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IL PARADISO

68*

CANTO I.

Argomento.

Sorge il sole. Beatrice in lui guarda, Dante in Beatrice; s'innalzano alla sfera del fuoco. Ella gli spiega come e' possa vincere la gravità propria, e salire, perchè tratto verso il suo principio, a cui lo porta invincibile amore. Amore è, per Dante, ogni affetto, ogni istinto, l'attrazione de'corpi. E questo rammenta la dottrina del Canto XVIII del Purgatorio.

Parte del primo Canto è commentata dal Poeta stesso nella lettera a Cane, ma in modo scolastico e pedantesco. Pure dimostra come ogni invenzione ed espressione sua fosse ponderata: sebbene assurdo sarebbe imaginare che egli a tutte quelle cose pensasse innanzi di comporre o nell' atto.

1.

Nota le terzine 1, 3, 5, 7, 8, 10; 12 alla 15; 17, 18, 20, 21, 23, 24, 26, 27, 31, 35, 38, 39, 45, 46, 47.

La

gloria di Colui che tutto muove, Per l'universo penetra; e risplende In una parte più, e meno altrove.

2. Nel ciel, che più della sua luce prende, Fu' io; e vidi cose che ridire

Në sa ne può qual di lassù discende.

1. (F) GLORIA. Ezech., XLIII, 5: La casa era piena della gloria di Dio. -MUOVE. Joan., I, 3: Tutte le cose per esso furono falle. August.: Chi tutto muove, nè egli è mosso. — PENETRA. Dante, lettera a Cane: Penetra quanto all'essenza, risplende quanto all'essere. Conv., III,14: Il primo agente, cioè Dio, pinge la sua virtù in cose per modo di diritto raggio, e in cose per modo di splendore rinverberato; onde nelle intelligenze raggia la divina luce senza mezzo, nelle altre si ripercuote da queste intelligenze prima illuminate. Dante, lettera a Cane: La ragione evidentemente dimostra che il lume divino, cioè la bontà, sapienza e provvidenza, risplende per ogni dove. August.: Iddio è tutto in cielo, in terra; per ogni dove egli è tutto. Isai., LXVI, 1: Il cielo è mia sedia, la terra sgabello de' piedi mici. - VI, 3: La terra è piena della gloria di lui. Habac., III, 3: La gloria di lui ricoperse i cieli e della sua lode è piena la terra. Psal. XVIII, 1: I cieli narrano la gloria di Dio. Eccli., XLII, 16: Della gloria del Signore è piena l'opera sua, Jer., XXIII, 24: Il ciclo e la terra io non riempio ? Psal. CXXXVIII, 7, 8: Dove me n'andrò dallo spirito tuo e dove dalla faccia tua fuggiró ? Se ascendo al ciclo, ivi sei; se discendo all' abisso, eccoli. Sap., I, 7: Lo Spirito del Signore ha ripieno l'universo. Parecchi di questi passi sono recati da Dante nella lettera a Cane. Dion., Div. Nom. I procedere della virtù divina penetrante ogni cosa. Som.: La virtù spirituale penetra per tutti i corpi.

2. (L) QUAL: qualunque.

(F) CIEL. Tropologicamente, dice Pietro, il Paradiso è lo stato de' virtuosi che sono in gioia ed in fama. - Fu. Ovid. Fast., I: Felices animos, quibus hæc cognoscere primis, Inque domos superas scandere cura fuil! Citato da Pietro. RIDIRE. Dante, Rime: Quel

3. Perch' appressando sè al suo disire, Nostro intelletto si profonda tanto, Che retro la memoria non può ire.

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ch'ella par quand' un poco sorride Non si può dicer nẻ tenere a mente. Amor... Move cose di lei meco sovente, Che l'intelletto sovr' esse disvia... non son possente Di dir quel ch'odo della donna mia. E certo e' mi convien lassare in pria, S' io vo' cantar di quel ch'odo di lei, Ciò che lo mio intelletto non comprende; E di quel che s'intende Gran parte, perchè dirlo non saprei. SA. Ad Corinth., I, II, 9: Ne occhio vide nè orecchio udi, nè salsero in cuore d'uomo le cose che Dio ha preparate a coloro che l'amano. - II, XII, 4: Udi arcane parole che non è lecito ad uomo ridire. - DISCENDE. Joan., III, 15: Nessuno ascenderà al ciclo se non discende di cielo. Una visione ne' Bollandisti: Nè il cuor mio può ritornare ad intendere alcuna cosa di lui, e neppure a pensarne ; nè può trovarsi parola che lo esprima o risuona: e neanco il pensiero può raggiungere quelle cose. Boll. I, 194: Vidi cosa verace, piena di maestà, immensa, la quale i non so ridire.

