Page images
PDF
EPUB

LE RIME

L'amore di patria, l'amore di donna, Le quattro doti insomma, non che conl'amor degli studi, l'amore della religione trariarsi a vicenda, si giovavano; e, sicin cui nacque, riempievano non alterna- come da quattro gran parti, se ne formente ma tutti insieme l'anima dell'Al- mava l'imagine dell'uomo intero. A noi lighieri: nè lasciavano in essa quel vano moderni le quattro cose appariscono sech'è più tormentoso dell' acuto dolore. parate e quasi inconciliabili: l'amore ci Dante credeva nella gloria della sua ter- chiude in noi stessi, e ci fa strani alle cara, credeva nel vero e nella potenza pro- lamità della patria; ci fa impazienti dello pria a comprenderlo ed illustrarlo, nella studio, impazienti sovente di credere e donna credeva, credeva in Dio. Senza fede di soffrire. Gli studi ci fanno duri e frednon è nè amore nè sapienza nè patria: di; impotenti all'operare, orgogliosi del la fede in ogni cosa grande e bella fece dubbio. L'amore di patria è spesso paslui grande e lo ajuto a rappresentar la sione cieca, nutrita più d'odio che di bebellezza. Cittadino, e' non era posseduto nevolenza, più di parole vane che di medall' amore come da furia indomita, nè ditati pensieri, più di stolta e imitatrice occupato come da puerile trastullo; cit- credulità, che di quella fede che crea le tadino, e' volgeva gli studi ad utile scopo, alte cose, e fa puro, soave, efficace il mare aguzzava l'ingegno com'arme che de- tirio. La religione, da ultimo, in taluni rive un giorno servire a difesa. Cittadino, fugge dagli studi come da peccato; dalle verità religiose e'non faceva nemiche l'amore di patria come da peccato; da alle civili utilità, e la divina legge poneva ogni affetto e cura delle sose sensibili cofondamento all' umana. Amante, l'affetto me da peccato; e di ben più gravi peccati a una donna devota e' diffondeva, senza si fa colpevole intanto, che tutti sanno, e avvedersene quasi, ad ogni uomo, ad ogni ch'io non vo' qui rammentare. Le quatcosa non indegna d'affetto. Amante, fin tro forze in Dante andavano con vincoli gli studi più severi allegrava d'impeti possenti congiunte: e però Dante era uoanimosi e d'immagini liete. Amante, la mo. Tutte e quattro son forze: il titolo religione riguardava sovente come fonte di cittadino, d'amante, di letterato e di d'amore, non come fomite d'odio. Reli- cristiano. Chi d'uno si contenta o di due, gioso, nobilitava con quegli alti pensieri sarà debole od infelice; a lui più difficili i civili diritti, gli studi, gli affetti, e di che non chiegga la natura delle cose saquesti sovente temperava l'eccesso. Scien- ranno a adempire i doveri suoi, a lui ziato, faceva razionale l'ossequio della troppo cocenti sopravverranno i dolori; i pietà, faceva contemplante l'amore, e 'le piaceri stessi a lui intollerabili come solpatrie cose ringrandiva con le anticheletico che, prolungato, si fa tedio e spamemoric, e moltiplicava a sè le ragioni ei modi d'essere leal cittadino.

simo e morte. E sotto il nome d'amore non comprend' io tanto l'amore di donna,

quanto lo studio e la gioia d'ogni cosa bella, sia di bellezza visibile, sia d'invisibile; sia di bellezza ovvia, sia di sublime e profonda.

"

D'ogni bellezza era Dante innamorato cultore. « In quel giorno nel quale si compieva l'anno che questa donna era fatta delle cittadine di vita eterna, io mi sedeva in parte nella quale ricordandomi di lei, io disegnava un angelo sopra certe tavolette, e mentr'io il disegnavo, volsi gli occhi, e vidi lungo me uomini alli quali si conveniva di fare onore; e riguardarono quello che io faceva, e secondo che mi fu detto poi, ch'erano stati già alquanto anzi ch'io me ne accorgessi. Quando li vidi, mi levai, e salutato loro, dissi: Altri era testé meco, e perciò pensava ».

