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18. Questa mi porse tanto di gravezza

Con la paura ch'uscia di sua vista, Ch'i' perdei la speranza dell'altezza. 19. E quale è quei che volentieri acquista, E giunge 'l tempo che perder lo face, Che'n tutti i suoi pensier piange e s'attrista;

20. Tal mi fece la bestia senza pace, Che, venendomi 'ncontro, a poco a poco Mi ripingeva là dove'l sol tace.

21. Mentre ch'i' rovinava in basso loco, Dinanzi agli occhi mi si fu offerto Chi per lungo silenzio parea fioco. 22. Quando vidi costui nel gran diserto, - Miserere di me (gridai a lui), Qual che tu sii, od ombra od uomo certo.

23. Risposemi: - Non uom; uomo già fui: E li parenti miei furon lombardi,

E mantovani per patria amendui.

leone, cosi e l'iraregia. Prov., XX, 2: Siccome il ruggito del leonc, così e il terrore del re. MOLTE. Nella Volgare Eloquenza dice tutti quasi i principi del tempo suo seguitatori d'avarizia. Che altro, dic'egli nel Convivio, maggiormente pericola e uccide le città, le contrade, le singolari persone, tanto quanto lo nuovo raunamento d'avere? Eccl., VIII, 5: Multos enim perdidit aurum et argentum, et usque ad cor regum extendit et convertit. Seneca, cit. dall' Ott., II, 367: L'avarizia recò povertade, e molte cose desiderando, tutte le cose perde. Eccl., XXXI, 6: Multi dati sunt in auri casus.

18. (SL) PAURA. Æn., XII: Timorem incutere. Isai., XXX, 17: A facie terroris unius. Georg., IV: Caligantem nigra formidine lucum.

19. (L) ACQUISTA beni. - FACE: fa.

(SL) PENSIER. Più forte nelle Rime (Son.: Lo fin piacer...): Mi pianse ogni pensiero Nella mente dogliosa. 20. (L) RIPINGEVA: Rispingeva nel bujo.

(SL) TACE. Jer. Thr., II, 18: taccia la pupilla dell'occhio mio. Æn., VI: Loca nocte silentia late. II: Silentia Lunæ.

(F) PACE. IS., LVII, 21: Non è pace agli empi. Nel Conv. dimostra le ricchezze essere d' inquietudine perpetua cagione. - TACE. Sap., V, 6: Errammo dalla via di verità, e il lume di giustizia non rilusse a noi, e il sole dell' intelligenza a noi non nacque. Eccl., XXI, 11: La via de' peccanti... nella fine loro abisso e tenebre e pene. 21. (L) CHI: un che.

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(SL) QUAL CHE. Æn., I: O quam te memorem, virgo! namque haud tibi vultus Mortalis, nec vox hominem sonat. O Dea certe... Sis felix, nostrumquc leves quæcumque laborem. - MISERERE. Enea alla Sibilla, che lo conduceva all' Eliso: Alma, precor, miserere (En., VI). - CERTO. Æn., VI: Deùm certissima proles.

(F) DISERTO. Deserto in una lettera latina è chiamata l'Italia alla mano de' Guelfi.

23. (SL) LOMBARDI. Rammenta il gran Lombardo (Parad., XVII), Scaligero, speranza di Dante e dell'Italia ghibellina. E ghibellina era gran parte di Lombardia.

24. Nacqui sub Julio, ancorchè fosse tardi. E vissi a Roma sotto il buono Agusto, Al tempo degli Dei falsi e bugiardi.

25. Poeta fui; e cantai di quel giusto

Figliuol d'Anchise, che venne da Troia,
Poi che il superbo Ilion fu combusto.

26. Ma tu perchè ritorni a tanta noia?
Perchè non sali il dilettoso monte,
Ch'è principio e cagion di tutta gioia? -

27. Or se' tu quel Virgilio, e quella fonte
Che spande di parlar si largo fiume?
(Risposi lui con vergognosa fronte.)
28. Oh degli altri poeti onore e lume,

Vagliami 'l lungo studio e'l grande amore
Che m'han fatto cercar lo tuo volume.

29. Tu se' lo mio maestro e il mio autore;
Tu se' solo colui da cu' io tolsi
Lo bello stile che m'ha fatto onore.

30. Vedi la bestia per cui io mi volsi:
Aiutami da lei, famoso saggio;
Ch'ella mi fa tremar le vene e i polsi. -

24. (L) SUB: sotto Cesare poco prima della sua fine. - AGUSTO, DEI: Paganesimo.

