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Fra gli altri argomenti conchiusi entro a quell'uno, e che corrono in lui siccome corpi nuotanti sopra una medesima corrente, o in un medesimo raggio, egli è questo che accennasi nella comparazione recata: siccome dalla riva uomo vede il fondo dell'acqua, in alto mare nol vede, ma sa che c'è e che la profondità sua lo vela; così quelle cose che l'uomo conosce gli diventano ragione a conoscere ch'altre ci sono alle quali egli non può pervenire; senonchè, invece che il noto gli sia criterio e sicurtà dell' ignoto, l'ignoto piuttosto è a lui delle note cose guarentigia e ragione. E qui un altro argomento, inchiuso in altro argomento come parentesi in un costrutto, ma possente stare di per sè, nel verso che dice come Dio entro al mondo Dislinse tanto occulto e manifesto (1). Perchè l'essere fin nelle cose mondane tanto d'occulto in fra l'indubitabile manifesto, più fortemente comprova che le cose sopra mondane non possono essere palpabili alle nostre mani e calcabili al piede nostro. Bellissimo di sapienza poetica quel Distinse, che dice le cose occulte non essere confuse con le manifeste da fare oscurità inestricabile, ma che Dio nell' approssimare le une alle altre e alternarle e contesserle, volle che noi della loro distinzione aiutassimo il nostro discernimento, e che le manifeste ci fossero come il foglio bianco sul quale risaltano le lettere scritte, nelle quali, e non nel bianco, è l'idea.

Un'altra ragione ancora, o, se vuolsi, svolgimento delle fin qui dette, è questa, che a Dio stesso sarebbe impossibile, s'egli pur potesse volerlo, farsi comprensibile all' umana mente: Non potéo suo valor si fare impresso In tutto l'universo, che 'l suo Verbo Non rimanesse in infinito eccesso (2). E perché nell'idea di Dio s'adunano tutte le perfezioni, onde tutte le ragioni che deduconsi da essa, non possono non si recare a una ragione unica; però, siccome l'argomento della creazione a provare la necessità del mistero s'accoppia con quello del moto che non può non venire da causa immutabile, così l'altro argomento

(1) Par. XIX, t. 14. Paul. ep.: Quod manifestum est Dei, occultum est hominibus. Som., 2, 2, 1: Occultum Divinitatis. Aug. in Joan., CVI. Occultum hominibus nunc manifestavit eis. - (2) Par., XIX, t. 15. Som., 1, 2, 2: L'uomo non è capace del bene che eccede i limiti d'ogni creatura. Dion., div. nom., 1: Sopraeminentemente eccede tutio l'ordine della natura nostra. Som., 1, 1, 6: Dio paragonasi alle altre cose per eccesso (come trascendente tutte perfezioni ); 2, 2, 8: Tanto più perfettamente conosciamo Dio in questa vita quanto più intendiamo Lui eccedere tutto ciò che comprendesi in intellello umano; 1, 2, 5: La beatitudine eccede e l'intelletto umano e la volontà; e 2, 2, 175.

che Dante poi prende dalla volontà divina, riducesi a quello della immutabilità. Se non chè in due versi fornisce due prove il poeta: La prima Volontà, ch'è per sè buona, Da sè, ch'è sommo ben, mai non si mosse. E tosto soggiunge una terza : Nullo creato bene a sè la tira; Ma essa, radiando, lui cagiona (1). Se questa volontà dunque è buona, se cagione unica e libera, se immutabile; di necessità ne consegue ch'ella deve preconoscere le anime giuste, prestabilire l'ordine delle saluti, e con giustizia gratuita, e pure adequata ai meriti da lei cagionati, prestabilirlo (2). La qual cosa è potentemente espressa nel verso: Al cui disio Ciascuna cosa, qual ell' è, diventa (3).