3. (L) AL SUO DISIRE: all' oggetto del suo desiderio, a Dio. RETRO... NON PUÒ IRE a riandare quel che l'intelletto pensò.

disio.

-

(SL) DISIRE. Purg., XXIV, t. 57: Tien allo lor Desiderium chiama Catullo la donna amata. (F) PERCH'. Chrys.: Molte cose intendiamo di Dio, che esprimere non possiamo.· DISIRE. Dante, lettera a Cane: Il desiderio dell' intelletto umano, che è Dio, in questa vita esso intelletto per essere connaturale ed af fine alla sostanza intellettuale separata dalla materia, si leva a considerarlo; ma allora e' s'innalza tanto che la memoria, dopo il ritorno di lui, viene meno per essersi trasceso l'umano modo. INTELLETTO. Dante, lettera a Cane: Molte cose per intelletto veggiamo alle quali i segni vocali mancano: il che Platone dimostra ne' libri suoi assumendo forme traslate a significarle. MEMORIA. Aug. sup. Gen., XII: Paolo, dopo veduta nel suo rapimento l'essenza di Dio, si ricordò di molte delle cose vedute.

4. Veramente, quant' io del regno santo Nella mia mente potei far tesoro, Sarà ora materia del mio canto. 5. O buono Apollo, all'ultimo lavoro Fammi del tuo valor si fatto vaso, Come dimandi a dar l'amato alloro. 6. Infino a qui l'un giogo di Parnaso Assai mi fu: ma or con amendue M'è uopo entrar nell'aringo rimaso. 7. Entra nel petto mio, e spira túe, Si come quando Marsia traesti Della vagina delle membra sue. 8. O divina virtù, se mi ti presti Tanto che l'ombra del beato regno, Segnata nel mio capo; io manifesti:

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-

(SL) BUONO. En., I.: Bona Iuno. Ha senso amplissimo di bene. LAVORO. Buc., X: Extremum hunc, Arethusa, mihi concede laborem.-Vaso. Eccli., XLIII, 2: Sol... vas admirabile opus Excelsi. Inf., II, t. 40: Vas d'elezione. COME: En., VI: Pii vates, et Phœbo digna locuti. -AMATO. Ovid. Met., I: Semper habebunt Te coma, te cithara, te nostræ, laure, pharetræ.

(F) APOLLO. Pietro per Apolline intende la virtù intellettiva delle cose celesti. Apollo e le Muse in Dante son simboli.

6. (L) CON AMENDUE: coll'aura che spira d'ambedue. (SL) GIOGO. Ovid. Met., I: Mons ibi verticibus petit arduus astra duobus, Nomine Parnasus, superatque cacumine nubes. Lucan., III: Parnasusque jugo... desertus utroque. V: Gemino petit æthera colle. Stat. Theb Bicorni jugo. Pers., Prolog, Bicipiti Parnasso. Buc., X: Parnassi... juga. En., VII: Pandite nunc Helicona, Deo, cantusque movete. Elicone e Citerone, Cirra e Nisa sono i due gioghi. Con Bacco sul Citerone stavano, dice Probo (al III delle Georgiche, v. 43), le Muse, invocate da Dante sinora. Ora chiama ad Apollo. Ovid. Met., X. Nunc opus est leviore lyra. Georg., III: Nune, veneranda Pales, magno nunc ore sonandum. CON. Entrar nell' aringo co' gioghi, non pare bello.

(F) GioGo. Parnaso, dice Pietro, è l'universale dottrina l' un giogo, la scienza; l'altro, la sapienza. Agostino (de Doct. Chr.) distingue la scienza umana e la sapienza di Dio. 7. (L) TUE: tu. - MARSIA: lo vinse nel canto e scortico. (SL) PETTO. Æn., VI: Stimulos sub pectore vertit Apollo. SPIRA. Æn., VI: Sit mihi fas audita loqui, sit numine vestro Pandere res...MARSIA. Ovid. Met., VI. GI' indotti audaci. Nel I del Purgatorio rammenta le piche. Sempre la vendetta accanto alla gloria.

8. (L) MI TI: me a te. L'OMBRA il po' che ram

mento.

(SL) VIRTÙ. Æn., VI: Ardens evexit að æthera virtus. PRESTI. Ovid. Fast., I: Da mihi te placidum; dederis in carmina vires. - OMBRA. E negli aurei Latini e ne' Padri adumbratus vale leggermente delineato, come a contorni d'ombra. - -SEGNATA. Purg., XXXIII, t. 27: Segnato è or da voi lo mio cervello. Più materiale di qui.

