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corruzione degli uomini? Forse da influsso di stelle? Marco risponde: dalla vostra libera volontà, perchè liberi siete. E qui l'origine dell'anima umana, il suo istinto al bene, la legge che indirizza l'istinto, l'autorità che della legge è ministra, la potestà regia e la sacerdotale, che debbono, al parer di lui, rimanersene separate. Da ultimo accenni storici ai mali presenti d'Italia, ai buoni esempii che tuttavia le sono rimprovero e conforto e indirizzo: e così pianamente il Canto ripiglia la sua via senza sforzo e senza stanchezza, come se divagato non si fosse, perchè veramente non s'è divagato. Rifacciamoci sui nostri passi, e seguiamo il Poeta con Aristotele e s. Tommaso alla mano, come il viaggiatore ora volge l'occhio al libro della guida e ora al magnifico monumento.

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L'anima mossa da lieto fattore (1) volentier torna a ciò che la trastulla (2). Perocchè Iddio è principio delle nostre anime e fattore di quel le, essa anima massimamente desidera tornare a quello (3). Di picciol bene in pria sente sapore. Perchè il termine dell'appetito è il bene (4).,' Il bene in comune che ha ragione di fine è l'oggetto della volontà (5). Il male non è voluto e tutti gli enti appetiscono il bene (6). Siccome il colorato è l'oggetto della vista, così il bene è della volontà (7). Il buono è l'oggetto della dilettazione, e per conseguente è il principio di quella e le da forma. Il bene è primo come oggetto del desiderio, ma il vero in sè è prima del bene (8).

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L'anima non s'inganna nel desiderio del bene, ma nel posporre il maggiore al minore. Di picciol bene in pria sente sapore; Quiví s'inganna (9). Dico che il naturale desiderio del bene, per piccolo che sia, non la inganna di per sè. — L'ente non appetisce che il simile a sẻ: or ogni natura in quant'è, è buona (10), perchè l'essere stesso è un bene (11).

Per riparare o prevenire l' inganno degli uomini nella scelta del bene, è data la legge umana. Lex est constitutio populi, secundum quam majores natu simul cum plebibus aliquid sanxerunt (12). — Nel popolo al quale si dà la legge contengonsi due generi d'uomini; altri proni al male che sono da frenare (13) coi precetti della legge; altri aventi inclinazione al bene o dalla natura o dalla consuetudine e eziandio dalla grazia; e tali sono da

(1) Par., II: Per la natura lieta onde deriva. (2) Sè veduto nel Canto XIV (terz. 31) trastullo in senso d'ogni e serio e degno diletto. (3) Convivio.

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(4) Som., 1, 16. — (5) Som., 2, 1, 9. - (6) Dyon., Div. nom., IV. - Arist. Eth., I: Bene è quello che tutti gli enti appetiscono. Som., 2, 1, 1; 2, 1, 2; e 1, 1, 5. - (7) Som., 2, 1, 10. - (8) Som., 1, 1, 16. — (9) Terzina 31. (10) Som., 1, 2, 8. (11) Som., 1, 1, 21. — (12) Decret., Dist. II, cap. I. — (13) Convenne legge per fren porre (terz, 32).

istruire col precetto della legge e da promuovere in meglio (1). La legge è un'arte dell'istruire l'umana vita e dell'ordinarla (2). La legge è una regola o misura delle azioni secondo cui l'uomo è indotto ad operare, o dall'operare è ritratto (3). Sono intendimenti della legge comandare, vietare, permettere, punire (4). Onde non forse così propriamente come, al solito, la Somma: Premiare può chichessia, ma punire non s'appartiene che al ministro della legge; e però premiare non si pone come atto della legge, ma punire soltanto (5). Perché non concedere alla legge la licenza del premio? La legge divina ha ella forse tutto pene e minaccie? Nè vero pare quel che affermasi nella questione stessa, indifferenti alla legge umana gli atti poco buoni o poco cattivi; ma al più può dirsi che per la sua imperfezione e grossezza essa legge non possa ben cogliere questi nè quelli,

