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42. Ben m'accors' io ch'ell'era d'alte lode, Perocch' a me venia: Risurgi e vinci, Com'a colui che non intende e ode. 43. Ïo m'innamorava tanto quinci

Che 'nfino a li non fu alcuna cosa Che mi legasse con si dolci vinci. 44. Forse la mia parola par tropp'osa

Posponendo 'I piacer degli occhi belli
Ne' quai mirando, mio disio ha posa:

42. (L) LODE : lodi di Dio. INTENDE il resto. (SL) ODE. Acta Apost., XXVIII, 26: Aure audietis et non intelligetis.

(F) LODE. Jer., XXX, 19: Egredietur de eis laus, voxque ludentium. Isai., LI, 5: Gaudio e letizia ci si troverà in esse, azione di grazia e voce di lode (Tommaso l'intende del Cielo). Som.: Nello stato de' beati il culto divino sarà solo azione di grazia e voce di laude. RISURGI. La Chiesa: Morendo distrusse la morte, e la nostra vila riparò risorgendo. Duce della vita, morto, regna vivo. - Sappiamo che Cristo risorse veramente da' morti. Tu re vincitore, miserere di noi. 43. (L) QUINCI: di quel suono. piacere.

VINCI vincoli di

(SL) Ïo. Bisillabo che ritrae col suono la cosa. 44. (L) OSA POSPONENDO 'L PIACEr degli occhi belli : ardita posponendo a quel piacere il piacere degli occhi

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(F) SUGGELLI. S'è visto della potenza creatrice che è comparata a sigillo. In una Canzone: Per esemplo di lei beltà si prova. Altrove : Cose appariscon nello suo aspetto che mostran de' piacer di paradiso, Dico negli occhi e nel suo dolce riso, Che le vi reca Amor come a suo loco.

46. (L) DiscHuso: escluso. Quel canto era più dolce che gli occhi di Beatrice non fossero nel sole: ma non di quel che saranno in Marte.

(SL) ESCUSAR. Gioco meno scusabile che quel del XXX dell' Inferno, t. 47: Chè disiava scusarmi, e scusava Me tullavia. DISCHIUSO. Par., VII. I cre scere della bellezza di Beatrice è detto nel Canto seguente, t. 12: Escludere e anche secludere nel linguaggio scolastico.

I Corpi gloriosi.

La gloriosa vita di Tommaso (1) (e questo verso dice col suono l'ammirazione e l'affetto che il Poeta gli aveva) si tace; e la Donna cinta dalle due ghirlande di Santi gli domanda d'un dubbio che Dante non move nè con la voce e neppur col pensiero. S'è già notato come l'intima visione dell'intimo degli spiriti sia dal Poeta tanto più altamente significata quant' egli più viene salendo: ed aveva modello al suo concetto in que' detti di Paolo e di Gesù: Conoscerò com'io son conosciuto (2); Sian uno siccome e noi uno siamo; io in loro e tu in me (3). A quella parola di Beatrice gli spiriti avvivano il canto e la danza, e qui un'altra delle parecchie comparazioni tolte dal ballo, che incominciano con Matilde sul monte; perchè il ballo agli antichi era cosa religiosa, e rappresentazione del cantico; e lo stesso ballo profano celebrato alla viva luce del sole e all'aperto, più modesta cosa che i più d'oggidì non possono imaginare. E gli spiriti cantano, qui come sopra, lui che sempre vive (4),

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e che, non circoscritto, circoscrive ogni cosa (1): perché Dio incircoscritto, tutte le cose in sè comprende (2). In una leggenda: Io vo' farti vedere della potenza mia. E subilo furono aperti gli occhi dell'anima mia, e vedevo la plenitudine una di Dio, nella qual comprendeva tutto il mondo (3), di qua e di là dal mare, e il mare e l'abisso e tutte le cose. Nelle quali non vedevo se non sola la potenza divina in modo affatto inenarrabile. E l'anima, ammirando forte, esclamò e disse: questo mondo è pieno di Dio (4). E comprendevo tutto il mondo quasi una piccola cosa (5): e vedevo la potenza di Dio tutti gli enti comprendere ed empierli tutti. E disse a me: ti mostrai alcuna cosa della potenza mia. Ed io comprendevo talmente, che potevo vie meglio intendere (6) l'altre cose.

