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CANTO VIII.

Argomento.

L'anime pregano: scendono due Angeli e le difendono dal serpente d'Inferno. Dante, sceso nella valle, conosce Nino giudice, amico suo, e Corrado Malaspina, antenato de' suoi buoni ospiti.

Le memorie dell' esilio si alternano alle speranze e alle visioni del cielo. E già i primi versi del Canto spirano in modo ineffabile la malinconia dell' esilio. Tutta la cantica è serena di soavi e meste speranze: nè mai l'animo di Dante fu sì puro e si nobile. Nell' Inferno le ire vicine lo intorbidano; negli ultimi del Purgatorio il quadro s' annera; nel Paradiso già si sente l'abbattimento d' un'anima disperata d'ogni gioia terrena: la mente, più che il cuore, ivi parla.

Nota le terzine 1 alla 13, 15 alla 32; 34 alla 41; 44 e 45.

1.

Era già l'ora che volge 'l disio

A' naviganti, e 'ntenerisce 'l core,

Lo di ch'han detto a' dolci amici addio; 2. E che lo nuovo peregrin d'amore Punge, se ode squilla di lontano Che paia ' giorno pianger che si muore; 3. Quand' io 'ncominciai a render vano

L'udire, e a mirare una dell'alme
Surta, che l'ascoltar chiedea con mano.
4. Ella giunse e levò ambe le palme,

Ficcando gli occhi verso l'oriente,
Come dicesse a Dio: « D'altro non calme. »

5. Te lucis ante, si devotamente

Le uscì di bocca e con si dolci note
Che fece me a me uscir di mente.
6. E l'altre poi dolcemente e devote
Seguitar lei per tutto l'inno intero,
Avendo gli occhi alle superne rote.

7. Aguzza qui, lettor, ben gli occhi al vero;
Chè 'l velo è ora ben tanto sottile,
Certo, che 'l trapassar dentro è leggiero.

8. I' vidi quello esercito gentile

Tacito poscia riguardare in súe,
Quasi aspettando, pallido e umile.

1. (L) Lo Di: nel dì.

(SL) ORA. Intendasi che l'ora volga il desio e intenerisca il core a' naviganti nel di stesso della dipartenza quando è ancora fresco il dolore e l'affetto; che l'ora punga d'amore il peregrino novello. Intendere che il dì volga il desío e intenerisca e punga nell'ora, mi pare e meno poetico e meno appropriato a dinotare l'impressione che viene all'animo dalle tenebre che nascondono le cose all'occhio, come già le nascose al desiderio la lontananza.

2. (L) Nuovo PEREGRIN D'AMORE PUNGE; ch' ha il desiderio delle cose amate recente.

(SL) PIANGER. Vita Nuova: Le stelle si mostravano d'un colore che mi facea giudicare che piangessero. Petr.: Ma quando il di si dole Di lui (del sole nel verno) che passo passo addietro torni,

3. (L) RENDER VANO L'UDIRE: taceva Sordello e gli altri. L'ASCOLTAR CHIEDEA chiedea la ascoltassimo.

(SL) VANO. Purg., V, t. 35: Là 've 'l vocabol suo diventa vano (cessa). SURTA. V. Purg., VII, t. 28. MANO. OV Met., I: Voce manuque Murmura compressit. En., XII: Significatque manu, et magno simul incipit ore. Lucan., I: Dextraque silentia jussit. - Chiedere l'ascoltare è più ardito modo che ne' Parlamenti domandar la parola.

4. (L) CALME: m'importa.

(SL) AMBE. Æn., X: Ambas Ad.cœlum tendit palmas.

(F) ORIENTE. Luc., 1, 78: Oriens ex alto. Lat

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(F) TE LUCIS... Inno della Compieta, a difendere l'anima dalle tentazioni notturne. Pregano perchè prega a quell' ora la Chiesa, e pregan per l'anime restate nel mondo. Hostemque nostrum comprime. Vedremo venire l'antico avversario simbolo della tentazione, che il Poeta doveva vincere, purgandosi in virtù; e simbolo del male che le anime purganti dovevano in lor vita evitare e non sempre vollero.

