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5. Si disse come noi gli fummo presso: Per ch'io divenni tal, quando lo 'ntesi, Quale è colui che nella fossa è messo. 6. In su le man' commesse mi protesi, Guardando 'l fuoco, e immaginando forte Umani corpi già veduti accesi.

7. Volsersi verso me le buone scorte;

E Virgilio mi disse: - Figliuol mio, Qui puote esser tormento, ma non morte. 8. Ricordati, ricordati! E se ïo

Sovresso Gerion ti guidai salvo,

Che farò or che son più presso a Dio? 9. Credi per certo, che se dentro all'alvo Di questa flamma stessi ben mill'anni, Non ti potrebbe far, d'un capel, calvo. 10. E se tu credi forse ch'io t'inganni,

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5. (L) Si: così. PER CH' onde. MESSO a capo in giù per morire.

(SL) MESSO. Inf., XIX, t. 46.

6. (L) LE MAN' COMMESSE: le dita dell'una intrecciate a quelle dell'altra.

(SL) MAN'. Una delle più belle terzine del poema. FORTE. Inf., XXIII, t. 8: lo gl' immagino si che già gli sento.

7. (L) LE BUONE SCORTE: Virgilio e Stazio.

8. (SL) GERTON. Inf., XVII, t. 33. Se ti salvai dalla frode, pessimo de' mostri, e per l'aria nuotando; come

non ora?

9. (L) ALVO: seno.

(SL) ALVO. Eccli., XL, 32: In ventre... ignis ardebit. LI, 7: Ventris inferi. Par., XII, t. 10: Del cuor dell'una delle luci. Greg. Mor., XXXI, 43: Mentis utero. Ma forse s' ha a intendere alveo come di fiume, in cui scorra la fiamma.

(F) CALVO. Luc., XXI, 18: Pure un capello del capo vostro non perirà. ISAI., XLIII, 2: Andando pel fuoco non arderai.

10. (L) FATTI FAR CREDENZA... AL LEMBO DE' TUO' PANNI: meltici un lembo, non brucierà. CONTRA COSCIENZA, che mi diceva ubbidisci.

11 (SL) Pox. Ovid. Met., XI: Pone metus; e altrove. En., II: Deposita.... formidine. COSCIENZA. Conv., 1,3: Contro a coscienza parla.

12. (SL) DURO. Se poeta moderno osasse un verso si semplice, il sinedrio poetico si straccerebbe le vesti, gridando bestemmia. Som. Sup., I: Quegli che persiste nel suo sentimento dicesi, per similitudine, rigido e duro.

MURO. Indica ostacolo qualsiasi, Psal. XVII, 30: In Deo meo transgrediar murum. Petr.: Tra la spiga e la man qual muro è messo?

(F) BEATRICE. Sap., 1, 4: La sapienza non abiterà in corpo soggetto a peccato. Aug., Serm. Dom. in Mont. La sesta operazione dello Spirito Santo, che è l'intelletto, conviene ai cuori mondi che con occhio purgato posson vedere quel che occhio non vide.

13. Come al nome di Tisbe aperse il ciglio Piramo in su la morte, e riguardolla, Allor che'l gelso diventò vermiglio; 14. Così, la mia durezza fatta solla,

Mi volsi al savio duca, udendo il nome Che nella mente sempre mi rampolla. 15. Ond' ei crollò la testa, e disse: - Come Volemci star di qua?-Indi sorrise, Come al fanciul si fa ch'è vinto al pome. 16. Poi dentro al fuoco innanzi mi si mise, Pregando Stazio che venisse retro, Che pria per lunga strada ci divise. 17. Com'io fui dentro, in un bogliente vetro Gittato mi sarei per rinfrescarmi: Tant'era ivi lo 'ncendio senza metro. 18. Lo dolce padre mio, per confortarmi, Pur di Beatrice ragionando andava, Dicendo:-Gli occhi suoi già veder parmi. 19. Guidavaci una voce che cantava

Di là; e noi, attenti pure a lei,
Venimmo fuor là ove si montava.