(SL) AGUSTO. Agustino nel Convivio.

(F) BUGIARDI. Aug., de emen., IV: Dire il falso per ingannare è bugia. Può dunque la falsità essere senza bugia. Som., in Jerem., VIII: Menzogna è spiegato per idolo. Gl' idoli diconsi mendaci in quanto la falsa opinione degl' idoli è contraria alla vera della divina unità. 25. (L) DI QUEL giusto: Enea.

(SL) GIUSTO. Æn., I: Encas..., quo justior alter Nec pietate fuit. E Dante reca nella Monarchia questo verso. - VENNE. Æn., I: Trojæ qui primus ab oris Italiam... venit. SUPERBO. Æn., III: Ceciditque superbum Ilium.

26. (F) MONTE. Ps. XLII, 5: Manda la tua luce e la tua verità che mi guidarono e condussero al tuo monte santo. - CAGION. Arist. Fis., II, 1: Principio e causa. 27. (L) Lui: a lui.

(SL) QUEL. Æn., I: Tunc ille Encas, quem ... ? [FONTE. Ovidio, di Omero (Am. III, 9): A quo, ceu fonte perenni, Vatum Piëriis ora rigantur aquis. Manil., lib. I: Cujus ex ore profusos Omnis posteritas latices in carmina duxit, Amnemque in tenues ausa est deducerc rivos, Unius fœcunda bonis.] - LARGO. Æn., XII: Larga copia fandi. - FRONTE. Æn., XI: Haud læta fronte. 28. (L) VAGLIAMI presso te. CERCAR: svolgere.

(SL) LUNGO. De' suoi lunghi studii parla e nel XXV e XXIX del Paradiso, e nella lettera a chi gli offriva di tornare per via disonorevole in patria. - SruDIO. Æn., II: Hic amor, hoc studium. - GRANDE: En.: ingenti amore e magno, più volte. - Tuo. Lo cita a ogni tratto. Monar., pag. 16, 33 e seg.; 42, 45, 46, 47, 50. Volg. Eloq., pag. 289, 296, 298, 300.

29. (SL) AUTORE. Cic. Orat., III: Non intelligendi solum sed ctiam dicendi maximus auctor et magister Plato.

STILE. N' avea fatto prova nella Vita Nuova, nelle Canzoni, nelle Egloghe. Non imitai, dice tolsi, ch' è meno insieme, ed è più.

30. (L) LE VENE E I POLSI: tremore e febbre.

(F) POLSI. Vita Nuova: Lo spirito della vita incominciò a tremar si fortemente, che appariva nelli menomi polsi...

31. A te convien tener altro viaggio

(Rispose, poi che lagrimar mi vide) Se vuoi campar d'esto loco selvaggio. 32. Chè questa bestia per la qual tu gride, Non lascia altrui passar per la sua via; Ma tanto lo 'mpedisce, che l'uccide.

33. Ed ha natura si malvagia e ria,

Che mai non empie la bramosa voglia, E dopo 'l pasto ha più fame che pria. 34. Molti son gli animali a cui s'ammoglia; E più saranno ancora, infin che'l veltro Verrà, che la farà morir di doglia.

35. Questi non ciberà terra nè peltro,
Ma sapienza e amore e virtute;
E sua nazion sarà tra Feltro e Feltro.

36. Di quell'umile Italia fia salute,
Per cui mori la vergine Cammilla,
Eurialo, e Turno, e Niso, di ferute.

37. Questi la caccerà per ogni villa,

Fin che l'avrà rimessa nello 'nferno,
Là onde 'nvidia, prima, dipartilla.

38. Ond'io, per lo tuo me', penso e discerno Che tu mi segui; ed io sarò tua guida, E trarrotti di qui per luogo eterno:

39. Ov' udirai le disperate strida,

Vedrai gli antichi spiriti dolenti,
Che la seconda morte ciascun grida.

40. E vederai color che son contenti

Nel fuoco perché speran di venire Quando che sia alle beate genti. 44. Alle qua' poi se tu vorrai salire,

Anima fia a ciò di me più degna:
Con lei ti lascerò nel mio partire.

42. Chè quello Imperador che lassù regna,
Perch'i' fui ribellante alla sua legge,
Non vuol che in sua città per me si vegna.

31. (L) VIAGGIO: via. - Esto: questo.

