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CANTO XXXIII.

Argomento.

Beatrice annunzia l'avvento di chi libererà la Chiesa e l'Italia dal giogo de're tristi e de' vízii tiranni. Giungono ad Eunoé. Stazio e Dante ne beono: ond'e' si sente rinnovellato.

Si noti varietà nel Purgatorio più grande che nell' Inferno e nel Paradiso: il regno tra la materia sozza e lo spirito, inarrivabile con parole, è più degnamente descritto dall' uomo in cui lo spirito e la materia si congiunsero con tempre si forti. Si guardi varietà mirabile tra il I e il XXXIII, il II il XXXII, il III e il XXX, e così il rimanente.

Nota le terzine 1, 2, 3; 5 alla 15; 18, 20, 25; 26 alla 31; 34, 35, 38, 39, 44, 45, 48,

1. Deus, venerunt gentes, alternando,

Or tre or quattro, dolce salmodia Le donne incominciaro lagrimando; 2. E Beatrice sospirosa e pia

Quelle ascoltava si fatta, che poco

Più alla croce si cambiò Maria. 3. Ma poi che l'altre vergini dier loco A lei di dir, levata dritta in piè, Rispose colorata come fuoco:

1. (L) OR TRE OR QUATTRO: le teologiche e le cardinali.

(SL) DEUS. Applica allo stato della Chiesa le querele del Salmo sui mali del popolo eletto, e alla traslazione della Sede in Francia. Pietro: Vera profezia dello stato presente della Chiesa.

(F) TRE. Psal. LXXVIII, 1-40: Deus venerunt gentes in hæreditatem tuam..., posuerunt Jerusalem in pomorum custodiam. Posuerunt morticina servorum tuorum, escas volatilibus cœli; carnes sanctorum tuorum bestiis terræ. Effuderunt sanguinem eorum tamquam aquam in circuitu Jerusalem: et non erat qui sepeliret. Facti sumus opprobrium vicinis nostris: subsannatio et illusio his qui in circuitu nostro sunt. Usquequo, Domine, irasceris in finem: accendetur velut ignis zelus tuus? Effunde iram tuam in gentes, quæ te non noverunt: et in regna, quæ nomen tuum non invocaverunt: Quia comederunt Jacob, et locum ejus desolaverunt... Adjuva nos, Deus salutaris noster, et... libera nos... Ne forte dicant in gentibus: ubi est Deus eorum? Nè solamente religioso ma politico senso avevano queste parole nel pensiero di Dante, nel quale continovo si cantavano simili irate querele.

2. (L) FATTA commossa. - CAMBIO di dolore.

(F) MARIA. Lo strazio della Chiesa rinnova lo strazio di Gesù.

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4. (L) MODICUM, ET NON VIDEBITIS ME; ET... un poco, e non mi vedrete; e anche un poco, e voi mi vedrete.

(F) MODICUM. Joan., XVI, 16, 20: Per poco, e non mi vedrete; e ancora per poco e mi vedrete... In verità dico a voi: che vi dorrete e piangerete; il mondo godrà, e voi sarele contristali: ma la tristezza vostra sarà volta in gioia. Parole di Cristo agli Apostoli, annunzianti la sua risurrezione e la loro. Dante spera tra breve il ritorno della Sede in Italia e dell'onore perduto, e che la scienza divina ravviverà gli spiriti erranti. 5. (L) LA DONNA: Matilde. -IL SAVIO: Stazio. (SL) SAVIO. Purg., XXX, t. 17.

6. (SL) DECIMO. Dieci passi distavano tra loro le fiamme de' candelabri (Purg., XXIX, terz. 27). PERCOSSE. Purg., XXX, t. 44: Nella vista mi percosse L'alta virtù.

8. (L) FRATE: fratello. 9. (L) Suo' loro.

(SL) DENTI. Simile modo in Omero.

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11. (SL) DISVILUPPPE. Inf. II, t. 17: Da questa tema... ti solve. Bartoli: Da questo laccio lo sviluppò.

12. (L) VASO: carro. -- NON TEME SUPPE. false espiazioni non cura.

