sonno, la passione impressa Rimane, e l'altro alla mente non riede; 21. Cotal son io: chè quasi tutta cessa Mia visione, e ancor mi distilla Nel cuor lo dolce che nacque da essa. 22. Così la neve al sol si dissigilla; Così al vento nelle foglie lievi Si perdea la sentenzia di Sibilla.

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(SL) MAGGIO. A Firenze è una via detta Via Maggio, e alcuni poderi così si chiamano. OLTRAGGIO. Da oltre. Petr., Tr. della Cast.: Passo qui cose gloriose e magne Ch' io vidi e dir non oso.

(F) MEMORIA. Aristotele (de An., III), presso l'Ottimo, dice che la memoria... è fondata in organo corporale... e lo intelletto è virtù spirituale... E così si conchiude che la memoria per sua natura non è sufficiente a potere ritenere tai spezie intelligibili, però che la virtù quanto è più congiunta co' corpi, tanto è meno sufficiente alle astratte cose.

20. (L) LA PASSIONE IMPRESSA rimane, e l'altRO ALLA MENTE NON RIEDE: I' imagine è fuggita, ma l'impressione di piacere o d'affanno rimane. ALTRO: resto.

(F) VEDE. Som. Le similitudini delle cose vedute da Paolo nella sua visione rimasero in lui, anco la visione cessata. - PASSIONE. Som.: Omnis receptio passio dicitur. La passione de' sensi (l'impressione passiva). Arist., de Somn. et Vig.: Passione del senso. — RIMANE. Som.: Quando se ne va l'oggetto sensibile rimangono alcune impressioni nell'anima, le quali poi raffrontando co' fantasmi, ella si ricorda le cose. RIEDE. Arist., de Somn. et Vig. Perchè del sogno si ricordino gli animali desti, e gli atti della veglia non si rammentino, dello è ne' Problemi.

21. (L) GESSA dalla memoria. 22. (L) DISSIGILLA: scioglie. racolo.

LA SENTENZIA: l' o

(SL) Dissigilla. Metafora non molto acconcia. Si

23. O somma Luce che tanto ti lievi

Da' concetti mortali, alla mia mente Ripresta un poco di quel che parevi; 24. E fa la lingua mia tanto possente,

Ch' una favilla sol della tua gloria
Possa lasciare alla futura gente.

25. Chè per tornare alquanto a mia memoria,
E per sonare un poco in questi versi,
Più si conceperà di tua vittoria.
26. Io credo, per l'acume ch'io soffersi

Del vivo raggio, ch' io sarei smarrito Se gli occhi miei da lui fossero aversi. 27. E mi ricorda ch'io fui più ardito

Per questo a sostener tanto ch'io giunsi L'aspetto mio col Valore infinito. 28. Oh abbondante grazia ond'io presunsi Ficcar lo viso per la luce eterna

Tanto che la veduta vi consunsi !

spiegherà se si badi all'origine di sigillo ch'è signum. Il sigillo segna e dá forma alla cosa. La neve al sole perde sua forma. Æn., IV: Lumina morte resignat.

Di. Arman.: Senz'arte di sibilla. — SIBILLA. En., III: Rupe sub ima Fata canit, foliisque notas et nomina mandat. Quæcumque in foliis descripsit carmina virgo, Digerit in numerum, atque antro seclusa relinquit. Illa manent immota locis, neque ab ordine cedunt. Verum eadem, verso tenuis quum cardine ventus Impulit et teneras turbavit janua frondes, Numquam deinde cavo volitantia prendere saxo Nec revocare situs aut jungere carmina cural.

(F) SIBILLA. Aug. cont. Faust., XIII, 15 : La Sibilla prenunziò alcune cose di Cristo.

23. (SL) RIPRESTA. Par., 1, t. 8: 0 divina virtù, se mi ti presti Tanto che l'ombra del beato regno, Segnata nel mio capo, io manifesti.

24. (SL) POSSENTE. Rime: Non son possente Di dir... Som. L'intelletto sia potente ad intendere Dio.

25. (L) PER TORNARE... PER SONARE: se torna... se DI TUA VITTORIA: come tu vinci ogni anima

sona. umana.

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(SL) Poco. È ancor meno d'alquanto. PERA. Par., II, t. 13: Concepe. VITTORIA. Par., X, t. 22: Fulgor... vincenti. XXIII, t. 12: Quel che ti

sovranza.

26. (L) SOFFERSI, senz'abbagliare. AVERSI: rivolti.

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29. Nel suo profondo vidi che s'interna, Legato con amore in un volume, Ciò che per l'universo si squaderna ; 30. Sustanzia, e accidente, e lor costume, Tutti conflati insieme per tal modo Che ciò ch' io dico è un semplice lume. 31. La forma universal di questo nodo

Credo ch'io vidi: perchè più di largo, Dicendo questo, mi sento ch'io godo. 32. Un punto solo m'è maggior letargo, Che venticinque secoli all'impresa, Che fe' Nettuno ammirar l'ombra d'Argo.