7. (L) TRAPASSAR senza avvedersene.

(SL) VELO. Pietro Dal velo sottile più facilmente si vede, però talvolta omettesi di guardare fiso. O meglio: quando il velo è trasparente ci si passa attraverso, come se nulla fosse e si squarcia.

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9. E vidi uscir dell'alto, e scender giúe, Du' Angeli con due spade affocate, Tronche e private delle punte sue. 10. Verdi, come fogliette pur mo nate,

Eran lor veste, che da verdi penne Percosse traean dietro e ventilate. 11. L'un, poco sovra noi, a star si venne, E l'altro scese nell'opposta sponda; Si che la gente in mezzo si contenne. 12. Ben discerneva in lor la testa bionda; Ma nelle facce l'occhio si smarria, Come virtù ch'a troppo si confonda. Ambo vegnon del grembo di Maria (Disse Sordello), a guardia della valle, Per lo serpente che verrà via via. 14. Ond'io, che non sapeva per qual calle, Mi volsi 'ntorno, e stretto m' accostai, Tutto gelato, a le fidate spalle.

13.

15. E Sordello anche: Ora avvalliamo omai Tra le grandi ombre: e parleremo ad esse. Grazioso fia lor vederví, assai. ·

16. Soli tre passi credo ch'io scendesse,

E fui di sotto. E vidi un che mirava
Pur me, come conoscer mi volesse.

(SL) Uscin. Psal. XVIII, 7: A summo cœlo egressio ejus.

(F) AFFOCATE d'amore. L'Apostolo citato da Pietro: Induite vos armaturam Dei (in virtute) ut possitis stare adversus insidias diaboli (Ad Ephes., VI, 11). La spada fiammante d'un Cherubino difende, secondo la Genesi (III, 24), l'entrata del Paradiso terrestre. Deut., XXXII, 41: Acuero ut fulgur gladium meum. — TRONCHE. Perchè possiamo fugarlo, non vincerlo. O, dice Benvenuto, perché la giustizia è temperata dalla misericordia. Potevano essere spuntate, non tronche.

10. (L) Mo: ora.

(F) VERDI di speranza. Purg., III, t. 45: La speranza ha fior del verde.

11. (L) Mezzo, tra i due angeli.

(F) MEZZO. Isaia, citato da Pietro: Super muros tuos, Jerusalem, constitui custodes (LXII, 6). E per custodi s. Bernardo intende gli angeli. Stanno da due lati per difendere da due eccessi.

12. (F) BIONDA. Simbolo, dice Pietro, di perfetta virtu. Ott. Li biondi capelli... procedono da buona complessione. - TROPPO. Arist.: L'eccedente virtù della cosa sensibile guasta il senso. La faccia, come parte più nobile, splendeva più. Simbolo forse di quel della Somma: Lo stato dell'uomo viatore non patisce ch'e' vegga l'angelo nell'essenza sua. Aug. Serm.: Angelus facie rutilans, veste coruscans, ingressu mirabilis. Hai qui e la faccia e le vesti; e l' ingressu è poeticamente illustrato dalla terzina 35.

13. (L) VIA VIA: or ora.

(F) GREMBO. Risponde a quel di Luca: Factum est... ut moreretur mendicus (Lazarus) et portaretur ab angelis in sinu Abrahæ (XVI, 22). MARIA. In Christo, dice Pietro di Dante, assequuti sumus remedia contra dæmones. Maria è nel più alto de cieli (Par., XXXI). 14. (L) CALLE verrebbe. SPALLE di Virgilio. 15. (L) AVVALLIAMO: scendiamo. - GRAZïoso... ASSAI: grato assai.

16. (L) DI SOTTO: tra l'ombre.

