Page images
PDF
EPUB
[merged small][merged small][ocr errors][merged small][merged small][merged small][merged small][ocr errors][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][ocr errors][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small]

33. Mentr'io mi dilettava di guardare L'immagini di tante umilitadi,

34.

E, per lo Fabbro loro, a veder care; Ecco di qua, ma fanno i passi radi (Mormorava 'l poeta), molte genti: Questi ne 'nvieranno agli alti gradi. 35. Gli occhi miei, ch' a mirar erano intenti Per veder novitati, onde son vaghi, Volgendosi vêr lui non furon lenti. 36. Non vo', però, lettor, che tu ti smaghi Di buon proponimento, per udire Come Dio vuol che 'l debito si paghi. 37. Non attender la forma del martire: Pensa la succession; pensa che, a peggio, Oltre la gran sentenzia non può ire. 38. Io cominciai: Maestro, quel ch'io veggio Mover ver noi, non mi sembian persone; E non so che; si nel veder vaneggio. 39. Ed egli a me: La grave condizione Di lor tormento a terra gli rannicchia, Sì, che i mie' occhi pria n'ebber tenzione.

[ocr errors]

33. (L) FABBRO si esperto: Dio.

(SL) DILETTAVA. En., VIII: Talia, per clypeum Vulcani, dona parentis, Miratur, rerumque ignarus imagine gaudet, Attollens humero famamque et fala nepotum. - UMILITADI. Vite ss. Padri. Plurale come nel XXXI del Paradiso: Alti ornati di tutte onestadi. Nell' umiltà si compiace tanto, anco perchè questa era virtù principale della sua donna. Lo dice sovente nelle Rime. 34. (L) RADI : lenti. 'NVIERANNO AGLI ALTI GRADI: mostreran la salita.

-

35. (F) NOVITATI. Greg. Mor., XXXI: Præsumptio novitatum est filia inanis gloriæ. Ma qui denota l'amore di novità buona e bella. 36. (L) SMAGHI: stolga. pa s'espii.

[ocr errors]

'L DEBITO SI PAGHI: la col

(SL) SMAGHI. Bocc. La quale (onestà) non che i ragionamenti sollazzevoli, ma il terrore della morte non credo che potesse smagare.

(F) DEBITO. SOM. : La reità è il debito della pena, onde chi sostiene la pena che doveva, assolvesi dal reato. PAGHI. Teme che le pene si gravi dell'espiazione non facciano parere la virtù troppo dura. Vedi in Gregorio (Dial. IV, 39) descritto un Purgatorio.

37. (L) ATTENDER: pensare. - LA SUCCESSION: la gloria celeste che succede. A PEGGIO, OLTRE LA GRAN SENTENZIA NON PUÒ IRE: alla peggio, la pena finirà il dì del giudizio.

(SL) NON. Ovid. Met., X: Nec credite factum : Vel, si credetis, facti quoque credite pœnam,

(F) SUCCESSION. Som.: In damnatis est pœnarum successio. Sed gloria sanctorum est sine successione, Successione del tempo. · GRAN. Inf., VI, t. 35: La gran sentenza. Matth. XXV, 34, 41: Venite benedicti... Discedite a me maledicti.

38. (SL) VANEGGIO. Propria la voce, qui dove trattasi della pena de' superbi, dalla vanità loro tramutati quasi fuor della forma umana. 39. (L) TENZIONE: dubbio.

(SL) TENZIONE. In Semintendi.

(F) TERRA. Pietro cita il Salmo CIX, 6: Conquassabit capita in terra multorum.

40. Ma guarda fiso là, e disviticchia

Col viso quel che vien sotto a quei sassi : Già scorger puoi come ciascun si picchia. 41. O superbi Cristian', miseri lassi,

Che, della vista della mente infermi,
Fidanza avete ne' ritrosi passi ;
42. Non v'accorgete voi che noi siam vermi
Nati a formar l'angelica farfalla
Che vola alla giustizia senza schermi?

40. (SL) DISVITICCHIA. Hor. Sat., II, 5: Limis rapias. Ma disviticchiare è più potente qui, dove trattasi di sciorre col discernimento degli occhi il nodo che fa la superbia a sè stessa.

(F) SOTTO. Matth. XXIII, 12; Luc., XIV, 14 : Qui se exaltat, humiliabitur. 41. (L) RITROSI PASSI : credete avanzare e retrocedete per la viltà dell' orgoglio.

