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(F) SUSTANZIA. Paolo, del Verbo: Qui cum sit... figura substantiæ ejus (Ad Hebr., I, 3). E per ipostasi fu detto sostanza. Conv., II, 6: La maestà divina è in tre persone che hanno una sustanza.

10. (L) COMPIÈ 'L CANTARE E 'L VOLGER SUA MISURA: fermaronsi le voci e le danze.-ATTESERSI: attesero.

(SL) ATTESERSI. Inf., XVI, t. 5: Alle lor grida... s' altese. CURA. Ogni nuovo pensiero è ad essi nuova felicità.

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(SL) RUPPE. Æn., X: Silentia.... rumpere. CONCORDI. BUC., IV: Dixerunt... Concordes stabili fatorum numine Parcæ. -- NUMI. Ott. Partecipanti della deitade. Par., V, t. 41: Credi come a dii. Æn., II: Numina magna Deùm : poichè nume è più l'azione della divinità che essa divinità. Ix. Par., X, t. 28: E dentro all'un sentii cominciar. — Fúm per mi fui (Purg., XXII, t. 30).

12. (L) QUANDO...: giacchè hai inteso che voglia dire u' ben s’impingua, veniamo a quel ch'ho detto di SaJomone. TRITA battuta.

(SL) UNA. Par., X, t. 52: U' ben s'impingua. – TRITA. Georg., 1: Pingues palea leret arca culmos. Spiegare il vero è quasi liberar dalla paglia il grano che sarà nutrimento. ALTRA. Par., X, t. 58: Non surse 'l secondo.

13. (L) NEL FETTO ONDE LA COSTA SI TRASSE....: nel petto d'Adamo. GUANCIA d'Eva che morse il pomo.

(SL) GUANCIA. Omero in un solo aggiunto dice bella guancia, donna bella: ma petto da cui viene la guancia e dalla guancia il palato, perchè poi si ritorni al lume infuso, e nel petto autore della costa, e in altro petto forato dalla lancia, e si conchiude con la bilancia della colpa dopo il costo del palato, non fa bel vedere nè pensare profondo.

14. (L) QUEL di Gesù Cristo. PRIMA di morire. (F) Soddisfece. Som. e Conc. di Trento: Cristo per noi soddisfece a Dio. Som.: Sacrifizio in soddisfazione de' peccati.

15. Quantunque alla natura umana Lace
Aver di lume, tutto fosse infuso
Da quel Valor che l'uno e l'altro fece.
16. E però ammiri ciò ch'io dissi suso

Quando narrai che non ebbe secondo Il ben che nella quinta luce è chiuso. 17. Ora apri gli occhi a quel ch'io ti rispondo; E vedrai il tuo credere e 'l mio dire Nel vero farsi come centro in tondo. 18. Ciò che non muore, e ciò che può morire, Non è se non splendor di quella Idea Che partorisce, amando, il nostro Sire. 49. Chè quella viva Luce che si mea

Dal suo Lucente, che non si disuna Da lui ne dall'Amor che'n lor s'intrea; 20. Per sua bontate il suo raggiare aduna, Quasi specchiato, in nuove sussistenze, Eternalmente rimanendosi una. 21. Quindi discende all'ultime potenze,

Giù d'atto in atto, tanto dividendo,
Che più non fa che brevi contingenze.
22. E queste contingenze essere intendo
Le cose generate, che produce,

Con seme e senza seme, il ciel movendo.

15. (L) QUANTUNQUE quanto.

Dio.

DA QUEL VALOR: da L' UNO E L'ALTRO Adamo e Cristo. (SL) VALOR. Par., X, t. 1: Lo primo ed ineffabile Valore.

(F) LUME. Som. Lo spirito infondente il lume naturale. TUTTO. Som.: L'umanità di Cristo fu da Dio ripiena di Grazia, INFUSO. Som. Scientiam per infusionem habuisse. - Infusa nell'anima la giustizia. L'uomo innanzi il peccato alcune cose de' divini misteri conobbe con manifesta cognizione, che ora non possiamo conoscere se non credendo.