(SL) TRE. Æn., VI: Facili jam tramite sislam (a vedere le ombre nella valle).

17. Temp' era già, che l'aer s'annerava;

Ma non si che tra gli occhi suoi e' miei
Non dichiarasse ciò che pria serrava.

18. Vêr me si fece, ed io vêr lui mi fei.
Giudice Nin gentil, quanto mi piacque
Quando ti vidi non esser tra' rei!
19. Nullo bel salutar tra noi si tacque.
Poi dimando: Quant'è che tu venisti
Appiè del monte per le lontane acque ?
Oh (diss' io lui), per entro i luoghi tristi
Venni stamane; e sono in prima vita,
Ancor che l'altra, si andando, acquisti..
21. E come fu la mia risposta udita,

20.

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18. (SL) VER. Æn., VI: Ut primum juxta stetit, agnovitque per umbram Obscuram.-NIN. De'Visconti di Pisa, primo marito a Beatrice, figliuola d'Obizzo d'Este; decimoquarto giudice di Gallura in Sardegna: capo de' Guelfi, nipote del conte Ugolino. Vill., VII, 120: Nel 1298 fu cacciato di Pisa, e andossene in Maremma; quivi fece grande guerra contro i Pisani: eguerreggiando mori. Da tre anni dunque aspettava in Purgatorio. Quanti de' suoi conoscenti rincontra il Poeta pure ne' primi Canti! Tant alta idea della perfezione della virtù gli sedeva nell'animo. Questo Nino combattè contr'Arezzo co' Fiorentini guelfi a Campaldino nel 1289: e quivi forse l'avrà conosciuto il Poeta. REI! Sapeva, dice il Postillatore Caetano, che Nino avea mosso più volte guerra alla patria. Ott. : Bello del corpo e magnanimo, Fioriva fin dal 1282, quando Pisa era possente; e altri con lui tenevano gran corte, e gran seguito avevano, e rendite grandi e guadagni in terra e in mare. - GENTIL. Qui significa nobiltà.

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(F) RISPONDE. Ezech., XX, 3: Vivo ego; quia non respondebo vobis, ait Dominus Deus. CHIAMI. Osea, VII, 7: Non est qui clamet in eis ad me. 25. (L) BIANCHE: vedovili.

(SL) MADRE. Beatrice, moglie di Nino, poi maritatasi nel 1300 a Galeazzo Visconti di Milano, figliuolo di Matteo: sorella di Azzo VIII. II chiamarla non moglie mia ma sua madre è rimprovero pieno di pietà. — TRASMUTO. Horat. Epod., IX: Punico Lugubre mutavit sagum. BIANCHE. I Siracusani, que' d'Argo, le donne romane, vestivano bianco in segno di lutto. A' tempi di Dante eran bianche le bende, le vesti nere (Bocc., Lab. Am.). MISERA. Parola efficacemente adoperata qui come da' Latini. Terenzio ra. Æn., 1: Troës te miseri. amore. - IV: Miserrima Dido. XI: Hic matres, miseræque nurus. 26. (L) PER LEI: dal suo esempio. DI LIEVE facilmente.

Laborat e dolore miscMagno miseræ dilectus IX: Neu matri miseræ,

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(SL) Di lieve. De facili era anche modo scolastico. E in Albertano. Fuoco. En., IV: Mollis flamma. - AMOR. OV., Rem. Am., 462: Successore novo vincitur omnis amor.

(F) FEMMINA. Som. Aristotele nel settimo dell'Etica par che non dia alle donne nè lode di continenza ne demerito d'incontinenza in questo senso che non sono condotte da solida ragione, ma di facile seguono le passioni. Chi le segua con più malizia e chi più acuisca la ragione a irritarla, lascio agli uomini giudicare.

