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43. Se cosa appare ond' egli abbian paura, Subitamente lasciano star l'esca, Perch' assaliti son da maggior cura; 44. Così vid' io quella masnada fresca Lasciare ' canto, e gire 'nvêr la costa Com' uom che va, nè sa dove riesca. 45. Nè la nostra partita fu men tosta.

44. (L) FRESCA: giunta di corto.

(SL) FRESCA. Virgilio, di Didone scesa allora allora in Inferno: Recens a vulnere Dido (Æn., VI). Semint. O voi fresche anime de' miei fratelli, ricevete la purgagione apparecchiata con grande dolore. — SA. Vita Nuova Come colui che non sa per qual via pigli il suo cammino, che vuole andare e non sa onde si vada. [Frezzi, Quadrir., lib. I, cap. 3: Come chi va, nè sa dove cammina.]

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45. (SL) NĚ. Æn., VIII, X: Nec... segnior.

(F) PARTITA. Ott.: Si può ricogliere per senso tropologico di questi due capitoli: che se l'uomo si vuole partire dal peccato, e di quello fare penitenzia, per meritare vita eterna, in prima conviene essere umile... poi conviene essere sollicito... e lasciare la dilettazione corporale.

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Quis te, magne Calo, tacitum... relinquat? A queste parole di Virgilio (4) rispondono quelle del Convivio di Dante: O sacratissimo petto (2) di Catone, chi presumerà di te parlare? Certo maggiormente parlare di te non si può che tacere, e seguitare Jeronimo, quando nel proemio della Bibbia, là dove di Paolo tocca, dice che meglio è tacere che poco dire. Così quel santo che in carne fu visitatore del secolo immortale (3), è da Dante, per amore d'una citazione, messo a canto a Catone. Lucano di lui: Ecce parens verus patriæ (4), dignissimus aris, Roma, tuis; per quem numquam jurare pudebit, Et quem, si steteris unquam cervice soluta, Tunc olim factura deùm (5). Con questo passo e con altri spiegasi, se non si scusa, il concetto di Dante che dà luogo tale al suicida nemico di Cesare (6). Illustrano altresì tal concetto le parole di Sallustio, cosi tradotte da un del trecento: Catone e Cesare, gentilezza, tempo, bel parlare ebbono quasi egualmente.

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(1) En., VI. - (2) Purg., I, terz. 27 : 0 santo petto. En., II: Juvenes, fortissima frustra Pectora. X: Violentaque pectora Turni. Som., 1, 2, 102: Il petto significava la sapienza, siccome difesa del cuore. (5) Inf., II. - (4) Purg., 1: Degno di tanta riverenza in vista, Che più non dee a padre alcun figliuolo.-(5) Phars., IX. - (6) Vedi le osservazioni nostre al Canto XIII dell' Inferno.

Casella.

Catone, simbolo della virtù, dice Pietro, e dell'onestà. Lo pone in principio del Purgatorio, accennando al virgiliano: Secretosque pios, his dantem jura Catonem (1). Lucano: Nam cui crediderim Superos arcana daturos... magis, quam sancto, vera, Catoni? (2) Seneca a Lucilio: Catonem certius exemplar viri sapientis nobis Deos dedisse (3). Un commento inedito della biblioteca Laurenziana (4) dice: Tutta questa Cantica è costrutta in costumi; e però parla qui di Catone come d'uomo costumato e virtuoso, perocchè Cato fu padre di costumi, e massimamente delle virtù cardinali. Queste smodate lodi della virtù di Catone danno a conoscere l'opinione del tempo, e dichiarano l'idea del Poeta. Nel Convivio egli dice che nullo uomo terreno più degno di seguitare Iddio di lui.