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13. (SL) TISBE. Ovid. Met., IV: Ad nomen Thisbes oculos, jam morte gravitos, Pyramus crexit, visaque recondidit illa. L'Ottimo: Il sangue misto de' due amanti bagno il frutto del moro, che infino a quel tempo era bianco. VERMIGLIO. Ovid. Met., IV: Arborei fœtus adspergine cædis in atram Vertuntur faciem: madefactaque sanguine radix Pœniceo tinguit pendentia mora colore. 14. (L) SOLLA: molle.

(SL) SOLLA. Inf., XVI, t. 10. RAMPOLLA. Verdeggia, fiorisce, fruttifica. Purg., V, t. 6: Pensier rampolla sovra pensier.

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15. (L) VOLEMCI STAR: Vogliamo noi starcene. QUA, se Beatrice è di là ? E VINTO AL POME: con la promessa d'una mela gli fanno fare quel ch'e' non vuole.

(SL) SORRISE. Modesta confessione dell' imperfezione propria. Son forse più nel poema i tratti di modestia che d'orgoglio; e certo, anche poeticamente, più belli. POME. Per pomo, in Semintendi, nell'Ariosto, nel Buonarroti e nell' Alamanni. - Conv., III, 12: Vedemo li parvoli desiderare massimamente un pomo. 16. (L) Ci divISE: Stazio veniva tra me e Virgilio. (SL) MISE. Inf., III, t. 7: Mi mise dentro alle segrete cose. DIVISE. Purg., XXVI, t. 6: Vai... a gli altri dopo.

(F) DIVISE. Son presso alla scienza divina: la scienza umana lo vuole presso a sè più che mai. 17. (L) BOGLIENTE: bollente. - METRO: misura. (SL) VETRO. Il fuoco cancella il settimo P. METRO. Arios., XXIX, 63: Forza che passa ogni metro. La voce greca significa appunto misura.

(F) 'NCENDIO. Aug. Il fuoco del Purgatorio sarà più duro di quanto in questo secolo possa mai uomo sentire o vedere o immaginare di pena. Som. Sup. La minima pena del Purgatorio eccede la massima pena di questa vita.

19. (SL) GUIDAVACI. In senso opposto, Isai, L, 14: Ambulate in lumine ignis vestri, et in flammis quas succendistis. VENIMMO. Psal. LXV, 12: Transivimus per ignem et aquam. Tra il fuoco, come tra le tenebre, muovono al suon della voce.

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Verso tal parte ch'io toglieva i raggi, Dinanzi a me, del Sol ch'era già lasso. 23. E di pochi scaglion' levammo i saggi,

Che 'l Sol corcar, per l'ombra che si spense, Sentimmo dietro ed io e gli miei Saggi. 24. E pria che 'n tutte le sue parti immense Fosse orizzonte fatto d'un aspetto, E notte avesse tutte sue dispense; 25. Ciascun di noi d'un grado fece letto;

Chè la natura del monte ci affranse La possa del salir, più che'l diletto. 26. Quali si fanno, ruminando, manse

Le capre, state rapide e proterve
Sopra le cime, prima che sien pranse,

20. (SL) VINSE. Cic., Somn. Scip.: Radiis acies vestra sensuque vincitur.

(F) VENITE. Le voci degli Angeli son tutte parole di Cristo. Con queste Gesù Cristo chiamerà nel giudizio gli eletti alla gloria.

21. (L) STUDIATE: affrettate.

(SL) STUDIATE. S'usa in Toscana, Gr. Sπév ANNERA. Di notte non si sale. I Greci moderni dell'ora dell'imbrunire dicono annerarsi dell'acque. 22. (L) VERSO TAL PARTE: verso Oriente. lo TOGLIEVA I RAGGI, DINANZI A ME: l'ombra mia mi cadeva innanzi.