Ma siccome l'amore e la speranza dell' uomo può, pe' meriti della grazia, vincere la volontà divina, non già come l'uomo supera l'uomo, ma vincerla perchè vuole esser vinta, e il volere esser vinta è nuova vittoria di potenza e d'amore; cosi la natura umana per sua costituzione può essere portata verso un oggetto che è sopra sè (4), e alle divine cose elevata (5). La grazia trae la creatura razionale sopra la condizione naturale alla partecipazione del bene divino (6). La qual congiunzione della Grazia con l'umano vedere è con forte evidenza significata ove canta: Luce divina sovra me s'appunta Penetrando per questa (7). La cui virtù, con mio veder congiunta, Mi leva sovra me (8), tanto ch' io veggio La somma Essenzia... (9) E perché nella poesia del Nostro, l'intelletto sovente s'accompagna al volere, e i due mondi procedono in armonia; però, siccome qui dice della luce superna congiunta al vedere dell' anima, così nell'altro Canto dirà del volere de' beati che s'accorda al divino, anco nel risonoscere la imperfezione della veduta loro, Perchè 'l ben nostro in questo ben s'affin (10). Così per segno della delicatezza e della perfezione del sentire è data l'umiltà, e l'umiltà stessa è fatta alla beatitudine incremento e

corona.

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(1) Par., XIX, t. 29 e 30. (2) Som., 1, 1, 19. Della volontà divina. — (3) Par., XX, t. 26. - (4) Som., 1, 2, 19. (5) Som., 2, 2, 175. - (6) Som., 2, 1, 110. (7) Terz, 28 e 29. Tralascio la parola che chiude il verso siccome quella che ne turba la pura armonia. E così tralascio le parole che seguono a essenzia, ch' e' non avrebbe usate se non era la rima. (8) L'anima assentendo alle cose divine si leva sopra la propria natura. Som., 2, 2, 6; - 3, 9. Per questo stesso che l'uomo si leva sopra sè in quanto appartiene alla sua dignità, la parte inferiore di lui si è debilitata: Som., 3, 30. Supra semetipsum raptus fuit. Greg. Dial., II. (9) La scienza per la quale Dio vedesi per essenza, Som., 3, 9. L'essenza divina è forma che eccede la proporzione di qual si sia creatura. Paolo vide l'essenza divina, Som., 2, 2, 175. Vedere Dio nell'essenza è sopra la watura non solo dell' uomo, ma eziandio d'ogni creatura: Som., 2, 1, 5. (40) Par., XX, t. 46.

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CANTO XXII.

Argomento.

Il santo grido lo assorda, non lo fa cadere tramortito, poich' egli è nella region della vita. S. Benodetto gli parla: Dante desidera vederlo, tanto ne ama l'imagine. Meritamente, poichè Benedetto fu autore all' Italia di doppia civiltà. Quindi prende occasione a dannare i frati corrotti. E il Paradiso ha parecchi anatemi contro i frati. Poi sale al cielo stellato, nei Gemini, suo segno natale, segno di scienza: e questo gli rammenta il dolce luogo nel quale egli nacque. Di lì guarda in giù le sette spere e la piccola terra: poi torna cogli occhi alla sua Beatrice.

Canto di poesia viva.

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Nota le terzine 1 alla 6; 8, 10, 11, 12, 14; 16 alla 20; 22 alla 26; 28, 30; 33 alla 37; 39, 40; 42 alla 45; 48, 50, 51.

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(SL) OPPRESSO. Boet., I, 2: Te stupor oppressit. Æn., III: Formidine pressus. PARVOL. Nel XXVII del Purgatorio parlando del suo Virgilio ha una similitudine del bambino. Virgilio (fu già notato) è il simbolo dell'ispirazione pagana; Beatrice, della cristiana. 2. (L) BEN DISPORRE: fargli cuore.

(SL) MADRE. Altra comparazione usata parlando di Virgilio (Inf., XXIII, t. 15), e di Beatrice più volte (Purg., XXXI; Par., I). ANELO. Poliz., Stanze, 1, 95. I due epiteti dipingono: e si noti come Dante sia parco d'epiteli, come il Petrarca paia uno scolaro al suo paragone.

3. (L) Ciò che ci si fa vien DA BUON ZELO, anco quel che par ira.