Questo esser côlto da uomini degni d'onore nell'atto del dipingere un angelo, e del pensare a una donna, rammenta la narrazione di quell' altro Fiorentino bizzarro, dantesco ingegno, se non per la varietà e la potenza, per la schiettezza e per gl' impeti, Benvenuto Cellini. La qual narrazione non vi dispiaccia ascoltare. "In questo tempo io andava a disegnare quando in cappella di Michelangelo, e quando alla casa di Agostino Chigi sanese, nella qual casa erano molte opere bellissime di pittura, di mano dell'eccellentissimo. Raffaello d'Urbino. Avevano molta boria quando vedevano de' giovani miei pari che andavano ad imparare dentro alla casa loro. La moglie di messer Gismondo Chigi, vedutomni sovente in questa sua casa (questa donna era gentile al possibile, e oltre modo bella), accostandosi un giorno a me, guardando li miei disegni, mi dimandò s'io era pittore o scultore: allorquando io dissi ch'io ero orefice, ella disse che troppo bene disegnavo per orefice. E fattosi portare da una sua cameriera un giglio di bellissimi diamanti legati in oro, mostrandomegli, volse che io gli stimassi. Appresso mi domandò se mi bastava l'animo di legargli bene: io dissi che molto volontieri. E alla presenza di lei ne feci un pochetto di disegno e tanto meglio io lo feci quanto io pigliava piacere di trattenermi con quella bellissima e piacevolissima gentildonna. Finito il disegno, sopraggiunse un'altra bellissima donna romana, la quale domandò alla Porzia quel ch'ella quivi faceva. La quale, sorridendo, disse: Io mi

piglio piacere di veder disegnare questo giovane dabbene, il quale è buono e bello. Io, venuto in un poco di baldanza, pure mescolato un poco d'onesta vergogna, divenni rosso, e dissi: Quale io mi sia, sempre, Madonna, sarò prontissimo a servirvi. La gentildonna, anch'ella arrossata alquanto, disse: Ben sai ch'io voglio che tu mi serva. E pôrtomi il giglio, disse che me lo portassi, e di più mi diede venti scudi d'oro che avea nella tasca. La gentildonna romana disse: S'io fossi in quel giovane, volontieri me ne anderei con Dio. Madonna Porzia aggiunse,che le virtù rare volte stanno co' vizii, e che se tal cosa io facessi, ingannerei quel bell'aspetto ch'io dimostravo, d'uomo dabbene. E voltasi, presa per mano la gentil donna, con piacevolissimo riso mi disse: Addio, Benve

nuto ".

Io non so quale scena di romanzo possa parere più leggiadra di questa. Non è dato all'imitazione produrre si cari e placidi affetti. L'affetto con quelle schiette parole manifestato da bella dama al povero artista, un affetto à cui non sai se la stima sia cagione o pretesto, cui non sai se la modestia di lui tarpasse le ale o l'immaginazione le distendesse, sarebbe cosa degna che un poeta lo tratti, se un poeta vero osasse credere di poterlo pur toccare senza privarlo di vita. Ma dal cittadino severo all' orefice disegnante nella casa de' Chigi noi riconosciamo già distanza immensa. Ne donna a' tempi di Dante avrebbe con simili parole accarezzata la baldanza d'un uomo; nè l'arte era ancora per sola se professione si grave da occupare tutti i pensieri della vita, da abbellirne le noie, da palliarne i dolori; nè un affetto concepito da Dante sarebbe, siccome questo, ito a finire in un cartoccio di monete non buono ad altro che a far morire d'invidia Lucagnolo. Più nobili, più raccolti, più forti erano nel trecento gli affetti. Nè l'amore, nè l'arte, nê cosa alcuna al mondo occupava l'anima intera dell'uomo. L'anima umana era capace ancora. Ma a chi più delle gioic ardenti e severe piacciono i luccicanti affetti e gai, pensi a madonna Chigi, la qual prendendo per mano la bella amica sua, con sorriso si volge, e dice: Addio, Benvenuto: e troverà ancora in questo saluto innocente tanto di poesia quanto molti altri amori insieme uniti non danno.

Or lasciando Benvenuto e tornando all'Allighieri, delle sue rime amorose parecchie è chiara cosa venire da altro ingegno; e lo dice la povertà del concetto, lo stile prolisso, la lingua inceppata dalla schiavitù della rima, tortura perpetua e supplizio giusto ai deboli ingegni.

Proprietà dello stile di Dante è l'austerità dello spirituale concetto, che d'imagini corporee si vela. Stolto poeta reputava egli chi sotto il fiore poetico nessun germe fruttifero sapesse nascondere. Non però che l'utilità e la verità reputass' egli unica bellezza delle nobili rime; ma il forte albero e ordinatamente ramoso voleva vestito di fronde gaie e mobili e armoniose.

Il concetto pertanto e lo stile son fida norma a distinguere dalle falsamente appostegli le rime vere di Dante: non già che tra quei medesimi che non si possono togliere ad esso, non v'abbia alcun costrutto perplesso, alcun verso cadente, qualch' imagine pallida, qualche concetto freddo: ma dopo breve allentare si rialzano le forti ale al volo usato, e prendono più gran tratto di cielo. E buon pe' suoi versi amorosi che presto gliene morisse l'oggetto, che nuovi dolori l'han salvo dal rifriggere e ribollire e riscalducciare i concetti medesimi sempre: disgrazia della poesia petrarchesca.