-

27. (SL) VIPERA. Arme de' Visconti. Verri (Diss. de tit. et ins.): I nostri maggiori con pubblici decreti instituivano che il campo de' Milanesi non fosse posto sentza prima piantare l'insegna della vipera in cima a un albero. MELANESI. Anco in prosa. Cresc., II, 157. — GALLO. Arme di Nino, giudice dí Gallura. Dice il Poeta che meglio sarebbe a Beatrice scolpire sulla sua sepoltura il gallo che la vipera, indizio della sua bigamia: cosa dagli antichi avuta in dispregio. Rammenta quel di Lucano: Liceul tumulo scripsisse Catonis Marcia (Phars., II). Ott. : Furono cacciati (i Visconti) di Melano per quelli della Torre : assai disagi sofferse questa don

28. Così dicea segnato della stampa

Nel suo aspetto, di quel dritto zelo Che misuratamente in cuore avvampa. 29. Gli occhi miei ghiotti andavan pure al cielo, Pur là dove le stelle son più tarde,

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Si come rota più presso allo stelo. 30. E'l duca mio:- Figliuol, che lassù guarde ? — Ed io a lui: A quelle tre facelle Di che'l polo di qua tutto quanto arde. 31. Ed egli a me: Le quattro chiare stelle Che vedevi staman, son di là basse; E queste son salite ov' eran quelle. — 32. Com' ei parlava, e Sordello a sè'l trasse, Dicendo:- Vedi là il nostro avversaro. E drizzó 'l dito perchè in là guatasse. 33. Da quella parte onde non ha riparo La piccola valléa, era una biscia, Forse qual diede ad Eva il cibo amaro.

na col suo marito, sì che più volte bramasse lo stato del vedovado di prima. - V. Corio, parte II.

(F) SEPOLTURA. Aug., de cur. mort. ag. La cura dei funerali, la condizione della sepoltura, la pompa delle esequie, sono più consolazione de'vivi che sussidio de' morti.

28. (SL) MISURATAMENTE. Non isdegno lo move ma diritto amore della moglie immemore, e pietà de' mali di lei.

(F) ZELO. Som.: Zelo è effetto d'amore. Nemesis tristatur de bono indigne agentium, sccundum Psal. LXXII: Zelavi super iniquos, pacem peccatorum videns (.3). L'Apostolo parla d'uno zelo carnale e contenzioso.

29. (F) TARDE. Vicino a tramontare, perchè 'l cerchio da girare è più piccolo. Il Poeta non aveva veduto mai il polo antartico, dove le stelle, come nel nostro, fanno in ventiquattr'ore un giro più corto dell'altre. 30. (SL) ARDE. Æn., IV: Axem... stellis ardentibus aptum. - VII: Ardentem... auro.

(F) TRE. Virtù teologali: fede, speranza e carità. 31. (L) BASSE : tramontate.

(F) QUATTRO. Virtù cardinali. Prima vede le quattro virtù morali ed umane, poi le tre virtù della grazia (Purg. I, t. 8). Ott.: Dove era in sola conoscenza di virtù morale, ora è venuto sotto il governo delle tre virtù teologiche. — SALITE. Ott.: Quando egli uscì dallo Inferno..., Venus era nella parte orientale, che precedea il Sole, e il Carro era a tramontana: ora dov' era il Carro, sono queste tre stelle: si ch'è passato uno di artificiale.

32. (L) Com': mentre.

(F) AVVERSARO. Come varo per vario (Inf., IX, t. 39). Petr. Epist. I, V, 8, 9: Adversarius vester diabolus... circuit, quærens quem devoret... Cui resistite fortes in fide. Anco questa è antifona della Compieta. 33. (L) QUAL DIEDE: qual fu che diede. CIBO AMARo del pomo.

(F) RIPARO. Il monte avvallandosi, doveva, nella parte opposta a quella donde scesero i Poeti, lasciare la sua cavità senza sponda o rialzo. Il demonio viene di lì, perchè la tentazione coglie l'uomo là dov' egli è disarmato. -BISCIA. Gen., III, 1. — AMARO. Gen., III, 16: Mulieri... dixit (Deus): Multiplicabo ærumnas tuas.