Il legislatore dee tendere a fare gli uomini buoni (6). Siccome nessuna verità speculativa è fermamente certa se non si riduca a primi principii indimostrabili perchè di suprema evidenza, cosi nessuna verità pratica è appurata se non in quanto s' ordini all' ultimo fine che è il bene comune (7). — La legge, in quant'è conforme a ragione retta, si deriva dalla legge eterna; in quanto se ne discosta, non è legge ma violenza (8).

E non è vero che la legge comandi tutti gli atti virtuosi (9); che tanto la legge umana nè può nė sa ma Aristotele e parecchi de' filosofi antichi dicono sovente quel che dovrebb' essere, anzichè quello che è, e così si sforzano d'innalzare l'umano pensiero, al contrario di certi moderni che pigliano il reale meno eletto e più basso per ideale supremo, se pure con la fantasia perversa non idealizzano il peggio. Poi, legge agli antichi, o di proposito deliberato o per equivocazione di provvido istinto, suonava insieme la divina e l'umana, che mai trattavansi separate. Il Cristianesimo le distinse, com'era dovere, per non abbassare la divina alle umane fralezze e per sublimare l'umana alla divina sua origine: la moderna filosofia le stacco, le fece nemiche: e ne vediamo gli effetti. La ragione pratica riguarda gli operabili che sono parziali e contingenti, non i necessarii, come la ragione speculativa; però le leggi umane non

(1) Som., 2, 1, 101. — (2) Som., 2, 1, 104. — (3) Som., 2, 1, 90; e Glos. in Lev., I: Offriamo l'agnello quando correggiamo i moti irrazionali: segnatamente ai moti dell' ira si contrappone l' imagine dell'agnello: onde qui gl' iracondi per purgarsi cantano tutti d'accordo Agnus Dei, la medesima parola nel tono medesimo, a fin d'ammendare le antiche ire discordanti. Imparate da me, dice Cristo, che sono mile. E tra gli esempii contrarii all'ira Dante rammenta Pisistrato, che risponde benigno e mite. — (4) Som., 2, 2, 92. -(5) Som., 1. c. — (6) Arist. Eth., I. (7) Som., 2, 1, 90. (8) Som., 2, 2, 95. - (9) Arist. Eth., V.

possono avere quelle infallibilità che hanno le dimostrazioni della scienza: nè c'è di bisogno che ogni misura sia infallibile, ma che sia opportuna in quel che spetta al genere suo (1). Però l'Aquinate con sapiente intelligenza ammette la relativa bontà delle leggi e fin nelle leggi cattive trova il suo buono: Certa bontà trovasi anco nei cattivi: onde dicesi buon ladro perchè opera convenientemente al suo fine (2). E comportando le leggi imperfette, senza però lodarle e volerle perpetue, il filosofo cristiano comporta anco la non perfetta osservanza di quelle. Non sempre l'uomo obbedisce alla legge per bontà di virtù compiuta, ma talvolla o per timore della pena o per lo dettame della ragione che è un principio di virtù (3). L'uomo cominciando assuefarsi alla fuga del male e all' eseguimento del bene per timor della pena, talvolta è condolto a farlo con piacere di liberissima volontà.

Nella terzina medesima unisce Dante la legge ed il re Convenne legge per fren porre; Convenne rege aver, che discernesse Della vera cittade

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almen la torre. Questo era il principio della sua dottrina civile; e anche per questo gli piaceva Virgilio che nell'idea di regno mostra di compiacersi ; e ragionando le lodi delle api: Præterea regem non sic Egyptus, et ingens Lydia, nec populi Parthorum, aut Medus Hydaspes Observant (1). Ma agli Italiani che uscivano dal medio-evo, le voci re e imperatori suonavano altro dal senso moderno, e valevano quel che in Tommaso: præsidente quo subditi gubernantur (2). Il re di Dante deve discernere almeno la torre, cioè il bene comune secondo la divina giustizia regolato (3). — La volontà dell'imperante dee essere regolata da alcuna ragione: in questo modo intendesi che la volontà del principe abbia vigore di legge: altrimenti ella sarebbe iniquità piuttosto che legge (4). E intendesi che al governante qual che si sia, gli uomini bene subjiciantur (5), cioè senza servile timore (6).