29. (L) INTERNA: tre e uno.

(SL) LEGATO. Non accenna a legatura di volume, ma nel comune senso della voce, contrario di spicyato. (F) VIDI. Il mondo è quasi commento della divinità. AMORE. Boet. Hanc rerum seriem ligat Terras ac pelagus regens, El cœlo imperitans amor... Stringalque ligans irresoluto Singula nexu. Un Padre: Nella bellezza del cielo e della terra sono pagine sempre aperte agli occhi di tutti, e che mai non tacciono dell' autore di quelli.

30. (L) COSTUME: proprietà, modo d'operare. CONFLATI INSIEME: non è distinto in Dio accidente da sostanza accidente non c'è. - LUME: barlume.

(SL) COSTUME. Questo senso ha talvolta il mos ne' Latini. Æn., X: Turbinis atri More furens. Georg., k Cœli morem.

(F) CONFLATI. Ben dice l'unione intima operata dal fervor dell'amore.

31. (L) DI QUESTO NODO: di tutto in uno. - PERCHÈ PIÙ DI LARGO... MI SENTO CH'IO GODo: dal godere più ampio deduce l'aver veduto.

(SL) LARGO. Par. XXIII, t. 14. Paragona l'anima in gioia a fuoco che fa per dilatarsi.

(F) NODO. Universale, perchè Dio è forma informante tutte creature. La Chiesa: Rerum Deus, tenax vigor, Immotus in te permanens.

32. (L) LETARGO, CHE...: cagione d'oblio, piucchè se un vivente adesso dovesse rammentarsi gli Argonauti. CHE FE' NETTUNO AMMIRAR L'OMBRA D'ARGO: la qual fece che il mare ammirasse nell' onde sue l'ombra del primo legno.

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(SL) NETTUNO Per mare. Georg., IV: Neptuno immerserit. A Dante giova personificato. Inf., XXVIII, t. 28. AMMIRAR. Georg., II: Casus abies visura marinos. Æn., VIII: Mirantur et undæ Miratur nemus insuetum fulgentia longe Scuta virùm fluvio pictasque innare carinas. ARGO. Lucan., II: Pegasea ratis peteret quum Phasidos undas, Cyancas tellus emisit in æquora cautes. Un punto nella mia visione mi par più lontano dalla memoria e dal dire umano, che non s'io dovessi narrare le gesta degli eroi di Colco oscure per antichità di dumila cinquecent'anni. Par., II, t. 6: Que' gloriosi che passaro a Colco, Non s'ammiraron, come voi farele, Quando Jason vider fatto bifolco. Da Dante agli Argonauti sono 2523, se da Gesù Cristo a Roma fondata se ne contino 750, e da Roma a Troia distrutta 431, e da Troia agli Argonauti 42 (Petav., Rat., Temp., p. II, l. 11, c. 9). L'Ott.: Se in così poco di tempo, com'è uno punto, si ricoglie più d'ammirazione in Ciclo che in dumila cinquecento anni in terra; chiaro appare come è impossibile a notificarlo in pensiero o in detto o in iscritto.

(F) M'. Modo di famigliarità, e sapiente qui, perchè dice il sentire ch'egli fa a sè stesso godente, in ri

33. Così la mente mia tutta sospesa Mirava fissa, immobile e attenta; E sempre di mirar faceasi accesa. 34. A quella luce cotal si diventa,

Che volgersi da lei per altro aspetto È impossibil che mai si consenta: 35. Perocchè 'I ben ch'è del volere obbietto, Tutto s'accoglie in lei; e fuor di quella, È difettivo ciò che è lì perfetto. 36. Omai sarà più corta mia favella

Pure a quel ch'io ricordo, che d'infante Che bagni ancor la lingua alla mammella. 37. Non perchè più ch'un semplice sembiante Fosse nel vivo lume ch'io mirava; Chè tal è sempre qual era davante;

38. Ma per la vista che s'avvalorava

In me, guardando, una sola parvenza, Mutandom'io, a me si travagliava. 39. Nella profonda e chiara sussistenza Dell'alto Lume parvemi tre giri

Di tre colori e d'una contenenza :

flettere a sé la sua gioia.- LETARGO. Pietro lo definisce: Oppressione del cerebro con oblio delle imagini del sogno. L'intelligenza materiale Pietro la paragona ai falsi sogni. Qui è proprio perchè, secondo l'origine greca, dice e il silenzio de' sentimenti corporei e la dimenticanza. [AMMIRAR. Cat., de nupt. Pel. et Thet.]. 33. (L) ACCESA : bramosa.

(SL) FISSA. Æn., IV: Animo fixum immotumque sederet. IMMOBILE. En., VII: Soloque immobilis hæret. IV: Mens immota manet.

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34. (SL) ASPETTO. Nota l'uso proprio delle due voci affini aspetto e vista.

35. (L) BEN CH' È DEL VOLERE OBBIETTO: bene a cui tende l'umano volere.