(SL) Lassi. Inf., XXXII, t. 7: Fratei miseri lassi. Petr.: Ile superbi e miseri Cristiani. Qui il miseris mortalibus di Virgilio (Georg., III; Æn., XI) ha tutto il suo valore pietoso che nel linguaggio delle scuole perdė, fatto riempitivo inutile.

[blocks in formation]

43. Di che l'animo vostro in alto galla, Poi siete quasi entomata in difetto, Si come verme in cui formazion falla ? 44. Come per sostentar solaio o tetto,

Per mensola, talvolta una figura Si vede giunger le ginocchia al petto, 45. La qual fa del non ver vera rancura Nascere a chi la vede; così fatti Vid'io color quando posi ben cura. 46. Ver è che più e meno eran contratti Secondo ch' avean più e meno addosso. E qual più pazienzia avea negli atti, 47. Piangendo parea dicer: Più non posso. »

a

[blocks in formation]

Penitenza.

I grandi poeti sono commento a sè medesimi e l'uno all'altro così come tutti gl'ingegni e le anime singolari. Il passo alla prima non chiaro di Virgilio: Ast ubi digressum Siculæ te admoverit oræ Ventus, et angusti rarescent claustra Pelori (1), ė illustrato da'versi di Dante: Ed eravamo in parte Che la dove pareami in prima un rotto, Pur com'un fesso che muro diparte, Vidi una porta (2). Questo rotto e questo fesso, e il rarescent più ele. gante e possente, rappresentano il parere che fa di lontano angusta ogni apertura e seno e il venirsi all'occhio di chi le si approssima dilatando.

L'angelo che siede alla porta risplende in vista si che non lo può l'occhio umano sostenere, e ha una spada nuda che getta non meno vivi lampi; come nella Genesi: Ejecitque Adam: et collocavit ante paradisum voluptatis Cherubim, et flammeum gladium atque versatilem ad custodiendam viam

(1) Æn., III. —(2) Purg., IX. - Ivi: Vedi l'entrata là 've par disgiunto.

Correzione.

ligni vitæ (1); e come in Daniele: Facies ejus velut species fulguris (2). L'angelo dice a' vegnenti : Ov'è la scorta (3) ?; onde pare che ad ogn' anima bisogni la scorta d'un angelo; perchè gli angeli sono mediatori fra gli uomini e Dio; e dice anco: Ditel costinci, che volete voi?... Quivi è la porta (4); che rammenta il virgiliano di Caronte : Fare age quid venias; jam istinc et comprime gressum: Umbrarum hic locus est (5). Il Caronte dantesco è bianco per antico pelo (6); il primo angelo che Dante vede tragittare gli spiriti viene Trattando l'aere con l'eterne penne, Che non si mutan come mortal pelo (7): contrapposti non ricercati ma non casuali. In Ovidio le Furie: Carceris ante fores clausas adamante sedebant(8): qui l'angelo siede sulla soglia che mi sembiava

[blocks in formation]

pietra di diamante; e tiene ambedue i piedi sul terzo de' gradi che mettono alla porta e che è di porfido color di sangue, a dipingere la carità, espiatrice vera de' falli: Remittuntur ci peccata multa quia dilexit multum. E invero Agostino: Ogni dolore è fondato in amore (1); e la Somma: L'amore della carità in cui si fonda il dolore della contrizione è il massimo degli amori (2).

Tre gradi ha la penitenza. Si pecca, dice Pietro, con la bocca, col cuore, coll'opera: quindi la confessione del labbro, la contrizione del cuore, la soddisfazione dell'opera. Convien rammentarsi il peccato, vederne la gravità, confessarlo candidamente, e lavarlo per pentimento. Simile idea è in una orazione inedita di un Mussato; il quale dipingendo la scala per cui l'anime salgono al cielo, pone per primo grado la sagacità, per secondo la prudenza, poi la scienza, la sapienza il supremo. La contrizione è che rompe (conterit) la durezza del cuore e quasi con fuoco Ja fa screpolare (3). Scindite corda vestra et non vestimenta vestra (4). Per il terzo grado, che è di colore rosso, altri intende il rossore del peccato o piuttosto soddisfazione e tra le soddisfazioni, più alta è quella del sangue. E le vive opere avvivano, dice l'Ottimo, l'anima. L'angelo è imagine qui de' sacerdoti che l'Apostolo appunto chiama angeli. E Malachia : Labia... sacerdotis custodient scientiam.... quia angelus Domini... est (5). Questa è la porta dopo la quale è libero il passo al cielo. Però ci pone le chiavi date a S. Pietro regni cœlorum (6).