Dante non loda il suicidio, ma non lo condanna, ed e male; nè Catone, morto, poteva giovare alla libertà, quant' avrebbe, vivo. Qui convien dare a libertà un senso più ampio di quello che il virgiliano: Æneadæ in ferrum pro libertate ruebant (5); e intendere in generale che l'onore virtuoso è a preferire alla vita del corpo (6). Se la

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libertà politica a te fu si cara, or quanto più la morale? Così spiega il commento del codice Caetano. Qui vedesi, più che altrove, come nella mente di Dante si confondessero le due libertà. Promette il Poeta a Catone che la veste del corpo suo nel gran di sarà si chiara (1), non di gloria celeste, ma di quella luce che, secondo Dante, è dovuta anco alle virtù naturali, della qual luce è simbolo il lume delle quattro stelle che gl'illustrano il viso. O forse lo fa salvo con Rifeo e con Traiano. Ma lo direbbe più chiaro.

Chiaro dice le lodi di Marzia, e pare ch'e' si compiaccia in quello strano ripudio; che, sebbene quelle parole sieno in bocca di Virgilio pagano, non è da sconoscere ch'anco la ragion naturale, in Virgilio personificata, siffatto sciogliere e riappiccare di matrimonio riprovava. La più spedita è confessare che Dante s'è lasciato prendere alle lodi di Virgilio e di Lucano, e che l'imitazione ha fatto gabbo alla fede. C'è inoltre la comoda scusa del simbolo. E notisi, per attenuare il difetto, che, custode all'entrata del Purgatorio, Catone non è guida alle anime, nè tocca pure le falde del monte: è, dopo la morte di Cristo (che prima purgatorio non v'era, ma i non dannati scendevano al limbo), destinato ad invitare le anime a correre verso l'espiazione. La virtù naturale di lui non è mezzo, ma incitamento al ben fare.

L'Inferno a Dante è l'orrore naturale del vizio; il Purgatorio, l'amor naturale della virtù; il Paradiso, l'amore del bene sopra natura. Però nell' Inferno ha duca Virgilio; e chiama di Catone i regni del Purgatorio, e sola Beatrice gli è guida nel Cielo. Le tre persone sono in parte simboliche, ognun sel vede: non è Virgilio l'amante d'Alessi, nè Catone il suicida, nè Beatrice la moglie di Simone.

Ecco la costruzione del luogo ove ci trasporta il Poeta. Escono dall'emisfero australe in un'isola circondata dall'Oceano, nel cui mezzo è un monte antipodo a Gerusalemme: il monte ha forma di cono tronco alla cima, ed ha intorno intorno undici ripiani a' quali si sale per via malagevole. L'idea degli antipodi confusa e falsa, era però famigliare agli antichi che vedevano talvolta l'opposto emisfero anche laddove non era. Onde non solo in Virgilio: Hic vertex nobis semper sublimis ; at illum sub pedibus Styx atra videt, Manesque profundi (2); ma in Lucano, Catone trovandosi in Africa: Nunc forsitan ipsa est Sub pedibus jam Roma meis (3). E l'idea di Gerusalemme centro della terra abitata veniva dall'interpretare alla lettera quello d'Ezechiele: Jerusalem, in medio

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gentium posui eam, et in circuitu ejus terras (1.) E siccome in questo concetto, al monte ove Cristo espió i peccati degli uomini si contrappone il monte ove le anime espiano i loro per la grazia di Cristo; cosi Dante imagina che le anime non dannate s'adunino alla foce del Tevere, pel quale simboleggiasi la sede della credenza cattolica, come le dannate ad Acheronte; che l'Angelo, secondo i meriti di ciascuna, le tragitti; appunto come in Virgilio Caronte nunc hos, nunc accipit illos; Ast alios longe summotos arcet arena (2), e siccome le anime già purgate, perché ritornino, secondo la dottrina pittagorica, a nuova vita nel mondo, Deus evocat agmine magno (3). Anco nelle tradizioni del popolo bretone gli angeli compiono tale uffizio.