Un'altra delle proprietà che la dantesca distinguono da altre molte, si è quel potente congiungimento del concetto severo col caldo affetto e con l'imagine viva. Le quali tre lodi, congiunte, danno il grande poeta. E quando Orazio diceva che il nome di poeta s'addice ad uomo che abbia ingegno e mente divina e bocca da risonare alte cose, aveva piuttosto abbozzata che disegnata l'imagine del poeta. Mente divina al pensare, divina al vestire di appropriate imagini le cose pensate, anzi così costituita che le cose pensate, come germe in fiori, per sè medesime si svolgono e si vengono figurando in imagini; ingegno atto a contemperare insieme il raziocinio austero e la libera fantasia: animo ardente di affetti veri e moderati, e nella moderazione più forti: ecco il vero poeta. L'affetto senza pensiero si ripiega sopra sè stesso; fiamma senza materia che l'alimenti, o lambe la terra o si spegne: il pensiero senza l'affetto è freddo, arido, schiavo del dubbio, ammiserito nel giro

di forme anguste: il pensiero senza imare

cato nell'umano linguaggio, rimane infecondo. L'imagine insomma senza pensiero è fantasma, senza affetto è cadavere: il pensiero senza imagine è nebbia informe, senza affetto è pallida nube: l'affetto senza imagine non fa lunga via nè varia, senza pensiero non conosce la via.

Di pensieri, d'affetti, d'imagini abbondano, più ch'altre rime liriche, queste di Dante. Io sull'imaginare, come su facoltà più a'nostri giorni negletta, amo insistere un poco. Osservate in che varii modi egli esprima il suo pensare e sentir d'amore. Amore ferisce tra gli spiriti suoi, quale uccide, qual caccia. Al vedere la sua donna, ogni pensiero gli muore. Amor l'assale, e la vita quasi l'abbandona; e gli campa solamente uno spirito, che riman vivo perchè gli ragiona di lei. Quand'ella va per via, amore getta un gelo ne' cuori villani, ond' ogni lor pensiero agghiaccia e perisce: de' suoi occhi escono spiriti infiammati d'amore che periscono negli occhi di chi la guarda, e passano sì che ciascuno ritrova il cuore. Altra volta parlano d'amore i pensieri suoi tutti; altra volta gli si sveglia nel cuore uno spirito amoroso che dormiva; dalle labbra di lei move uno spirito amoroso che dice all'anima: Sospira; e gli spiriti suoi parlano ed escono chiamando lei; il pensiero gliela reca nella mente; i sospiri vanno via sconsolati cercando lei morta; e in loro si raccoglie un suono di pietà che chiama la morte; ella è nella sua mente; e Amore che nella mente la sente, si sveglia nel cuore, e dice ai sospiri: Andatene; ed essi vanno con voce che mena le lagrime agli occhi; e un pensier gentile che parla di lei, viene a dimorar seco, e fa consentire il cuore; e l'anima interroga il cuore, ed esso risponde; e ne' pensieri e ne' sospiri è scritto il nome di Madonna, e molte parole della sua morte; e un sospiro gli esce dal cuore e passa i cieli pieni dello splendore di lei, e lo ridice al cuore, che appena intende quell'alto linguaggio. E così pensieri, sospiri, spiriti, forze intellettuali, morali, vitali, son vestite di forme leggiadre, e poco partecipanti della

[merged small][merged small][ocr errors]
[ocr errors]

lica, non di vera e razional poesia; ma sapevano insieme non essere poesia senz'imagini, non essere senz'imagini linguaggio alcuno evidente, e una mitologia si creavano di spettri tenuissimi, dove la personificazione non fosse deificazione, dove ciascuno ingegno sopravvegnente potesse a genio suo modellare gli stessi fantasmi. Questa libertà, come l'altre libertà tutte, ha i suoi vantaggi e i suoi rischi; richiede uomini degni di goderla, e d'usarla capaci: ma è libertà che scioglie l'ingegno dai ceppi della materia senza rinnegar la materia, e nel corpo delle vecchie fantasie infonde spiriti sempre nuovi, di numero inescogitabile.