(SL) VASO. Purg., XXXII, t. 45. La Chiesa rotta ne' membri suoi da mondane cupidità: non più intera ed una davvero. — SUPPE. Era costume fiorentino l'uccisore mangiare o focaccia o zuppa di pane con vino sulla sepoltura dell'ucciso nel termine di otto o nove dì, e credevano espiata la colpa, e non più dover essere ucciso. Ma Dio non teme nè soffre inciampi alla pena giusta. Bocc. Questa usanza arrecò Carlo di Francia; che quand'egli prese Corradino con gli altri baroni della Magna, e fece loro tagliar la testa in Napoli; e poi dice che feciono fare le zuppe, e mangiaronle sopra que' corpi morti Carlo cogli altri suoi baroni, dicendo che mai non se ne farebbe vendetta. Ma siccome le colpe di Carlo furon punite, così, dice Dante, saranno le nuove, e par che minacci pena simile a' Vespri. Iacopo della Lana trae la superstizione di Grecia: il Postillatore Cassinense la dice vivente a'suoi tempi. Benvenuto: E questo fecero molti Fiorentini famosi, siccome il signore Corso Donati.

(F) Fu. Apoc., XVII, 8: La bestia ch'hai veduta, fu e non è. La bestia dell'Apocalisse e del Purgatorio, e la donna del Purgatorio e del XIX dell' Inferno, sono il medesimo.

13. (L) TUTTO: sempre. aquila. PREDA al gigante.

REDA: erede.

AGUGLIA:

(SL) REDA. Verrà imperatore degno dell' Italia. MOSTRO. Un commento inedito antico: Mostro,ne' beni temporali della Chiesa, i quali beni, re, principi, signori, tiranni, ognuno l'avoltererà per questi avere.

PREDA. In questo verso è tutta una dottrina storica. 14. (L) A DARNE TEMPO... PROPINQUE: vicine a darci tempo sicuro. SBARRO: ostacolo.

(SL) STELLE. Pietro intende una vera congiunzion de' pianeti, e colloca la risurrezion dell' Italia nel 1344 o nel 1545. Scriveva egli nel 1540. PROPINQUE. Matth., III, 2: Appropinquavit... regnum. - SBARRO. L'intoppo ritarda, lo sbarro ferma.

(F) SICURO Judic., V, 20: Le stelle tenendosi nell' ordine e corso loro combattettero contro Sisara. 'Dan., XII, 12: Beato chi aspetta e arriverà fino a di mille trecentotrentacinque. Che alcuni intendevano per gli anni dell'Era di Cristo.

15. Nel quale un Cinquecento Diece e Cinque, Messo di Dio, anciderà la fuia

E quel gigante che con lei delinque. 16. E forse che la mia narrazion, buia Qual Temi o Sfinge, men ti persuade, Perch'a lor modo lo 'ntelletto attuia. 17. Ma tosto fien li fatti le Naiáde

Che solveranno questo enigma forte Sanza danno di pecore e di biade.

15. (L) Un Cinquecento Dieci E CINQUE: DUX (duce). FUIA: ladra, lupa.

(SL) UN CINQUECENTO DIECI E CINQUE: Apoc., XIII, 18: Numerus ejus sexcenti sexaginta sex: alla qual cifra gl' interpreti dan vario senso: qui il numero di Dante è DXV, che, trasportato, dà DUX. Questo non è Arrigo, già morto, ma Cane capitano della lega ghibellina (Par., XVII). Cane, è vero, fu capitano nel 1548, non prima ma chi dice a noi che dopo il 1318 non abbia il Poeta ritoccata la Cantica? Ove sono le prove? Forse perchè promette che il duce ucciderà quel gigante? Ma nel gigante non è figurato soltanto Filippo il Bello, come non è nella Chiesa tale o tal papa; bensì la potenza sacrilega de' re francesi e di tutti i re della terra. Nè Cane od altro duce italiano poteva materialmente uccider Filippo, nè la corte di Roma nė l'avarizia d'essa corte, ma sturbare la tresca de' sacri e profani principi sull'altare, quasi sopra letto d' infamia. MESSO. Arrigo nella famosa lettera è chiamato ministro di Dio, figliuol della Chiesa. ANCIDERÀ. Inf., I, t. 54: La farà morir di doglia, FUIA. Purg., XX, t. 4: Che più che tutte l'altre bestic hai preda. Inf., XII, t. 30: Anima fuia. DELINQUE. Eccle., VII, 4: Animus delinquentis.