In un canto del popolo slavo: Crebbe un albero nel mezzo del paradiso, un gentile alloro: gentile frutto; aurei rami mise; la foglia è a lui argentea: sott'esso un santo letto di tutti fiori conserto, il più di basilico, e di vermiglia rosa. Ivi riposa san Niccolò. Sant' Elia viene, e gli dice d'alzarsi Che andiamo pel monte, che prepariam navi, che voghiam le anime da questo mondo a quello. Niccolò si scusa con dire che è di di Domenica, e non di lavoro; di da battesimi e da nozze, e da adornare la persona e pulirla: ma al nuovo invito d'Elia, se ne vanno e fanno le barche, e conducono le anime: ma tre anime non possono: l'una anima rea l'amico in giudizio chiamò; l'altr' anima rea col vicino ebbe rissa; la terza anima vieppiù rea disonorò una fanciulla.

Il Caronte virgiliano: Ratem conto subigit, velisque ministrat (4); qui l'angelo remo non vuol né altro velo che l'ale sue. Il legnetto ove seggono più di cento spiriti è leggiero tanto che l'acqua nulla ne 'nghiottiva, come Nettuno cæruleo per summa levis volat æquora curru (5).

Le anime nuove del luogo a' Poeti domandano della via; siccome in Ovidio: Novique, Qua sit iter, Manes, Stygiam quod ducat ad urbem, Ignorant (6). Egli rincontra un amico, e fa per volerlo abbracciare. Come in Virgilio delle visioni dell' ombre, più volte: Ter conatus ibi collo dare brachia circum: Ter frustra comprensa manus effugit imago, Par levibus ventis, volucrique simillima somno (7). Nell' Inferno non aveva tentato d'abbracciar ombre; ma Virgilio, ombra anch'esso, l'aveva portato in ispalla. Or perchè questa differenza di Virgilio, di Bocca al quale e' strappa i capelli, e dell'Argenti ch' ei respinge nel fango, da

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(1) Ezech., V, 5. (2) Æn., VI. — (3) Æn., VI. (4) Æn., VI. - (5) Æn., V. - Di Camilla (En., VII): Vel mare per medium, fluctu suspensa tumenti, Ferret iter, celeres nec lingeret æquore plantas. Purg., XXXI: Sen giva Sovresso l'acqua, lieve come spola. — (6) Met., IV. (7) Æn., II, VI.

Casella e dagli altri? Perchè qui, come più pure, le ombre son meno gravate della mole terrena, hanno più sottili apparenze. Matilde però trae Stazio e Dante per l'onda di Lete, e Virgilio con Sordello s'abbracciano. Il Poeta, a quel che pare, fa l'ombre de' non probi ora palpabili, ora no, come Cristo risorto: l'ombre de'dannati, palpabili sempre (1).

Quella era l'anima del cantore Casella. Il Crescimbeni dice aver trovata nella Vaticana una ballata del secolo XIII, il cui titolo è Lemmo da Pistoia; e Casella diede il suono. Dice il Boccaccio che Dante sommamente si dilettò in suoni ed in canti nella sua giovinezza, e ciascuno che a que' tempi era ottimo cantore e sonatore, fu suo amico, ed ebbe sua usanza: ed assai cose, da questo diletto tirato, compose, le quali di piacevole e maestrevol nota a questi cotali faceva rivestire. L'Ot-timo: Fu Casella finissimo cantatore e già in

(1) Ma nel VI dell' Inferno: Sopra lor vanità che par persona; che corrisponde all' altro del XXI del Purgatorio: Dismento nostra vanitate Trallando l'Ombre come cosa salda.

tonò delle parole dell'autore. E qui appunto egli canta la canzone del nostro Poeta, che abbiamo, e comincia Amor che nella mente mi ragiona; che con quegli altri versi: Amor che nella mente la sentia S'era svegliato nel distrutto core, dimostra quanto dell' intellettuale tenessero o volessero tenere gli amori di Dante. Virgilio (1) paragona ad uccelli raccolti sulla sera l'ombre ascoltanti il canto d' Orfeo ed in altro rispetto imitando Omero: Nec quisquam æratas acies ex agmine tanto Misceri putet, aëriam sed gurgite ab alto Urgeri volucrum raucarum ad litora nubem (2).

Di fuor delle mura che cingono la montagna sono punite cinque specie di negligenti, punite in quanto non vanno a purgarsi ed indugiano la gioia eterna. E sono coloro che per vanità differirono il bene; coloro che per mera negligenza; coloro che furono per forza uccisi, e peccatori infino a quel punto, e in quel punto pentiti; coloro che operarono virtù mondane; coloro che da Dio furono distolti per signorie temporali.