9. Venir vedrámi al tuo diletto legno,

E coronarmi allor di quelle foglie Che la matéra e tu mi farai degno. 40. Si rade volte, padre, se ne coglie Per trionfare o cesare o poeta (Colpa e vergogna dell'umane voglie). 11. Che partorir letizia in su la lieta Delfica Deità dovria la fronda Peneia quando alcun di sè asseta. 12. Poca favilla gran fiamma seconda. Forse diretro a me con miglior' voci Si pregherà perché Cirra risponda. 13. Surge a' mortali per diverse foci

La lucerna del mondo: ma da quella,
Che quattro cerchi giunge con tre croci,

9. (L) VEDRAMI: mi vedrai. TUO DILETTO LEGNO: l' alloro. CHE LA MATERA E TU MI FARAI DEGNO: che l'alto soggetto e la tua ispirazione mi faran degno di te. 10. (SL) PADRE. Titolo di tutti gli Dei, dice Servio. CESARE. Petr., son. 225: Onor d'imperatori e di poeti. Metti a paro poeta e Cesare, ma il nome di poeta è quel che più dura e più onora. Purg., XXI, t. 29.

11. (L) CHE PARTORIR LETIZIA... DOVRIA...: che tu dovresti rallegrarti quando alcuno desidera la tua corona.- IN SU: nella.

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13. (L) Foci ond'esce il sole. Da quella che quatTRO CERCHI GIUNGE CON TRE CROCI: quand'è in Ariete. GIUNGE congiunge.

(SL) Foci. Quasi fiume di luce. LUCERNA. Æn., III: Phoebeæ lampadis. Segneri: Il sole che e un mondo di splendore, con tutto ciò nel concavo del suo cielo non comparisce quasi più che una lampana sospesa dalla sua volta. Mal biasima il Casa questo lucerna, che non è lucernína d'olio, nè lanterna di sbirro, ma suona luce, e con la piccolezza dell' imagine fa anzi risaltare la grandezza de' mondi, e presenta al di là della dottrina tolemaica la copernicana.

il

(F) QUATTRO. Il Sole nell' Ariete, al tempo dell'equinozio, nasce alla foce del Gange: entra nel primo grado dell'Ariete, dove i quattro circoli s'incontrano, l'orizzonte, quello dello zodiaco, l'equatore; coluro degli equinozi, tagliando l'equatore, fa una croce; il zodiaco, tagliando l'equatore medesimo, un'altra: l'orizzonte collo zodiaco, la terza. L'Anonimo: Li quali quattro circoli s'intersecano in uno punto, cioè nel principio dell' Ariete, quando è in Ariete che tocca l' orizzonte. Quivi, dice Pietro, il sole ha la sua maggiore efficacia. Il Postillatore Caetano per le tre croci intende le virtù teologiche, perché la croce è il segno della fede; pe' quattro circoli, le virtù cardinali; e il sole di giustizia che le illumina.

14. Con miglior corso, e con migliore stella Esce congiunta, e la mondana cera Più a suo modo tempera e suggella. 15. Fatto avea di là mane e di qua sera Tal foce quasi; e tutto era là bianco Quello emisperio, e l'altra parte nera: 16. Quando Beatrice in sul sinistro fianco Vidi rivolta, e riguardar nel sole. Aquila si non gli s'affisse unquanco. 17. E si come secondo raggio suole

Uscir del primo, e risalire insuso,

Pur come peregrin che tornar vuole; 18. Così dell'atto suo, per gli occhi infuso Nell'immagine mia, il mio si fece;

E fissi gli occhi al sole oltre a nostr'uso. 19. Molto è licito là, che qui non lece Alle nostre virtù, mercè del loco Fatto per propio dell'umana spece.

14. (L) LA MONDANA CERA PIÙ A SUO MODO TEMPERA E SUGGELLA: con vivifico lume dispone ed informa le cose mondane.

(SL) MIGLIOR. Perchè rende uguale il giorno a tutti gli abitatori della terra. STELLA. L'Ariete prossimo all'equatore. Conv., II, 4: Le stelle...sono più piene di virtù... quando sono più presso a questo cerchio. Poi nella primavera è più piena la vita. Inf., I, t. 45: E'l sol montava in su con quelle stelle... Conv.: Altrimenti è disposta la terra nel principio della primavera a ricevere in sè la informazione dell' erbe e delli fiori, e altrimenti lo verno. Petr., Canz. 28: Alla stagion che il freddo perde, E le stelle migliori acquistan forza. 15. (L) Di LÀ MANE E DI QUA SERA: sul monte sorgeva il sole, sulla terra nostra cadeva. QUELLO EMISPERIO del Purgatorio. L'ALTRA: la nostra.

16. (L) UNQUANCO: mai.

(SL) SINISTRO. li Purgatorio è antipodo a Gerusalemme. Quella, posta di qua dal tropico di Cancro ; onde il monte dev'essere di là dal tropico di Capricorno e come di qua sorge il sole a destra, di là deve a manca. - AQUILA Agostino, dell' aquila (In Joan., XXXVI): Chi degli aquilotti guarda fiso il sole è riconosciuto per figlio; se l'occhio gli trema, è lasciato dall' artiglio cadere.