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(SL) PARTORISCE. Parere ha senso amplissimo, onde aperire.

19. (L) LUCE che si mea dal suo LUCENTE...: luce del Verbo che move dal Padre, rimanendo una seco e collo Spirito che fa trinità con loro.

(SL) MEA. Æn., VI: Cœli... meatus. Della virtù divina, Boezio: In semet reditura meat. 20. (L) PER SUA BONTATE IL SUO RAGGIARE ADUNA: per gratuita bontà raccoglie nelle creature il suo bene.

(SL) UNA. Par., XXIX, t. ult. Tanti Speculi fatti s'ha, in che si spezza, Uno manendo in sè come davanti. Meglio qui.

(F) NUOVE. Le chiama, alla scolastica, sussistenze, perchè stanno da sè, non come le qualità, abbisognanti di sostanza. Par., VII, t. 24: Cose nuove, cause non necessarie.

21. (L) ULTIME POTENZE: creature inferiori. - TANTO DIVIDENDO, CHE... venendo giù, che crea solo corruttibili cose.

22. (L) CIEL. Caso retto (colle influenze sue).

(SL) Produce. Æn., XII: Qualia nunc hominum producit corpora tellus. Som, Productioncs rerum. (F) SEME. Con seme, animali e piante; senza,

23. La cera di costoro, e chi la duce,

Non sta d'un modo: e però sotto'l segno Ideale, poi, più o men traluce: 24. Ond' egli avvien ch'un medesimo legno, Secondo specie, meglio e peggio frutta; E voi nascete con diverso ingegno. 25. Se fosse a punto la cera dedutta,

E fosse il cielo in sua virtù suprema; La luce del suggel parrebbe tutta; 26. Ma la Natura la dà sempre scema,

Similemente operando all'artista Ch'ha l'abito dell'arte, e man che trema. 27. Però se'l caldo Amor la chiara vista Della prima virtù dispone e segna, Tutta la perfezion quivi s'acquista.

certi insetti, funghi e simili che falsamente credevansi nascere senza seme. Ma (Purg., XXVIII) per rendere ragione di piante che nascono senza seme, lo fa venire dall'Eden. Forse qui intende non le vite animali e vegetanti, ma i corpi bruti che non nascono di seme. Anco di questi però Virgilio: Magnum per inane coacta Semina terrarumque, animæque, marisque fuissent, Et liquidi simul ignis, ut his exordia primis Omnia (Buc., VI).

23. (L) LA Cera di costoro, e chi la duce...: la materia delle cose generate e le intelligenze motrici de' cieli che la figurano per varii modi: onde essa intelligenza più o meno apparisce nella materia.

(SL) DUCE. Æn., VI: Ducent de marmore vultus. (F) IDEALE. Ogni cosa è splendore d'idea divina. 24. (L) UN MEDESIMO LEGNO, SECONDO SPECIE...: due alberi della stessa specie hanno frutto diverso. INGEGNO: indole.

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(SL) LEGNO per pianta nella Genesi. Joel, II, 22: Lignum attulit fructum suum. — INGEGNO. Ai Latini valeva indole. Degli uccelli, Virgilio (Georg., I): Sit divinitus illis Ingenium.

(F) INGEGNO. L'anime tutte eguali; la differenza viene dagli organi corporei.

25. (L) SE FOSSE A PUNTO LA CERA DEDUTTA... se le influenze celesti fossero sempre nel più alto punto, e la materia per l'appunto disposta, le cose sarebbero perfette.

(F) SUPREMA. Non d'atto in atto discesa. 26. (L) LA DÀ: la luce. CH'HA L'ABITO DELL' ARTE, E MAN CHE TREMA: non può tutto esprimere quel che sente.