(1) Georg., IV. (2) Som., 2, 2, 92. (3) Som., 1. c. (4) Som., 2, 1, 9; e 2, 2, 92: Legge tirannica non è legge, ma perversione di legge. - Alcune leggi sono tiranniche. E Arist. Pol., III e IV: Il tiranno non intende a far bumi i sudditi, ma solo alla propria utilità. - (5) Som., I. c. (6) Aug. Enchir., CXXI,

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CANTO XVII.

Argomento.

Contempla in visione esempi d'ira punita. Sempre queste visioni sono distinte in due parti: la bellezza della virtù, la pena del vizio; ambedue considerazioni necessarie al pentimento. Ma prima si ferma il Poeta nella bellezza della virtù, poichè da queste propriamente viene all'anima il disamore sincero del male. Nel giro della superbia, prima Maria, poi Lucifero; dell'invidia, prima Maria, poi Caino; dell'ira, prima Maria, poi Amano. Il primo sempre Maria. Nel giro della superbia, sculture; dell'invidia, voci; dell'ira, visioni. Or entrano nell'accidia. E Virgilio spiega come l'amore o troppo di picciol bene, o poco di bene grande, cagiona i vizii; come in ogni ente, bruto o ragionevole, è amore.

1.

Nota le terzine 1, 2, 3, 6, 7, 9, 10, 12, 14, 15, 17, 20, 24, 29, 31, 34, 35, 42, 46.

Ricorditi, lettor, se mai nell'alpe

Ti colse nebbia, per la qual vedessi
Non altrimenti che per pelle talpe;

2. Come quando i vapori umidi e spessi
A diradar cominciansi, la spera
Del Sol debilemente entra per essi;

3. E fia la tua immagine leggiera

In giugnere a veder com'io rividi

Lo Sole in pria, che già nel corcare era.
4. Si, pareggiando i miei co' passi fidi
Del mio maestro, usci' fuor di tal nube
A' raggi, morti già nei bassi lidi.
5. O immaginativa, che ne rube

Talvolta si di fuor, ch' uom non s'accorge
Perché d'intorno suonin mille tube,

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(F) PELLE. Credettero gli antichi coperto d'una pellicola l'occhio della talpa (Arist., Hist. an., I, 9): ora si crede quella pellicola non sia che la cornea. 2. (L) SPERA: raggio.

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SPE

(SL) SPESSI. Conv.: Spessezza de' vapori. RA. Rime ant. Spera d'un lume. È nell'uso toscano. 3. (L) LEGGIERA: imperfetta.

(SL) IMMAGINE. Traduce alla lettera l'idea de' Greci. 4. (L) Si: così. -A' RAGGI, MORTI GIÀ NEI BASSI LIDI : nella valle non c'era più sole.

(SL) PAREGGIANDO. En., II: Sequitur... non passibus æquis. - MORTI. V. Purg., XV, t. 2. Purg., VIII, t. 2: 'L giorno... che si muore.

5. (L) NE RUBE... DI FUOR: ci rubi alle cose di fuori. PERCHÈ... SUONIN... TUBE: per suonar che facciano trombe. TUBE. Per modo di

(SL) RUBE. Purg,, IV, t. 2. dire. Matth., VI, 2, Tuba canere.