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(1) Purg., XI, t. 1; Par., XIV, t. 10. (2) Dion., div. nom.; Som., 1, 1, 8: Dio non è contenuto dalle cose, ma si le contiene. (3) Terz. 10: Non circonscritto, e tutto circonscrive. (4) Par., XIX, t. 48: Della Mente, Di che tutte le cose sʊn ripiene. — (5) Par., XXII, t. 45: E vidi questo globo Tal, ch'io sorrisi del suo vil sembiante. - (6) Par., XXXI, t. 35: Chè veder lei l'acuirà lo sguardo Più al montar per lo raggio divino; XXXIII, t. 27: Fu' più ardito Per questo a sostener tanto ch'io giunsi L' aspetto mio col Valore infinito.

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Beatrice domanda per Dante: Se tanta forza di luce rimarrà all'anime dopo ricongiunte ai corpi risorti, come potranno i sensi corporei sostenerla. Risponde uno spirito, ch'altri vuol essere Salo mone, ma pare sia esso Tommaso: La luce dell'anima sarà così sempiterna, perch'ella è uguale all' ardenza dell' amore, e l'amore alla vivezza della visione divina (1), e la visione alla grazia gratuita che s'aggiunge al merito dell' umano valore (2). Risorti i corpi, il nostro essere sará più pieno, perchè l'anima è creata per essere unita con gli organi corporali; ma questi perfezionerannosi col perfezionamento di lei; e crescendo così la grazia, e quindi l'amore, crescerà la forza della visione eziandio, e però la forza anco negli organi a sostenere in sè ed in altrui l'ardore e la luce (3).

Nel Canto sesto dell'Inferno aveva, a proposito de' tormenti de' dannati se sieno, o non, per crescere dopo la risurrezione de' corpi, toccato di questa medesima questione; ma, perchè Virgilio è ivi che parla, recata sola l'autorità d'Aristotele, cioè dell' umano ragionamento e qui la risolve colla dottrina de' Padri. La quale è questa: È nell'anima un naturale appetito d'amministrare il corpo, dal quale ell' è in certo modo ritardata che con tutta l'intenzione non vada in quel cielo supremo (4). - L'anima separata desidera l'unione del corpo (5). La beatitudine perfetta non dipende dal corpo: ma quanto l'anima sarà più perfetta nella sua natura, tanto più perfettamente avrà la sua propria operazione nella quale consiste la felicità (6). L'anima appetisce fruire di Dio in modo che la fruizione si derivi anco nel corpo come per ridondanza; e però mentr'ella senza il corpo fruisce di Dio, l'appetito di lei riposa in esso bensì, ma alla partecipazione del bene vorrebbe che anco il corpo proprio pervenisse. Ripreso il corpo, la beatudine cresce non d'intensità ma in estensione (7). Adesso godono della beatitudine delle anime solamente, dopo il giudizio godranno anche di quella de' corpi: godranno cioè in quella carne stessa in cui dolori per il Signore e tormenti sostennero (8). Dopo la resurrezione de' beati vedenti l'essenza di Dio ridonderà virtù dall' intelletto alle forze superiori, e fino al corpo (9). Possono le operazioni del senso appartenere a quella beatitudine perfetta che aspet lasi in cielo, perchè dopo la risurrezione, come

(1) Som., 5, 9: La visions o la scienza beata; e 2, 2, 1: Visio patriæ. - (2) Som., 2, 2, 8: I doni gratuiti sopraggiungansi ai naturali; 2, 1, 109, e 1, 1, 12: Il lume naturale dell' intelletto si conforta per l'infusione del lume gratuito. (5) Psal. XXXV, 40: In lumine tuo videbimus lumen. — (4) Aug. cont. Gent., XII. (6) Ivi. (7) Som., 2, 1, 14. (9) Som., 2, 2, 175.