(SL) TENERE. Æn., I: Quove tenetis iter? (F) ALTRO. Greg., X, ep. 37: Lasciato l'oscuro dell' errore, alla cognizione della luce e alla via della verità si ritornino.

32. (L) GRIDE: gridi.

(F) PASSAR. Aug., de ver. rel., XLIX: A noi ritornanti a investigare la verità, i fantasmi delle cose sensibili nel viaggio si fanno incontro, e passare non ci lasciano. UCCIDE. Boezio paragona l' avaro al lupo.

33. (SL) RIA. Malvagia é meno di ria. Malvagio chiama Dante un cammino (Inf., XXXIV); e dicevasi a tutti gli oggetti corporei, come il francese mauvais.

(F) EMPIE. Prov., XVII, 16: l'avaro s'empic di pecunia. Boet.: Opes inexpletam restinguere avaritiam nequeunt. - FAME. Æn., III: Auri sacra fames. Horat. Carm., III, 16: Majorumque fames.

34. (F) MOLTI. L'avarizia s'accoppia a molti vizii: e l'avara corte di Roma, dice altrove Dante, puttaneggia co' re (Inf., XIX); e ha drudi feroci (Purg., XXXII). Più. Dan., VII, 2-7: Vedevo nella mia visione di notte... e quattro bestie grandi ascendevano dal mare... la prima quasi leonessa... ed ecco un'altra bestia simile a orso... poscia guardava, ed ecco un'altra quasi pardo... ed ecco la quarta bestia terribile e forte molto.

35. (L) CIBERÀ: mangerà. - PELTRO: metallo vile.

(SL) CIBERA. Cibare erba per pascersi d' erba, modo vivo toscano. - VIRTUTE. Par., XVII: Parran faville della sua virtute.

(F) TERRA. Par., XVII: In non curar d'argento, nè d'affanni. Peltro qui, come argento, sta per ogni metallo e ricchezza; terra, per ogni podere. E forse accennasi al serpente nemico dell' uomo, che si ciba di terra secondo la Genesi, cioè di vili beni. Isai., LXV, 25: Al serpente la polve il suo pane. Petr.: Che vi fa ir superbi, oro e terreno. - SAPIENZA E AMORE E VIRTUTE. Salus, amor, virtus sono i tre fini della poesia secondo l'Allighieri: e poesia, politica, religione erano nella sua mente una cosa. - SAPIENZA. Jer., III, 15: Vi pasceranno di scienza e dottrina, Som.: Il dono di sapienza, la quale unisce le altissime idee, corrisponde alla carità, la quale unisce altamente gli spiriti. Cor., II: La virtù e la sapienza di Dio.

36. (L) FERUTE: ferite.

(SL) UMILE. Æn., III: Humilemque videmus Italiam. La parte d' Italia a cui Dante accenna, è quasi

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37. (L.) VILLA: città. - PRIMA: primamente.

(SL.) CACCERA. Qui intende quella che Dante chiamava (Volg. Eloq.) armorum probitas. - INFERNO. Dan., VII: Vidi che fu uccisa la bestia, e peri il corpo suo, e fu dato ardere al fuoco.

(F) INVIDIA. Sap., II, 24: Per l'invidia del diavolo entrò nel mondo la morte. Intendasi inoltre che le invidie e gare civili accendono la brama del possedere, come strumento alle ambizioni ed agli odii. Cypr., de zelo et liv.: L'invidia dal cominciamento del mondo fu cagione al demonio di ruina e in sè e nell'uomo. Cosi Tert., de Nat.; Aug., Tract. 5 in Joan.; Greg. Nyss., Tract. 38. (L) ME': meglio. DISCERNO: giudico.

(SL) ME'. Davanzati, Ann., II, 21. - DISCERNO. Fa qui senso di quasi decerno.

(F) ETERNO. Il timor della pena, il dolore dell'espiazione, la speranza del premio, son le tre scale per ritornare a virtu. Ecco la chiave dell' Inferno, del Purgatorio, del Paradiso.

39. (L) MORTE dell'anima. - GRIDA: piange.

(SL) ANTICHI. Non vedrà solo gli antichi; mal col desiderio de' più onorevoli e più onorati da Dante, Virgilio lo invoglia.

(F) SECONDA. Cosi chiamano Agostino e Ambrogio (Comm. in Apoc., XX) e Cipriano (de op. et el.) l'inferno. Paulini Ep. XXVI: La morte che dicesi seconda è la vita penale. - Ep. II: La prima morte è la dissoluzione della natura animale; la seconda è il patimento dell' eterno dolore.