(SL) SALÍA. Psal. CIII, 8: 1 monti salgono, e scendono le campagne. VIA. Ariosto, sempre men parco: Una capace..... E spaziosa grotta entra nel sasso. TOGLIEVA. Ovid. Met., V: Sol erat a tergo; vidi præcedere longam Ante pedes umbram. LASSO. Ovidio, del sole nascente: Recentes... equi (Met., II). 23. (L) DI POCHI SCAGLION' LEVAMMO I SAGGI: pochi scalini salimmo. CORCAR: Coricarsi. SI SPENSE: disparve. SENTIMMO: ci avvedemmo. - GLI MIEI SAGGI Virgilio e Stazio.

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(SL) LEVAMMO. Buti: Di pochi avemmo esperienzia. CORCAR. Adriani: Il sole si coricò. - SPENSE. Dell' ombra, non è forse proprio, ma non dispiace. L'ombra è un testimonio di luce e di vita. - SENTIMMO. Frequente in Virgilio.

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24. (L) D' UN ASPETTO: nero. AVESSE TUTTE SUE DISPENSE: si stendesse a tutte le parti del cielo a cui dev'essere dispensata.

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(SL) ORIZZONTE. Senza l'articolo par quasi personificato. DISPENSE. Conv., I, 3: Dio dispensatore dell'universo. Modo a noi strano alquanto; ma dipinge il compartire di luce e d'ombre nello spazio e nel tempo. 25. (L) FECE LETTO: vi si posò. LA NATURA DEL MONTE... PIÙ CHE'L DILETTO: salivamo volentieri, ma la legge posta toglieva forza a salire.

(SL) LETTO. Purg., VII, t. 36: Ch' ha fatto alla guancia, Della sua palma......., letto. — NATURA. Æn., X: Natura loci.

26. (L) MANSE: quete. SIEN PRANSE: mangino.

27. Tacite all'ombra, mentre che 'l sol ferve, Guardate dal pastor, che 'n su la verga Poggiato s'è, e lor, poggiato, serve; 28. E quale il mandrian che fuori alberga, Lungo 'l peculio suo queto pernotta, Guardando perchè flera non lo sperga; 29. Tali eravamo tutti e tre allotta:

Io come capra, ed ei come pastori; Fasciati quinci e quindi dalla grotta. 30. Poco potea parer li del di fuori;

Ma per quel poco vedev'io le stelle Di lor solere e più chiare e maggiori. 31. Si ruminando, e sì mirando in quelle, Mi prese 'l sonno; il sonno che sovente, Anzi che 'l fatto sia, sa le novelle. 32. Nell'ora, credo, che dell' oriente

Prima raggiò nel monte Citerea,

Che di fuoco d'amor par sempre ardente;

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33. Giovane e bella in sogno mi parea

Donna vedere andar per una landa Cogliendo fiori: e cantando dicea: 34. Sappia, qualunque 'l mio nome dimanda, Ch'i' mi son Lia, e vo movendo 'ntorno Le belle mani a farmi una ghirlanda. 35. Per piacermi allo specchio, qui m'adorno; Ma mia suora Rachel mai non si smaga Dal suo miraglio, e siede tutto giorno. 36. Ell'è de' suoi begli occhi veder vaga, Com'io dell'adornarmi con le mani: Lei lo vedere, e me l'ovrare appaga. 37. E già per gli splendori antelucani,

Che tanto ai peregrin' surgon più grati Quanto, tornando, albergan men lontani, 38. Le tenebre fuggian da tutti i lati,

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(SL) BELLA. La Lia della Genesi non è bella. LANDA. Nel Senese un podere ha nome landola ; nel Bolognese, landa.

(F) FIORI. Opere, dice Pietro, apparecchiate a far frutto, delle più belle.