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28. Cosi fu fatta già la terra degna

Di tutta l'animal perfezione: Cosi fu fatta la Vergine pregna. 29. Si ch'io commendo tua opinione,

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Che l'umana natura mai non fue Nè fla qual fu in quelle due persone. 30. Or s'io non procedessi avanti piue, Dunque come costui fu senza pare? Comincerebber le parole tue. 31. Ma, perchè paia ben quel che non pare, Pensa chi era, e la cagion che'l mosse, Quando fu detto Chiedi, a dimandare. 32. Non ho parlato sì che tu non posse

Ben veder ch' ei fu re che chiese senno, .Acciocchè re sufficiente fosse;

33. Non per saper lo numero in che enno Li motor' di quassù, o se necesse Con contingente mai necesse fenno; 34. Non si est dare primum motum esse; O se del mezzo cerchio far si puote Triangol si ch'un retto non avesse.

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vuoi.

(SL) CHIEDI. Reg., III, III, 5: Chiedi quello che

32. (L) POSSE: possa. SUFFICIENTE: idoneo.

(F) SENNO. Reg., III, III, 7, 9: Regnare fecisti servum tuum... ego autem sum puer... ignorans.... Dabis... servo tuo cor docile, ut populum tuum judicare possit. Conv. IV, 27: Se ben si mira, dalla prudenza vengono i buoni consigli... E questo è quel dono che Salomone, veggendosi al governo del popolo essere posto, chiese a Dio. Eccle., 1, 16: Præcessi omnes sapientia, qui fuerunt ante me in Jerusalem. — SUFFICIENTE. Aveva senso quasi di pienamente efficiente. Ad Corinth., II, III, 5: Sufficientia nostra ex Deo est. Som. Deus sufficienter continet omnia.

33. (L) ENNO: sono gli Angeli. · NECESSE FENNO: fecero conseguenza necessaria.

(F) LI MOTOR' delle sfere (Conv., II, 5), che sono intelligenze spirituali. Aristotele (De cœlo et mundo, I) li dice tanti, quanti i moti del cielo; Platone, quante le specie delle cose. NECESSE Aristotele nega che contingente con necessario facciano necessario; Platone l'afferma. Verità necessaria con contingente non può dar conseguenza necessaria, perchè la conclusione segue sempre la parte più debole. 34. (L) SI EST DARE PRIMUM MOTUM ESSE: se dar l'essere è dare il moto. SE DEL MEZZO DEL CERCHIO... se in un semicerchio si possa iscrivere triangolo, un lato

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35. Onde se ciò ch'io dissi, e questo note:

Regal prudenza è quel vedere impari In che lo stral di mia 'ntenzion percuote: 36. E se al surse drizzi gli occhi chiari,

Vedrai aver solamente rispetto,

Ai regi che son molti, e i buon' son rari. 37. Con questa distinzion prendi 'l mio detto: E cosi puote star con quel che credi Del primo padre e del nostro Diletto. 38. E questo ti fia sempre piombo a' piedi, Per farti mover lento, com' uom lasso, E al si e al no che tu non vedi. 39. Chè quegli è tra gli stolti bene abbasso, Che senza distinzione afferma o niega Cosi nell' un come nell'altro passo. 40. Perch' egli incontra che più volte piega L'opinion corrente in falsa parte; E poi l'affetto lo 'ntelletto lega.

del quale sia il diametro del cerchio, senza che formi un angolo retto: cosa impossibile.

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(F) ESSE. Se il mondo sia eterno, cioè se bisogni porre un moto che non venga da altro moto: no, perchè ripugna alle cause il procedere in infinito. Il costrutto non è chiaro. CERCHIO. Qui Pietro cita Euclide. E vuol dire : Salomone non chiese a Dio sapienza astronomica, logica, metafisica, geometrica; ma pur politica. 35. (L) NOTE: tu noti. QUEL VEDERE IMPARI: quel vedere ch'io dissi in Salomone esser sommo, era senno di re. Fu il primo de' re, non degli uomini.