(F) MESSO. Joan., I, 6: Missus a Deo. L'Ottimo cita l'Apocalisse (XX, 1): Viddi uno Agnolo discendente di cielo, che aveva grande potestade; e la terra è inluminata della gloria sua; e gridò nella fortitudine della voce sua. Cadde la grande Babilonia... E piagneranno se sopra lei li re della terra che con lei fornicarono; e li mercatanti della terra piagneranno sopra quella, perocchè le loro mercalanzie... neuno comprerà più.

16. (L) TEMI. A lei vanno dopo il diluvio Deucalione e Pirra ella risponde buio. - A LOR MODO: COme quegli oracoli. ATTUIA Confonde.

(SL) TEMI. Ov. Met., I: Fatidicamque Themin, quæ tunc oracia tenebat. —ATTUIA. Forse nel senso che danno certi dialetti a ottuso per iscarso di lume. 17. (L) FORTE: difficile.

(SL) NAIADE. Ovid. Met., VII: Carmina Naiades non intellecta priorum Solvunt ingeniis : et præcipitata jacebat Immemor ambagum, vates obscura, suarum. Scilicet alma Themis non talia linquit inulta. Protinus Aoniis immittitur altera Thebis Pestis; et exitio multi pecorumque suoque Rurigenæ pavere feram. Dice Ovidio che le Naiadi avevano oracoli, di che Temi irata mandò contro Tebe una belva che si pasceva di bestiame e di messi. Ma sebbene abbiansi esempii di Ninfe rendenti oracoli (Paus., Beot.), e sebbene in Virgilio (Buc., X) le Naiadi si collochino sul Parnaso o sul Pindo o lungo Aganippe, pur meglio lesse l'Einsio: Laïades solverat, cioè il figliuolo di Laio Edipo. Dice Naiade non perchè l'alpha greco sia comune, ma perchè, non sapendo forse Dante dividere la voce Naiades, e fare d' ai due brevi, dovette per legge del metro leggere: Carmina Naiades. FORTE. Dante, Canz.: Tanto lor parli faticosa e forte.

18. Tu nota, e sì come da me son pórte Queste parole, si le 'nsegna a' vivi Del viver ch'è un correre alla morte. 19. Ed ággi a mente, quando tu le scrivi, Di non celar qual hai vista la pianta Ch'è or due volte dirubata quivi. 20. Qualunque ruba quella o quella schianta, Con bestemmia di fatto offende Dio, Che solo all'uso suo la creò santa. 21. Per morder quella, in pena ed in disio

Cinquemil' anni e più l'anima prima Bramo Colui che 'l morso in sè punio. 22. Dorme lo 'ngegno tuo se non istima, Per singular cagione essere eccelsa Lei tanto, e si travolta nella cima. 23. E se stati non fossero acqua d'Elsa Li pensier' vani intorno alla tua mente E piacer loro un Piramo alla gelsa; 24. Per tante circostanzie solamente

La giustizia di Dio nello 'nterdetto
Conosceresti all'alber moralmente.

25. Ma perch'io veggio te nello 'ntelletto Fatto di pietra, ed in peccato tinto, Si che t'abbaglia il lume del mio detto; 26. Voglio anche, e se non scritto, almen dipinto Che' te ne porti dentro a te, per quello Che si reca 'l bordon di palma cinto. 27. Ed io: Si come cera da suggello,

Che la figura impressa non trasmuta, Segnato è or da voi lo mio cervello. 28. Ma perchè tanto sovra mia veduta Vostra parola disïata vola,

Che più la perde quanto più s'aiuta ?
29. Perchè conoschi (disse) quella scuola
Ch'hai seguitata, e veggi sua dottrina
Come può seguitar la mia parola;
30. E veggi, vostra via dalla divina

Distar cotanto, quanto si discorda
Da terra 'l ciel che più alto festina.

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18. (L) Si: così.

(SL) PÓRTE. Inf., II, t. 45: Vere parole che ti porse. 'NSEGNA. Un antico commento inedito: Si dice il poeta che dee venire uno imperatore il quale dee torre ai pastori di S. Chiesa tutti questi beni mondani (Riccardiana di Firenze, cod. 1037; Magliabechiana, classe I, cod. 47,49). E un codice inedito della Laurenziana (XL, 2): Riformerà lo stato della Chiesa e de' fedeli Cristiani. CORRERE. Petr., Canz. 49: I di miei più correnti che saette. MORTE. Cic., Somn. Scip.: La vostra che si dice vita, è una morte. Ad Corinth., I, XV, 51: Muoio ogni di. Girol. Noi muoriamo ogni istante.