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(F) SENSO. Som. La visione imaginaria ha origine dal senso; perchè la fantasia è moto fatto dal senso in atto, come è detto nel III dell'anima. —INFORMA. Som.: La virtù conoscitiva s' informa direttamente della similitudine delle cose. VOLER. Le imagini, dice, vengono alla mente o dal senso o da Dio. Se da Dio, o per grazia gratuita, o per merito d' umano volere che a sè la trae; o per volere di spiriti mediatori.

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7. (L) EMPIEZZA: crudeltà. - NELL'UCCEL...: nel rusignuolo. IMMAGINE: idea. ORMA: pensiero. (SL) EMPIEZZA. Gio. Vill.: Empiezza di parti. — LEI. (Ovid. Met., VI; Purg., IX, t. 5.) Filomela violata da Tereo suo cognato, uccide il figlio di lui, e glielo dà mangiare mutasi in usignuolo. Altri mutano in usignuolo Progne, Filomela in rondine; ma Probo (ad VI. Ecl. Virg.), Libanio (Exc. græc. soph., Narr. XII), Strabone (Nat. Cont. Myth., VIII, 10) fanno mutata in usignuolo Filomela, non Progne. [DILETTA. Si è conteso se il canto del rusignuolo fosse lieto o malinconico. Il Chiabrera taglia la questione: Non mai si stanca d'iterar le note O gioconde o dogliose, A sentir dilettose (Alcippo, atto I, sc. 1).] - IMMAGINE. Semint, Turbato per la immagine del nuovo fatto. ORMA. Semint. : L'orma della forza umana.

(F) IMMAGINE. Som. Sup.: L'anima del dormente fa uso dell' organo dell' imaginazione nella quale le similitudini corporali s'imprimono.

8. E qui fu la mia mente si ristretta
Dentro da sè, che di fuor non venia
Cosa che fosse ancor da lei recetta.
9. Poi piovve dentro all'alta fantasia
Un, crocifisso dispettoso e flero

Nella sua vista: e cotal si moria. 10. Intorno ad esso era 'l grande Assuero, Ester sua sposa, e 'l giusto Mardocheo, Che fu al dire e al far cosi intero. 11. E come questa immagine rompéo

Sè per sè stessa, a guisa d'una bulla Cui manca l'acqua sotto qual si feo; 12. Surse in mia visione una fanciulla, Piangendo forte, e diceva: - O regina, Perchè per ira hai voluto esser nulla? 13. Ancisa t'hai per non perder Lavina:

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(SL) RISTRETTA. Purg. III, t. 4: La mente mia, che prima era ristretta, Lo'ntento rallargò. — Recetta. Pulci: Data ed accetta per ricevuta.

(F) RECETTA. Som. Species intelligibiles in intellectu receptæ. Altrove: Nella cognizione della mente umana conviene considerare due cose, cioè il rivivimento o rappresentazione delle cose, e il giudizio delle cose rappresentate.

9. (L) UN: Amáno.

(SL) PIOVVE. Bocc.: Non simili alle fortune piovono da Dio gli animi ne' mortali. — ALTA. Vita Nuova: Fu si forte la fantasia che mi mostrò questa donna. Par., XXXIII, t. ult.: All'alta fantasia qui mancò possa... 10. (L) INTERO: integro.

(SL) ASSUERO. V. il Libro d'Esther, cap. VII. INTERO. Hor. Carm., I, 22 Integer vitæ. 11. (L) ROMPÉO : dileguò. BULLA: bolla. la qual.

(SL) ROMPÉO. È ne' trecentisti l'articolo. Ha un esempio nell'Ameto. 12. (L) NULLA : morta.