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(SL) IMPARI. Purg., XIII, t. 40: Letizia.... ad ogni altra dispári. Abbiamo impareggiabile. PERCUOTE. Par., IV, t. 20: In alcun vero suo arco percuote. 36. (L) AL SURSE: dice surse non nacque veggente.

(SL) CHIARI. Par., VI, t. 29: Se... si mira Con occhio chiaro e con affetto puro. — REGI. Reg. III, II, 13: Dedi tibi... gloriam; ut nemo fuerit similis tui in regibus cunctis.

37. (L) DILETTO: Gesù Cristo.

(SL) PRENDI. Nel senso scolastico d'accipere. DILETTO. Cant. Cantic., I, 12, 15, 15; II, 5, 8, 9, 10, 16, 17; III, 5: Dilectus meus. Meglio intendere così, che diletto in senso di conforto ed amore. Semint.: Era grande diletto del suo padre e della sua madre.

(F) STAR. Som.: Privatio illius accidentis non polest stare cum subjecto.

38. (L) TI FIA SEMPRE PIOMBO A' PIEDI: distingui sempre. (SL) PIOMBO. I versi vanno lenti.

39. (L) NELL'un come nell'alTRO PASSO: al si e al no. (F) UN. Cic., Acad., IV: Non è cosa più sconcia che fare alla cognizione e alla percezione l'affetto e l'assentimento precorrere.

40. (L) Incontra che più volTE PIEGA.......: avviene che l'opinione va al falso perchè la passione impedisce veder bene.

(SL) PIEGA. Som.: Flectatur in bonum aut in malum. OPINION. Conv, Caduti nella fossa della falsa opinione. LEGA. Purg, XVIII, t. 9: Natura, Che per piacer di nuovo in voi si lega.

(F) PARTE. Som. Se l'intelletto inclina in una parte piucchè in altra e lo fa con dubbio o temenza, quella è opinione: ma se con certezza e senza quella tale temenza, allora è fede. Arist. Post., 1: L'opinione è cosa debole e mal ferma, nè procede da perfetta volontà.

41. Vie più che 'ndarno da riva si parte,
Perchè non torna tal qual ei si muove,
Chi pesca per lo vero e non ha l'arte.
42. E di ciò sono al mondo aperte pruove
Parmenide, Melisso, Brisso, e molti
Li quali andavano e non sapén dove.
43. Si fe' Sabellio, ed Arrio, e quegli stolti
Che furon come spade alle Scritture,
In render torti li diritti volti.
44. Non sien le genti ancor troppo sicure
A giudicar, sì come quei che stima
Le biade in campo pria che sien mature.
45. Ch'io ho veduto tutto ' verno prima
Il prun mostrarsi rigido e feroce,
Poscia portar la rosa in su la cima.
46. E legno vidi già dritto e veloce

Correr lo mar per tutto suo cammino,
Perire al fine all' entrar della foce.

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(F) PARMENIDE d'Elea, scolare a Senofane, maestro a Zenone. MELISSO di Samo: diceva, tutte cose venire da una, in una redire. Confutati da Aristotele (Phys., I) come Panteisti: Parmenide disse meglio chè Melisso, che questi dice, l'infinito essere il tutto; e quegli, che il tutto è racchiuso nel mezzo equidistante da' termini. Melisso vuole l'universo immobile. BRISSO. Cercava la quadratura del circolo. Confutato da Aristotele (Post. anal., IX). DOVE. Conv. IV, 22: Siccome dice il Filosofo nel primo dell' Etica, e Tullio in quello del Fine dei beni: male tragge al segno quegli che nol vede.

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43. (L) COME SPADE ALLE SCRITTURE: mutilavan la Bibbia e falsavano.