(SL) BUON. Purg. VIII, t. 28: Quel dritto zelo Che misuratamente in cuore avvampa.

4. (L) TRASMUTATO: SCOSSO. Mo: or.

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(F) TRASMUTATO. I filosofanti direbbero modificato Canto XXI, t, 2; XXIII, t. 46. Il grido potè con la forza; ma il suono l' avrebbe vinto di dolcezza, e la dolcezza è più potente sugli animi della forza. Dante, il fiero ingegno di Dante, con questo cenno lo dice.

5. Nel qual, se 'nteso avessi i prieghi suoi,
Già ti sarebbe nota la vendetta,"
La qual vedrai innanzi che tu muoi.

6. La spada di quassù non taglia in fretta,
Nè tardo, ma' che al piacer 'di colui
Che desïando o temendo l'aspetta.

7. Ma rivolgiti omai inverso altrui;
Ch'assai illustri spiriti vedrai,

Se, com' io dico, la vista ridui.

5. (L) QUAL grido. -I PRIEGHI SUOI: i prieghi ch'esso esprime. LA QUAL pena.

-

(SL) Suoi. Nel qual e suoi, di que' modi parlati che la poesia ora fugge. VEDRAI. Purg., XX, t. 32: Quando sarò io lieto A veder la vendetta? INNANZI. Sogna sempre pronta la fine. Muo. Forse predice la morte di Bonifazio (Purg., XX); o meglio il vincitor della lupa. Ott. Tutto di, chi guata con la mente sana, si vede di queste vendette e giustizie di Dio.

(F) VENDETTA. Parla con tanta sicura severità della Chiesa profanata dagli scandali, perchè, secondo la sua Monarchia: Successor Petri non æquivalet divinæ auctoritati, saltem in operatione naturæ mortalis. Jer., XI, 20: Domine Sabaoth, qui judicas juste, et probas renes et corda, videam ultionem tuam. 6. (L) MA': fuor. AL PIACER DI COLUI...: l' umano desiderio fa parer tardi i giudizii di Dio, e il timore lenti: ma vengono a tempo.

(SL) SPADA. Frequente: Gladius Domini. FRETTA. Sap., XII, 18: Con quiete giudichi. - Eccli., V, 4 : L'Allissimo è renditore paziente. - Val. Mass.: Certo gradu ad vindictam sui divina procedit ira, tarditatemque supplici gravitate compensat. Sim. in Gio. Cris. e in Sen. Hor. Carm., III, 2: Raro antecedentem scelestum Deseruit pede pœna claudo.

(F) ASPETTA. Act. Apost., 1, 7: Non è di voi conoscere i tempi e i momenti.

7. (L) RIDUI: riduci, conduci là dov'io indico.

(SL) ILLUSTRI. Æn., VI: Illustres animas. — RIDUI. Come fei per feci. Par., XXXI, t. 16 : Menava gli occhi.

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(SL) SPERULE. Anco in senso di spera per raggio. MUTUI. Purg., XV, t. 25: Come specchio l'uno all' altro rende.

9. (L) RIPREME reprime. DEL TROPPO SI TEME eccedere, e esser molesti. Si. Riempitivo.

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(SL) RIPREME. Par., IV, t. 58: Spreme per esprime. Som. Reprimere i moti del desiderio. PUNTA. Par., I, t. 28: Disio Mai non sentito di cotanto acume. Georg., 1: Curis acuens. III: Stimulos amoris. ATTENTA. Della timida voglia di domandare. Purg., XXV, t. 4: Leva l'ala Per voglia di volare, e non s' attenta D'abbandonar lo nido, e giù la cala. L'ultimo inciso sovrabbonda un po', come qui: Del troppo si teme. Si. Volg. Oros: Si temettero. Vive nel dialetto di Corfu. Sibi timet.

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10. (L) LUCULENTA: lucente. - FESSI: si fece. SE: di sue parole.