40. (L) Fuoco purgante.

(F) BEATE. Ps. XXXII, 12: Beata la gente di che Dio è il suo Signore, il popolo ch' c's' elesse in credita. 41. (L) QUA': quali. ANIMA: Beatrice.

42. (L) QUELLO IMPERADOR CHE LASSÚ REGNA: Dio. FUI RIBELLANTE ALLA SUA LEGGE: fui pagano. - CHE IN SUA CITTÀ PER ME SI VEGNA: che io venga in cielo.

(F) IMPERADOR. Vite de' ss. Padri, e Dino: Lo imperatore del cielo. Ma qui s' usa non senza intenzione politica. Come lo'mperatore dell' universo ch'è Cristo. PER. Ottimo: Alla terza non si va per naturale ragione, ma per fede cattolica e cognizione di Dio.

43. In tutte parti impera, e quivi regge: Quivi è la sua cittate e l'alto seggio. Oh felice colui cu'ivi elegge!

44. Ed io a lui: - Poeta, i' ti richieggio Per quello Iddio che tu non conoscesti, Acciocch'io fugga questo male e peggio,

43. (L) PARTI dell' universo. - REGGE dolcemente e presente. - IVI ELEGGE a stare.

(F) IMPERA. SOm.: L'imperante ordina intimando e denunziando. Il signore muove il servo per impero... il servo si regge per impero del signore. Anco nell' impero di Dio è dolce reggimento; ma in cielo il reggere è più immediato. Virgilio (Æn., VII) dice impero quello d'Inferno e Giove re. SEGGIO. PS. XI, 5: Il Signore, in cielo il suo seggio. Boet.: Hic sceptrum Dominus tenet, urbisque habenas temperat.

44. (F) CONOSCESTI. Conoscere Dio, modo della Bibbia e de Padri.

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(SL) [MENI. Br. Latini, Tesoretto, II, 3: Ond'io in tal corrutto, Pensando a capo chino, Perdei il gran cammino E tenni alla traversa D'una selva diversa. Ma tornando alla mente Mi volsi, e posi mente Intorno alla montagna E vidi turba magna Di diversi animali Ch' i' non so ben dir quali.] - PORTA. Purg., IX: La nomina prima dell'Inferno, come idea molto più consolante. Il Rossetti, rammentando che le case di Dante erano a Porta s. Pietro, vuole che qui a Firenze s' accenni.

46. (F) DIETRO. Virgilio, il più spirituale de' poeti profani, quello che più lo ispirava di religione e di amore e di soaye mestizia, il cantore dell' impero di Roma sognato da Dante, è da lui tolto a guida.

Il Veltro. Cane della Scala, e gli altri in cui Dante sperava.

A conoscere le vere intenzioni di Dante giova raccogliere i giudizii sparsi ch'e' fa degli uomini e delle cose, e tra se raffrontarli, senza tema che ne venga detrimento alla fama del Poeta, od offesa alle opinioni nostre, perchè il vero è onorevole ed utile sopra ogni cosa.

Dante che distingue il Barbarossa (1) cosi come Augusto (2) col nome di buoni, e tocca dell'eccidio di Milano senza mai rammentare la seguente vittoria; Dante che reca Pisistrato, l'avveduto usurpatore della libertà d'Atene, come esempio di mansuetudine, accanto a Maria Vergine e a Stefano protomartire (3); Dante che esalta Cesare distruggitore della Repubblica, e chiama Federico II degno d'onore (4), nè lo colloca in Inferno (5) se non per quell' amore di equità che gli fa avere tanta riverenza al Rusticucci e a Brunetto, a Farinata ed al Mosca, uomini, secondo lui, degni, ma posti tra le anime più nere (6); Dante che ragiona con tanta pietà di Manfredi e della sua casa, con tutto che confessi orribili i peccati di lui (7), aveva intorno alle sorti d'Italia opinioni e desiderii differenti da que' che taluni al tempo nostro gli danno. Le due sue maggiori speranze furono Cane della Scala vicario dell'Impero, uomo valoroso ma tutt'altro che puro; e Arrigo VII, principe non so s'io dica mansueto con qualche condimento di crudeltà, o fiero e tenace