Il vestimento dell'angelo è color di cenere o terra secca; secondo l'inno della Chiesa: Cor contritum quasi cinis (7); e sempre la cenere nella Bibbia simboleggia umiltà con dolore. Per l'umiltà il peccato rimettesi (8): onde Virgilio dice al Poeta: Chiedi umilemente Che il serrame scioglia (9). Egli si dà nel petto tre volte, e s'inginocchia devoto a' piedi dell' angelo, e chiede misericordia: atti

(1) De Civ. Dei, lib. XIV. (2) Sup., 3. (3) Som. Sup., 2: Contritio est alicuius duri comminutio. (4) Joel, II, 13. – (5) Malach., II, 7. (6) Matth., XVI, 19. Inf., XXVII: Lo ciel poss'io serrare e disserrare.... però son due le chiavi. XIX: Quanto tesoro volle Nostro Signore in prima da San Pietro, Che ponesse le chiavi in sua balia? Par., XXIII: Colui che tien le chiavi di tal gloria. - XXXII: A cui Cristo le chiavi Raccomandò di questo fior. - XXIV: Luce eterna del gran viro A cui nostro Signor lasciò le chiavi Che portò giù, di questo gaudio miro. Ma nell'Inferno l'una chiave pare per ironia che apra e l'altra che chiuda: qui sul serio, quella d'argento apre il primo serrame, quella d'oro il secondo; ma la prima è la più difficile a volgere, perchè, tra le altre ragioni, il primo passo nella conversione è che costa più e più decide. (7) Gen., XVIII, 27: Loquar ad Dominum meum, cum sim pulvis, et cinis. - Eccli., X, 9: Quid superbit terra, et cinis ? (8) Luc., XVIII. Som., 2, 2, 161. (9) Matth., XVI, 19: Quodcumque solveris super terram, erit solutum et in cœlis.

che all'anima altera non parevano vili; dacché anco nel Paradiso: A quel devoto Trionfo, per lo quale io piango spesso,... e 'l petto mi percuoto (1). Ma perchè anche dopo la contrizione rimangono alcuni peccati veniali (2), l'angelo gli descrive sette P nella fronte, cioè gli riduce a memoria i sette peccati di quasi tutti egli era, così come ogni uomo, a qualche modo colpevole. La spada è l'autorevole riprensione. La chiave è la parola che corregge, che scopre la colpa, la quale talvolta è mal nota a quel medesimo che la commise. Le chiavi, dicono altri, sono il discernimento e l'autorità d' ammettere o di rigettare. Nelle antiche pitture, una delle chiavi di Pietro è d'argento, l'altra d'oro. Sant' Ambrogio: Lo Signore vuole essere eguale la balia d'assolvere e di legare: e promise l'uno e l'altro con pari condizione. Ma ad aprire richiedesi, dice il Poeta, arle troppa. Sant'Agostino: Chi vuole confessare i peccati per trovare grazia cerchi sacerdote che sappia obbligare e prosciogliere, non cadano ambedue nella fossa. Ottimo: 'L prete suole aver molta discrezione e considerare la condizione e stato, etade e maturezza del peccatore, in considerare la qualitade del peccato e le circuslanzie.... altrimenti male andrebbe la deliberazione della penitenza che si dee ingiungere.

L'angelo apre finalmente la porta, che forte risuona sui cardini, perchè, come dirà poi, 'l mal amor dell' anime la disusa, cioè pochi sono gli eletti (3), ond'ella smossa non di frequente, arrugginisce. Atri dice perchè pesante. L'Ottimo: Fece grande romore, e mostrossi molto agra, a dare ad intendere, come era stato grave il fallo del peccatore, e come con fatica s'apre a uomo così inviluppato nelle dilettazioni corporali.... acciocchè pensi, se altra volta ritornasse di fuori, come malagevolmente li sarebbe aperta.