34. (SL) SAPPIA. Rammenta la bella intonazione delle Georgiche Tum sciat aërias Alpes... (III). — Mi. Boc.: Io mi son giovanetta e volontieri m'allegro e canto. GHIBLANDA. Premio del ben fare.

(F) LIA. Pietro: Le virtù morali sono ordinate alla felicità della vita attiva. Lia simboleggia la vita alliva della primitiva Chiesa; Rachele, la vita attiva della Chiesa novella. Alla vita attiva conviene arrivare puro da' vizii (Greg. Epist., I, 5).

35. (L) SMAGA: stoglie. - MIRAGLIO: Specchio.

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40. Virgilio inverso me queste cotali

Parole uso: e mai non furo strenne, Che fosser di piacere a queste iguali. 41. Tanto voler sovra voler mi venne Dell'esser su, ch' ad ogni passo poi Al volo mi sentia crescer le penne. 42. Come la scala tutta sotto noi

Fu corsa, e fummo in sul grado superno; In me ficco Virgilio gli occhi suoi, 43. E disse:-Il temporal fuoco e l'eterno Veduto hai, figlio; e se' venuto in parte Ov'io per me più oltre non discerno. 44. Tratto t'ho qui con ingegno e con arte. Lo tuo piacere omai prendi per duce: Fuor se' dell'erte vie, fuor se' dell'arte. 45. Vedi là il Sol che in fronte ti riluce:

Vedi l'erbetta, i fiori, e gli arboscelli
Che quella terra sol da se produce.
46. Mentre che vegnan lieti gli occhi belli,
Che lagrimando a te venir mi fenno,
Seder ti puoi, e puoi andar tra elli.

40. (L) STRENNE: ricompense.

(SL) COTALI. Æn., I, e altrove. Talia fatur. STRENNE. Buti: Mance, cioè annunziazioni.... falte la

mallina.

41. (SL) VENNE. Georg., I: Veniat... cupido XI: Ignavia venit. Vita Nuova: Mi venne volontà di dire. PASSO. Nella potenza di questi particolari è nascosta quella bellezza che risulta sensibile dall'intero senza che l'animo se ne renda ragione.

(F) CRESCER. Tutte le cose dure e aspre rende facili e quasi da nulla l'amore.

42. (F) Ficcò. La ragione fa l'ultimo suo potere. 43. (SL) TEMPORAL. Som. Sup. Purgatorii pœnæ temporales.

(F) DISCERNO. Ne' Decret.: Fides non habet meritum cui ratio præbet experimentum. Ubi ratio deficit, fides supplet.

44. (L) Dell'ARTE: delle strette.

(SL) CON ARTE. Petr., Trionfo della Morte, II: Questi fur leco mie' 'ngegni e mie arti. Orazio nell'Arte poetica oppone arte a ingegno. Intendendo per questo il dono da natura quasi generato nell' uomo, onde il francese genio. ERTE. Non cerca i bisticci, ma non evita gli scontri.

(F) PIACERE. Eccli., XV, 44: Reliquit illum in manu consilii sui. L'uom puro è libero: alta dottrina. 45. (SL) SOL. Rammenta il I dell' Inferno. - FRONTE. Se il sole al tramonto era loro alle spalle si che l'ombra di Dante gli veniva dinanzi, al nascere gli doveva rilucere in fronte. PRODUCE. Som.: Productæ plantæ.

(F) TERRA. Gen., I, 29: Dixit... Deus: Ecce dedi vobis omnem herbam afferentem semen super terram, et universa ligna quæ habent in semetipsis sementem generis sui. - II, 8: Plantaverat... Dominus... paradisum voluptatis. Georg., 1: Ipsaque tellus Omnia liberius, nullo poscente, ferebat. [Ovid. Met., I: Per se dabat omnia tellus.]

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47. Non aspettar mio dir più nè mio cenno.

Libero, dritto, sano è tuo arbitrio;

E fallo fora non fare a suo senno:

47. (L) FORA: sarebbe.