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(SL) LA. Postill. Caet.: S. Benedictus, qui non habuit parem in religione. Anon.: Fu prima eremita, poi circa gli anni del Signore 530 edificò il... monasterio (di Monte Cassino). Fu natio di Norcia, e studiò a Roma. MAGGIORE. Purg., XXVII, t. 30: Le stelle Di lor solere e più chiare e maggiori. LUCULENTA. Più che lucente. Mon. Sol terras luculenter irradiat. MARGHERITE. Chiamò (Par., VI, t. 45) margherita il pianeta Mercurio. CONTENTA. Purg., XXVIII, t. 20: E fece i prieghi mici esser contenti, Si appressando sè, che 'l dolce suono Veniva a me.

11. (L) LI TUOI CONCETTI diresti, certo di farci piacere.

(SL) CARITA. Purg., XIV, t. 4. - Par., III, t. 15. ESPRESSI. Inf., XIX, t. 41: Lo suon delle parole verc espresse.

12. (L) ALL'ALTO FINE: a salire a Dio.-DI CHE...di dirlo. (SL) TARDE. Elissi bella, come il Petr. Sforzali RIGUARDE. Altra elissi chiara e felice.

al cielo.

13. (L) GENTE pagana. DISPOSTA di cuore.

(SL) CIMA. Vi era il tempio d'Apollo e di Diana. Benedetto eresse una chiesa in onore dei ss. Giovanni Battista e Martino, non in cima ma sulla costa del monte. Greg., Dial., II: Il castello che dicesi Cassino posto sulla costa d'alto monte, che il qual monte porta questo castello in un suo ripiano. Esso monte per tre miglia ancora si leva dove fu un vetustissimo tempio al qual tutt' intorno crescevano boschi al culto de' demoni. Quivi giungendo l'uomo di Dio, spezzò l' idolo, l'ara

14. Ed io son quel che su vi portai prima Lo nome di Colui che 'n terra addusse La verità che tanto ci sublima.

15. E tanta grazia sovra me rilusse,

Ch'io ritrassi le ville circonstanti
Dall' empio culto che 'l mondo sedusse.
16. Questi altri fuochi, tutti contemplanti
Uomini furo, accesi di quel caldo

Che fa nascere i fiori e i frutti santi. 17. Qui è Maccario, qui è Romoaldo;

Qui son li frati miei che dentro a'chiostri
Fermår i piedi e tennero 'l cuor saldo.
L'affetto che dimostri

18. Ed io a lui:

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Meco parlando, e la buona sembianza, Ch'io veggio e noto in tutti gli ardor vostri, 19. Così m'ha dilatata mia fidanza,

Come 'l sol fa la rosa quando aperta Tanto divien quant' ell' ha di possanza. 20. Però ti prego, e tu, padre, m'accerta S'io posso prender tanta grazia, ch'io Ti veggia con l'immagine scoverta.

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(F) SOVRA. Dipinge l'operazione sopranaturale. 16. (L) Di queEL CALDO...: d'amore divino.

(SL) FOCHI. Æn., VIII: Astrorum ignes. CALDO. Psal., XXXVIII, 4: In meditatione mea exardescet ignis. Par., XXXIII, t. 3: L'amore Per lo cui caldo nell' eterna pace Cosi è germinato questo fiore. Savonarola: Quando viene a persona orante quello caldo della bellezza divina.

(F) CALDO. Psal. XXXVIII, 4: Concaluit cor meum intra me, el in meditatione mea exurdescet ignis. FRUTTI. Aug. de grat. Christi: Le frutta di queste radici fanno i pensieri buoni dalla buona volontà, dalla trista tristi. Si contrappone a quel che dirà poi (t. 27) del Frutto Che fa il cuor de' monaci si folle. Som.: Frutto del sacerdozio buono è la santità del popolo. 17. (L) FRATI: fratelli.

(SL) MACCARIO. Eremita del V secolo, alessandrino, rettore di cinquemila monaci : scrisse regole monastiche. ROMOALDO. Fondatore dell'ordine camaldolese; visse nel secolo X, nacque a Ravenna. Di lui narrò Pier Damiano. FERMAR. Psal. XXXIX, 3: Statuit super petram pedes meos. Ma co' piedi ci tennero il cuore fermo ed intero.