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CANTO III.

Argomento.

S'avviano al monte. Dante che vede l'ombra sua, non di Virgilio, segnata di contro al sole, si turba temendosi abbandonato. Questo gioco della luce e dell'ombra ritornerà frequente in tutta la Cantica. Rincontrano anime, che additan loro la strada; fra queste Manfredi re, morto nel 1265 alla battaglia di Benevento, vinta da Carlo d'Angiò.

Dolci e potenti le parole del re ghibellino, amato da Dante e lodato nella Volgare Eloquenza. Bello il cenno di Costanza sua figlia.

Nota le terzine 1 alla 8; 10; 12 alla 15; 17 alla 20; 22, 23, 24, 26, 27, 28, 30, 31, 34; 56 alla 45, con la 47.

1.

Avvegnachè la subitana fuga

Dispergesse color per la campagna, Rivolti al monte ove Ragion ne fruga; 2. I' mi ristrinsi alla fida compagna. E come sare' io senza lui corso? Chi m'avria tratto su per la montagna? 3. Ei mi parea da sè stesso rimorso. Oh dignitosa coscienza e netta, Come t'è picciol fallo amaro morso!. 4. Quando li piedi suoi lasciar la fretta, Che l'onestate ad ogni atto dismaga, La mente mia, che prima era ristretta, 3. Lo 'ntento rallargo, sì come vaga:

E diedi 'l viso mio incontro 'l poggio
Che 'nverso 'l ciel, più alto, si dislaga.

1. (L) RAGION: giustizia divina. -FRUGA: ricerca l'anima e purga.

(F) RAGION. Per diritto o giustizia è frequente nel Convivio. Qui vuol forse intendere insieme, che all'espiazione del fallo la stessa ragione umana ci guida. Quindi sceglie a guida Virgilio.

2. (L) COMPAGNA: compagnia; Virgilio. (SL) COMPAGNA. Vill., XII, 8.

3. (L) RIMORSO dell' indugio.

(SL) NETTA. Segneri: Nettare la coscienza.

(F) MORSO! Petr. Vergogna ebbi di me: che a cor gentile Basta ben tanto: ed altro spron non volli. Som.: La coscienza dicesi che attesta, che lega, che muove, che accusa, riprende, rimorde.

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RISTRETTA in un oggetto.

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ME TECO ch'io sia teco. (SL) PUR. Dopo tante sicurtà che t'ho date. 9. (L) BRANDIZIO: Brindisi.

(SL) HA. Virgilio, di corpo naufrago: Nunc me fluctus habet (En., VI). — BRANDIZIO. (Brundusium) Boc.: Brindizio. L'epitafio di Virgilio: Mantua me genuit: Calabri rapuere; tenet nunc Parthenope. Tradizioni popolari facevano andare s. Paolo al sepolcro di Virgilio come a poeta che presenti il cristianesimo e come a cantore del secolo immortale veduto da Paolo vivente in sua visione.

(F) VESPERO. Qui, come nel XV (t. 2) del Purgatorio, Vespero è il resto del di dopo nona. Nel Canto XV

10. Ora, se innanzi a me nulla s'adombra,

Non ti maravigliar, più che de'cieli, Che, l'uno all'altro, raggio non ingombra. 11. A sofferir tormenti, e caldi e geli,

Simili corpi la Virtù dispone,

Che, come fa, non vuol ch'a noi si sveli. 12. Matto è chi spera che nostra ragione Possa trascorrer la 'nfinita via

Che tiene una Sustanzia in tre Persone. 13. State contenti, umana gente, al quia. Che se potuto aveste veder tutto, Mestier non era partorir Maria.

14. E disïar vedeste senza frutto

Tai, che sarebbe lor disio quetato,
Ch'eternalmente è dato lor per lutto.