Qui viene, e non a caso, la similitudine di Tarpeia, cioè della porta che chiudeva il tesoro del tempio violato da Cesare per pagare i soldati. E notisi come le due fonti non solamente poetiche ma politiche di Dante sieno Virgilio e Lucano; Lucano ultimo dei cinque poeti (4), ma anch'egli è studiato e imitato, e recato come e memoria ed autorità; Virgilio poeta dell'impero, Lucano oratore della repubblica. A questo passo Lucano (5) dice appunto: Omnia Cæsar erat. Velle putant quodcumque potest. — Viribus an possint obsistere jura, per unum Libertas experta virum. Pugnaxque Metellus Ut videt ingenti Saturnia templa revelli Mole, rapit gressus.. prohibensque rapina Victorem... Non feret e nostro sceleratus præmia

[ocr errors]
[blocks in formation]

miles (1). Non nisi per nostrum vobis percussa patebunt Templa latus. Se non che questa stessa violenza, fino in bocca di Lucano, torna in lode di Cesare, e il disonore ne cade su Roma, apparecchiata già a servitù, come poi disse Tiberio, e però assoggettante sè stessa al non evitabile impero. Melius, quod plura jubere, Erubuit, quam Roma pati (2). All'ardito resistere di Metello, Cesare, contento del tesoro, non si sdegna, e mandatolo a casa, gli dona la vita: Te vindice, tuta relicta est libertas? non usque adeo permiscuit imis Longus summa dies, ut non, si voce Metelli Serventur leges, malint a Cæsare tolli (3).

In Virgilio la Sibilla dice al viatore de' regni oltramondani: Mœnia conspicio, atque adverso fornice portas, Hæc ubi nos præcepta jubent deponere dona. Dixerat; et pariter gressi per opaca viarum, Corripiunt spatium medium, foribusque propinquant. Occupat Æneas aditum... His demum exactis, perfecto munere Diva, Devenere locos lætos (4). Qui all'aprire che l'angelo fa la porta, il Poeta sente un suono di canti: Introite portas ejus in confessione, atria ejus in hymnis (5). All'entrare d'un'anima cantano Te Deum (6), per lodare i santi e gli angeli e Dio creatore e redentore della salute d'uno spirito; all'uscire dell'anima verso il cielo cantano Gloria in excelsis (7); nella valle: Salve Regina (8); verso la sera: Te lucis ante (9); nello scendere a riva: In exilu Israel (10); al venire di Beatrice: Veni sponsa (11); al venire di Cristo: Benedictus qui venis (12). Poi gli angeli all'entrare di ciascun giro cantano al Poeta parole raccomandatrici d'alcuna virtù.

L'angelo gli ha già fatti accorti Che di fuor torna chi dietro si guala (13); perchè nessuno che mette mano all' aratro e riguarda dietro a sè è atto al regno di Dio (14). Il che rammenta insieme la storia di Loth (15), e la favola d'Euridice: Redditaque Eurydice superas veniebat ad auras, Pone sequens (namque hanc dederat Proserpina legem).

(1) Rammenta quel di Virgilio: Impius hæc tam culta novalia miles habebit? Barbarus has segetes? En quo discordia cives Perduxit miseros! En queis consevimus agros! (Buc., I.) Parole coraggiose del giovane, che richiedeva il suo campicello per sè; ma che in età più cauta non le avrebbe forse espresse così chiaramente. E anche Tullio, giovane, difendendo Roscio, si dimostrò più generosamente ardito, che poi accusando e vilipendendo Catilina ed Antonio. - (2) Lucan. Pbars., III. - (3) Lucan. Phars., III. Veggansi ivi i consigli di Cotta e Metello, e avrannosi compendiate, in quel ch' hanno e di falso e di vero, e di generoso e di vile, le ragioni recate immezzo in tutti i luoghi e i tempi per rassegnarsi alla mutazione degli Stati, e di più in meno liberi, e di meno in più. - (4) Æn., VI. (5) Psal. XCIX, 4. (6) Purg., IX. — (7) Purg., XX. (8) Purg., VII. (9) Purg., VIII. (10) Purg., II. (11) Purg., XXX. (12) Ivi. (13) Purg., IX. (14) Luc., IX, 62.

--

[ocr errors]
[ocr errors]

(15) Gen., XIX.