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Frate, il tuo alto disio S'adempierà in su l'ultima spera,

Ove s'adempion tutti gli altri, e 'l mio. 22. Ivi è perfetta, matura, ed intera

Ciascuna disïanza: in quella sola
È ogni parte là dove sempr' era;

23. Perchè non è in luogo, e non s'impola, E nostra scala infino ad essa varca; Onde cosi dal viso ti s'invola.

24. Infin lassù la vide il patriarca

Jacob isporger la superna parte Quando gli apparve di angeli si carca. 25. Ma per salirla mo nessun diparte

Da terra i piedi e la regola mia Rimasa è giù per danno delle carte. 26. Le mura che soleano esser badía, Fatte sono spelonche; e le cocolle, Sacca son piene di farina ria.

21. (L) SPERA: empireo.

(SL) ULTIMA. Par., IV e XXXII.

(F) FRATE. La gloriosa anima del gran fondatore chiama Dante fratello, chè carità richiede uguaglianza.

22. (L) IN QUELLA SOLA... spera ogni punto è immobile.

(F) INTERA. Non ben si vede la gradazione de' DItre aggiunti, che l' uno pare comprenda l'altro. STANZA. Boet. Cons., III: La beatitudine è stato perfetto per l'unione de' beni tutti. Conv. III, 15: Il desiderio esser non può con la beatitudine, acciocchè (perciocchè) la beatitudine sia perfetta cosa, e il desiderio sia cosa difettiva.

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23. (L) NON S'IMPOLA: non gira sui poli suoi come gli altri cieli. VISO: vista. INVOLA la cima. (SL) VARCA. Purg., IV, t. 29: Il poggio sale. INVOLA. Æn., VI: Proripuit sese.

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(F) LUOGO. Il moto è mutazione di luogo: ciò che non è in luogo non si può dunque muovere. Conv., II, 4, dell'ultimo cielo: Ed esso non è in luogo, ma formato fu solo nella prima mente. IMPOLA. Conv., II, 4: Ciascuno cielo di sotto del cristallino ha due poli fermi, quanto a sè; e lo nono li ha fermi e fissi, e non mutabili secondo alcuno rispetto.

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24. (SL) CARCA. Sconveniente all'eterea sostanza angelica. La barca di Flegias: Quand' i' fui dentro, parve carca (Inf., VIII, t. 9).

(F) JACOB. Gen., XXVIII, 12: Vide in sogno una scala che posava sulla terra, e la cima toccava il cielo. ANGELI. Ascendenti e discendenti così, dice Pietro, dovrebber fare gli uomini religiosi davvero, e i principi della Chiesa: ascendere a Dio per la preghiera, per la misericordia scendere agli uomini.

25. (L) Mo: or. PER SALIRLA... NESSUN DIPARTE...: gli è buttar via carta a trascriverla: nessuno l'adempie.

(SL) DANNO. Non vale neanco la spesa della carta; che è più che gettare il ranno e il sapone. 26. (F) SPELONCHE. Gesù Cristo ai venditori nel tempio (Matth., XXI, 13): Faceste della casa mia spelonca di ladroni. Jer., VII, 11: Or non è ella fatta spelonca di ladroni codesta magione ove fu invocato il mio noane negli occhi vostri?

27. Ma grave usura tanto non si tolle

Contra 'l piacer di Dio, quanto quel frutto Che fa il cuor de' monaci si folle. 28. Chè quantunque la Chiesa guarda, tutto È della gente che per Dio dimanda, Non di parente, nè d'altro più brutto. 29. La carne de' mortali è tanto blanda

Che giù non basta buon cominciamento Dal nascer della quercia al far la ghianda. 30. Pier cominciò senz'oro e senza argento, Ed io con orazione e con digiuno, E Francesco umilmente, il suo convento. 31. E se guardi al principio di ciascuno, Poscia riguardi là dov'è trascorso, Tu vederai del bianco fatto bruno.