(SL) DIR. Virgilio omai più non parla: lo rassegna a Beatrice, poscia dispare. CENNO. Purg., I, 1. 17: E con parole e con mani e con cenni, Reverenti mi fe' le gambe e 'l ciglio.

(F) LIBERO.. Som.: Già era prossimo il tempo della perfetta libertà, che totalmente fossero rimessi a libero loro arbitrio nelle cose che men sono necessarie a virtù. — ARBITRIO. Olt.: L'arbitrio è sano... quando elli è rimosso dalle passioni... quando elli ubbidisce alla ra

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gione. La dirittura riguarda l' intendere; la sanità, il volere; la libertà, la potenza del veramente volere. Un sacro autore: Il cuore ov' è la grazia, assomigliasi al paradiso terrestre, ameno, fecondo, sicuro. - FALLO. Chi vede il bene e nol fa francamente, pecca.

48. (L) TE Sopra te corono...: sei re di te stesso.

(F) MITRIO. Ott. Te sopra le fo rettore e pastore. Corona, autorità temporale; mìtria, spirituale. Ciascun uomo onesto è in certo senso principe e sacerdote. Conv., II, 1: Nell'uscita dell'anima del peccato essa sie fatta santa e libera in sua podestade. Pietro a tutti i fedeli Regale sacerdotium, gens sancta ( Epist. 1, II, 9).

I suffragi.

Questa Cantica è tutta fondata nella credenza al valore de' suffragi, sottintesa come-verità dimostrabile anco per ragion naturale e accennata sovente con forme che inchiudono una profonda dottrina sotto il velo di un'imagine luminosa. Qui accenneremo talune delle autorità che comprovano e la ragionevolezza e l'antichità di questa credenza.

Le anime de' defunti prosciolgonsi (1) o per le offerte de' sacerdoli, o per le elemosine de' loro cari, o per le preci de' buoni (2), o per i digiuni de' congiunti (3). Il merito s'appoggia alla giustizia. L'orazione alla misericordia (4). Togliere ad alcuno quello che gli si deve ripugna a giusti zia; ma dargli quello che non gli si deve non è contrario a giustizia, ma passa i limiti di quella e diventa liberalità (5).

I meriti altrui possono all'uomo comunicarsi e per la carità (6) che di molli fa uno, e per l'intenzione che gli atli altrui applica a me. Anco nella giustizia civile l'uno può soddisfare per l'altro (7).

(1) Purg., III, v. ult.: Chè qui per quei di là molto s'avanza. (2) Purg., XIII, t. 42-43: Ancor non sarebbe Lo mio dover per penitenzia scemo, Se ciò non fosse, ch'a memoria m'ebbe Pier Pettinagno in sue sante orazioni. (5) Greg. Decr., XIII, 9. 2. Purg., XXIII, t. 29: Si tosto m'ha condotto A ber lo dolce assenzio de' martiri La Nella mia col suo pianger dirotto. Con suo' prieghi devoti e con sospiri Tratto m' ha... (4) Som. Sup., 71. Purg., XI, t. 13: Deh! se Giustizia e Pietà vi disgrevi Tosto, si che possiate muover l'ala Che secondo 'l desio vostro vi levi. Pur., XIII, t. 30: Se tosto Grazia risolva le schiume Di vostra coscienza, sì che chiaro Per essa scenda della mente il fiume. (5) Som. Sup., 1. c. Purg., VI, t. 13: Chè cima di giudizio non s' avvalla, Perchè foco d'amor compia in un punto Ciò che dee soddisfar chi qui s'astalla. - (6) Purg, XIII, t. 43: A cui di me per caritate increbbe. — (7) Som. Sup., 1. c.: E l' un uomo può da' meriti dell'altro essere giovato: quod deest uni alter supplcat; e l'efficacia del merito e della soddisfazione passa d'uno in altro.