(5) Som., 2, 1, 4.

- (8) Greg. Dial., IV.

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dice Agostino nelle lettere a Dioscoro, avverrà un rifluire, nel corpo e ne' sensi corporei, di persezione nelle operazioni loro (1). Nella gloria dell' anima consiste il premio essenziale, ma la gloria del corpo, ridondando dall'anima, consiste tutta nell'anima originalmente (2).

Della chiarezza de' corpi l'Apostolo: Riformerà il corpo della bassezza nostra configurato al corpo della sua propria chiarezza con operazione per cui possa a sè sottomettere tutte le cose (3). E la Somma: Le anime spiritualmente illuminate si convengono con corpi luminosi; le ottenebrate da colpe, con luoghi tenebrosi (4); Agostino fa i corpi risorti diafani come vetro, e dice che nè potere dell'uomo sarà farsi visibile od invisibile. E una leggenda: Mi mostrò un vestimento, non di porpora, ma egli era un certo lume maraviglioso di cui vestesi l'anima (5).

A queste parole dell' un degli spiriti, le due ghirlande beate risuonano Cosi sia, dimostrando desiderio del ricongiungersi a' corpi loro nella miglior patria, cioè la celeste (6), non tanto per la gioia e gloria propria, quanto per rivedere nell' essere loro perfetto, e in lieta imagine e gloriosa, le madri e i padri e gli altri cari ch'egli ebbero sulla terra, dacchè gli affetti naturali col sopranaturale saranno cumulati. Perchè i beati più godono in veggendo gioire seco coloro che amarono (7). Al benessere della beatitudine eterna concorre la società degli amici (8). Ivi gran numero d'amici ci aspetta, frequente turba di parenti, di padri, di fratelli, di figliuoli della loro immortalità già sicuri, e della salute nostra solleciti ci desiderano (9). Nel comune gaudio di tutti, il gaudio de' singoli si farà viemaggiore (10).

Salgono al pianeta di Marte; e il Poeta sentitosi salire, con tutto 'l cuore (11), e con quella favella ch'è una in tutti (12), cioè dell' amore, della quale Dio è imperatore, meglio che Semiramide o Caterina non fosse delle favelle d'Oriente e di Settentrione (13), fa a Dio olocausto (14)

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(1) Som., 2, 1, 3. (2) Som. Sup., 69, e 5, 8. Greg. Dial., IV, 25. (3) Ad Philip., III, 24. (4) Som. Sup., 69; ed altrove, Corpora gloriosa sunt fulgentia, Di ciò nel libro I delle sentenze, dist. 49, c. 2. (5) Bolland., I, 256. (6) Ad Hebr., XI, 160. (7) Greg. Dial., IV, 33. (8) Som., 2, 1, 4. (9) Cipriano. (40) Glos. in Heb., II. Vedi Som. Sup., 82. - (14) Psal. IX, 2. Confitebor tibi in toto corde meo. »L, 19: Sacrificium Deo spiritus contribulatus; cor contritum et humiliatum, Deus, non despicies - Som., 2, 1, 102. I sacrifizii corporali esprimono l'interior sacrifizio del cuore con cui l'uomo offre sè stesso a Dio. Clem. Alex. Dio colle preghiere onoriamo, e questo è de' santissimi sacrifizii. — (12) Terz. 30. - (13) Inf., V. — (14) Som., 2, 1, 102: L'olocausto era il perfettissimo tra i sacrifizii.

di grazie e l'ardore (1) del sacrifizio (2), non era ancora consumato nel petto di lui, ch'e' conosce accetta (3) l'offerta, perchè vede nuovi splendori apparirgli di nuovi Santi.