19. (L) DUE VOLTE: dall' aquila, dal gigante. 20. (SL) RUBA. Bocc., XLII: Rubando ciascuno. 21. (L) L'ANIMA PRIMA: Adamo. - COLUI: Gesù Cristo. (SL) CINQUEMIL'ANNI. Adamo. Tra i 950 di sua vita, e que' che attese Gesù Cristo nel Limbo. La vita gli è pena, e gli fu pena nel Limbo il desio. Inf., IV, t. 14: Senza speme vivemo in desio. PRIMA. Par., XXVI, t. 28. Volg. El., I. 6. 22. (L) PER SINGULAR CAGIONE ESSERE ECCELSA: per mostrare che è all' uso di Dio. Sì TRAVOLTA NELLA CIMA: più larga più in su.

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(F) ECCELSA. Purg., XXXII, t. 14. Merito dell'obbedire. L' Ottimo: Da sè fugge le mani delli disubbidienti. TRAVOLTA. Se non si vegga il fine del comando, l' obbedienza a Dio è più meritoria.

23. (L) SE STATI NON FOSSERO...: se il peccato non l'avesse indurata la mente e tinta l'anima.

(SL) ELSA. Mette in Arno tra Pisa e Firenze. Copre d'un tartaro petrigno le cose che vi s' immergono (Targioni Tozzetti, Viaggio in Toscana, t. V). – VANI. Psal. XCIII, 14: Cogitationes hominum... vanc sunt. PIRAMO. Andò per abbracciar Tisbe e mori e tinse il gelso di sangue. GELSA. Affettato.

(F) PIACER. I pensieri falsi indurano, i falsi piaceri macchiano.

24. (L) SOLAMENTE: senz' altro. LA GIUSTIZIA DI DIO NELLO 'NTERDETTO CONOSCERESTI ALL' ALBER MORALMENTE: nel divieto di mangiare dell'albero, conosceresti la giu

stizia divina e l'albero, anche, essere la Chiesa inviolabile ai re.

(F) Circostanze. Arist. Eth., III: Le circostanze sono particolari condizioni de' singoli atti. Som.: Quante condizioni sono fuori della sostanza dell'atto, e tuttavia in qualche modo toccano l'atto umano, diconsi circostanze. MORALMENTE. Un de' sensi ne' quali si possono intendere le scritture è, dice Dante nel Convivio (II, 1), il senso morale, che viene innanzi l' anagogico.

25. (SL) PIETRA. Ezech., XXXVI, 26: Toglierò il cuor di pietra... e vi darò un cuore di carne. TINTO. Sam. Tinctum aqua propriæ voluntatis. ABBAGLIA. Non istà colla pietra e col tingere; ma di tali trapassi hanno esempi gli scrittori più corretti. 26. (L) DIPINTO: in emblema. - CHEL: il detto mio. QUELLO fine. Per saggio di ciò che vedesti.

(SL) DIPINTO. Per segni simbolici. - PALMA. Vita Nuova: Chiamansi palmieri in quanto vanno oltremare, là onde molte volte recano la palma. Nel XXX del Paradiso paragona il suo viaggio a peregrinazione divota.

(F) SCRITTO. Purg., II, t. 15: Parea beato per iscritto. Ad Rom., II, 15: Scritto ne' cuori. Som. : L'anima è tavola su cui scrive le cognizioni.

27. (F) CERA. Bart. da s. Conc.: S. Girolamo nel prologo della Bibbia dov'egli assomiglia il naturale ingegno alla molle cera la quale, avvegnachè per virtude sua sia tanto acconcia quanto esser può, nientemeno abbisogna del maestro che forma le dea. SEGNATO. Conv., I, 8: L'utilità sigilla la memoria dell'immagine del dono.

28. (L) AIUTA a intenderla.

29. (L) SCUOLA umana.

(SL) DOTTRINA. Som. La teologia che appar

tiene alla sacra dottrina.

30. (L) DI TERRA: di spazio. bile. -FESTINA corre.

'L CIEL: primo mo

(SL) VIA. Segneri: La scienza delle due vie. DISCORDA. Col si in Semintendi. - FESTINA. Par., I, t. 41: Quel ch' ha maggior fretta.