27. (L) MA GRAVE USURA TANTO NON SI TOLLE...: non dispiace tanto a Dio l'usura, quanto it possedere de' monaci.

(SL) TOLLE. Inf., XXXIV, t. 12: Contra 'l suo Fattore alzò le ciglia. PIACER. Non solo il verbo significava allora la volontà anche divina (Com' altrui piacque, Inf., XXVI, t. 47), ma il nome eziandio. FRUTTO. Propriamente delle rendite. FOLLE. Disse della trista frateria che vaneggia. Par. X, t. 32.

(F) USURA. Alessandro III rimprovera ai monaci ed agli abati cisterciensi l'usura. Bern.: Facultates ecclesiarum patrimonia sunt pauperum: et sacrilega mente eis surripitur quicquid sibi ministri et dispensalores ultra victum el vestitum suscipiunt. Pietro qui cita sentenza simile di Agostino. 28. (L) QUANTUNQUE : quanto. cessario. BRUTTO: laido: amica.

GUARDA Oltre al ne

(SL) BRUTTO. Ha il senso di sozzo anco nel dialetto di Corfù. Inf., VIII, t. 12; XVIII, t. 40.

(F) GUARDA. L'Ottimo cita Girolamo: Ciò che hanno gli cherici, è de' poveri... Parte di sacrilegio è la cosa de' poveri non darla a' poveri. E Bernardo pur citato dall' Ottimo: Gridano li nudi, gridano gli affamati, e lamentansi de' cherici dicendo: A noi che miserabilmente appeniamo per fame e per freddo, che giovano tante veste da mutare, stese in sulle pertiche, o piegate nelle casse? Elli è nostro quello che voi spendete. Som., 2, 2, 185, 7.

NON BASTA BUON 29. (L) BLANDA a corromperli. COMINCIAMENTO...: non dura il bene dal primo seme al

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32. Veramente Giordán volto retrorso

Più fu, e il mar fuggir (quando Dio volse), Mirabile a veder, che qui 'l soccorso. 33. Così mi disse; e indi si ricolse

Al suo collegio; e 'l collegio si strinse; Poi, come turbo, in su tutto s'accolse. 34. La dolce donna dietro a lor mi pinse

Con un sol cenno su per quella scala:
Si sua virtù la mia natura vinse.
35. Nè mai quaggiù dove si monta e cala,
Naturalmente, fu si ratto moto

Ch' agguagliar si potesse alla mia ala. 36. S'io torni mai, lettore, a quel devoto

Trionfo, per lo quale io piango spesso Le mie peccata, e 'l petto mi percuoto; 37. Tu non avresti in tanto tratto e messo

Nel fuoco il dito, in quanto io vidi 'l segno
Che segue Tauro e fui dentro da esso.

38. O gloriose stelle, o lume pregno

Di gran virtù, dal quale io riconosco
Tutto, qual che si sia, il mio ingegno:

32. (L) VERAMente Giordan vÔLTO RETRORSO...: ma quel Dio che fece ritrarsi il mare e retrocedere il fiume al passaggio del popol suo, potrà con minore miracolo soccorrere alla sua Chiesa.

(SL) GIORDAN. Psal. CXIII, 3: Mare vidit, et fugit. Jordanis conversus est retrorsum. Jos., III, 17. FU. Costrutto incerto, come l'imagine della sua speranza. - VEDER. Æn., XII: Mirabile visu. - SOCCORSO. Par., XXVII, t. 24: Ma l'alta Provvidenza... Soccorrà tosto. La parola aiuto, aiutorio, e l'imagine dell' affret tarsi ad esso, è ne' Salmi frequente. De Mon.: Meglio è seguitare il proposito, e in pio silenzio aspettare la giustizia del salvatore nostro. Ott. Non dice il modo (del soccorso); alcuno dice, vendicando; alcuno dice, con migliori pastori correggendo.