Quum subila incautum dementia cepit amantem... Restitit, Eurydicenque suam, jam luce sub ipsa, Immemor heu! victusque animi respexit; ibi omnis effusus labor (1). Queste corrispondenze delle tradizioni favolose con le sacre, e del Poema maestro suo col Libro maestro di tutte le umane generazioni doveva essere sempre nuovo e diletto e conforto e all'intelletto e all'animo del Poeta.

La via che sale su per il sasso è stretta, e ripiegandosi a destra e a manca indica i disagi del primo muovere a penitenza e del dover fuggire a ogni passo gli estremi. Agostino: Stretta è la via che ne mena a vita eterna. L'Ottimo: È tutta opposta alla via che vogliono li superbi, li quali la voglion larga... e che ogni uomo dea lor luogo... e levi loro dinanzi qualunque cosa pare impedire o ritardare il loro volere. La forma dunque dell'adito simboleggia, così come la docile pianta del giunco, l'umiltà non vilmente pieghevole; e simboleggia, col riguardo di causare or dall' una or dall'altra parte gli spigoli del masso, la prudenza a schivare il male futuro, la quale è parte di penitenza, siccome nota la Somma (2). Può inoltre simboleggiare la verità notata nelle parole seguenti: Il bene ha qualche cosa di arduo con che attrae il desiderio, cioè la ragione stessa del bene, e ha qualcosa che ritrae, cioè la difficoltà dell' acquisto. Dal primo sorge il moto della speranza, dall'altro il moto della disperazione. Or ne' moli che sospingono il desiderio vuolsi la virtù morale che modera e raffrena; ne' moti che restringono vuolsi virtù che raffermi e sospinga. Vuolsi dunque una forza che rattenga l'animo dal tendere smoderatamente a grandigia, e questa è l'umiltà; e vuolsi un'altra che allontani da disperazioni e lo conduca a proseguire le cose grandi secondo la retta ragione, e questa è la magnanimità (3).

Appena sul primo ripiano del monte egli vede imagini scolpite nel sasso, esempi d'umiltà credente, generosa, pietosa; dacchè una delle purgazioni dell'anima è il pensiero, e l'esempio della bellezza del bene e del suo premio, della sconvenienza del male e della pena di quello: e ciò si fa qui poeticamente per segni scolpiti e che parlano all'occhio e alla mente, e per parole che volano e si scolpiscono nel pensiero e per fantastiche visioni che prendono l'intelletto; talchè la pena corporale è delle correzioni la meno amara e la meno efficace. E lo dice il Poeta nel XIX del Purgatorio: Quel che avarizia fa, qui si dichiara In purgazion dell'anime converse: E nulla pena il monte ha più amara. Le sculture rappresentanti

[blocks in formation]

umiltà sono ritte sul monte: le simboleggianti superbia, sul suolo che le calpesti chi passa. Gregorio: Siccome incentivo a superbia è il guatare gl'inferiori, così cautela d'umiltà è il considerare i migliori.

I tre esempi sono di Maria Annunziata; di Davide che balla innanzi all'arca, sprezzato però dalla moglie figliuola del re; di Traiano che si ferma ad esaudire il prego della povera vedova madre. La somma superbia, dice l'Ottimo, fu quella di Lucifero; la somma umiltade fu quella di Cristo. Ma Dante riguarda segnatamente all'umiltà di Maria, e ridice le parole di lei Ecce ancilla, le quali egli aveva quasi profanate in una canzone d'amore: Amor, Signor verace, Ecco l'ancella tua, fa che ti piace. E di codeste profanazioni ha esempio il Petrarca, segnatamente laddove assomiglia il suo cercare nelle altre donne le fattezze di Laura all'adorare che faceva il pellegrino nel sudario l'imagine di Gesù.