(SL) STOLTI. Ha questo titolo più sopra; e lo lesse più volte ne' Salmi e in Orazio (Epist., II, 2): Pravam stultitiam. SCRITTURE. Plurale. Som.: Meditationem Scripturarum. — VOLTI. Cresc. Par., II, t. 22: Diversi volti degli astri. Inf., XXIII, t. 40: Faccia de' pensieri. Par., XXIX, t. 50: Quando è posposta La divina Scrittura, o quando è tôrta.

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(F) SABELLIO. Del terzo secolo: condannato nel Concilio d'Alessandria. Ambr., de divin. Fil., VII: Sabellius, ipsum Patrem ipsum Filium profitetur. Di loro, Tommaso (Cont. Gent., IV). ARRIO. Negava il Verbo consustanziale al Padre: condannato nel Concilio di Nicea nel 325. Som.: L'eresia di Ario che separò la divinità è più detestabile che quella di Nestorio che separò l'umanità dalla persona del figliuolo di Dio.

44. (L) GIUDICAR dannata l'anima, come molti fanno di Salomone.

45. (L) FEROCE: selvaggio.

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Il primo costrutto del Canto potrebb'essere meno involuto e di maggiore evidenza; ma raccogliendo da più regioni del cielo le stelle che fanno di bisogno all'idea del Poeta, e ordinandole in due nuove costellazioni al suo cenno, dimostra come dal regno del possibile non solo la scienza, ma possa l'arte anch'ella ampliarsi. E perchè la similitudine qui non è tolta da cosa che è, il Poeta si tiene in debito di spendere tre versi per imporre ai lettori che la nuova imagine ritengano ferma innanzi alla mente, secondo quel di Basilio: Ferma con l'imaginazione quelle cose che desidera e le vagheggia. E qui abbiamo la ferma rupe (1), comparazione che due volte è in Virgilio (2); come altrove la torre ferma (3) a ritrarre la fermezza dell' animo. E siccome altrove lo spazio di mille anni all'eternità dicesi meno che un batter d'occhi Al cerchio che più tardi in cielo è torto (4); qui la luce e il canto delle anime (ciascheduna delle quali è un sole, e muovono cantando i due cori, l'uno a diritta e l'altro a manca, acciocchè la varietà de' due moti circolari aggiunga alla bellezza dell'unità e alla potenza dell'armonia) vince tanto le imagini umane quanto le Chiane, fiumana lenta, si muovono men ratte del più rapido cielo. E qui, non come nell' Eliso di Virgilio, che mangiano, e cantano il Peane, ma cantano in gioia tutta di spirito: Tre Persone in divina natura, Ed in una sustanzia essa e l'umana (5).

Egli è Tommaso, non Bonaventura, che muove il primo rimprovero a' frati degenerati, si perchè, come domenicano e predicatore, egli ha a essere più severo; si perchè dagli scritti e dalla vita di lui apparisce maggiore franchezza ad applicare la regola del diritto eterno ai negozi della vita. Ed

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è Tommaso che tocca della sapienza di re Salomone, e poi dichiara il suo detto, intendendo che trattasi di sapienza di re, e che del resto era maggiore il lume infuso nelle anime d'Adamo (1) e di Cristo (2). Numera Tommaso alcune delle questioni di scienza che re Salomone non chiese a Dio di sapere: il numero de' celesti motori (3); se principio necessario insieme con elemento contingente diano effetto o deduzione necessaria (4); se la creazione consista nel moto, e se sia necessaria l'idea d'un primo movente (5); se triangolo, la cui ipotenusa passa per il centro d'un semicerchio, possa essere senz'angolo ́retto (6): delle quali questioni le tre prime sono collegate tra sé, e collegano a sé la quarta; dacchè la fisica, recandosi all' idea del moto, necessariamente conduce alla metafisica, siccome è da vedere nel trattato d'Aristotele, dal quale gioverebbe che i moderni studiosi della natura apprendessero l'arte dell'osservare e l'arte dello scoprire; le quali senza l'arte del filosofare,