-

La carità che è il vincolo che unisce i membri della Chiesa non si stende solo a' vivi, ma anche a' defunti che muoiono nella carità; perchè la carità è la vita dell'anima. Siccome l'anima è la vita del corpo, e non ha fine nel sepolcro. Similmente i morti vivono nella memoria degli uomini viventi, e però l'intenzione de' viventi si può indirizzare ad essi (1).

Santo e salutare pensiero è orare per i morti, acciocchè da'peccali sieno prosciolli (2). Il sacerdote divino ôra per quelli che piamente vissero e nondimeno ebbero alcune macchie (3) contratte per umana infermità (4). Il sacramento dell'Eucaristia principalmente appartiene alla carità; essendo sacramento d'unione per contenere in sè Cristo in cui tutta la Chiesa si unisce e consolida; onde l'Eucaristia è quasi origine e vincolo di carità (5). Non piccola è l'autorità dell' universa Chiesa che in questa consuetudine si distingue, che nelle preci del sacerdote all'altare abbia luogo anche la raccomandazione de' morti (6). Dionigi (7) commemora il rito delle orazioni pe' morti nella Chiesa primitiPosero i discepoli del Salvatore e gli apostoli che ne' tremendi e vivifici misteri facessesi memoria di quelli che nella fede morirono (8).

va. -

I suffragi per uno, è dottrina della Chiesa che giovino a tutti altresì, sebbene più specialmente a quello per cui sono diretti: e giovano a tutti perchè la società cristiana è tutt'un corpo che dal capo comune ha la vita. E la bellezza e grandezza di questa dottrina basterebbe di per sè a dimostrarne la verità. Quanto a quelli che muoiono in

(1) Som. Sup., 71. (2) Machab., II, XII, 46. (3) Purg., XI, t. 12: Ben si de' loro atar lavar le note Che portar quinci, si che mondi e lievi Possano uscire alle stellate ruote. (4) Dion., de Hier. Ecc., VII. (3) Som. Sup., 1 c.- (6) Aug., de Gur. pro mort., I. (7) Hier., cult. (8) Dam., Serm. de suffr. mort.

-

colpa grave, siccome è detto che i peccatori Dio non ascolta (1), così non valgono le preghiere fatte per essi da' vivi i quali li rappresentano in terra per quella virtù sociale che i meriti dell' un'anima comunica alle altre. Ma non potendo l'uomo sapere l'intrinseca gravità delle colpe altrui, nè sc da ultimo il morente le abbia col desiderio, se non cancellate, attenuate tanto da farsi non immeritevole di misericordia, di qui segue che noi dobbiamo orare con fede pe' morti tutti; che già se non a loro, giova ad altri ed a noi la preghiera. E così dell'efficacia de' suffragi fatti da' non degni risolvesi piamente: Avendo i sacramenti un valore intrinseco, qualunque sia l'uomo che li celebri od amministri, in questo rispetto non può nuocere al suffragio l'indegnità dell'uomo offerente. L'indegno di per sè non può veramente giovare ne ad altrui ně a sè stesso: ma può in quanto rappresenta l'intenzione altrui, cioè o di chi gli ordina di pregare, o della Chiesa tutla, nel cui nome, siccome sacerdote, egli adora (2). Cosi chi adempie quasi come strumento il volere altrui, l'opera in questo modo fatta acquista valore dall'intenzione di chi la commette; qual sarebbe un'opera di misericordia eseguita in nome del padrone da servitore non degno. Se il buono alto è compiuto con animo buono, naturalmente acquista doppio valore: ma anco i non degni sono in certo rispetto esauditi da Dio quando chieggano cosa che gli sia accetta; che Dio non a' giusti soltanto, ma anco a' peccatori i suoi beni distribuisce (3).