(1) Purg., XIX. (2) Inf., I. (3) Purg., XV. (4) Inf., XIII. — (5) Inf., X. — (6) Inf., VI, XV, XVI, XXVII. - (7) Purg., III, VII; Inf., XXVIII.

con qualche moto di bontà e di giustizia, ma certamente inuguale alla grande impresa di cavalcare, come Dante voleva, la fiera indomita, e al pio ufficio di far da balia all' indocile fantolino (1). Le minori speranze di Dante erano poste in Carlo Martello, nella casa Malaspina, in quella da Polenta, e certamente anche in Uguccione della Faggiuola, massime dopo la battaglia di Montecatini, ancorché nol nomini mai, nè lo additi con segno chiaro. Vero è che il Poeta talvolta si compiace d'adombrare le cose, anziché designarle; ma se la sua stima e l'affetto a Uguccione erano tali qual richiedeva l'alta speranza in lui posta, non li avrebbe cosi cautamente velati, egli che dello Scaligero dice espressamente si notabili cose.

Cane della Scala è chiamato Catulus in una profezia di Michele Scoto, notata da Giovanni Villani, al quale Cane il Poeta indirizzo il Paradiso con lettera dov'è resa ragione dell'intero poema. Di lui parla nel XVII del Paradiso e n'augura cose incredibili a queglino stessi che le vedranno.

Ne'Fatti d' Enea, testo antico, si legge (2): Dante profetizzò di quel veltro che debbe cacciare la lupa d' Italia, cioè l'avarizia e la simonia.

Lo Scaligero in lusso e in delicatezze profuse molt'oro: e tanto senti l'amore, che per esso commise un delitto. Ma qui parla d'amore più alto. I due Feltri indicati in Dante sono, l'uno Feltre città del Friuli, l'altro è Montefeltro in Romagna:

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in questo spazio erano i Ghibellini più ardenti. Pietro e gli altri commentatori descrivono cosi larghi confini alla nazione del Veltro; e nessuno riconosce ne' due Feltri San Leo e Macerata, come il signor Troya desidera. Si noti inoltre che Alessandro Novello, vescovo di Feltre e principe, contro i Ghibellini tenne da Padova; e un altro vescovo di Feltre i Ferraresi nella sua città rifuggiti, que' Fontana congiunti di Dante, concesse alla vendetta d'un crudele nemico. Questo nome di Feltre gli rinnovellava molte dolorose memorie. E forse e' pensava al Friuli dov' egli ebbe ospizio e al quale Cesare lasciò il nome; e sapeva forse de' due versi intorno a Feltre a Cesare attribuiti. Cosi dall' un lato gli si presentava alla mente il passaggio del fondator dell' Impero verso quelle Alpi che dividevano Italia da Alemagna, e dall'altro lato il paese dov'è il Rubicone.

Nazione può intendersi e per luogo di nascita e per nazione ghibellinescamente costituita. Io prescelgo il secondo: perchè Cane fu capo della lega ghibellina; nè d'uomo nato nel 1300 si direbbe che la sua nascita sarà in tale o tal luogo. Questo segnare larghi confini a' paesi non dispiace al Poeta, forse per isfoggio d'erudizione non sempre opportuno. Cosi si disegna nel IX del Paradiso il colle dove nacque Ezzelino; e nel X, la città dove nacque Folchetto. Ma qui l'indeterminato è quasi richiesto dal tenore mezzo profetico delle parole: al modo medesimo che nell' ultimo del Purgatorio non solamente non è detto il nome del Duce aspettato, ma dvx adombrasi nel numero cinquecento dieci e cinque.

Nel XVII del Paradiso dice che Cane fu impresso, nascendo, del forte pianeta di Marte. Cane doveva cacciare la lupa e battendo gli avari tiranni e vincendo l'avarizia co' nobili esempi. Le sue magnificenze conosciute Saranno ancora, si che i suoi nimici Non ne potrán tener le lingue mute... Per lui fia trasmutata molta gente, Cambiando condizion ricchi e mendici.