(F) BEATRICE. Quella il cui nobile amore gli innalzò l'anima al cielo, al cielo gli è guida. Ecco ragione perché Beatrice era simbolo della scienza divina; perchè veramente ella a Dio lo innalzò. Conv.: Per cielo intendo la scienza, e per cieli le scienze.

17. (L) SÌ COME SECONDO RAGGIO... FISSI GLI OCCHI AL SOLE: Come raggio riflesso segue al diretto e risale, così vedendola guardare in su, in su guardai.

(SL) PEREGRIN. Bella imagine e affettuosa nella bocca d'un esule.

18. (L) IMMAGINE senso e pensiero. STR' USO: non abbagliato.

OLTRE A NO(SL) INFUSO. Stat. Achill., I: Oculi infusum sen

sere diem.

(F) Occm. La scienza di Dio guarda in alto; l'uomo in lei, e s' innalza. La scienza sacra, dice Agostino, perfeziona l'intelletto e indirizza l'affetto. 19. (L) Loco: paradiso terrestre.

(F) LICITO. Aug. A' viventi in questa carne, e con inestimabile virtù crescenti nell'attività della contemplazione può farsi vedere della chiarezza di Dio.

20. I' nol soffersi molto, nè si poco,

Ch'io nol vedessi sfavillar dintorno, Qual ferro che bollente esce del fuoco. 21. E di subito parve giorno a giorno Essere aggiunto, come Quei che puote Avessel ciel d'un altro sole adorno. 22. Beatrice tutta nell'eterne ruote

Fissa con gli occhi stava; ed io, in lei
Le luci fisse, di lassù rimote,

23. Nel suo aspetto tal dentro mi fei

Qual si fe' Glauco nel gustar dell'erba, Che 'l fe' consorto in mar degli altri dei. 24. Trasumanar, significar per verba Non si poría; però l'esemplo basti A cui esperienza Grazia serba. 25. S'io era sol di me quel che creasti Novellamente, Amor che 'l ciel governi, Tu'l sai che col tuo lume mi levasti. 26. Quando la ruota che tu sempiterni Desiderato, a sè mi fece atteso Con l'armonia che temperi e discerni;

20. (L) I' NOL... il sole io non ... 21. (L) Quei: Dio.

(SL) GIORNO. Entra nella sfera del fuoco per salire alla luna.

22. (L) DI LASSÚ RIMOTE: levate da guardar il sole. 23. (L) GLAUCo. Al veder che i pesci da lui presi in toccare dell' erba saltavano in mare, mangiò di quell'erba e fu Dio marino.

(SL) GLAUCO. Ovid. Met., XIII, v. 905. Virgilio due volte lo nomina (Georg., I; Æn., V ).

(F) TAL. Aug. Quando sarai tale che nulla di terreno l'alletti in quel punto di tempo, credimi vedrai quel che brami.

24. (L) VERBA: parole. - PORÍA: potrebbe. -ESEMPLO di Glauco. A CUI ESPERIENZA GRAZIA SERBA a chi la Grazia riserba di provarlo.

(SL) SIGNIFICAR. Som.: Significatio quæ est per verba. VERBA. Jacopone Di Dio le sante verba. GRAZIA. Grammaticalmente ambiguo ma non oscuro. 25. (L) S' 10 ERA SOL... col corpo lassù, od in ispirito. TU'L SAI: io nol so.

po,

(F) SOL. Ad Corinth., II, XII, 2: So ch' uomo è stato rapito in Cristo insino al terzo cielo. S nel cornon so, nè so se fuori di quello: Dio il sa. Bolland., 196: Ero posta in codesto altissimo stato inenar rabile: e non so s' io fossi nel corpo o fuori d'esso. Nel comento di Iacopo, Paolo dicesi aver visitato altresì l'inferno. NOVELLAMENTE. Nel canto XXV del Purgatorio, terz. 24, l'anima ragionevole infusa nel feto umano già formato, la chiama spirito nuovo. — GOVERNI. Boet.: O qui perpetua mundum ratione gubernas, Terrarum cœlique sator, qui tempus ab ævo Irv jubes. 26. (L) RUOTA de' cieli. SEMPITERNI: fai eterna. -TEMPERI: fai una e varia.

-

(SL) TEMPERI. Hor. Epist., I, 12: Quid temperet annum. - Carm., III, 4: Qui terram inertem, qui mare temperat. Ovid. Met., IV: Siderea qui temperat omnia luce. Cic., Somn. Scip.; Sol... mens mundi et temperatio. Cic. volgar. Tempera la cetera.

(F) DESIDERATO. Aggeo, H. - Iddio, secondo Aristotele, move come amato e desiderato. E Platone dice che i cieli si movono sempre cercando l'anima del

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