34. Tra l'erba e i flor venia la mala striscia,

Volgendo ad or ad or la testa, e 'l dosso Leccando, come bestia che si liscia. 35. Io nol vidi, e però dicer nol posso,

Come mosser gli astor celestiali;

Ma vidi, bene, e l'uno e l'altro mosso. 36. Sentendo fender l'aere alle verdi ali,

Fuggio' serpente; e gli Angeli diêr volta, Suso alle poste rivolando iguali. 37. L'ombra che s'era al giudice raccolta, Quando chiamò, per tutto quello assalto Punto non fu da me guardare sciolta. Se la lucerna, che ti mena in alto, Trovi nel tuo arbitrio tanta cera Quant'è mestieri insino al sommo smalto 39. (Cominciò ella), se novella vera

38.

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(SL) SCIOLTA. Nel IV del Purgatorio (terz. 4) dice le potenze dell'anima sciolte dall'attenzione o legate. 38. (L) LA LUCERNA: la grazia. CERA: merito. MESTIERI per salire. SMALTO di fiori in cima al Purgatorio.

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(SL) LUCERNA. Purg., XXII, t. 21: Qual sole o quai candele Ti stenebraron? SMALTO di fiori. V. Purg., XXVII, t. 45. Arios., VI.: Erboso smalto. 40. (L) RAFFINA: si raffina.

(SL) AMOR. Ebbe dalla moglie in dote una città ed un castello in Sardegna: lei morta comunicò a' suoi agnati ogni cosa. Ott.: Indugiai l'opere meritorie della salute per guerreggiare e acquistare amici.

41. (SL) Ful. Ci andò nel 1506, quando i Malaspini erano marchesi di tutta la Val di Magra. Franceschino ospite di lui è uomo oscuro: più noto Moroello, marito di Alagia, la quale, nipote d'Adriano papa, è nominata

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Le battaglie Invisibili. — Il velo del vero.

Dal grembo di Maria, dice Dante, vengono i due angeli a guardia della valle per fugare il serpente; e con questo cenno raccosta più parti del poema distanti: quella dove la Donna gentile domanda a Lucia che vada a Beatrice e la muova in soccorso al Poeta (1); e quella dove gli spiriti beati ̧ tutti, e angeli e santi, diconsi abitare nella spera medesima, men alto però di Maria (2); e quelle altre ove gli angeli a Maria fanno festa e trionfo (3). Il grembo di Maria rammenta il seno d'Abramo (4), così detto il Limbo, perchè Abramo fu il primo esempio de' credenti in una rivelazione novella. E seno d'Abramo dicevasi per rispetto alla pace; Limbo d'Inferno per difetto di gloria (5). Nelle Rime è un verso che prenunzia il disegno del poema, ove dice: Nel ciel dell'umiltà dov'è Maria; e consuona con quello del presente Canto: Quello esercito gentile Tacito poscia riguardare in súe, Quasi aspettando, pallido e umile. E dalle altezze raggiate dall'umile Donna (6) scendono gli angeli per fugare col volo il primo superbo (7).

Immittet angelus Domini in circuitu timentium eum, et eripiet eos (8). Agli angeli suoi raccomandò di te, che ti custodiscano in tutte tue vie... Sopra l'aspide e il basilisco camminerai, e calcherai il leone e il dragone (9). Gli angeli sono da Dio depulati alla custodia degli uomini (10). Manda Iddio gli angeli suoi a difesa di quelli che saranno eredi delle promesse celesti (11). Che se in un luogo è detto: Gli angeli superiori mai non sono mandati ad esteriore ministerio presso gli uomini (12), avvertesi altrove: È probabile che gli angeli più alli sieno destinati a custodia di coloro che sono eletti da Dio a più alto grado di gloria (13).