(F) DISTAR. Isai., LV, 9: I pensieri miei non sono i pensieri vostri, nè le vie vostre le mie, dice il Signore. Perchè siccome si levano i cieli da terra, così si levano le mie vie al disopra delle vie vostre, e i miei pensieri da'vostri. Psal. CII, 11, 12: Secundum altitudinem cœli a terra..., longe fecit a nobis iniquitates nostras.

31. Ond'io risposi lei:

Non mi ricorda Ch'io stranïassi me giammai da voi, Ne honne coscienzia che rimorda. 32. E se tu ricordar non te ne puoi

(Sorridendo rispose), or ti rammenta Siccome di Letéo beesti ancoi. 33. E se dal fummo fuoco s'argomenta, Cotesta oblivion chiaro conchiude Colpa nella tua voglia, altrove attenta. 34. Veramente oramai saranno nude

Le mie parole, quanto converrassi Quelle scovrire alla tua vista rude. 35. E più corusco e con più lenti passi,

Teneva 'l sole il cerchio di merigge, Che qua e là, come gli aspetti, fassi; 6. Quando s'affisser (si come s'affigge Chi va dinanzi a schiera per iscorta, Se trova novitate in sue vestigge)

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(F) NUDE. Vita Nuova: Denudare le mie parole da cotal vesta. Eccli., IV, 21: Denuda'it absconsa sua illi. Ad Hæbr., IV, 13: Omnia... nuda et aperta sunt oculis ejus. Som.: Insegnare nudamente o in figura. SCOVRIRE. S. Tommaso distingue nelle Scritture il senso storico o letterale, l'allegorico, il tropologico o morale, l'anagogico. Som.: Prima viene la visione sopramondana, ma corporale per mezzo del senso, come vide Daniele la mano dello scrivente sulla parete; poi viene la visione imaginaria, come quella di Isaia e di Giovanni nell'Apocalisse; poi più alta la visione intellettuale. Quella profezia è più eccellente nella quale rivelasi la nuda intelligibile verità.

35. (L) CHE QUA E LÀ FASSI: ogni luogo ha meridiano diverso.

(SL) LENTI. Par., XXIII, t. 4: La plaga, Sotto la quale il sol mostra men fretta. - TENEVA. Æn., III: Necdum orbem medium nox horis acta subibat. 36. (L) S'AFFISSER: si fermarono. mino.

VESTIGGE: cam

(SL) ISCORTA: Purg,, XXIV, t. 32: Qual escc... Lo cavalier di schiera che cavalchi.

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38. (SL) TIGRI. Lucan., III: Quaque caput rapido tollit cum Tigride magnus Euphrates... Simile in Ovidio. La Genesi (II, 10-14) dice che il fiume irrigante il Paradiso terrestre dividitur in quatuor capita. Nomen uni Phison... Et nomen fluvii secundi Gehon... Nomen vero fluminis tertii, Tygris... Fluvius autem quartus, ipse est Euphrates. Ma alcuni interpreti fanno i due primi derivare dall' Eufrate e dal Tigri (Pererius, in Gen., t. III; de Par., I). [Boetius, de Consolat. Phil., lib. V, m. 1: Tygris et Euphrates uno se fonte resolvunt.] AMICI. L'acqua d'Arno agli Aretini disdegnosa torce'l muso (Purg., XIV, t. 16). Inf., V, t. 35: Il Po discende Per aver pace. Nel Convivio (III, 5) delle piante non bene trasposte Vivono quasi triste, siccome cose disgiunte dal loro amico.

39. (L) O LUCE, O GLORIA: 0 Beatrice. DISPIEGA: svolge. SE DA SÈ LONTANA, scendendo?

(SL) LUCE. Purg., VI, t. 15. Inf., II, t. 26: Per cui L'umana specie eccede ogni contento.-CHE. Æn.,VI: Quæ sint ea flumina porro. DISPIEGA. Lucano, del Gange: Ostia nascenti contraria solvere Phœbo (Phars., III).

(F) SE. A significare l'unità nel progresso. 40. (L) DETTO MI FU da Beatrice. DISLEGA: Scusa. (SL) MATELDA. Qui finalmente dice il nome. 41. (L) LA BELLA DONNA: Matelda. PER: da. (SL) DETTE. Purg., XXVIII, t. 41. 42. (L) Cura di veder me. PRIVA di sua virtù. FATTO HA LA MENTE SUA NEGLI occhi oscura: portò l'attenzione negli occhi.

senso.