QUAL:

SOTTO. Senza

(SL) SURSE. Apparve l'orma; poi piovve; poi surse. - - FANCIULLA. Lavinia, piangente la morte d' Amata sua madre, impiccatasi per ira delle vittorie d' Enea. Dante nella lettera ad Arrigo, di Firenze parlando: Questa è quell' Amata impaziente, la quale, rifiutato il fatale matrimonio, non temè di prendere quello genero il quale i fati negavano; ma finalmente a battaglia il chiamò: ed alla fine mal ardita, pagando il debito, con un laccio s' impiccò. FORTE. Dante, Rime: Pianger forte. Tobia: Piangendo forte. REGINA. Cosi Virgilio chiama Amata: At Regina (En., VII e XII). — IRA. Æn., VII: Quam super adventu Theucrûm Turnique hymenæis Femineæ ardentem curæque iræque coquebant. - XII: Multaque per mæstum demens effata furorem, Purpureos moritura manu discindit amictus, Et nodum informis leti trabe nectit ab alta. · NULLA. Nulli essent per non esistessero. Aug. in Jul., V, 2.

(F) NULLA? Senec.: Quid est mors, nisi non esse? Non che il Poeta credesse l'anima mortale col corpo; ma una pagana è che parla.

13. (L) ANCISA T' HAI: uccisa ti sei.

ESSA: io stes

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LUTTO: piango. ALLA TUA PRIA CH' ALL' ALTRUI

RUINA: mori prima Amata che Turno, da lei creduto

morto.

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(SL) PERDER. Æn., III: Amissæ... parentis. - V: Amissum Anchisen. LAVINA. Inf., IV. PERDUTA. En., IV: Extinxi te meque. Perdere può qui valere e il latino amittere e il perdere. ESSA. Conv., 1, 3: N mio scritto che quasi commento dire si può...'esso per sè sia forse in parte un poco duro. Georg., IV: Scis ipse. LUTTO. Ep. Sen.: Senza piangere e senza luttare. Virgilio, della morte d'Amata: Totam luctu concussit funditus urbem (¿En., XII). — PRIA. Æn., XII: Quam cladem miseræ postquam accepere Latinæ, Filia prima manu flavos Lavinia erines Et roseas laniata genas; tum cætera circum Turba furit. ALTRUI. Accenna in ombra a Turno, come Virgilio non lascia mai vedere se Lavinia ami lui o il padre Enea. RUINA. Virgilio, del re Latino: Conjugis attonitus fatis, urbisque ruina (Æn., XII).

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gare da secare. par messo al niego.

NEGO. In una Canzone: D'ogni mercè

(F) NEGO. Albertano: Termine a termine aggiungere a colui che prega, è a scultrimento di negare. Più bella la sentenza di Dante, ed è tolta da Seneca (Ben., II, 1): Tarde velle nolentis est: qui distulit diu, noluit. Conv., 1,8 : Puotesi... la pronta liberalità in tre cose notare... la prima è dare a molti; la seconda è dare utili cose; la terza è senza essere dimandato il dono, dare quello... Il domandato è..... non virtù ma mercatanzia: perocchè quello ricevitore compera, tutto che il datore non venda. Perchè, dice Seneca, che nulla cosa più cara si compera che quella dove e' prieghi si spendono. 21. (L) ACCORDIAMO A TANTO INVITO IL PIEDE: andiamo secondo l'invito. PORÍA: potrebbe.

(SL) POBÍA. Purg., VII, t. 17. 23. (L) SENTÍMI: mi sentii.

(F) BEATI, Matth., V, 9: Beati pacifici: quoniam filii Dei vocabuntur. IRA. C'è anche lo sdegno buono; e così interpretasi irascimini et nolite peccare (Psal. IV, 5). E per esserci i desiderii buoni, Agostino disse: Concupiscentiæ malœ.

25. (L) VIRTU del piede. LA POSSA DELLE GAMBE POSTA IN TREGUE: non poter andare.