E venendo a questa battaglia delle due potenze, ivi stesso leggiamo: Ad custodiam hominum maxime videtur esse necessarium arcere dæmones quod maxime pertinet ad potestatem (14); e il Crisostomo: Dio se permette per poco la tentazione, poi la respinge per la inferma natura dell'uomo (15).

-

(1) Inf., II. · (2) Par., IV. — (3) Par., XXIII, XXXI, XXXII. (4) Luc., XVI, 23. (5) Som., 3, 52. (6) Par., XXXIII: Umile ed alla più che creatura. (7) Par., XIX: Il primo superbo, Che fu la somma d'ogni creatura. - (8) Psal. XXXIII, 8. È reso da' versi:

L'un, poco sovra noi, a star si venne
E l'altro scese nell' opposta sponda ;
Si che la gente in mezzo si contenne.

(9) Psal. XC, 11 e 13. — (19) Som., 1, 114. — (14) Ambr., in Psal. CXVIII. (12) Som., 1, 112. (13) Som., 1, 113.-(14) E cita Gregorio, Hom. XXXIV. — (15) Chrys. in Matth., IV.

Avverte esso Poeta, qui come nel nono dell' Inferno (1), che la narrazione di questa battaglia è velo d'ascosa verità: Procedere per similitudini varie e rappresentazioni è proprio della poesia. Ma s. Tommaso poi prova che di figure può vestirsi anco l'altissima dottrina sacra (2). Osea: Visionem multiplicavi (3). E i Salmi: Aperiam in parabolis os meum (4); e Gesù parlava in parabole; e ogni parola per proprio senso ch'ell'abbia può farsi paragone ad un altr'ordine di verità (5). E in tale rispetto la poesia, purché voglia e sappia, può essere alta filosofia, e più potente di quella, appunto perchè l'intimo concetto è armoniosamente per essa congiunto con altri concetti, e apresi più largo spazio all'affetto insieme e al pensiero. Ond'è vero quel che Orazio d'Omero: Qui, quid sit pulchrum, quid turpe, quid utile, quid non, Plenius ac melius Chrysippo et Crantore dicit (6); e di poeta che canti più alte verità degnamente sarà ancora più vero. Dante su questo sovente ritorna: Il senso allegorico si nasconde sotto il manto delle favole (7). Intendo mostrare la vera sentenza di quelle che per alcuno vedere non si può s' io non la conto, perchè nascosa sotto figura d'allegoria; e questo non solamente darà diletto buono a vedere, ma sottile ammaestramento; e a così parlare e a cosi intendere l'altrui scritture. A più aprire la intenzione di questa canzone si converrebbe usare di più minute divisioni: ma tuttavia chi non è di tanto ingegno che per queste che son falle la possa intendere, a me non dispiace se la mi lascia stare; che certo io temo di avere a troppi comunicato il suo intendimento. Altrove: Gran vergogna sarebbe a colui che rimasse cosa sotto vesta di figura di colore rettorico; e domandato, non sapesse denudare le sue parole da cotal vesta in guisa che avessero verace intendimento. Non però che alla profondità del concetto e' non volesse conciliare la leggiadria della forma, onde il Lamennais ben loda la parola di Dante come ricca di colori e disegnante il contorno degli oggetti in forte rilievo. Dice in una canzone: Canzone, i' credo che saranno radi Color che tua ragione intendan bene, Tanto lor parli faticosa e forte. Onde se per ventura egli addiviene Che tu dinanzi da persone vadi Che non ti paian d'essa bene accorte, Allor ti priego che ti riconforte, dicendo lor.... Ponete mente almen com' io son bella.

(1) V. le illustrazioni in fine a quel Canto. — (2) Som., 1, 1. (3) Os., XII, 10. (4) Psal. LXXVII, 2. (5) Le menti non si rimangano nelle similitudini : ma s'innalzino a conoscere gl'intelligibili (Som.). — (6) Epistol., I, 2. — (7) Cony., II.

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