Quest'è tra' più belli de' Canti di tutto il poema, non tanto per quel penetrare che fa Beatrice in sul primo nel pensiero di Dante innanzi che nasca il pensiero; non tanto per quella pioggia di luce che refrigera lo spirito, e rammenta la comparazione che poi vedremo de' Celesti ascendenti come falde di neve che scendono (4); non tanto per quella melodia che precede alla risposta, melodia la cui soavità sarebbe a qual si sia merito mercede adeguata; nè per quella voce modesta qual fu dell'angelo a Maria (5), che risponde a Beatrice; nè per il cenno semplice delle madri, che porta i conforti verecondi della famiglia nell'ampiezza de' cieli; nè per le due com

(1) Lev., 1, 15: Le offerte tutte arderà il sacerdote... in olocausto e in odore soavissimo al Signore. - Som., 2, 1, 102 Olocausto era il sacrifizio che bruciavasi tutto; e offrivasi specialmente a riverenza della maestà di Lui e all'amore di sua bontà, e conveniva allo stato perfetto dell'adempimento de' consigli, non che de' precelli, onde siccome tutto l'animale risoluto in vapore ascendeva in alto, così fosse significato che tutto l'uomo, e quanto è di lui, è soggetto al dominio di Dio e deveglisi offerire. — (2) Psal. CVI, 22: Sacrifizio di lode. - L, 21: Sacrifizio di giustizia, -CXL, 2: Elevatio manuum mearum sacrificium vespertinum. Som., 2, 1, 102: Sacrifizio in azione di grazie. Greg Mor. (ult.): Sacrificare la propria volontà. — (3) Som, : Sacrifizii accettissimi. Frequente nelle Scritture: accettabile. (4) Par., XXVII, t. 25. — (5) Terz. 12

parazioni della via lattea distinta di luci maggiori e minori, e della cetra e dell' arpa temperate che coprono e scoprono la voce umana (il che rammenta quegli altri versi si nuovi e si schietti: E come in fiamma favilla si vede, E come in voce voce si discerne, Quand' una è ferma, e l'altra va e riede (1): quanto per l'altra comparazione che dai minuzzoli della polvere nuotanti in un raggio di sole deduce imagine elegante e degna del cielo; e quanto per quello sfavillare che fanno gli spiriti scendenti e salenti per il luminoso vestigio della croce allorchè si passan vicini; e quanto per quella chiarezza che a un tratto uguale da tutte le parti circonda le due ghirlande come la luce dell'alba, e a poco a poco si distingue di nuove anime, fatte in quell' albóre visibili come stelle in sera serena. E in quel punto il Poeta riguarda a Beatrice, e gli occhi di lei lo sollevano in altro cielo, e il riso del pianeta lo fa accorto del luogo mutato; e il pianeta tutto intero è segnato di croce, ed è il pianeta di Marte. Quanto più nobile che in Virgilio Mavors Cælatus ferro, tristesque ex æthere Diræ. Et scissa gaudens vadit Discordia palla, Quam cum sanguineo sequitur Bellona flagello (2). E qui egli rincontra coloro che combatterono per la fede e la verità; Cacciaguida tra gli altri, l'antenato suo, cavaliere, non decorato di croce stellata, ma decorante una stella crociata.

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CANTO XV.

Argomento.

Cacciaguida gli parla: gli narra la sua progenie; e i be' tempi della non per anco corrotta Firenze. Questo Canto e il seguente sono insieme genealogia domestica e civile epopea. L'uomo ed il cittadino, la famiglia ed il secolo, vi stanno dipinti.