Questa terzina da per certo cosa che nel XX del Purgatorio è desiderata incertamente siccome lontana: Quando verrà per cui questa disceda? Notate il medesimo modo: il Veltro verrà. Un anonimo (1) commenta: Havvi chi tiene che sarà uno imperatore il quale verrà ad abitare a Roma: e per costui saranno cacciati i ma' pastori di Santa Chiesa, in cui ho posto che regna tutta avarizia... e che per questo Italia se ne rifarà. Nel Tritemio è questa profezia del 1347: Unus erit mundi Dominus salus. Imperium rom. exaltabitur. Contentiones multæ et magnæ erunt in terra. Tyrannus Gallorum rex cadet cum baronibus suis... (2). E qui fla lecito notare che forse, segnando i confini tra Friuli e Romagna, il Poeta aveva la mente all'Impero di Cesare, che in Romagna diede la mossa alla guerra, e diede il suo nome al Friuli; onde a lui attribuisconsi due versi, latini assai del linguaggio, ma che suoi non direi, sopra Feltro.

(1) Della Riccardiana di Firenze, cod. 1057; e Magliabechiana, cl. 1, cod. 47, 49. — (2) II, 205.

CANTO II.

:

Argomento.

Teme non sia troppo ardito il viaggio: Virgilio gli racconta da chi fu mandato. Scese a lui Beatrice, la innocente amata da Dante, morta da quasi dieci anni, e lo prego di soccorrere l'amico suo. La ragione conduce l'uomo fino al pensiero della necessità della pena, l'Inferno; e della espiazione, il Purgatorio: ma una guida divina gli bisogna, per sollevarlo alla speranza del premio, il Paradiso.

In questo canto, che pare si semplice, è più poesia che nel primo.

Nota le terzine 1 alla 4, 7, 8, 10, 11, 14, 15, 16, 18 alla 21, 25 alla 26, 33 alla 37, 39, 42, 43, 47.

1. Lo giorno se n'andava:

e l'aer bruno Toglieva gli animai che sono in terra Alle fatiche loro; ed io sol uno

2. M'apparecchiava a sostener la guerra Si del cammino e si della pietate, Che ritrarrà la Mente che non erra.

3. O Muse, o alto ingegno, or m'aiutate; O mente che scrivesti ciò ch'io vidi, Qui si parrà la tua nobilitate.

1. (SL) [GIORNO. V. Virg. Æn., IV, v. 522; e Apoll. Rhod., III, 744; IV, 1058.] - ANDAVA. Semint.: il di se n'andava. TOGLIEVA. Hor. Carm., III, 6: Sol ubi montium Mutaret umbras, et juga demeret Bobus fatigatis. - ANIMAL. Æn., III: Nox erat, et terris animalia somnus habebat... - IV: Nox erat, et placidum carpebant fessa soporem Corpora per terras Lenibant curas, et corda oblita laborum. - VIII: Nox erat, et terras animalia fessa per omnes... Sopor altus habebat. Tra le noie della selva e i discorsi con Virgilio era passato quel giorno. - Uno. Conv., I, 12: Uno e solo. 2. (L) GUERRA che dovea darmi. - RITRARRA: esporrà la guerra. MENTE: memoria fedele.

(SL) M' APPARECCHIAVA. Æn., VI: Paras Stygiam... innare paludem.

RITRARRA. Conv., I, 11.

3. (L) PARRA: apparirà.

(F) INGEGNO... MENTE. L'ingegno è la forza meditante, la mente è la memoria imaginante. Inf., III: La mente di sudore ancor mi bagna. La Memoria madre delle Muse. Rammenta l' invocazione di Virgilio (En., VI): Di, quibus imperium est animarum, umbræque silentes, Et Chaos, et Phlegethon, loca nocte tacentia late, Sit mihi fas audita loqui; sit numine vestro Pandere res alta terra et caligine mersas. Alle Muse, Æn., VII: Et meministis enim, Divæ, et memorare potestis.

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(F) CORRUTTIBILE. Mach., II, VI, 25: della vita corruttibile. Arist. Met., X: L'eterno ed il corruttibile non sono della medesima ragione. Monar., pag. 81: Homo, si consideretur secundum utramque partem cssentialem, corruptibilis est. - SECOLO. Vit. Nuov.: Partita di questo secolo. Marc.: Secolo futuro. Som.: La finale perfezione è che l'uomo venga introdutto nel secolo eterno. Georg., I: Impia.., sæcula.

6. (L) L' AVVERSARIO D' OGNI MALE: Dio. - I: a lui.EFFETTO: Roma. CHI... QUALE: Cesare, l'impero, la sede papale.

(SL) CORTESE. Dante chiama Dio nella Vita Nuova sire della cortesia.

(F) AVVERSARIO. Monar., II: Il popolo romano a tutti i pugnanti per l'impero del mondo prevalse : dunque per divino giudizio prevalse. QUALE. S. Leon.,

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