In siffatta poesia l'Amore è il signore de' cuori gentili, ma tale che, a pensare l'essenza sua, mette orrore: e pure egli è allegro, e tiene i cuori nelle mani, e tra le braccia vaghe donne dormenti, e sale al cielo. E or lamenta sopra l'immagine morta di bella donna, ora veste da pellegrino, quasi signore caduto dal regno, e viene a fronte bassa per via, e sparisce nell'atto che si comunica all'amante, e s'incarna in esso; e or va con rime amorose, quasi compagno orrevole, che presenta la leggiadra donna; e ora è l'essenza del cor gentile, come la ragione è l'essenza dell'anima razionale; or vaga donna lo porta negli occhi, or egli precede allegro il venir di lei; ora cinge gli occhi dell' amante di corona di martiri, ora tramortisce egli stesso nell'anima innamorata. Dalle intelligenze celesti, dai sentimenti tutti, dalle poesie stesse, persone, traggonsi idoli nuovi che popoJano il pensiero: creature lievi che appariscono e si dileguano, e sott'altro colore ritornano; e con la stessa brevità dell'apparizione e coll' agitarsi frequente ravvivano e tengon desti gli sguardi. In questi sottili e quasi sfumati disegni si riconosce di quando in quando la mano che doveva architettare le bolge ferrigne, e scolpir le pareti del sacro monte, e colorire talvolta con si pura trasparenza gli armoniosi splendori del paradiso. Nè certamente l'Italia ha poeta che tanto volo lasciasse alla fantasia, nè poeta che con più forti freni sapesse la fantasia moderare. Ed eran tempi di poesia viva quelli, poesia schietta e severa, pensosa e fremente di gioventù; poesia fondata nelle istituzioni, fusa ne' monumenti dell'arte, dalle credenze su

fatte

blimata; rinfrescata dalla libertà, racchiusa, come in germe fiorente, nel giovane e gentile linguaggio; negli amori corrente, corrente nell' ire; abbeverata di lagrime, inebbriata di sangue.

E veramente se la varietà, se la novità delle cose vedute, operate e sofferte è potente a levare a nuovi e vari concetti l'ingegno, non poteva non essere di poesia pieno quel secolo, di sì varii avvenimenti distinto. All' Italia tutte allora le genti d'Europa e le note parti del mondo portarono tributo di tirannidi e di consuetudini, di poesia e di misfatti. Un Francese che semina tradimenti e violenza per ricogliere tradimento ed infamia; che dal meridionale giardino d'Italia distende l'ugne alla penisola intera, e rinviene città non poche che s'offrono spontanea preda: un Castigliano che aspira alla corona di Sardegna, e diventa, a dispetto di cardinali e di baroni, senatore di Roma, e caccia in esilio illustri cittadini, e saccheggia i luoghi sacri: Spagnuoli e Tedeschi che per Siena combattono contro i Francesi, che muojono per Firenze: e un Aragonese ercde di corona tedesca, e un giovane tedesco che onorato di lieta accoglienza dalle italiane città, va sul piano di Tagliacozzo a portare la pena di colpe non sue: e Saraceni che vengon da Tunisi in favore di lui, Saraceni fatti già concittadini agl'Italiani in Nocera : Italiani che vanno nell' Asia ad apprendere guerra e commercio e vizii e lusso, e vi piantan colonie: e tradizioni orientali, settentrionali, romane, cristiane, infondersi nelle nascenti o nelle rigenerate città. Questo allargava gl' ingegni oltre il giro delle anguste lor mura, si che a que' tempi una terra, un castello nutriva più vasti spiriti che parecchie delle nostre dominanti al presente non nutrano. E le città si collegavan tra loro, come nazione con nazione, e movevano guerra or a un povero villaggio, or a un re potentissimo: e più soldati e più marinai contavano parecchie di loro che or non hanno abitanti. Le sommosse frequenti, le incessanti discordie, il variare di parti da palmo a palmo di terra; il conflitto della campagna con la città, della plebe co' nobili, dell'impero col sacerdozio; i messi regii e i legati apostolici, i placiti e gli anatemi, i concilii e le diete; ogni cosa era un incalzarsi continuo di novità, continuo attrito che

dagli animi e dagl'ingegni traeva scintille d'incendio, scintille di vita. Farsi Guelfi i già Ghibellini, Ghibellini i già Guelfi; principi fugati, venduti, trucidati sul campo, strozzati ne' palagi, carcerati, ingabbiati, abbacinati, impiccati. Fuorusciti illustri a colonie, ospiti infelicissimi a torme; tradimenti fortunati; lunghi assedii, battaglie sanguinose, ambizioni audaci, disperato coraggio. La repubblica attigua al principato, la libertà con la tirannide confusa talvolta, alternata sovente; grandi che sorgono dalla polvere, grandi che nella polvere precipitano; corti magnifi

[ocr errors][merged small]
« PreviousContinue »