Forse la prima parte del Canto è men piena e nel Paradiso, ancor più che nel Purgatorio, possiam notare qua e là certa larghezza che nell' Inferno non è. Perchè troppe cose aveva egli nell' Inferno a dire, e il dolore più lo incalzava e lo sdegno. Nella pittura dell'antica Firenze la semplicità dello stile fa bella armonia di contrasto con la severità solita del Poeta. La satira qua e là sparsa in tanta dolcezza, pare stuoni. Nota le terzine 1, 3, 4, 5, 7, 8; 11 alla 16; 19, 21, 22, 24, 25, 26; 31 alla fine.

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5. Quale per li seren'tranquilli e puri
Discorre ad ora ad or subito fuoco,
Movendo gli occhi che stavan sicuri
6. (E pare stella che tramuti loco;

Se non che dalla parte, onde s'accende,
Nulla sen perde, ed esso dura poco);

7. Tale dal corno che 'n destro si stende,
Al piè di quella croce corse un astro
Della costellazion che li risplende:

:

5. (L) MOVENDO scuotendo. tanti quel lume.

SICURI: non aspel

1:

(SL) QUALE. Æn.,V: Cœlo ceu sæpe refixa Transcurrunt, crinemque volantia sidera ducunt. Stat. Theb., Lapsisque citatior astris. Lucan., X: Quam solet æthereo lampas decurrere sulco, Materiaque carens, atque ardens aere solo. SEREN'. Georg., I: Aperta serena. — PURI. En., II: Pura per noctem in luce refulsit. Hor. Carm., XIX: Nitor... marmore purius. DISCORRE. Nahum, II, 4: Quasi fulgura discurrentia. Æn., II: De cœlo lapsa per umbras Stella facem ducens mulla cum luce cucurrit. IX: Hic primum nova lux oculis obfulsit, et ingens Visus ab Aurora cœlum transcurrere nimbus. Georg., I: Sæpe etiam stellas... videbis Præcipites cœlo labi, noctisque per umbram Flammarum longo a tergo albescere tractus. Semint.: Una stella discorsa dal cielo per le tenebre.

6. (L) SE NON CHE stella non è, perchè la stella non cade, e perché quel fuoco è fuggevole.

(SL) [STELLA. Georg., 1, 565.]

7. (L) UN ASTRO: un'anima.

(SL) CORNO. Crescenz., II, 29: Corni di legno a modo di croce falli. DESTRO. Cacciaguida a diritta tra' più degni. ASTRO. Meglio che l'imagine del carbone, che pure è biblica: ma quella del nastro che segue, la impiccolisce; e pare un nastro proprio di cavaliere moderno.

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15. E quando l'arco dell' ardente affetto Fu si sfocato, che 'l parlar discese Invêr lo segno del nostro intelletto, 16. La prima cosa che per me s'intese: Benedetto sie Tu (fu) Trino ed Uno, Che nel mio seme se' tanto cortese. 17. E seguito: Grato e lontan digiuno, Tratto leggendo nel maggior volume U' non si muta mai bianco né bruno, 18. Soluto hai, figlio, dentro a questo lume In ch'io ti parlo, mercè di colei Ch'all'alto volo ti vesti le piume. 19. Tu credi che a me tuo pensier mei

Da Quel ch'è primo, così come raia Dell' un, se si conosce, il cinque e' sei. 20. E però ch'io mi sia, e perch'io paia

Più gaudioso a te, non mi dimandi, Che alcun altro in questa turba gaia. 21. Tu credi 'I vero, che i minori e i grandi Di questa vita miran nello Speglio In che, prima che pensi, il pensier pandi.

8. (L) LA GEMMA DAL SUO NASTRO: l'anima d'entro al foco. RADIAL: della croce lucente. - CHE PARVE FUOCO DIETRO AD ALABASTRO: la luce di lei si distingueva da lei. (SL) Fuoco. Sap., III, 7: Fulgebunt justi, et tamquam scintillæ in arundineto discurrent.

9. (L) SI PORSE a accogliere Enea. - MAGGIOR MUSA: Virgilio.