15. I' dico d'Aristotele e di Plato,

E di molt'altri. E qui chino la fronte, E più non disse; e rimase turbato. 16. Noi divenimmo intanto appiè del monte: Quivi trovammo la roccia si erta,

Che 'ndarno vi sarien le gambe pronte.

dice che in Italia è mezza notte quando in Purgatorio restano tre ore di giorno; perchè ne' primi d'aprile in equinozio il sole all' Italia doveva nascere nov'ore prima che nel monte del Purgatorio. Onde se il punto nel quale ora siamo, nel Purgatorio erano due ore di giorno (perchè già disse nel precedente che il sole avea cacciato il Capricorno dall' alto del ciclo); se quivi erano due ore circa di giorno, in Purgatorio dovevano essere quindici circa, cioè un'ora prima di notte.

10. (L) RAGGIO NON INGOMBRA : il raggio passa libero tra' cieli che sono trasparenti.

(SL) INGOMBRA. Par., XXXI, t. 7. 11. (L) SIMILI al mio.

VIRTÙ divina.

(SL) GELI. Inf., III, t. 29: Nelle tenebre eterne, in caldo e 'n gielo.

(F) SOFFERIR. Teoria di Platone accennata da Virgilio (En., VI), adottata da alcuni de' Padri. S. Tommaso (Cont. Gent.) dice che la pena corporea non verrà se non dopo risorti i corpi.

12. (F) VIA. Is., LV, 8: I pensieri mici non sono i pensieri vostri, nè le vie vostre le mie. Arist. Phis., III: Infinitum non est pertransibile. SUSTANZIA. Conv., II: La maestà divina sia in tre persone che hanno una so

stanza.

13. (L) MESTIER NON ERA PARTORIR MARIA: nè Adamo avrebbe peccato, nè ci sarebbe limbo.

(SL) STATE. Star contento è modo del Convivio. Stare al quia è nel Lippi. - GENTE. Som.: Umana gente.

(SL) QUIA. Ad Rom., XII, 3: Non plus sapere, quam oportet sapere. Secondo Aristotele, la dimostrazione propter quod è a priori; l'altra, quia, è a posteriori. MESTIER. Gli uomini sarebbero sicut Dii (Gen., III, 5). Nelle cose teologiche insegna Dante a sottomettere l'intelletto; ma quanto a' morali ragionamenti e' dice che sogliono dare desiderio di vedere l'origine loro. 14. (L) TAI: filosofi antichi.

(SL) DATO. Apoc., XVIII, 7: Date illi tormentum,

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17. Tra Lerici e Turbía, la più diserta, La più romita via è una scala,

18.

21.

Verso di quella, agevole e aperta.

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Or chi sa da qual man la costa cala (Disse il maestro mio, fermando 'l passo), Si che possa salir chi va senz' ala ? 19. E mentre che, tenendo 'l viso basso, Esaminava del cammin la mente, Ed io mirava suso intorno al sasso; 20. Da man sinistra m'appari una gente D'anime, che moviéno i piè vêr noi, E non parevan; si venivan lente. Leva (dissi al maestro) gli occhi tuoi: Ecco di qua chi ne darà consiglio, Se tu da te medesmo aver nol puoi. 22. Guardommi allora, e con libero piglio Rispose: Andiamo in là; ch'ei vengon piano. E tu ferma la speme, dolce figlio. 23. Ancora era quel popol di lontano, I' dico dopo i nostri mille passi, Quant' un buon gittator trarria con mano; 24. Quando si strinser tutti a' duri massi Dell'alta ripa, e stetter fermi e stretti,

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Com' a guardar chi va dubbiando stassi.
Oh ben finiti, oh già spiriti eletti
(Virgilio incominció), per quella pace
Ch'i' credo che per voi tutti s'aspetti,

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(SL) TRARRIA. Luc., XXII, 44: Quantum jactus est lapidis. En., XI: Intra jactum teli progressus uterque. 25. (L) Finiti: morti. GIA: fin d'ora. da voi.

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PER VOL:

(SL) PER QUELLA PACE Scongiuro degno d'un luogo di speranza beata. In Virgilio, Palinuro: Maria aspera

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