(1) Som., 2, 2, 5: All'uomo, innanzi la caduta, Dio era presente per lume di sapienza più che a noi. Della scienza d'Adamo e della scienza infusa vèdi la Somma (1, 1, 93; 3, 1, 11). (2) Som., 5, 2: Dal principio della concezi me fu la natura umana unita alla divina persona, e l'anima di lui ripienu del dono della grazia. Ad Coloss., II, 3: Nel quale (in Cristo) son tutti i tesori di sapienza e di scienza nascosi. Som., 5, 9: Ebbe infusa non solo la scienza beata, ma ogni sapere. Aug. In Christo omnes gratiæ. Ad Coloss., I, 19: In ipso (in Christo) complacuit omnem plenitudinem divinitatis inhabitare. Som., 1, 1, 20: Cristo è maggiore di tutto il genere umano essendo Dio ed uomo. - (5) Som., 2, 2, 104: Le cose naturali son mosse dai loro motori. — (4) Som., 2, 1, 10: Da cause necessarie per mozione divina seguono effetti di necessità; da cause contingenti, effetti contingenti. Ivi, 1, 1, 19: Dio vuole che alcune cose sien necessarie, altre poi contingenti, acciocchè sia ordine nelle cose a compimento dell' universo: e però a certe cose adatto cause necessarie, it cui effetto non può venir meno; ad altre adattò cause contingenti e difettibili. — (5) Arist. Phys., VIH: Non si può con le cause procedere in infinito: bisogna salire a un principio movente. V. Som., 2, 1, 9. — (6) La Somma (1, 1, 12) reca la similitudine del triangolo.

diventano casuali. E delle tre, la questione di mezzo, cioè quella del necessario e del contingente, collega insieme non solo la questione teologica della creazione e delle intelligenze superiori all'umana con la filosofica dell' origine delle cose, e delle leggi morali che si fondano in essa; ma collega la metafisica con la logica, la quale tutta riposa sul principio della necessità, e da quello movendo alla contingenza come dal più al meno, anziché come dal si al no, ci ritrova le norme della probabilità e della analogia, le due grandi regole del pensare e del dire e dell'operare. Dice dunque Tommaso che Salomone non chiese di tutta specie sapienza, ma il senno di re, perchè i re sono molti e i re buoni rari, secondo quello d'esso Tommaso che, Avuta la potestà, può all'uomo mancare la sapienza (1). E però disse di Salomone: A veder tanto non surse 'l secondo (2), e con sottigliezza dialettica nota qui: Se al SURSE drizzi gli occhi chiari (3); come dire: non nacque il sapientissimo de' veggenti, che forse il pastore Amos la sapeva più lunga di lui, ma sorse il più veggente de' re. E dice surse, non perchè tutti i re sorgano, dacchè taluno di loro è da Dante chiamato bestia (4); ma sorgono quelli che veggono il giusto. E non dice fare, ma semplicemente vedere che quanto al fare, anco tra' regnanti ce n'è di meglio di re Salomone: e tanto è ciò vero, che dubitavasi della sua salvazione; e Dante pare che intenda fare atto di liberalità e di clemenza facendolo non compagno allo 'mperador del doloroso regno (5).

La risposta incomincia dal verso veramente scolastico E qui è uopo che ben si distingua (6), che rammenta quel della Somma: hic duplici distinctione opus est (7). E anco nel giovanile lavoro della Vita Nuova Dante si prende la cura di conciliare le contraddizioni apparenti del dir suo distinguendo, perch' e' sa che discrezione suona senno e sapienza (8) e anche prudenza e modestia. E alla fine del Canto ritorna su questo, e chiama stolto chi senza distinzione afferma o niega (9), servendo all'opinione dominante senza cercarne la ragione e renderla a sè, e così lasciando la passione precorrere all'intelligenza e farsela schiava. Onde il vizio del confondere quello che va distinto è dato per fonte all'errore insieme e alla colpa, e il vincolo della logica colla morale chiaramente additato (10).

(1) Som., 2, 1, 2.