(SL) PIA. Bisillabo, come nel I del Paradiso, t. 34. En., III: Vade, ait, o felix nati pietate. - PORSE. Æn., VI: Ire ad conspectum cari genitoris, et ora. - Isque ubi tendentem adversum per gramina vidit Ænean, alacris palmas utrasque tetendit; Effusæque genis lacrima. Cic., Somn. Scip.: Vedi venire a te Paolo padre tuo. Il qual come io vidi, io diedi in lagrime molte; ed egli abbracciandomi e baciandomi vietava di piangere. E io, appena potetti reprimere il pianto e cominciare a dire: Prego, padre mio, santissimo e ottimo dappoichè questa è vita, che più fo io dimora sulla terra? - MAGGIOR. Purg. VII, t. 6: Per cui Mostrò ciò che potea la lingua nostra. MUSA. Buc., VI: Nostra... Thalia. ELISIO. Æn., V: Elysium... colo.

10. (L) O SUPER INFUSA GRATIA DEI! SICUT TIBI, CUI DIS... ora e dopo la morte, a chi, come a te, fu aperta la porta del cielo per grazia soprabbondante di Dio.

(SL) SANGUIS. Parole che in Virgilio Anchise volge a Cesare (Æn., VI). Parla latino per indicare il tempo in che Cacciaguida visse. O forse per indizio di dignità. Così nella Vita Nuova Amore gli parla latino. Bis. Par., X, t. 29: U' senza risalir, nessun discende. A s. Paolo fu aperto il cielo; ma qui parla degli uomini del suo tempo.

12. (L) DELLA MIA GRAZIA di quanta grazia mi fu

concessa.

13. (L) GIUNSE aggiunse. PRINCIPIO di dire.

(SL) PENSAI. Vita Nuova: Egli mi parve allora vedere tutti li termini della beatitudine.

14. (L) ELEZÏON: volere. SI SOPRAPPOSE: volò più alto.

(SL) GIOCONDO. Vedi la luce e senti l'armonia e la letizia delle parole.

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(SL) SEGUITO. Interrompe il dialogo con arte tanto più notabile quant'è più naturale. — GRATO. Æn., VI: Venisti tandem tuaque spectata parenti Vicit iter durum pietas! LONTAN. Come allungare per allontanare. - DIGIUNO. Petr., son 197.- TRATTO. Æn., IX: Collecta fatigat edendi Ex longo rabies. LEGGENDO. Inf., XIX, t. 18: Di parecchi anni mi menti lo scritto. VOLUME. En., VI: Sic equidem ducebam animo, rebarque fulurum, Tempora dinumerans ; nec me mea cura fefellit. (F) MAGGIOR VOLUME. Anche le creature son libro da leggerci il vero.

18. (L) SOLUTO... DENTRO A QUESTO LUME: appagato in me. DI COLEI: di Beatrice.

(SL) SOLUTO, Ovid. Met., V. - Bocc.: Solver il digiuno di veder lei. PIUME. Boet. Sunt..... pennæ volucres mihi, Quæ celsa conscendant poli. Quas sibi quum velox mens induit, Terras perosa despicit.

19. (L) MEI DA QUEL CH'È PRIMO, COSÌ COME... venga chiaro da Dio come nell'unità son tutti i numeri.

(SL) MEI. Inf., XXIII, t. 10; Venieno i tuoi pensier' tra' miei.

(F) PRIMO. Som. C'è un Primo che per sua essenza è l'Ente ed il Bene, cioè Dio. Conv., II: La prima mente, la quale i Greci chiamano Protonoe. Lettera a Cane: Principio, seu primo videlicet Deo. - -RAIA. Anco ne' numeri è luce, se in essi è armonia.

21. (L) I MINORI E I GRANDI... MIran nello SpeglIO...: i più e men beati mirano in Dio che vede i pensieri prima de' fatti.

(SL) PANDI. In Virgilio, della parola, più volte.

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