Nelle seguenti sentenze la dottrina de' suffragi è ancor meglio determinata e conchiusa: Il defunto è da' suffragi giovato, secondochè vivendo meritò esser giovato dopo la morte (4). — Non direttamente meritarono quel giovamento; ma pe' meriti precedenti si abilitarono a ricevere i frutli d'essi suffragi (5). — I suffragi giovano a que' che sono mezzanamente tra buoni e cattivi (6). — Anche a quelli pe' quali non furono falti i suffragi, giovamento ne viene se ne abbisogni (7).

In Virgilio al sentire dal padre che le anime de' defunti ritorneranno agli uffizii della vita, Enea esclama: O pater anne aliquas ad cœlum hinc ire pulandum est Sublimes animas, iterumque ad tarda reverti Corpora? Quæ lucis miseris tam dira cupido? Esclamazione tremenda che esce da anima troppo conscia e delle angosce profonde e delle altezze vertiginose della vita. Il padre risponde che

(1) Joan., IX, 31.—(2) Dion., de Hier. Col., XIII. (3) Som. Sup., 71 e Matth., V. A quel di Giovanni che Dio non ascolta i peccatori, la Glossa soggiunge: E' parla com' uomo che non vede a pieno.,- (4) Aug., Enchir. (5) Som. Sup., 71. — (6) Aug.. Cath. (7) Dam., Serm, de dorm.

ritorneranno nel mondo purgate dalle antiche macchie, e dopo bevuto in Lete il lungo oblio delle cure: altra speranza piena di dolore e di disperazione, che mette la dimenticanza come stimolo al corso arduo della vita. Il Poeta cristiano fa scorrere anch'egli l'acqua di Lete ove le anime depongono la memoria delle colpe (1); ma dal medesimo capo deriva l'acqua d'Eunoè, dalla quale é resa la memoria de' beni operati. Ed ha un non so che ripugnante all'ampia indulgenza del Cristianesimo l'opinione che nega una virtù espiatrice di là dai termini della vita. Dai passi recati raccogliesi che la dottrina cattolica ha fondamento non solo nelle prime tradizioni cristiane e giudaiche (alle quali potrebbersi aggiungere i riti stessi pagani che non avrebbero celebrate commemorazioni funebri senza una confusa fiducia che queste consolassero i trapassati); non solo nelle tradizioni, dicevo, ma nella ragione stessa. Posta da un lato la purità della giustizia dell'Ente che è il fine ultimo dell'umanità, posta dall'altro l'imperfezione dell' uomo e la possente volontà di quell'Ente; ne segue che, per pura che un'anima sia, non può esser fatta di subito degna del pieno godimento di lui, e che una prova di aspettazione più o men dolorosa (nè imaginare tormenti dati per mezzo della materia è di fede; e i predicatori farebbero bene a non ci calcare tanto) concilia i due grandi attributi della giustizia e della bontà, e salva l'uomo dalle ruine della speranza superba e della superba disperazione, e gli rende meno affannosa la morte, e diffonde il pensiero de' cari suoi, quasi luce avvivatrice, tra le tenebre del sepolcro, e cosi conforta i viventi e li rende migliori; ed esercitando l'affetto si nel passato e si nel tempo avvenire, lo amplia e lo innalza; e fa del mondo visibile e dell' invisibile una vita, e de' viventi e de' morti una sola operosa e cospirante famiglia. I Greci, che pure pregano pe' defunti, e se non credono all'espiazione, non si sa perchè preghino; non è da pensare che tutti e sul serio accolgano per buono argomento contrario quel che la Chiesa insegna del giudizio finale, come se già fin dal punto che la prova mortale è cessata, non sia determinato alle anime il suo destino; come se quel giudizio non s'abbia ad intendere per la rivelazione suprema che si farà della storia e de' destini dell'umanità tuttaquanta. Certo è ch'anco filosoficamente considerato il principio della espiazione (e ognun sa che il danaro delle elemosine non è condizione essenziale al principio) è umano e sociale, e dà un'alta idea della potenza, della volontà e dell'amore.

(1) Inf., XIV e Purg., XXVIII e XXXIII.

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