26. (1) AFFISSI: fermi. 28. (L) OFFENSIONE colpa. STEA: stia. NON STEA TUO SERMONE parla,

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29. (L) AMOR DEL BENE, SCEMO DI SCO DOVER: accidia e amore languido. SCEMO minore. QUIRITTA: qui. RISTORA Compensa per pena. (SL) REMO. L'immagine della barca torna so

31. Nè creator né creatura mai

(Cominciò ei), figliuol, fu senza amore O naturale o d'animo: e tu 'l sai. 32. Lo natural fu sempre senza errore;

Ma l'altro puote errar per male obbietto, O per troppo o per poco di vigore. 33. Mentre ch'egli è ne' primi ben' diretto, E ne' secondi sè stesso misura, Esser non può cagion di mal diletto. 34, Ma quando al mal si torce, e con più cura, O con men che non dee, corre nel bene; Contra Fattore adovra sua fattura.

vente a rendere la via della vita e ogni lavoro. Purg., XII, t. 2.

31. (L) NATURALE: de' corpi. D'ANIMO: di spiriti, (F) AMORE. Tra l'uomo e il bene, il corpo l'anima, Dio l'uomo. Amore a Dante è la stessa attrazione de' corpi (Par., I). Cosi lo chiama Aristotele. Però dice: Tu 'l sai, dall'Etica del Filosofo. Conv., III, 3: È da sapere che ciascuna cosa ha'l suo speciale amore. Altrove (IV, 22): È da sapere che 'l primo e più nobile rampollo che germogli di questo seme per esserc fruttifero, si è l'appetito dell'animo, il quale in greco è chiamato oppr. Som., 1, 2, 28, 6: Quidlibet agens ex amore agit quodcumque agit.

32. (L) Fu... SENZA ERRORE: necessario. il libero. MALE: malo.

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- L'ALTRO:

(SL) MALE. Cavalca: Male amore. Semint.: Male consiglio.

(F) MALE. Ott., II, 150: L'amore poco del bene cade dalla accidia, e l'amore del piccolo bene disordinato tiene le sue radici nel peccato della lussuria, gola ed avarizia; perocchè li piecoli beni amare si possono quanto alla signoria d'avere d' essi, o quanto alla possessione, o quanto all'uso. Nel primo modo l'avaro, nel secondo il goloso o lussurioso. L'amore ch'è disordinato, perocch' è amore di male, pare che si possa distinguere in amore del proprio, ed in amore dell'altrui male: ma perocchè niuno ama il proprio male, in quanto elli è male, ma in quanto elli stima che quello sia bene del corpo, però l'amore è solamente d'altrui male: ha ra→ dice nelli tre vizii, cioè superbia, ira, invidia. Diversificansi questi vizii per questo, che nel peccato della superbia è amore del proprio bene con altrui male; ama il superbo la esaltazione di sè, e l'abbassamento del prossimo; ma nel peccato dell'ira e dell'invidia è amore dell'altrui male si certamente; ma in questo paiono diversificarsi questi due vizii, ira ed invidia, perocchè nel peccato dell' ira l'amore dell' altrui male pare che nasca dal male altrui. Colui che s'adira contro alcuno, però gli vuole male, perocchè da lui male ricevette... Nel peccato dell'invidia l'amore dell'altrui male nasce dalla propria malizia, civè dalla superbia... Lo invidioso a questo vuole male altrui perchè non sicno pari a lui, Onde il peccato dell'invidia comunica la materia col peccato dell' ira; ma l'origine riceve dal peccato della superbia... Superbia, ira, invidia, rendono l'amore disordinato verso il prossimo...; lussuria, gola, avarizia, accidia rendono disordinato amore a sè e verso sè. 33. (L) MENTRE : fin. PRIMI: sommi, veri. MiMAL: cattivo. SURA: non eccede. 34. (L) MEN: se meno è accidia. ADOVRA: opera. (SL) CORRE. Basil, Corrono al male. - FATTURA, Psal. XCI, 5. Delectasti me, Domine, in factura tua. (F) Più. Il troppo amore di piccol bene è gola o lussuria o avarizia. L'amor del male riguarda o il male

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