33. (L) RICOLSE: sali. 'L COLLEGIO SI STRINSE : le anime tra loro. TURBO: rotondo

(SL) RICOLSE. Terz. 10. COLLEGIO. Purg., XXVI, 1.43: Al chiostro, Nel quale è Cristo abate del collegio. 34. (L) Si: così.

(SL) SCALA. Ascende contemplando al segno de' Gemini sotto il quale egli nacque. Inf., XV, t. 19: Se tu segui tua stella, Non puoi fallire a glorioso porto. VINSE. Purg., XII, t. 42: Fien li tuo' piè dal buon voler si vinti, Che non pur non fatica sentiranno, Ma fia diletto loro esser su pinti.

35. (SL) ALA. Æn., III: Præpetis omixa pennæ. Hor. Carm., III, 2: Virtus... udam Spernit humum fugiente penna.

(F) ALA. Som. Per le penne, o cosa simile, significasi la vita sublime o contemplazione. 36. (L) S'10 TORNI MAI: Così torni io. PER LO QUALE: per ottenerlo.

(SL) LETTORE. L'ultima delle non poche volte che al lettore si volge, quasi per fare dialogo anche con lui. PECCATA. G. Vill. PERCOTO. En., XII: Pectus percussit. Cavalc.: Fortemente piangendo, e il suo petto percotendo.

37. (L) TANTO di tempo.

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(SL) SEGNO. Hor. Sat., I, 6: Rabiosi tempora signi. 38. (L) DAL QUALE per influenza.

(SL) STELLE. Pelli, p. 57. QUAL. Æn., I: Quodcumque hoc regni.

(F) PREGNO. Albumazar: In quo Mercurius est firmatus, disponit hominem ad litteraturam et scientiam.

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39. (L) S' ASCONDEVA: tramontava il sole. D'IO SENTI DA PRIMA L'AER TOSCo: quand' io nacqui. (SL) ASCONDEVA. Georg., 1: Se condit. CoLUI. Purg., XXIII, t. 40: La suora di colui (E'l Sol mostrai). AER. Petr.: Dal mio natio dolce aer losco. En., I: Vescitur aura ætheria.

(F) PADRE. Som.: Il padre degli uomini e degli Dei, cioè il sole e il cielo. Arist. Phys., II: L'uomo e il sole generano l'uomo. Som. Sup., 69: Il sole è principio della vita corporale, Som.: Perchè nello spirito del germe concorre la virtù dell' animo con la virtù de' corpi celesti, però dicesi che l'uomo è generato dall'uomo e dal sole.

40. (L) LA VOSTRA REGION MI FU SORTITA: fra tutti i pianeti, a voi salsi.

(SL) SORTITA. Som. I singolari dalle cause universali sortiscono alcune forme e virtù. Georg., III: Sobolem armento sortire (qui intende elezione). 41. (L) AL PASSO di dipingere il sommo de' cieli.

(SL) DEVOTAMENTE. Più su (t. 36): Devoto trionfo. Non teme ripetere le parole belle e del cuore, tanto meno quant'ha l'anima più altera e severa. E così: A voi sospira l'anima mia è modo frequentissimo nelle comuni preghiere.

(F) TIRA. La difficoltà trae a sè le meuti e le anime forti con forza degna di loro; sole le deboli respinge.

42. (L) ULTIMA: suprema: Dio.

(SL) SALUTE. Rime: Vede perfettamente ogni salute chi la mia donna... vede.

(F) ACUTE. La chiarezza riceve l'oggetto, l' acume va a lui e lo penetra. Som.: L'acume del viso. Hor. Sat., I, 3: Cernis acutum.

43. (L) T'INLEI: penetri in lei.

(SL) INLEI. Par., IX, t. 25 : Inluiare. Par., XXXII,

t. 48: Penetri... per lo suo fulgóre. 41. (L) QUANTUNQUE quanto.

(SL) GIOCONDO. Vite ss. Padri: Tullo allegro e giocondo. - TONDO. Orazio, d'un astronomo (Carm., 1,28): Aërias tentasse domos, animoque rotundum Percurrisse polum.

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