(F) Difettivo. Par., V, t. 4: E s'altra cosa vostro amor seduce, Non è se non di quella alcun vestigio Mal conosciuto, che quivi traluce. Conv., I, 6: Perfetta conoscenza e non difettiva.

36. (L) CORTA.... a quel ch'io RICORDO imperfetta non solo al vero, ma a quel po' ch'io rammento.

(F) INFANTE. Ne' Bollandisti: Di quelle operazioni divine, niente può uomo parlare nè pur balbettare. Greg. Mor. V, 26: Balbettando come possiamo, risoniamo gli eccelsi di Dio.

37. (L) NON PERCHÈ... : non vedeva che un punto; ma la mia vista rinforzata vedeva in quell' uno più cose. (F) SEMBIANTE. In rispetto alla mente che vede, è proprio, no di Dio in sè. La terzina seguente lo spiega, ed è di bellezza profonda. -TAL. Par., XXIX, t. 49 : Uno manendo in sè come davanti.... 38. (L) AVVALORAVA: alterava.

(F) TRAVAGLIAVA. Travagliatori chiamavansi i prestigiatori. Ogni mutazione è un lavoro, e labor vale e lavoro e travaglio.

39. (L) TRE Colori e d'una coNTENENZA: persone distinte, ma uguali.

40. E l'un dall'altro, come Iri da Iri,

Parea reflesso: e 'l terzo parea fuoco Che quinci e quindi igualmente si spiri. 41. Oh quanto è corto 'I dire e come floco Al mio concetto! e questo a quel ch'i' vidi È tanto che non basta a dicer poco. 42. Oh luce eterna che sola in te sidi, Sola t'intendi, e da te intelletta, E intendente te, ami ed arridi! 43. Quella circulazion che si concetta Pareva in te come lume riflesso, Dagli occhi miei alquanto circonspetta,

(SL) SUSSISTENZA. Par., XXIX, t. 5: Suo splendore Potesse risplendendo dir subsisto. - CONTENENZA, Anco in prosa.

ra,

(F) PROFONDA. Profondo e chiaro, le due qualità d'ogni cosa grande, e più grandi in quelle che più somigliano a Dio. GIRI. Agostino (de Civ. Dei) narra che Mercurio Trismegisto dipingeva Dio come una sfeche ha dappertutto il centro, e la circonferenza in luogo nessuno. Som.: Il circolo dicesi figura perfetta perchè ha lo stesso principio e fine; chè l'ultima perfezione d'ogni cosa è congiungersi al suo principio. - Parvemi tre giri è sconcordanza che tien del mistero. 40. (L) L'UN DALL'ALTRO: il Figlio dal Padre. (SL) SPIRI. Georg., II: Spirantes ignem.

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(F) L'UN. Lumen de lumine: lumen et splendor patris. Ambr., de S. S., I, 18: Lux est Pater, lux Filius, lux S. S. Par., XIII, t. 19: Chè quella viva Luce che si mea Dal suo Lucente, che non si disuna Da lui nè dall'Amor che 'n lor s'intrea. IRI. Improprio della generazione e processione che qui vuolsi indicare; ma le parole vengono meno a tanto. - CHE. Paг., X, t. 1: Guardando nel suo Figlio con l'Amore Che l'uno e l'altro eternalmente spira, Lo primo ed ineffabile Valore. Questo è contro l'eresia de' Greci, che dicono lo Spirito Santo procedere soltanto dal Padre. Si. Meglio che il selo spiri dice la spontaneità divina della persona. 41. (L) NON BASTA A DICER Poco: è men che poco.

(SL) CORTO. Bocc.: Ogni parlar sarebbe corto e fioco. Corto quanto alla sostanza delle cose, fioco quanto alla forma del dire: però dice quanto dell' uno, e dell'altro come.

(F) CORTO. Campanella: Le parole non arrivano a dir l'essenza delle cose: nè tutte le cose note hanno la lor propria voce ; e le ignole, nulla.

42. (L) SIDI stai. ARRIDI a te e alle creature. (SL) INTELLETTOo. Petr., son. CCXCVII (Parte II): Parole Intellette da noi soli. La voce intelletto, participio, nelle scuole contrapponesi a intelligente. · ARRIDI. La letizia è affetto d' amore. In senso men alto, Æn., I: Olli subridens Divům Pater. E lo stesso Salmista (II, 4): Subsannabit eos.

(F) SIDI. Sidere a' Latini non è sedere, e ben dice la fermezza dell' Una Sostanza. Dio è sostanza a sé stesso. Conv., IV, 9: La prima bontà ch'è Iddio, che solo colla infinita capacità l'infinito comprende. INTENDENTE. Arist., de An. : L'intelletto ha ragione d' intendente e ragione d'inteso.

43. (L) Quella circulazion.....: il giro che pareva lume riflesso, aveva l'effigie umana in colore divino. LUME: vedere.

(SL) CIRCULAZION. Nel Convivio. Come Iri da Iri (Terz. 40).

REFLESSO.

(F) CONCETTA. Som.: Specie concella nelia potenza conoscitiva. RIFLESSO. Ripete il già detto, ma

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