Le tre storie sono ritratte con finezza ed amore; e non a caso scelti gli esempi dalla vergine regale e poveretta, dal re figliuol di pastore e genero di pastore re, e dall'imperatore inchinevole alle lagrime di femmina oscura, e però liberato dal pianto eterno dalle preghiere di un prete non re. Nè a caso dice questa del prete gran vitloria (1), come per contrapporla alle vittorie militari e a' molti segni intendesi a quali principi intendesse Dante che fosse riverenza prestata, e di che specie riverenza. La tradizione di Traiano, la quale è un atto di fede popolare nella misericordia infinita, era accettata in Oriente ed in Occidente (2), di cui parla uno storico citato da Pietro (3) ed il Novellino (4): Qui conta della gran giustizia di Traiano imperatore... Andando un giorno colla sua grande cavalleria contr' a' suoi nemici, una femmina vedova li si fece dinanzi, e preselo per la staffa, e disse: Messer, fammi diritto di quelli che a torlo m'hanno morto il mio figliuolo. E lo imperatore disse... Ed ella disse, se tu non torni? Ed elli rispose... E dopo non molto tempo dopo la sua morte, venne il Beato san Grigorio papa: e, trovando la sua giustizia, andò alla statua sua. E con lagrime l'onorò di gran lode, e fecelo disseppelire. Trovaro che tutto era tornato alla terra, salvo le ossa e la lingua. E ciò dimostrava com'era stato giustissimo uomo, giustamente avea parlato. E santo Grigorio orò per lui a Dio. E dicesi, per evidente miracolo, che per li preghi di questo santo Papa l'anima di questo imperatore fu liberata dalle pene dell' inferno (5). Il Baronio (6) ed il Bellarmino (7) dicono favolosa la storia narrata da Paolo diacono (8),

-

e

(2) Damasc., Serm. de Def. (3) De

(1) Terz, 25. Gestis Romanorum. del Paradiso. Pur., cap, 8.

[ocr errors][merged small][merged small][merged small][merged small]

(6) Tom. VIII, an. 601. (7) II,

(8) V. Greg., 1. II, cap. 44.

de

da s. Tommaso (1). Dione Cassio e Sifilino attribuiscono ad Adriano l'azione detta, ma la tradizione la dona a Traiano. L'Ottimo: Anno della nalività di Cristo DLXXXI Gregorio dottore.... sede papa anni tredici... Aprendosi il monimento nel quale era suto seppellito... Traiano, e trovandosi la sua tesla, con la lingua così intera e così vermiglia, come era essuta in prima vita... conosciuto per divina rivelazione del detto papa Gregorio, che questo era in Traiano per la somma giustizia ch'era essuta in lui; e vedendo come pagano era dannato, con vigilie, digiuni ed orazioni impetrò (2) dalla misericordia di Dio, che l'anima del detto Traiano, esente dallo inferno, volendo fare penitenza e riconoscere Dio fu restituita al corpo mortale (3), nel quale... con li sussidii del beato Gregorio, meritò l'eterna vila. Ma il detto Gregorio eleggendo di volere anzi qui, che in Purgatorio mondarsi di quello che aveva chiesto si fatto dono, tutto il rimanente della sua vita langui in letto d'ogni generazione d'infermitati, le quali con somma pazienza comportò sempre laudando Dio. Poi l' Ottimo cita Paolo Orosio, rammentando come Traiano facesse restare la persecuzione de' Cristiani e le sue molte virtù.

:

Lo scudo d'Enea è luce riflessa dello scudo d'Achille; se non che Virgilio restringendosi a Roma, e nel capo del piccolo mondo cognito allora rinserrando l'universo, impiccolisce l'idea d' Omero, che in quell'arnese di guerra rappresenta e la guerra e la pace, e la famiglia e la nazione, e, qual egli la vedeva, la storia delle umane società. Or paragoninsi alle imagini de' due scudi le sculture e le visioni di Dante, dico nel loro rispetto storico e sociale, e si vedrà che gran passi abbia per il Cristianesimo fatti lo spirito umano, lo spirito umano che nel Paganesimo s'era in assai cose venuto da Omero a Virgilio restringendo e abbassando. E già senza lo scudo d'Enea, i bassi rilievi di tante magnifiche chiese per tutta Europa disseminate, come fiore di germe celeste aprentesi al raggio cristiano, offrivano a Dante il concetto di queste imagini; alle quali egli aggiunge, come signore della parola, e poeta veramente, cioè creatore, aggiunge il parlare vivo che spira visibile dalla pietra. Agostino dice: Le cose tutte di questo mondo sono parole visibili (4); ed altrove: Col nome di voce s'intende ogni simbolo (5). E Tommaso Nella scienza sacra non solo le parole ma le cose significano altre cose (6). E questo è in tutte le scienze, anco umane, chi nelle cose sappia leggere e meditare.

[merged small][merged small][merged small][ocr errors][merged small]
« PreviousContinue »