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(SL) CORA. En., VI: Securos latices.

(F) OSCURA. Dice l'attività dell' anima sopra il

43. (SL) EUNOÈ. E, e vós. Conv., II, 4: La prima mente la quale li Greci dicono Protonoc. - DERIVA. Cic., de Off. Derivationes fluminum.

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(F) RINNOVELLATE. Psal. CII, 5: Renovabitur ut aquilæ juventus tua. Psal. L, 12: Spiritum rectum innova in visceribus meis. Ad Ephes., IV, 25: Renovamini... spiritu mentis vestræ. Ezech., XXXVI, 25, 26: Spargerò sopra voi acqua monda, a sarete mondati da tutte le sozzure vostre... Vi darò un cuore nuovo, e un nuovo spirito porrò in voi.

49. (SL) STELLE. Una notte e un giorno in Inferno: e una notte e un giorno dal centro all' altro emisfero. In Purgatorio quattro giorni. Il primo al Canto II: il secondo al IX; il terzo al XIX; il quarto al XXVII. Al mezzogiorno è alla fontana; sarà in Paradiso col nuovo sole.

Il Duce e il Veltro di Dante.

Gli amatori di Dante lessero con piacere il discorso di Carlo Troja sul Veltro della Commedia, e trovarono quivi, anno per anno, mese per mese, dichiarati i fatti e le vicende dell' infelice Poeta; nitidamente additata l'armonia forte che corre tra i movimenti dell'ingegno e quelli della travagliata anima sua; gli accenni a' personaggi, le intenzioni del cittadino o con sicurezza di dottrina indicate, o indovinate con ingegnose congetture, belle, non foss' altro, di nuovo ardimento. Con quella riverente franchezza ch'è debita ad uomo si rispettabile, ci sia lecito dire non esser noi ancora bene persuasi delle ragioni ch'egli adduce a provare che il Veltro, nel primo dell' Inferno cantato da Dante, debba credersi Uguccione della Faggiola, e non già lo Scaligero. Innanzi di cercare se que' versi convengano al Faggiolano, cerchiamo nella storia chi sia codest'uomo, e se degno di tanto onore. Non dissimuliamo i suoi pregi, le sue geste, le lodi che gli diedero i suoi coetanei e fautori.

Lo troveremo nel 1292 podestà d'Arezzo; poi nella guerra fra il marchese d'Este, Azzo ottavo, e Bologna nel 1295; chiamato dal marchese a parlamento in Argenta, insieme con Maghinardo da Susinana, capitano de' Faentini, e con Scarpetta

degli Ordelaffi, capitano di Forli e di Cesena (1). Nel 1296 noi troviamo Uguccione eletto a capitano generale della guerra pe'cittadini di Cesena, di Forli, di Faenza e d'Imola (2), e delle città che aderivano a quelle. Venne a Forli il dì 21 di febbraio e vi prese il bastone del comando, e nel maggio dell' anno stesso uscì con potente esercito a danno de' Bolognesi (3). Presa ch'ebbero questi tanti suoi collegati la città d'Imola nel 1297 (4), passato in inutili sfide quell'anno e il seguente in trattati di mediazione profferta da papa Bonifazio (5) e da'Fiorentini; nel febbrajo del 1299 la guerra, da tali mediatori acchetata, ebbe fine.

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(4) Il Muratori dice che Uguccione in questi tempi comincia a far udire il suo nome; ma già fin dal 1292 egli era in Arezzo podestà. Ventotto anni dunque durò la potenza di Uguccione, come vedremo, interrotta da grandi e frequenti disavventure. (2) Ann. Forl.; Muratori, Rer. It., T. XXII, pag. 172. - (5) Muratori, Ann. (4) Annal. Bonon.; Muratori, Rer. It., T. XVIII; Ann. Forliv., T. XXII. - La cronaca di Parma e quella di Bologna ne dà il merito a Maghinardo. Muc., T. IX, pag. 854; T. XV, pag. 545; T. XVIII, pag. 299. Così gli Annali di Cesena, T. XIV, pag. 4 e segg. Que' di Forli pongono la presa d'Imola nel 1297, altri nel 1296. La prima opinione pare a noi più probabile. (5) Ann. Cæsen.

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