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(2) Par., X, t. 38.

- (5) Terz. 36. - (4) Par., XIX, t. 49. (5) Inf., XXXIV, t. 40. (6) Par., XI, t. 9. (7) Som., 2, 2, 8. — (8) Som., 2, 1, 102. (9) Terz. 39. (10) Arist. Phys. : Il che essi non avendo distinto traviaronsi dalla verità. Vie più che indarno da riva si parte, Perchè non torna tal qual ei si muove, Chi pesca per lo vero e non ha l'arte (t. 41). Dice che non solo ne torna vuoto, ma peggiore di quando si mosse, intendendo che col falso esercizio dell' ingegno corrompesi il cuore.

Ma il Canto sarebbe vuoto se d'altro non dicesse che della sapienza di re Salomone. Da questa il Poeta ascende all'idea della creazione e dell'ordine universale, come suole sovente, ma in varii modi e riguardi. Ed ecco il ragionamento che si tesse qui. Gli enti e immortali e mortali son raggio del Verbo, che nelle creature riflette più o meno del lume proprio, e le meno perfette fa essere più in potenza ed in contingenza. Se in tutte la materia fosse ugualmente disposta, e l'influenza de' motori celesti piena, tutte le creature sarebbero perfette ugualmente, così come l'umanità d'Adamo nel genere suo, ed in sè quella di Cristo. Ma dai varii gradi d'attitudine nel soggetto, non da difetto della virtù creatrice, proviene quaggiù la diversa dignità delle cose. Però nel Convivio, III, 7: La divina bontà in tutte le cose discende; e altrimenti essere non potrebbono: ma avvegnachè questa bontà si move da semplicissimo principio, diversamente si riceve, secondo più e meno delle cose ricevute. Onde è scritto nel libro delle Cagioni: La prima bontà manda le sue bontadi sopra le cose con un discorrimento. Veramente ciascuna cosa riceve da questo discorrimento secondo il modo delle sue virtù e del suo essere. Onde vediamo che quella distinzione la quale è qui segnata come norma ai giudizii degli uomini, è insieme la legge delle operazioni di Dio; ed appunto per ciò è vera norma. Ora torniamo ad illustrare a passo a passo.

Ciò che non muore, e ciò che può morire (1), Non è se non splendor (2) di quella Idea Che partorisce, amando, il nostro Sire (3).- Dio non conosce sè per idea. L'idea in Latino dicesi forma. L'idea in Dio, non è altro che l'essenza di Dio (4). - Le ragioni delle cose, in quanto sono in Dio conoscente, diconsi idee (5). - Idea vale esemplare (Or Dio è l'esemplare supremo) (6). Le idee in Dio non nascono nè periscono; ma second' esse è formato quanto nasce e muore e quanto può nascere e morire (7). Le virtù attrici delle cose sono originalmente nel verbo di Dio secondo le ragioni ideali; poi sono negli elementi del mondo ove furono dal principio prodotte insieme; poi sono in quegli enti che dalle cause universali produconsi secondo le successioni de' tempi (8).

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(1) Aristotele (Phys., II, 7) distingue la cosa mobile, cioè creata, che muore, e quella che non muore. (2) Ad Hebr., I, 2, 3, 5: In filio... per quem fecit et sæcula. Qui cum sit splendor gloriæ, et figura substantiæ ejus, portansque omnia verbo virtutis suæ... Cui... dixit aliquando Angelorum: Filius meus es tu, ego hodie genui te. - (5) Terz. 18. — (4) Som., 1,4, 15. (5) Som., 1, 1, 14. — (6) Som., 1, 1, 15. Boet.: Tu cuncta superno Ducis ab exemplo. (7) Aug., Q. LXXXIII. Qui Pietro rigetta la sentenza di Platone, il qual poneva le idee principii della cognizione delle cose e della generazione di quelle (Som., 1, 1, 115). — (8) Aug, in Gen., VI.

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